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Della scienza militare

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Naturalmente si presentava un altro lato del complesso problema che volevamo risolvere, cioè di determinare fino a che grado le guerre fatte a popoli ove s'incontrano piú ostacoli nella natura che negli uomini, e piú in questi che nell'intelligenza di chi i loro sforzi dirige, possono far rilevare in un capitano le qualitá trascendenti che lo pongono tra i grandi che la storia registra. Le osservazioni preziose di Napoleone sulle guerre di Cesare, la campagna del maresciallo Paskievicht nell'Asia minore e la relazione del general Valentini delle guerre tra i russi e i turchi in questo secolo ci sembrarono atte a facilitarci lo svolgimento di tale quistione. Le guerre di Cesare ci servirono anche a meglio svolgere e riformare il nostro secondo discorso, ove ci occupammo di esporre in che risiedevano le differenze tra la scienza e l'arte della guerra fra gli antichi e i moderni. Dalle luminose osservazioni che il piú gran capitano dei moderni tempi fa sulle geste del piú celebre dell'antichitá viene sviluppato il carattere di questa diversitá ed i suoi effetti sono determinati nelle belliche operazioni, mostrandosi come ciò che allora era possibile con quegli ordini e quelle armi non sia piú ai nostri dí con egual bravura, e si mette in luce come ciò sia avvenuto e come la perdita della parte vinta era sí disproporzionata a quella che i vincitori soffrivano. Indi passammo ad esaminare da un luogo delle osservazioni se vero era che se Cesare non avesse combattuto altri che i Galli, non si sarebbe potuto giudicare di tutto il suo merito che svolse nelle guerre civili, in cui aveva a fronte eserciti e capitani formati a una stessa scuola. Mostrammo che anche convenendo che certo la riputazione di Cesare sarebbe stata minore, pur nondimeno vi era in quella guerra nella quale ostacoli naturali, difesa ostinata di masse numerose benché mal dirette operavano, di che scorgere quelle qualitá che distinguono un gran capitano, come la forza di carattere, la pronta risoluzione, il vigore della volontá nell'operare, il conservare impero sopra milizie che sono disposte a demoralizzarsi in faccia a pene continue, pericoli oscuri e privazioni costanti; e conchiudemmo che se Napoleone non avesse fatto che la campagna di Egitto, pure poteva desumersi di che quel genio fosse capace in un altro teatro e con piú degni avversari. Questa stessa tesi sostenemmo nell'analizzare le campagne de' russi nell'Asia minore nel ventotto e ventinove del secolo nostro sotto il comando del maresciallo Paskievicht, la cui storia fu dal Fonton narrata; e facemmo a quelle campagne l'applicazione de' principi esposti, conchiudendo che il duce russo aveva dato de' lampi di genio nelle operazioni parziali, come a Milledux e Kneli, che egli non operava né poteva essere classificato con il comune de' generali che ottengono successi contro le orde orientali, nei quali si scorge sovente che essi sono alla superioritá degli ordini dovuti e non al concepimento del capitano; perché integrando quelle operazioni, vedevasi nell'insieme della condotta del duce russo quelle qualitá che avevamo detto costituire un gran capitano.

Senza le qualitá i successi sono poco ricchi di risultamenti e non si mettono pienamente a profitto tutti gli svantaggi che il nemico offre per l'inferioritá della sua organizzazione militare, che deriva dalla sua poco avanzata civiltá come popolo. La storica narrazione del general Valentini ci serví a meglio rifermare e con piú numerosi esempi l'opinione da noi emessa. Cercammo anche scrutare se poteva una nazione livellarsi militarmente a nazioni piú incivilite senza livellarsi prima ad esse nello stato sociale, e credemmo che non poteva o che sarebbe presto decaduta, perché da questo non era appoggiata.

