Se lei temesse

Text
Read preview
Mark as finished
How to read the book after purchase
Se lei temesse
Font:Smaller АаLarger Aa

s e l e i t e m e s s e

(un giallo di kate wise – libro 6)

b l a k e p i e r c e

Blake Pierce

Blake Pierce è l’autore della serie di successo dei misteri di RILEY PAGE, che si compone (al momento) di tredici libri. Blake Pierce è anche autore della serie dei misteri di MACKENZIE WHITE, composta (al momento) da nove libri; della serie dei misteri di AVERY BLACK, composta da sei libri; della serie dei misteri di KERI LOCKE, composta da cinque libri; della serie di gialli GLI INIZI DI RILEY PAIGE, composta (al momento) da tre libri; della serie dei misteri di KATE WISE, composta (al momento) da due libri; della serie dei thriller-psicologici di CHLOE FINE, composta (al momento) da tre libri; della serie dei thriller-psicologici di JESSIE HUNT, composta (al momento) da tre libri.

Avido lettore e appassionato da sempre di gialli e thriller, Blake riceve con piacere i vostri commenti, perciò non esitate a visitare la sua pagina www.blakepierceauthor.com per saperne di più e restare in contatto con l’autore.

Copyright © 2019 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. Salvo per quanto permesso dalla legge degli Stati Uniti U.S. Copyright Act del 1976, è vietato riprodurre, distribuire, diffondere e archiviare in qualsiasi database o sistema di reperimento dati questa pubblicazione, in qualsiasi sua parte, in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza previa autorizzazione dell’autore. Questo e-book è disponibile solo per fruizione personale. Questo e-book non può essere rivenduto né donato ad altri. Se vuole condividerlo con un’altra persona, è pregato di acquistarne un’ulteriore copia per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato o non è stato acquisto per suo solo uso e consumo, è pregato di restituirlo e comprarne una copia per sé. La ringraziamo del rispetto che dimostra nei confronti del duro lavoro dell’autore. Questa storia è opera di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e fatti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in modo romanzesco. Ogni riferimento a persone reali, in vita o meno, è una coincidenza. Immagine di copertina Copyright Lukiyanova Natalia frenta, usata su licenzia concessa da Shutterstock.com.

LIBRI DI BLAKE PIERCE

THRILLER DI ZOE PRIME

IL VOLTO DELLA MORTE (Volume#1)

IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Volume #2)

IL VOLTO DELLA PAURA (Volume #3)

LA RAGAZZA ALLA PARI

QUASI SCOMPARSA (Libro #1)

QUASI PERDUTA (Libro #2)

QUASI MORTA (Libro #3)

THRILLER DI ZOE PRIME

IL VOLTO DELLA MORTE (Libro #1)

IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Libro #2)

IL VOLTO DELLA PAURA (Libro #3)

I THRILLER PSICOLOGICI DI JESSIE HUNT

LA MOGLIE PERFETTA (Libro #1)

IL QUARTIERE PERFETTO (Libro #2)

LA CASA PERFETTA (Libro #3)

IL SORRISO PERFETTO (Libro #4)

LA BUGIA PERFETTA (Libro #5)

IL LOOK PERFETTO (Libro #6)

I GIALLI PSICOLOGICI DI CHLOE FINE

LA PORTA ACCANTO (Libro #1)

LA BUGIA DI UN VICINO (Libro #2)

VICOLO CIECO (Libro #3)

UN VICINO SILENZIOSO (Libro #4)

RITORNA A CASA (Libro #5)

I GIALLI DI KATE WISE

SE LEI SAPESSE (Libro #1)

SE LEI VEDESSE (Libro #2)

SE LEI SCAPPASSE (Libro #3)

SE LEI SI NASCONDESSE (Libro #4)

SE FOSSE FUGGITA (Libro #5)

SE LEI TEMESSE (Libro #6)

GLI INIZI DI RILEY PAIGE

LA PRIMA CACCIA (Libro #1)

IL KILLER PAGLIACCIO (Libro #2)

