Peccati Erotici Delle Italiane, Volume I

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Peccati Erotici Delle Italiane, Volume I
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Giovanna Esse




© Giovanna S. – 2016 - 2017







Ogni riferimento a persone o cose veramente esistenti è puramente casuale.



Tutti i diritti riservati.



Editing e Impaginazione: Pakal



Immagine di Copertina: Arianna del Filo



http://giovannastory.altervista.org



Publisher:



Tektime - Traduzionelibri.it

(

http://www.traduzionelibri.it

).




Peccati







La fata di ferro







1 - Una Fiaba...







2 – Problemi e soluzioni: l'amica di mamma







3 - Nel meraviglioso mondo della fata di ferro







4 – L’istitutrice: fascino e polso fermo







5 - Incantesimo perverso







6 – Perdersi, poi cercarsi più di prima







7 - La fata senza veli







8 – Prendersi: esercizi, scaramucce, perversioni







9 - Intermezzo magico







10 - Incontenibile sete di piacere







11 - Le curiosità soddisfatte: “full immersion”







12 - Mai più vergine: Nicòle immolata







13 - Vita implacabile e fine dei giochi







14 - Epilogo







Mia moglie segreta







1







2







3







4







5







6







7







7 plus







My Princess







1







2







3







4







5







6







Condannato dal vizio







1







2







3







4







5







6







7







L'amore a tre







IN VIAGGIO







AMBIENTAZIONE







FRATERNIZZARE







APPROCCIO ALL'AVVENTURA







GIOCHI DI NOTTE







IN RELAX







ESERCIZI







CAMBI DI RUOLO







PERCORSO SFRENATO







Ringraziamenti









La fata di ferro



Una ragazza è sempre un mistero: non c'è che affidarsi al suo viso e all'ispirazione del proprio cuore.



E. De Amicis





1 - Una Fiaba...

con tanto di Fata e Principessa, casetta nel bosco e vialetto incantato



Cera una volta una giovane principessa, il suo nome era Alba.



Un giorno il re e la regina, suoi genitori, decisero che il piccolo reame, che il buon Dio aveva riservato loro, era troppo angusto e il denaro, a una coppia tanto regale, non basta mai. Oltre il bosco, non tanto lontano, esistevano altri reami… tutti d’apparenza più ricchi e più sontuosi. Di sicuro, emancipandosi, avrebbero potuto valorizzare la loro nobile schiatta, intrattenere rapporti e amicizie con famiglie importanti; accrescendo il proprio prestigio e per finire, magari, avrebbero potuto trovare quella meraviglia, che tutti cerchiamo ma che nessuno riesce a trovare: la Fonte dell’eterna giovinezza.



Come si sa, dall’altra parte di un bosco tenebroso, si può trovare di tutto, forse è per questo che ognuno intraprende lo stesso viaggio, senza farsi troppe domande. Così, i reali, fecero i bagagli e partirono, insieme alle persone care e alla principessa Alba, diletta figliola.



Il viaggio si dimostrò presto faticoso e pieno di insidie. I boschi sono sempre misteriosi e intricati: di giorno pieni d’illusioni ma di notte popolati da fantasmi e incubi. Le illusioni spingono i coraggiosi viandanti a superare le ardue prove che li aspettano, ma i fantasmi li spaventano, facendogli perdere l’orientamento e la sicurezza.