In un particolare articolo sull'Amministrazione militare degli eserciti dell'antichitá cercammo esaminare la quarta quistione, e fissammo che il governo dell'esercito non era lo stesso che il comando, che qualitá diverse ci volevano nei due casi, che rari esempi vi erano della loro riunione in una persona, che il piú sovente le disgrazie militari sorgevano da questa disarmonia, che spesso un esercito ben governato era mal comandato e che altre volte accadeva l'inverso, e ciò nuoceva al successo, che l'amministrazione dipendeva dal governo e doveva supplirvi con i suoi metodi per rendere il capo piú libero, che in quello degli antichi non vi era traccia di ospedali militari, fatto che derivava dall'insieme delle loro sociali condizioni, subbietto che sviluppar dovevamo ancora. Tali sono gli oggetti trattati negli articoli nell'Antologia militare inseriti, come quelli che cadevano particolarmente sulla quarta quistione di cui non abbiam trattato che nel generale e sotto un punto solo esaminandola. Questi articoli formeranno un secondo volume di questa seconda edizione dei Discorsi.

Se saremo dal suffragio pubblico incoraggiati potremo poi riprodurre uniti quegli altri che le scienze morali hanno avuto per obbietto, giacché speriamo che da questa prefazione chiaro apparisca il nesso che ad essi li congiunge e che tali lavori possano condurre al fine che ci proponemmo, cioè a dimostrare l'importanza delle belliche scienze e la loro potente influenza in tutti i grandi avvenimenti che mutarono e modificarono la faccia del mondo. E se ciò è accolto, niun dubbio può sorgere che chi prende parte nei pubblici affari e coloro che si limitano a volerli comprendere non debbono essere estranei alle nozioni di quella scienza che crea e conserva gl'imperi.

AVVERTIMENTO DELLA PRIMA EDIZIONE

Nel determinarci a riunire in un volume i nove discorsi sulla scienza militare pubblicati nel Progresso, sentiamo il bisogno di esporre, com'è dovere, quali ragioni ci abbiano spinto a riprodurre sotto altra forma ciò che era di giá pubblicato.

L'indulgenza dei lettori ed il consiglio d'amici che veneriamo sott'ogni aspetto hanno vinta la nostra esitazione a produrre riuniti i mentovati discorsi. Solo nel mentre che ci veniva consigliato con ragione di dar loro una forma piú atta ad una pubblicazione compiuta e di svolgere maggiormente il nostro soggetto, noi abbiam creduto doverli riprodurre identicamente, non dissimulandoci punto che vi sieno in essi molte ripetizioni, indispensabili alle pubblicazioni che si succedono a distanza di mesi, le quali non presentano nessun vantaggio allorché si riuniscono in un corpo. Per conseguenza ci prendiamo la libertá di esporre i motivi che non ci han fatto deferire a' loro benevoli e savi consigli.

È nostro progetto, se questo imperfetto lavoro attirerá l'attenzione dei sapienti ed i giornali letterari ci onoreranno della loro critica, di rettificare e modificare le nostre idee, riducendole ad una storia delle scienze belliche considerate sotto l'aspetto stesso che abbiam preso di mira in questo lavoro preliminare. In quella potremo svolgere il soggetto e trattarlo con maggiore sviluppamento, particolarmente rispetto ad alcune sue parti; il che i limiti in cui eravamo ristretti nel suddetto giornale ci vietavano di fare. E per enumerare qualcheduna di queste parti, tratteremo la parte antica piú distesamente, analizzando le campagne dei gran capitani dell'antichitá e le opere degli scrittori militari di quel tempo; cercheremo penetrare nello spirito delle istituzioni militari dei popoli colti dell'antichitá, mettendo il tutto in confronto dello stato scientifico e sociale di quei periodi istorici; daremo maggior estensione a ciò che riguarda l'amministrazione militare in tutt'i tempi; entreremo in qualche particolare sul soldo delle truppe e sullo stato contemporaneo delle rendite pubbliche; faremo conoscere piú minutamente l'organizzazione e i metodi seguiti negli ospedali militari, importanti stabilimenti come segno di civiltá e di umanitá; i progressi della legislazione militare, la natura delle pene ed il metodo di procedura saranno egualmente trattati piú a lungo; il dritto delle genti considerato nei suoi rapporti con la guerra per la sorte de' prigionieri di guerra e del loro trattamento, i sistemi delle capitolazioni e trattati militari, della gestione e sorte dei paesi militarmente occupati, sviluppati piú estesamente; daremo novelle pruove dei rapporti dello stato della civiltá con quello della guerra. Se vita e forza avremo e se saremo incoraggiati nella nostra impresa, ce ne occuperemo caldamente, avendo di giá meglio di cinquanta memorie composte sopra oggetti che vi corrispondono, ove è deposto il frutto delle nostre letture, delle nostre osservazioni e delle interessanti conversazioni avute cogli scrittori militari piú distinti dell'epoca e con sapienti e capitani tali che se volessimo nominarli, sarebbero garentia sufficiente della nostra asserzione. Illuminati ed incoraggiati da uomini distinti e modesti, ci auguriamo di poter menare a buon fine un'impresa che ci ha occupato dall'anno 1804, epoca in cui il nostro primo informe progetto a questo riguardo fu concepito.