ADESCAMENTO (Libro #3)

CATTURA (Libro #4)

I MISTERI DI RILEY PAIGE

IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)

IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)

OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)

IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)

KILLER PER CASO (Libro #5)

CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)

MORTE AL COLLEGE (Libro #7)

UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)

UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)

IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)

LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)

MORTE SUI BINARI (Libro #12)

MARITI NEL MIRINO (Libro #13)

IL RISVEGLIO DEL KILLER (Libro #14)

IL TESTIMONE SILENZIOSO (Libro #15)

OMICIDI CASUALI (Libro #16)

IL KILLER DI HALLOWEEN (Libro #17)

UN RACCONTO BREVE DI RILEY PAIGE

UNA LEZIONE TORMENTATA

I MISTERI DI MACKENZIE WHITE

PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)

UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)

PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)

PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)

PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)

PRIMA CHE SENTA (Libro #6)

PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)

PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)

PRIMA CHE AFFERRI LA PREDA (Libro #9)

PRIMA CHE ANELI (Libro #10)

PRIMA CHE FUGGA (Libro #11)

PRIMA CHE INVIDI (Libro #12)

I MISTERI DI AVERY BLACK

UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)

UNA RAGIONE PER SCAPPARE (Libro #2)

UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)

UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)

UNA RAGIONE PER SALVARSI (Libro #5)

UNA RAGIONE PER MORIRE (Libro #6)

I MISTERI DI KERI LOCKE

TRACCE DI MORTE (Libro #1)

TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)

TRACCE DI PECCATO (Libro #3)

TRACCE DI CRIMINE (Libro #4)

TRACCE DI SPERANZA (Libro #5)

INDICE

PROLOGO

CAPITOLO UNO

CAPITOLO DUE

CAPITOLO TRE

CAPITOLO QUATTRO

CAPITOLO CINQUE

CAPITOLO SEI

CAPITOLO SETTE

CAPITOLO OTTO

CAPITOLO NOVE

CAPITOLO DIECI

CAPITOLO UNDICI

CAPITOLO DODICI

CAPITOLO TREDICI

CAPITOLO QUATTORDICI

CAPITOLO QUINDICI

CAPITOLO SEDICI

CAPITOLO DICIASSETTE

CAPITOLO DICIOTTO

CAPITOLO DICIANNOVE

CAPITOLO VENTI

CAPITOLO VENTUNO

CAPITOLO VENTIDUE

CAPITOLO VENTITRÉ

CAPITOLO VENTIQUATTRO

CAPITOLO VENTICINQUE

CAPITOLO VENTISEI

CAPITOLO VENTISETTE

CAPITOLO VENTOTTO

PROLOGO

Alle quindici e trenta, entrando nella casa a due piani, Tamara Bateman rammentò perché amava tanto il suo lavoro. In quanto agente immobiliare di Estes, Delaware, vedeva almeno quattro case nuove alla settimana. La maggior parte delle volte le case erano al massimo così così – copie carbone di altre abitazioni della zona, di solito con un prezzo al di sopra dei quattrocentomila dollari. Di tanto in tanto però metteva piede in una casa e sentiva una specie di brivido… la sensazione che quel luogo sarebbe diventato una casa eccezionale per qualcuno.

La casa al 157 di Hammermill Street era tra queste. Non era nuovissima come alcune di quelle che aveva mostrato in settimana, però lo era abbastanza. Costruita nel 2005 e abitata solo da una coppia sposata senza figli prima di essere venduta a un proprietario che l’aveva ristrutturata, profumava ancora di nuovo. Certo, molto si doveva alle immacolate pulizie fatte dall’impresa.

Era meravigliosa. Erano stati lucidati tutti i pavimenti, c’era una mano di vernice fresca su ogni parete e le finestre panoramiche affacciate sul giardino sul retro erano belle da morire. Con il tocco di un professionista esperto e con mobili moderni, quel posto sarebbe stato venduto presto per diventare una casa fantastica.