Impressionata da tante peripezie inattese, la regina si rese conto di non avere tempo per badare alla giovane principessa; allora si ricordò che, tanto tempo prima, aveva conosciuto una fata, molto speciale, che abitava nel bosco, in un posticino non lontano. Non che si fidasse ciecamente di lei ma, in fondo, le fate, come i satiri e le sirene, sono solo il frutto delle nostre speranze e della nostra fantasia. Il bosco è insidioso, confonde il viandante e la paura, spesso, fa compiere scelte frettolose. Chiamò a sé la piccola Alba e le disse:



«Tesoro mio, il nostro viaggio è più complicato di quanto ci augurassimo. Ormai, lo vedi tu stessa, tutt’intorno a noi le piante si sono trasformate in un groviglio inestricabile e i sentieri sono sempre più oscuri. Siamo partiti tra i declivi e ora siamo circondati da orridi e burroni. La luce non filtra più gioiosa, dalle alte fronde verdeggianti, ma lascia il posto al buio, umido e freddo. Non voglio che tu soffra per le nostre difficoltà; ci sono mille sentieri, molti sono sbagliati, altri non portano da nessuna parte… !»



La principessa pendeva dalle labbra della sua mamma, giovane com’era, non si rendeva conto delle insidie a cui poteva andare incontro. La felicità, per lei, era stare insieme ai suoi genitori; il suo mondo finiva li. Quella era l’unica misura della sua gioia. La regina riprese: «Faremo così! Mentre noi cerchiamo di uscire da questa situazione, tu ci attenderai a casa di una fata, che ho conosciuto tanto tempo fa, una vecchia amica. Ricordo ancora dove inizia la stradina che porta a casa sua, vieni!» e prendendola per mano la condusse in una radura, non troppo lontana. «Ecco» disse la regina e indicò col dito un vialetto incantevole, «guarda attentamente! Quello è il sentiero che porta alla sua casa. Non ti puoi sbagliare, perché all’ingresso c’è quell’insegna affissa su di un vecchio palo.» Alba aguzzò la vista ed effettivamente vide un paletto sul bordo della via, c’era un piccolo cartello ricavato dalla corteccia di un albero secolare.



«Ecco va’ da lei e affidati alla sua ospitalità. Ogni tanto ci ritroveremo qui, fino a quando non avremo trovato la nostra strada.»



Si baciarono e si abbracciarono, e Alba, non senza un’ombra di paura, vide la sua mamma perdersi tra le fronde. Il suo sconforto durò solo un attimo, poi, con la curiosità tipica dei giovani, si affrettò lungo il sentiero, indicato dall’antico cartello. Sul legno si leggeva a stento un epigramma che il tempo aveva scolorito:











“Qui abita la Fata di Ferro.



 





Lei ama tutti e nessuno.







Lei sfida la vita, ma la teme.







Quando gioisce… dopo fa male.







Non è una vera Fata







ma neppure sa essere







una Strega vera.”











Le lettere, sbiadite, vergate con il colore del sangue arrugginito, fecero un certo effetto sulla piccola principessa, ma decise di incamminarsi per quel viottolo che, a ogni passo, si arricchiva di fiori, colori e profumi di Guerlain.





2 – Problemi e soluzioni: l'amica di mamma

(Realtà)



«E questa è Nicòle! Visto? Te l’avevo detto che non era più una bambina. Il tempo passa in fretta, accidenti!» la mamma della ragazza sorrise a Flora, la vecchia amica. «Su Nicòle, stringi la mano a Flora, presentati come si deve. Dai!» La donna ci teneva a far bella figura, a ostentare la figliola come un trofeo, per rimarcare quanto era stata in gamba e fortunata. Nicòle sbuffò sbarazzina e mimò un inchino teatrale, poi stemperò tutta la scena formale con un sorriso:



«Piacere!» disse rapida «Scusa ma mia mamma mi farebbe sfilare come al circo, se potesse.»



«Certo!» disse sua madre prendendola in giro. «Perché solo in un circo sfilano le scimmie come te!» Flora rise divertita:



«Non c’è che dire» cominciò «non potevate essere più “diversamente” simili.» strinse la piccola mano della ragazza, squadrandola dalla testa ai piedi, «Ha ragione la tua mamma, sei veramente bellissima… come scimmietta, intendo!» e risero di gusto tutt’e tre.



Nicòle e sua madre seguirono Flora all’interno della villetta, che era in periferia ma collegata benissimo al centro città.