Tanto tempo e tanta perseveranza se non sono una guarentigia di buona riuscita, il sono almeno di buona volontá e di coscienza nel lavoro: questa convinzione ci consola e ci conforta al tempo stesso.

DISCORSO I

Idee generali intorno alla scienza militare ed alle sue relazioni colle altre scienze e collo stato sociale.

Volendo pubblicare alcune idee sulla scienza militare, crediamo utile anzi indispensabile esporre innanzi ogni cosa il metodo piú atto a seguire in questo lavoro, a fine di renderlo piú chiaro ai lettori. E perché abbiamo in animo di scrivere non solamente pei militari ma bensí per coloro che attendono all'altre scienze, stimiamo sia d'uopo far noto il rapporto e il collegamento che la scienza della quale trattiamo ha colle altre. Ad ottener questo fine conviene risolvere le seguenti quistioni:

1. La disposizione alla guerra nasce forse dalla nostra natura ovvero dalla corruttela di essa?

 

2. Quai sono le relazioni che passano tra lo stato sociale e la scienza bellica?

3. In che modo la scienza bellica si lega alle arti e alle scienze i cui progressi costituiscono la civiltá di un popolo? Indispensabile è dessa per conservare?

4. Giova forse a sviluppare l'intelletto e la volontá?

La storia dell'umanitá come pure l'analisi del cuore umano rispondono alla prima quistione con buone ragioni, con molti fatti.

Ogni volta che si considerano i mali della guerra e si calcolano gli effetti che avrebber prodotti tanti mezzi rivolti a distruggere se in quella vece fossero stati impiegati a creare, e da ultimo s'ha riguardo all'umanitá oltraggiata in mille guise, debbono al certo riputarsi giustissimi i precetti della religione, i consigli della filosofia contro questo flagello, e parimente si scorge perché sia stata attribuita la guerra piuttosto alla corruttela della nostra natura che alla stessa natura.

Ciò non pertanto una piú grave ed accurata disamina fa chiaro esser ella inevitabile non solamente, ma utile ancora nella nostra imperfetta esistenza, perocché egli è mestieri che sia negli uomini una forza la quale difenda contro l'assalitore e i prodotti del proprio lavoro e l'altre cose piú care.