 

Ormai Tamara si occupava delle visite da due settimane, e anche se un interesse generale c’era, non era ancora stata presentata un’offerta degna. Senza mobili e così immacolata, fondamentalmente era una tela vuota. Ma stava anche cominciando a chiedersi se non fosse la mancanza di mobilio a danneggiarla.

Prese il telefono per buttare giù qualche appunto per migliorare la quotazione pubblica. Sapeva che la compilazione della scheda tecnica non era una vera e propria scienza, ma farlo le piaceva. Le sembrava di avere un metodo – quasi come fosse stata una specie di poetessa. E dato che l’indomani aveva due appuntamenti, voleva assicurarsi di presentarla nella luce migliore.

Attraversò l’ampio soggiorno e poi la meravigliosa cucina con il lavello da appoggio e gli sgabelli dall’aria industriale. Mentre cercava di trovare una parola non banale per i piani in marmo, udì qualcosa muoversi di sopra. Solo uno strascicare leggero, a malapena udibile ma sicuramente presente. Reclinò la testa e si rimise in ascolto, ed ecco che lo risentì.

Non si trattava di passi, ma di qualcosa di più morbido. Immaginò una delle finestre aperte, la lieve brezza autunnale esterna che soffiava sulle tende. Era quasi esattamente così. Però pensava che lì non ci venisse nessuno da due o tre giorni. E gli unici ad avere la chiave al momento erano lei e l’impresario.

Decise quasi di ignorarlo, però poi il rumore tornò. Stavolta fu quasi sicura che si trattasse del fruscio delle tende. Però non ce lo vedeva l’impresario a entrare per aprire una finestra – ancor meno lasciandola poi aperta.

Cercò subito di ricordare se negli ultimi tre giorni fosse piovuto. Credeva di no, ma potevano comunque essersi intrufolati uccelli e insetti di ogni genere. Irritata, Tamara marciò di nuovo per il soggiorno e su per la scala che conduceva al primo piano. Salendo i gradini ripassò a mente delle frasi che illustrassero l’ampiezza e la spaziosità delle scale.

Prima di raggiungere la cima, udì di nuovo il rumore. Stavolta più forte e più costante. E adesso non era tanto sicura che si trattasse del fruscio delle tende. Adesso sembravano proprio passi.

Ma non aveva senso. Solo il proprietario e l’impresario – un cinquantaseienne di nome Bob – avevano l’altra chiave, e adesso si trovava a New York a godersi uno spettacolo con la moglie. Tamara lo sapeva perché l’ultima volta che si erano visti se ne era lagnato. E il proprietario non si curava mai di nessuna delle sue case, una volta inserite nella lista dell’agenzia immobiliare.

E allora chi diavolo c’è lassù?

Si sorprese di se stessa quando salì qualche altro gradino. Mancavano solo due scalini al pianerottolo del primo piano. Riusciva a vederne il tappeto e il fondo delle prime due porte aperte lungo il corridoio.

Quasi disse qualcosa, ma pensò che sarebbe stato stupido. Se c’era davvero qualcuno, magari sarebbe stato meglio non informarlo della sua presenza.

Non fare la stupida, si disse. In questa casa non c’è niente da rubare. Se c’è qualcuno, o è Bob o un vicino ficcanaso. E se qualcuno è entrato vuol dire che l’impresario uscendo non ha chiuso, come un idiota. Non sarebbe la prima volta che Bob si dimentica di chiudere a chiave una proprietà dopo essere passato.

Però poi tornarono i passi, da un punto molto vicino. E poi si udì respirare – un respiro ansioso ed eccitato.

Tamara seguì allora l’istinto. Accantonò la curiosità e scattò giù per le scale. Armeggiò col cellulare per chiamare la polizia. Anche se la cosa si fosse risolta in nulla, meglio prevenire che curare. Meglio…

Udì dei passi tuonare dietro di lei. Sentì la scala tremarle sotto ai piedi. Mentre si avvicinava al fondo della scala le sfuggì un urletto che non ebbe mai il tempo di uscirle del tutto di bocca. Qualcosa la colpì forte da dietro, prendendola alla nuca e alla parte superiore della schiena.