«Vi preparo un buon the: lo gradite? Oppure una cioccolata, non fate complimenti.»



La cucina faceva parte di una sala ricavata da un unico grande ambiente che ospitava una serie di divani e un grande tavolo da pranzo. Sul fondo, davanti a un’ampia vetrata, una lunga banchina di legno di noce faceva da spartiacque dalla zona cottura, che era bellissima. Tutta rivestita in tozzetti di ceramica; una sequenza infinita di calde sfumature: andavano dal giallo al marroncino. La casa di Flora era accogliente e pulita!



Da anni non s’incontravano e la madre di Nicòle si gustò quei momenti di spensieratezza.



«Se me lo avesse predetto un’indovina, non ci avrei creduto… così lontane da casa, e ritrovarci qui. Sono proprio contenta!» Mentre Franca, era vivace, a volte quasi aggressiva, Flora aveva un carattere allegro, ma parlava meno. Era una di quelle persone che ti danno sicurezza: un sorriso quieto accompagnava ogni suo gesto, e guardarla preparare il tè era rilassante, conforme a tutto l’ambiente, che si era creata intorno.



A Nicòle piacque subito quella figura di donna matura e prosperosa, con i seni generosi che premevano sotto il camice sottile che indossava per casa.



«Nicòle, preferisci la cioccolata calda?» chiese Flora con la sua voce carezzevole e la ragazza non seppe resistere.



«Oh, sì, per favore! La ringrazio» rispose, mentre ispezionava la casa con lo sguardo.



«Dammi pure del tu, Nicòle: non sono mica una vecchietta, come la tua mamma!» rise, sgranando quei suoi denti piccoli e bianchi che sembravano perline. Franca protestò ma bonariamente.



«Vieni Nicòle, forse ho qualcosa per te. Dovrebbe piacerti più delle nostre chiacchiere» e fece strada verso la zona living, dove un grosso televisore troneggiava su un tavolino, zeppo di film in DVD.



«Qui dovresti trovare qualcosa di adatto a te; la figlia di mio fratello lascia in giro un sacco di questi dischetti, Ha più o meno la tua età.»



«Uaho!» esclamò estasiata lei, scartabellando tra le custodie di plastica «ma questo è l’ultimo concerto del mio cantante preferito. Per favore, per favore…!» proseguì, cercando di fare la migliore interpretazione di “occhi da cerbiatto” mai eseguita, «Posso guardarlo?» Flora dovette fare uno sforzo, per non restare immobile e godersi quegli stupendi occhioni languidi. Sbrigativa replicò:



«Ah, cara mia, per me, te lo puoi anche sposare, non guardo mai “cosi” moderni.»



«Nicòle! Guarda che tra breve torniamo a casa!» Urlò Franca in direzione del salotto, dove sua figlia si era già impossessata del telecomando. Con la maestria tipica dei giovani, aveva già eseguito tutte le manovre per far partire il film, sul grande schermo piatto.



«Dobbiamo rientrare presto.» poi, a Flora, «Sai cara, non stavo nella pelle dalla voglia di rivederti, ma siamo appena arrivati… figurati che a casa ho ancora gli operai che montano i mobili, e lunedì dobbiamo già prendere servizio.» Intanto Flora, incurante del tornado che scatenava sempre Franca, continuò metodica le sue operazioni: servì un buon tè per entrambe sul tavolo della cucina e poi raggiunse Nicòle, con una tazza di cioccolata fumante e un piatto di biscotti fatti in casa, che sparirono presto dal vassoio.



Franca, intanto, era già in piedi, scattata come una molla:



«Dai, sono curiosa di vedere la tua casa!» disse, e intanto indicava segretamente, col mento, sua figlia che, ignara, si era già lasciata rapire dalle immagini. Flora comprese e, con la sua tazza tra le mani, fece strada all’amica verso le scale, che portavano al piano superiore. C’erano due camere e un bagno, molto comodo e spazioso.