Se lo scopo di una bene ordinata societá si è quello di rendere la ragione forte e la morale armata, secondo la felice espressione del traduttore di Platone, risulta che nelle societá non ancora del tutto formate, per conservarsi a fronte di altre meno avanzate in pubblica ragione ed in viver civile, sia d'uopo quella disposizione indicata di sopra, la quale fa risaltare una delle piú nobili passioni che toccata sia in sorte all'umanitá, cioè quella mercé della quale ciascuno sagrifica se stesso a pro del comune. Dove un tal sentimento invale in una societá, dee questa stimarsi arrivata al piú alto grado di forza, e l'amor della patria riposa su condizioni ben differenti da quelle che nascono dall'informe aggregato di uomini legati soltanto da materiali interessi dai quali scambievolmente sono occupati. Puossi dunque asserire la disposizione alla guerra altro non essere di sua natura negli uomini che il sentimento della loro dignitá, la quale non piegano al capriccio di esseri dotati delle medesime facoltá e che da interessi personali guidati vogliono offendere quei dritti che ogni uomo deve difendere sotto pena di avvilire e degradare se stesso, secondar l'ingiustizia ed infrangere ogni morale. Nelle nazioni bene ordinate suppliscono in gran parte le buone leggi, ma ogni nazione d'altronde, come societá particolare, è tenuta ad opporre quella medesima resistenza che abbiamo notata negl'individui rispetto alle altre nazioni; e questo per le cause medesime, comeché con effetti piú gravi, perché la sfera nella quale si agisce diventa piú vasta. Possiam però dire che il sentimento della difesa è nella natura umana, che egli è necessario allo sviluppo non meno che all'esistenza di lei, e che finalmente la corruttela di essa natura può fare in maniera che quella facoltá anzidetta, degenerata, si volga in offesa. In tal caso la guerra non è giá l'effetto della natura corrotta, ma effetto bensí dell'abuso operato del sentimento il piú nobile e insieme il piú utile all'uomo e alla societá.

Stabilita l'origine morale della disposizione alla guerra, risponderemo alla seconda quistione, vale a dire quali sieno le relazioni che passano fra la scienza bellica e lo stato sociale di un popolo ovvero di un'epoca.

Un illustre oratore ha detto in una sua arringa che il dritto e la forza si disputano il mondo. Queste parole rinchiudono non solo un principio, ma la storia tutta nel senso il piú alto: l'antagonismo morale dal quale provengono i movimenti e gli sconvolgimenti dell'umanitá. Se ciò è vero, è impossibil cosa il negar che le forme, i metodi che piglia ed impiega la forza conservatrice o distruggitrice a fine di far trionfare il dritto ovvero di conculcarlo, debbono avere grande influenza sulle vicende politiche e sopra i loro effetti morali. Difatto dai piú grandi storici dell'antichitá costantemente rilevasi l'influenza che ottiene questo o quel metodo di combattere di questa o di quella nazione. Il giudizioso Polibio volle disingannare i suoi concittadini sulle vittorie dei romani sí funeste alla Grecia e tanto importanti pel mondo, facendo loro conoscere nella superioritá della legione sulla falange il vero segreto di quelle vittorie e non nell'ira de' numi, come i superstiziosi credevano, o nell'abbandono dell'antiche massime, sopra di che i severi gridavano, o finalmente nella perfidia di pochi che la salute della patria alle loro mire private sagrificavano.

Vegezio attribuiva alla decadenza di quel sistema militare che Polibio aveva notato come cagione de' prosperi successi dei romani, la rovina dell'impero e l'invasione dei barbari.

Queste due citazioni bastano, a nostro credere, a chiarire la veritá del principio che di sopra enunciammo. La storia intera della scienza bellica mostra come lo stato di questa è in ragione dello stato sociale, giacché nella composizione, nell'ordinamento, nelle morali tendenze della pubblica forza, nei suoi metodi operativi, si scorge appuntino qual sia la classe che domina nello Stato e che piú ha in cuore la conservazione di esso, quali sieno i principi preponderanti nella societá ed a qual grado sian giunte e le arti e le scienze. Egli è mestieri osservare come spesso avvenga che anche in una societá rozza la civiltá penetri alquanto mercé di alcun metodo di guerra, che venga introdotto a fine di secondare con piú vantaggio il movimento ascendente il quale corrisponde nelle nazioni all'epoca del loro sviluppo; ma se la societá tutta non progredisce in fatto di civiltá per modo ch'ella non superi quella del proprio esercito, questo ricadrá prestamente nell'ignoranza e diventerá uguale all'intera nazione, come può dirsi dei musulmani. Altre volte egli accade che le arti della pace perfezionino nelle nazioni pacifiche le arti della guerra e che la decadenza dell'une si faccia sentire nell'altre. I popoli commercianti fanno di questo continua fede.