Tamara cadde a terra. Alzò le mani per non sbattere la faccia. Nel farlo si slogò il polso. Lo udì schioccare ma ne fu solo vagamente consapevole. Stava ancora pensando a quei passi tuonanti che l’avevano raggiunta da dietro. Era stordita e annebbiata, la testa le urlava di dolore e il polso stava cominciando a pulsare, sordo. Cercò di girarsi per vedere l’aggressore, ma non ne ebbe mai modo.

Sentì qualcosa di ruvido scivolarle sulla testa per posarsi sul collo. Fu allora che si strinse… e poi improvvisamente Tamara non lottava più per voltarsi a guardare l’aggressore.

Adesso lottava per respirare.

Con l’incombere dell’oscurità, il dolore alla testa venne soffocato da quello disperato al collo e ai polmoni – e perse rapidamente ogni battaglia.

CAPITOLO UNO

I ragazzini di Stranger Things stavano cominciando a darle noia. Logico, pensava. Erano come tutti gli altri ragazzini. Entusiasmanti e carini quando li si conosceva, ma con la tendenza a farsi irritanti a mano a mano che crescevano. Kate Wise aveva la sensazione di conoscere quelli di Stranger Things piuttosto bene: si era sparata tutte le stagioni uno e due in tre giorni. E adesso che le si profilava davanti la stagione tre, non le andava.

Kate posò il telecomando di Apple TV sul tavolino e si alzò. Guardò l’orologio e rimase un po’ disgustata di scoprire che si erano fatte le cinque e dieci del pomeriggio. Poi guardò il tavolinetto del divano, la pila di libri acquistati alla libreria dell’usato di Carytown la settimana precedente. Ne aveva cominciato uno – uno sguardo piuttosto tedioso sulla vita di John Wayne Gacy – ma non aveva avuto la capacità mentale di reggerlo… né quello né qualsiasi altro libro, comunque.

Perciò si era messa finalmente a usare l’account Netflix, cosa che aveva solo perché gliene aveva parlato Allen. Avevano guardato qualcosa insieme, più che altro documentari e The Office, ma avevano scoperto rapidamente che insieme preferivano di gran lunga parlare. Però quando era sola, la sera tardi, Kate scopriva di preferire l’ozio. Non le era mai davvero piaciuto trascorrere molto tempo davanti alla televisione, ma ultimamente pareva che stessero cominciando a piacerle sciocchezze che la staccassero e scollegassero da tutto. Stava cominciando a piacerle l’idea di sfuggire al mondo reale; che si trattasse di trascorrere un po’ di tempo con dei ragazzini nel Sottosopra o di fingere interesse per Grey’s Anatomy, era bello prendersi una pausa mentale e assistere alle tragedie di qualcun altro, per un po’.

Dopotutto aveva moltissimo tempo. Il direttore Duran aveva prestato fede alle sue parole rabbiose e non la contattava da più di sei settimane. Sapeva di non essere stata licenziata, ma si sarebbero rivolti a lei solo per casi che necessitassero del suo tocco di esperta o di ricerca approfondita. L’aveva rimproverata e poi le aveva detto che sarebbe stata utilizzata solo per la ricerca – come cima di salvataggio per altri agenti, al massimo. Lo capiva: vista la sua età era stata un po’ troppo negligente nell’ultimo caso. Però Duran sapeva anche che era brava in quello che faceva e non era ancora pronto a rimuoverla.

Finora non era accaduto nulla del genere. In attesa della telefonata del direttore, la sua vita era andata avanti. In quelle stagnanti sei settimane aveva compiuto cinquantasei anni, sua nipote Michelle uno e lei e Allen avevano fatto due viaggi – uno in una remota baita sui Monti Blue Ridge e un altro nella Carolina del Sud a Surfside Beach per godersi gli ultimi attimi dell’estate.