«Ma è carinissima: che bella! E queste mattonelle: deliziose. Ti spiace se approfitto?»



«Ma scherzi? Fa come se fossi a casa tua.» rispose l’ospite guardando l’amica che, rapidamente, si abbassò pantaloni e collant, per urinare. «Vengono dall’Italia» continuò Flora, indicando le mattonelle. «Vietri sul Mare, per la precisione; i listoni sono decorati a mano, uno per uno. Piacciono tanto anche a me. Hanno i colori forti che si nascono nei posti in cui il sole è splendente.» Mentre Franca si ricomponeva dandosi una controllata davanti al grande specchio molato, incassato nell’intonaco e circondato da una cornice di ceramiche, Franca si fece più confidenziale nei toni, e raccontò rapidamente le sue ultime peripezie.



Erano in un momento di sbandamento totale. Il suo compagno, il padre di Nicòle, era stato trasferito in fretta dalla loro città. Lei, per fortuna, aveva trovato impiego, grazie all’aiuto di un collega. Un lavoro da cassiera, e spesso le sarebbe toccato svolgere il turno serale, ma non si lamentava, dopotutto l'importante era avere già un lavoro. Franca amava molto le apparenze e con pochi soldi non sapeva arrangiare… lui aveva altri due figli, frutto del primo matrimonio, ma erano grandi; i giovani si erano trasferiti per necessità, ma presto si sarebbero organizzati per andare a vivere a Parigi, dove avrebbero frequentato l'Università.



Flora la seguiva quieta, sorbendo il the e cercando di non perdersi, in quelle descrizioni frettolose. L’amica le aveva accennato qualcosa riguardo a un certo “aiuto” su cui contava; stava ad ascoltare attentamente, per capire dove sarebbe andata a parare. Il problema di Franca non era solo pratico: tutta la famiglia stava attraversando un momento di confusione e lei cercava di fare del suo meglio. I figli maggiori, irritati dal trasloco forzato, erano diventati intrattabili. La sua convivenza rischiava di sgretolarsi, a causa di una relazione del marito con una collega; infine, Franca era depressa, e cercava, a sua volta, qualcosa di diverso... Vecchi problemi irrisolti si erano insinuati nella famiglia e ora ne stavano minando i rapporti.



«La piccola è agitata, è nervosa» continuò Franca «e la nostra famiglia è talmente scombinata… Siamo incerti sulle scelte da compiere.» la fissò, «Ecco: vorrei affidarti Nicòle, per il doposcuola, affinché tu possa insegnarle la lingua e aiutarla a passare questo momento così complicato. Naturalmente sarai retribuita. È ovvio! Ti prego, non me la sento di affidarla a un’estranea in un paese che non conosce. Per lei sarebbe solo un ulteriore trauma e, francamente, vorrei evitarlo.»



Flora la interruppe, alzando decisa una mano:



«Alt, tesoro mio!» intervenne. «Non è una questione di soldi, figurati. Ma ciò che mi chiedi è una grande responsabilità. Cosa ti fa credere, poi, che le maioliche italiane e la cucina in veranda rappresentino il paradiso?» La squadrò quasi offesa. «Anch’io ho una mia vita, sai? Vivo da sola ma non vuol dire che non abbia qualcuno e, soprattutto, anch’io ho i miei problemi, purtroppo.» E il suo viso si ammantò di una delicata tristezza. I loro occhi s’incrociarono. Flora sorrise, rivedendo lo sguardo sparuto di Franca; sembrava lei la bambina confusa, adesso.



«Oh, insomma» disse infine risoluta. «Va bene! Facciamo una settimana di prova, ok?» Franca annuì, aveva la stessa aria di un cane che scodinzola.



«Però voglio sapere con precisione i giorni in cui la ragazza verrà da me. Posso riceverla dalle tre. Non prima. Sono impegnata col lavoro e altro… e la sera, a casa, per le venti!»