Mercé delle cose predette ne sembra aver dimostrato passare una relazione costante fra lo stato della scienza e quello della societá; ma relazione siffatta, che vien sottoposta a perpetue alterazioni secondo che maggiore o minore è l'influenza di questo e di quello.

Ma rispondiamo alla terza quistione la quale deriva interamente dalla seconda. Basta considerare alcun poco la scienza della quale teniamo discorso per far chiaro esser ella nel centro di tutte le umane cognizioni.

Dichiareremo piú minutamente questa correlazione, e ciò dará a divedere l'altezza della scienza e conseguentemente la somma importanza di lei. Un nostro scrittore, la cui sagacitá discopriva quello che ingegni meno sottili non iscoprono se non mercé di lunga esperienza, determinando gli elementi primari della guerra affermava consistere essi elementi negli uomini, nelle armi e negli ordini. E questa sí chiara esposizione del fu marchese Palmieri risponde del tutto all'idea che qui vogliamo sviluppare.

Difatto il trascegliere uomini a fin di ordinarli secondo uno scopo speciale suppone il dovere di soddisfare ai bisogni tutti che in una qualunque associazione si fanno sentire. Questa riunione di uomini ha d'uopo di ordinamento non solo, ma di tai mezzi bensí che la sostentino e la conservino; oltre di che son bisognevoli e pene e ricompense e tutto quanto richiedesi a mantenere l'ordinamento e l'unione che di sopra dicemmo. Da questo conséguita la scienza militare esser legata alla politica, la quale reggendo gli uomini esercita su di loro una impulsione uniforme, e mentre dall'una parte garantisce i loro diritti, li costringe dall'altra alla severa osservanza dei doveri sociali. In quanto all'amministrazione la quale risguarda i materiali interessi della milizia, tiene la scienza bellica alla pubblica economia, e in quanto alle pene ed alle ricompense, alla giurisprudenza ed alla legislazione. E però vediamo la scienza bellica nel primo elemento dovere ricorrere alle scienze morali, politiche ed economiche, come ancora alle mediche per tutto quel che s'aspetta alla scelta degli uomini, al loro sviluppo e conservazione, a fine di renderli tali da ottenere con essi lo scopo pel quale furono sotto quella forma riuniti.

Passando al secondo elemento, vale a dire alle armi, egli è chiaro che visto l'immenso miglioramento del materiale di guerra avvenuto a' dí nostri, sopra le scienze fisiche e naturali si fondano la confezione dell'armi e la maniera onde valersene, e basta notare che oltre la fisica, la mineralogia e la metallurgia debbono assai ben conoscersi per avere ed usare le buone armi. Usciremmo dai limiti del nostro discorso se volessimo dilungarci piú oltre su questo particolare.

Quanto agli ordini considerati come metodo necessario onde operar grandi cose nel minore spazio e nel minor tempo possibili, di leggieri si scorge esserne fondamento le scienze esatte, le quali si occupano delle quantitá e misurano appunto lo spazio ed il tempo, e ogni volta che sono applicate ai solidi ed alla meccanica, servono di guida alla costruzione ed ai movimenti del materiale di un esercito. Tai movimenti son conosciuti sotto il nome di «manovra di forza», come quelli che son fondati sopra le proporzioni che passano tra l'agente e la macchina.

E fin qui dimostrammo le relazioni della scienza militare ne' suoi elementi colle scienze morali, economiche, fisiche, naturali ed esatte, e la sua dipendenza da esse.

Ma queste relazioni ingrandiscono in ragion della macchina chiamata «esercito», appena che in tutte le sue parti elementari compiuto, entra in operazione, vale a dire esercita la sua azione nel senso piú alto, nel senso piú esteso.