Ma quell’ultimo viaggio risaliva a due settimane prima. Quando erano tornati, Allen aveva ripreso il lavoro. Pur mantenendo casa sua, trascorreva la maggior parte del tempo da Kate. Avevano parlato di convivenza e lei immaginava che ci sarebbero arrivati. Pensava a cose del genere mentre i giorni si consumavano. Però poi aveva scoperto Stranger Things e, Dio l’aiutasse, Grey’s Anatomy, e aveva avuto moltissimi modi per riempire quelle distese di tempi morti.

Aveva scribacchiato il libro che aveva sempre desiderato scrivere – uno sguardo su alcuni dei suoi casi più bizzarri. Aveva buttato giù una cinquantina di pagine, cosa che non aveva fatto che ricordarle che i giorni di gloria ora ce li aveva alle spalle. Persino con un agente già interessato (pur trattandosi in realtà di un accordo tra amici), non le riusciva di trovare la motivazione per proseguire col libro.

Sapeva di essere preda della monotonia. Se Duran aveva deciso di non aver più bisogno di lei, voleva che dicesse qualcosa. Essere lasciata andare, pensava, sarebbe stato preferibile che essere lasciata all’oscuro.

Aveva un’altra ora prima dell’arrivo di Allen. Spense finalmente la tv e pensò al libro, ma sapeva che oggi non aveva la spinta giusta per lavorarci. Guardò il cellulare e sfogliò i vecchi messaggi. Cinque giorni prima ne aveva ricevuto uno da Kristen DeMarco, per un saluto. Lei era ancora attiva, faceva da tappabuchi in casi i cui agenti, per una ragione o per un’altra, erano a corto di partner. Comunque DeMarco era rimasta in contatto – gesto che Kate apprezzava più di quanto DeMarco avrebbe mai saputo.

Erano diventate amiche molto rapidamente. Era molto, dato che Kate era sempre stata brava a tracciare la spessa linea vigente tra partner e amico. Ma in DeMarco c’era qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri partner che aveva avuto. C’era più di una promettente carriera e del carisma di una che non molla mai. Era una donna a tutto tondo che a volte ricordava a Kate fin troppo la se stessa più giovane. E rimanere in contatto con lei era stato uno dei fondamenti più cruciali della vita di Kate nelle ultime sei settimane.

Sorridendo, recuperò il numero di DeMarco e chiamò. Non la sorprese troppo udire la segreteria dopo quattro squilli. Non si curò di lasciare un messaggio; probabilmente stava lavorando a un caso e, anche se le mancava, non voleva interferire col suo lavoro.

Posò il telefono e si recò in cucina. Lei e Allen avevano in programma di uscire per cena, quindi non avrebbe dovuto cucinare. Si appoggiò contro al bancone e scrutò dalla finestra il giardino sul retro.

Così doveva essere la pensione vera e propria, immaginava. Sì, ne aveva fatto un po’ di esperienza un anno e mezzo prima, ma quella se l’era aspettata. Si era tenuta occupata con piccoli hobby e l’occasionale viaggio al poligono di tiro. Stavolta però si sentiva annoiata e fuori posto. Forse perché sapeva che Duran avrebbe potuto chiamare in qualsiasi momento per farla tornare nel flusso di cose.

O forse, pensava, si trattava di una sorta di presagio – dell’universo o di Dio o di qualcosa di simile che le diceva che a breve questa sarebbe stata la sua vita. Quindi meglio allacciare la cintura per la partenza e abituarcisi.

***

Per la cena avevano scelto il tailandese, cosa che a Kate stava bene dato che si trattava di una delle cucine da lei preferite degli ultimi anni. Era lo stesso ristorante in cui si recavano almeno due volte al mese. Mentre si accomodavano, Kate sentì la familiarità del posto e si chiese se anche quello non fosse un altro aspetto della pensione (oppure, nel caso suo, della pensione parziale): che i ristoranti e i negozi del posto si facessero tutti troppo familiari, incastrati in un loop di cui pareva non esistere uno scopo vero e proprio.