Più tardi, da sola nel lettone, Flora a occhi chiusi tornò con la mente alle emozioni che le aveva suscitato l’incontro con la giovane Nicòle. Le forme acerbe, i seni piccoli e, di certo, duri come il marmo...



A quel punto, i suoi pensieri si illanguidirono, immaginando il fiore acerbo, che la giovane custodiva. Avrebbe pagato per poterlo almeno ammirare, odorare, ma non poteva che restare un sogno. I suoi pensieri, però, diventavano sempre più lascivi, nonostante gli sforzi per distogliere la mente. Allora le immagini, che in quel momento creava con la fantasia, si confusero con i ricordi del passato. Il volto della giovane si sovrappose a quello della madre, quando era giovane e fresca. La rivide, mentre abbassava la testa, dai capelli fluenti, e si tuffava sul suo corpo, odoroso di puro piacere. La lingua di Franca la cercava, allora, insaziabile. Ricordò tutte le volte in cui aveva ricambiato quell’esasperante frugare, con la bocca, negli spazi segreti dell’altra. Il corpo, sognato, di Franca giovane, nell’eccitazione che si era impadronita di lei, si confondeva con quella di un’altra. Una donna sconosciuta dai contorni indefiniti, illuminata da una luce dietro le spalle, che ne occultava i lineamenti. Poco dopo, però, fresca come fosse rorida di rugiada, appariva l'innocente visione di Nicòle.



Ansando e grondando la donna raggiunse un piacere languido e intenso che, invece di appagarla, la turbò e la lasciò sul letto, piena di rinnovata sete.





3 - Nel meraviglioso mondo della fata di ferro

(Fiaba)



La Fata di Ferro aveva una casa che solo nel mondo delle fiabe era possibile immaginarsi. La giovane principessa si era presentata a lei, armata solo dell’innocenza, della voglia di vivere e delle sue paure. Aveva vissuto troppo tra gli echi misteriosi del bosco, cercando la forza per vincere le incertezze; aveva provato su di sé il peso opprimente dell’indifferenza. Ora, tutto questo, si contrapponeva all'ambiente fantastico che l’aspettava.



Da subito era stata accolta come la più bella delle principesse: le miscele di cacao più esclusive arrivavano da ogni parte del mondo per confezionare le sue cioccolate, mentre biscotti, marzapane e miele di giuggiole, non mancavano mai, all'ora della merenda.



La Fata di Ferro era intransigente: prima di tutto bisognava fare i compiti; ma poi, come d’incanto, quelle volavano in fretta. Era bello persino studiare se il premio era un sorriso affabile e complice della fata. La giovane faceva del suo meglio per collezionare buoni voti, per non interrompere quel connubio felice.



La Fata di Ferro si dimostrò la migliore delle amiche e la più fidata. Bellissima, grande, prosperosa; indossava sempre vestiti colorati e allegri: un vero e proprio inno alla gioia. Aveva mille abiti, tutti troppo corti per nascondere le sue grosse gambe burrose; tutti troppo stretti per contenere i seni gonfi o le natiche tonde.



Nella casa della Fata tutto era a disposizione e non c’era altro da fare che essere felici. La padrona di casa aiutava Alba nelle scelte senza prevaricare, condivideva le sue idee, la consigliava, e la ragazza non trovava da obiettare ai suoi pareri sussurrati, anzi: pendeva dalle sue labbra. La cosa incredibile era ricevere tutta la sua attenzione, incondizionatamente.

 



Nulla, in quella casa. contava più della principessa; per la Fata di Ferro il centro dell’universo, era Alba e tutto ciò che lei diceva era interessante, unico e prezioso.



Stava con piacere nella sua famiglia, ma intanto, non vedeva l’ora di correre via… il mondo delle fiabe l’attendeva e non vedeva l'ora di poter ritornare nella c