Non cosí tosto un esercito è sul piede di guerra, non cosí tosto perviene in paesi stranieri, eccolo diventare una colonia operante. Tutte le sue operazioni proporzionare egli debbe alla propria natura, allo scopo che si propone, al paese nel quale entra ed agisce. Tutte le scienze, morali, politiche ed economiche, che abbiam dimostrato essere base all'ordinamento della pubblica forza, debbono a tal punto conoscersi da poterne modificare l'applicazione senza ledere in guisa veruna i loro principi nelle molteplici e complicatissime combinazioni della guerra. Immensa è la differenza che passa fra il tener riuniti mercé della regola militare molti uomini in una caserma, dove ogni cosa è ordinata esattamente e dove monotono è il modo di vita, e il reggerli nelle marcie tra le difficoltá infinite e gli ostacoli d'ogni maniera che gli uomini e la natura vanno opponendo ai concepiti disegni. Grandissimo è inoltre il divario che corre tra il fare sussistere frazioni di truppa nel proprio paese ove tutto si ottiene agevolmente, e di procacciar vettovaglie a masse di truppa, e quel che piú monta, in ispazi non grandi e in paesi nemici o guasti e impoveriti mercé della guerra. Aggiungi che facil cosa ella è il curare e il guarire un picciol numero di malati nella tranquillitá della pace col soccorso del clima nativo, ed assai malagevole in quella vece si è il combattere le epidemie che mena seco la guerra, il piú luttuoso corteggio che ella aver possa, e che offendono al tempo stesso il fisico e il morale della soldatesca la quale vive ed agisce per forza d'abito. Oltre a ciò si consideri come le pene e le ricompense diventino presso che inutili con uomini la cui fantasia è alterata e dei quali però conviene eccitare o calmare le varie passioni; con uomini che in faccia alla morte, fra i piú acerbi dolori ed anche le mutilazioni e le privazioni d'ogni sorta che fan precoce la vecchiezza, acquistano siffatta energia di volere che rende inefficace l'azion delle leggi fatte pei tempi ordinari, laddove oltremodo severa ne dovrebbe essere in quel tempo l'applicazione. Può egli altresí istituirsi alcun paragone tra il modo sí facile di conservare il materiale e le armi nella pace, dove in gran copia sono i depositi, e la rovina sí subitanea che trae seco la guerra, cosí di uomini come di cose, e il piú delle volte in tai luoghi dove non v'ha alcun mezzo da racconciare o rifare quel che si guasta o consuma? Di che arte finissima, di che intelligenza, di che energia non han d'uopo gli uffiziali di artiglieria e quelli del genio a fin di eseguire opere di grande importanza, quantunque la storia sdegni di tramandarle alla posteritá? Riporre si debbono in questo novero la ricomposizione e il trasporto di un parco di assedio, la creazione di un trinceramento o di una piazza momentanea. In quanto agli ordini, molta è pure la differenza che corre tra i movimenti di poca truppa operati in piccioli spazi onde piegarsi e spiegarsi o mutare la fronte, in un terreno sicuro dove spessissimo ogni arma si esercita separatamente, senza combinazioni fortuite ovvero ostacoli naturali, e quel che piú vale, senza nemici a fronte; e le grandi operazioni della tattica le quali preparano e seguono quelle grandi tragedie chiamate «battaglie», a cui tiene la sorte degl'imperi e che dir si potrebbero i punti trigonometrici della storia la quale riempie i vuoti. Quivi le differenti arme delle quali un esercito si compone debbono combinarsi in tal modo che tutte concorrano a quello scopo che il capitano si prefigge, e sovente in luoghi non conosciuti e di natura sí varia che malagevole riesca l'applicazione di quegli esercizi medesimi fatti durante la pace. Quivi un nemico vigile e attivo le sue forze ti cela, ostacoli ti frappone a ogni passo, controccava i tuoi movimenti quando meno tel pensi. Niuna cosa è di poco momento in giornate siffatte, dove in breve ora si perde o si vince la fortuna d'un secolo. Un picciol variare di suolo può cagionare i piú gravi, i piú vasti risultamenti; e però le cognizioni geografiche, topografiche e geodetiche, le quali si fondano sopra i sublimi calcoli dell'astronomia, riescono indispensabili e costituiscono la superioritá dello Stato civile sul barbaro e la sicurezza di cui può godere una societá bene ordinata contro la forza brutale di orde nomadi. E difatto alla superioritá della scienza bellica siam debitori della conservazione della civiltá greca e romana e conseguentemente di tutto quanto di bello e gentile d'ogni maniera è sino a noi pervenuto. Temistocle a Salamina, Cimone a Platea e Mario a Vercelli la civiltá difendevano contro la barbarie. Altri esempi ha pure la storia di quanto affermiamo. Tutto quello insomma che l'uomo incivilito piú ama, il deve alla scienza della qual ragioniamo, difesa e conservazione.