La monotonia del ristorante veniva infranta dalla conversazione, però. Allen sarebbe andato in pensione dal lavoro di advertising executive fra tre mesi. Tra due giorni sarebbe partito per Chicago per star via circa una settimana e probabilmente quello sarebbe stato l’ultimo viaggio. L’azienda stava chiudendo un enorme accordo e Allen negli ultimi giorni era stato proprio contento.

«Dicono che posso portare qualcuno» disse Allen tuffandosi sulla cena. “Tutto spesato. Perciò, se vuoi trascorrere qualche giorno a Chicago con me…»

«Sarebbe fantastico» disse Kate.

«Ho notato che sei un po’… non so… distante. Non in senso negativo. Sembri annoiata. Ferma…»

«Descrizione accurata» disse Kate. «Pensavo di nasconderlo meglio, però.»

«No, per niente» disse Allen con un sorriso. «Dunque, se vieni con me lavorerò molto. Conto che da sola starai bene, che ti godrai i panorami e che farai un po’ di shopping nella città ventosa.»

«Sì, penso che sarò in grado di cavarmela da sola.»

Il flusso della conversazione tra i due era naturale. Era passato quasi un anno da quando avevano cominciato a frequentarsi e quasi cinque mesi da quando le cose si erano fatte serie. Non avevano parlato di matrimonio e avevano appena toccato l’argomento convivenza effettiva – e a Kate stava bene così. Un’enorme parte del suo cuore era ancora riservata al suo defunto marito, Michael. Ogni volta che cercava di immaginare di vivere il resto della sua vita con Allen, salivano alla superficie ricordi di Michael e non sapeva se era pronta.

 

«Hai parlato con Melissa ultimamente?»

«Ieri. Mi ha chiamata per dirmi che Michelle quasi cammina. Non ancora, però manca poco…»

«Spaventoso» disse Allen. «Quando cominciano a camminare…»

«Oh, lo so. Melissa divenne un incubo assoluto quando fu in grado di spostarsi da sola. Ricordo una volta in cui…»

Le squillò il telefono nella borsetta, interrompendola. Fece per prenderlo, presumendo che si trattasse di Melissa, come invocata da loro. Ripensandoci, lo ignorò. Avrebbe lasciato un messaggio e Kate l’avrebbe richiamata.

Proseguirono con la cena, abbandonandosi ai ricordi dei due viaggi recenti che avevano fatto. Kate si era accorta di come la guardava Allen ultimamente. C’era della profondità lì, la sensazione che Allen la stesse quasi studiando. Un pensiero presuntuoso, però si chiedeva se non avesse in testa il matrimonio. Alla loro età trascorrere così tanto tempo insieme non significava necessariamente che il matrimonio fosse imminente, ma ogni giorno che passava doveva pur contare qualcosa. Non aveva idea di come avrebbe reagito se lui avesse varcato quella linea, ma era comunque bello pensarci.

La cena terminò, venne portato il conto e Allen lo raccolse rapidamente. Sapeva che lei non aveva alcun problema finanziario; anzi, quando era andata in pensione la prima volta si era messa alla ricerca di un piano pensionistico che le permettesse di trascorrere il resto della vita in non pochi agi. Ma Allen adorava farla sentire al sicuro quando poteva, come se fossero davvero una coppietta. E per lui ciò significava che doveva pagare l’uomo.

«Ti raggiungo tra un attimo» disse Kate mentre lui si alzava con il conto in mano. «Penso che abbia chiamato Melissa mentre cenavamo. Vorrei richiamarla.»

«Salutamela» disse Allen dirigendosi alla cassa.

Kate pescò il telefono dalla borsetta e vide che la chiamata persa non era di Melissa. Era di Duran.

L’agitazione e il senso di colpa la lacerarono. Sapeva che Duran avrebbe chiamato solamente – e a quell’ora per giunta – per un’unica ragione. E se la pancia aveva ragione (e di solito ce l’aveva), probabilmente poteva pure dimenticarsi del viaggio a Chicago con Allen.