 

Ne sembra aver dimostrato in che modo e le arti e le scienze di che abbisogna la guerra sieno utili a questa ne' suoi elementi e ne giovino lo sviluppo.

Ma una relazione piú alta si scorge nella parte trascendentale della scienza, vale a dire in quella dove si formano i piani di guerra, si stabilisce il sistema della difesa d'uno Stato o si pon mano alla militare costituzione di un popolo, che molti cospicui scrittori hanno denominata «filosofia della scienza bellica», o meglio «politica militare». Egli è d'uopo conoscere ed applicare ora questa ed ora quella di moltissime scienze. Basterebbe cennare un sistema di reclutazione ovvero di avanzamenti, un sistema di fabbricazione o di amministrazione, o finalmente un sistema di difesa a fine di combinare le fortificazioni colle forze che si hanno, perché si vedesse qual serie di cognizioni si leghi alla scienza bellica. Arrivata questa a un'altezza siffatta, strettissima è la sua relazione colla storia, col dritto pubblico, colla diplomatica e però colle forme che una tale scienza richiede, dovendo l'uomo di guerra assai di frequente fare trattati o capitolazioni o tregue o conchiudere paci. Per la qual cosa gli è d'uopo ancora aver cognizione delle varie parti del dritto applicato alla politica esterna. La guerra ha per se stessa pochi principi ed una assai breve legislazione. Nell'applicare quei principi, nell'usare di questa legislazione, consiste l'ingegno e il valore di chi comanda. Conviene studiare attentamente la storia la quale, come di sopra notammo, componesi di urti di uomini, d'interessi e d'idee. In effetto non v'ha un interesse, non una credenza, non un sentimento, il quale non siasi ingrandito e messo non abbia forti radici mercé della conquista o della resistenza che alla conquista opponevasi. Nella missione divina di Mosè vediamo la provvidenza medesima far della guerra uno strumento di religioso propagamento, e la denominazione di «Dio degli eserciti» data all'Eterno si è trasmessa da quella rimota epoca fino a' dí nostri.

La quarta ed ultima quistione cui ne rimane a rispondere, vale a dire se la scienza militare influisca sullo sviluppo dell'intelligenza e della volontá, potrá a molti sembrar risoluta mercé delle antecedenti, e però inutile il riparlarne. Pure abbiam voluto separatamente toccarla a fine di combattere una opinione comunemente invalsa, cioè che il mestier delle armi abbrutisca l'uomo e renda inerte la sua intelligenza e sregolata e feroce la sua natura. A prima vista, non lo neghiamo, sembra fondata una tale opinione; ma esaminandola un po' piú addentro, scorgiamo esser ella non giusta. Perocché il mestiere dell'armi interamente dipende dalla societá nella quale si esercita, e ogni volta che in questa è ignoranza e barbarie, ignoranza e barbarie è ancor nella soldatesca, sebbene il piú delle volte si scorga piú intelligenza, piú civiltá ed anche piú umanitá in un esercito appartenente a nazione involta nella barbarie ma militante in paese straniero, che nel restante della nazione rimasta in patria. Della qual cosa potremmo recare esempi moltissimi; il che non facciamo perché portiamo opinione non essere alcuno dei nostri lettori che per se medesimo non li vegga.

Ma proseguiamo. Non può negarsi che niuna cosa piú facilmente promove e sviluppa l'intelligenza quanto il numero e la forza delle impressioni che la mente riceve. Niente meglio rafferma la volontá quanto gli ostacoli i quali si attraversano al conseguimento dei desidèri o alla esecuzione dei doveri. Ora è certissimo che la guerra fatta in un campo un po' vasto cosí nello spazio come nel tempo, possiede le condizioni tutte che abbiamo notate, promovendo lo sviluppo ed insieme l'esercizio dell'intelligenza e raffermando la volontá.

In effetto la storia degli uomini grandi (ne fa Plutarco ampia fede) piú che d'ogni altro è abbondevole d'uomini di guerra, e negli Stati dove le istituzioni e le tradizioni rendevano il mestiere dell'armi un dovere dal quale nessun cittadino poteva esentarsi, copia maggiore di uomini grandi sorgeva, ma grandi piú che nell'altre cose nella milizia. E questo può dirsi riguardo ai popoli un po' inciviliti. In quanto ai popoli barbari non v'ha illustrazione possibile fuorché nella guerra, e dove le classi son molte e distinte fra loro, torna piú facile il fare di un buon capitano un ambasciatore, un amministratore, un tribuno, un uomo di Stato, che di un di costoro un buon capitano. Non mancano esempi di questa versatilitá d'ingegno la quale s'incontra nei militari.

Lo sviluppo della volontá è conseguenza dello stato violento che seco mena la guerra, di sua natura esaltatrice delle passioni al sommo grado. In prova di questo ricorderemo che soggetto delle opere letterarie piú scelte, dei piú famosi poemi, è la guerra, niente meglio valendo a dipingere la forza sublime, l'alta energia dell'umano volere. Basta citare Omero, Virgilio, il Tasso e il Camoens onde chiarire che nella guerra piú che in tutt'altro suole mostrarsi l'umanitá nel suo piú compiuto sviluppo, e però agevolmente si può ingrandire nel metterla in scena senza uscire del tutto dal mondo reale. Alle autoritá che recammo in esempio aggiugneremo altri argomenti desunti dalle cose predette, cioè:

1. La varietá delle impressioni, il rapido passaggio dalle une alle altre, la quantitá degli oggetti che si offrono all'occhio secondo i paesi che si attraversano e i climi e le opinioni che variano di continuo, creano, e non v'ha dubbio, nuovi pensieri e in gran numero.

2. Nelle menti regolarmente formate questi pensieri debbon fruttare di molto, e ingrandire e attivare le facoltá intellettuali, e suscitare morali bisogni, e spegnere pregiudizi, e fare acquistare il potere insieme e il diletto sí del pensare che del giudicare. Quest'ultima cosa è bastante a dissipare qualsiasi frivolezza nell'abito della vita o nei sentimenti e ad imprimere nell'uomo un carattere piú morale, piú grave, piú solenne. Tutte le opere messe a luce dagli uomini di guerra presentano questo carattere, e sí nell'antichitá che a' dí nostri, perciocché se gli uomini i quali dánno opera ai buoni studi nel lor gabinetto posson condurre le scienze, o matematiche o fisiche o naturali che dir vogliamo, ad un alto grado di perfezione, ogni volta che l'ingegno sará uguale avranno sempre vantaggio coloro che l'uomo han potuto osservare dove la natura è combattuta, dove ogni cosa è sforzo, dove insomma l'umanitá è costretta ad usare ogni modo a fine di vincere gli ostacoli che si attraversano ad ogni passo. Le autoritá non mancano neppur qui: staremo contenti a Cartesio, la cui carriera conferma essere assai grande la superioritá dell'uomo di azione sopra di quello che l'umanitá interamente non vede ma quasi a metá, perché non conosce il piú alto e difficile punto nel quale vien posta alla prova.