Non ha senso pensarci, pensò.

Richiamò subito, sapendo che Duran non era tipo da stare tanto al telefono. Squillò una sola volta.

«Kate, come stai?»

«Bene.» Sapeva che se usava il suo nome proprio voleva dire che aveva fretta – che non si sarebbe preoccupato delle formalità.

«Se ti interessa, ho un caso per te. Non dovrebbe essere un lavoraccio, niente di straordinario.»

«Be’, ovvio che lo voglio. Che dettagli hai?»

«È nel Delaware. Finora due omicidi molto probabilmente collegati. Mi serviresti lì domani. Per quanto riguarda le specifiche, lascio che ti informi l’agente in capo.»

«Chi è?»

«DeMarco» disse Duran. Pareva avesse un po’ troppa gioia nella voce nel rivelarlo. Persino lui vedeva la collaborazione fiorente che le due erano riuscite a costruire. «Finora ha gestito le cose a meraviglia, ma la cosa sta cominciando a incepparsi e ha bisogno di una mano. Ovviamente lei non lo ammetterà mai.»

«Lo sa che sto arrivando?»

«La chiamo per farglielo sapere quando chiudiamo qui. Ti spiace guidare? Il bureau ti rimborserà la benzina.»

«Ottimo.» E anche se la cosa era davvero ottima, non poté evitare di pensare ad Allen e a Chicago.

«Fantastico. Chiamo DeMarco e le dico di avvisarmi quando arrivi. Grazie, Wise.»

Riagganciò lasciando Kate seduta al tavolino a scandagliare le proprie emozioni. Quando si mise in piedi, scorse Allen in sua attesa alla porta. Aveva un sorrisetto in faccia mentre lei lo raggiungeva.

«Non era Melissa, eh?»

«Come hai fatto a capirlo?»

«Sei molto rilassata quando parli con lei. La conversazione che hai appena fatto… ti ha illuminato il volto. Sedevi drittissima, concentratissima. Era Duran, vero?»

«Sì.»

Annuì aprendole la porta. Quando furono di nuovo nella strada inondata dal bagliore dei lampioni, le prese la mano. «Presumo che il viaggio a Chicago sia saltato, eh?»

«Mi è stata proposta un’opportunità» disse. «Ho pensato che potevamo parlarne stasera.»

«Un caso?»

«Sì.»

«Quando partiresti?»

«Domattina presto.»

«Allora non c’è nulla di cui parlare» disse. «Kate, ci siamo già passati. Lo so quanto significa questo lavoro per te. Quindi va’. Diavolo, io comunque devo lavorare. Sarebbe stato bello averti lì con me, certo, ma ci saremmo visti appena.»

«Allen, posso…»

«Va tutto bene. Sai… diverse settimane fa ti ho dato un ultimatum. Penso ancora quello che ho detto all’epoca, però… credo che non ci sia problema. Penso che dobbiamo tenerlo a mente per quando finalmente darò addio al mondo del lavoro.»

«Tre mesi» disse lei con un sorriso.

«Lo so. Difficile a credersi.»

Il tailandese si trovava a solo un miglio e mezzo da casa di Kate e avevano scelto di andare a piedi – cosa che cercavano di fare almeno due volte a settimana. Era una bella serata e cominciava a fare un po’ di freddo a mano a mano che scendeva la notte.

«Allora se parto verso le quattro e mezza del mattino non ti arrabbierai?» chiese qualche momento dopo.

«No. Voglio che ti godi il lavoro finché ce la facciamo entrambi. Non mi arrabbierò tanto. Però prima di andare dammi un bacio.»

Kate si sporse verso di lui, chiedendosi come avesse fatto a trovare un uomo tollerante e comprensivo come Allen. E, con ciò, si chiese anche fin quando avrebbe sopportato il suo strano lavoro.

«Se continui con questa comprensione» gli disse «avrai molto più di un bacio.»

Rise, le cinse la vita e proseguirono nella notte.