Scritti scelti

Text
Read preview
Mark as finished
How to read the book after purchase
Scritti scelti
Font:Smaller АаLarger Aa

Giuliano Bernini

Scritti scelti

a cura di Pierluigi Cuzzolin, Roberta Grassi, Lorenzo Spreafico e Ada Valentini

[bad img format]

© 2021 • Narr Francke Attempto Verlag GmbH + Co. KG

Dischingerweg 5 • D-72070 Tübingen

Das Werk einschließlich aller seiner Teile ist urheberrechtlich geschützt. Jede Verwertung außerhalb der engen Grenzen des Urheberrechtsgesetztes ist ohne Zustimmung des Verlages unzulässig und strafbar. Das gilt insbesondere für Vervielfältigungen, Übersetzungen, Mikroverfilmungen und die Einspeicherung und Verarbeitung in elektronischen Systemen.

Internet: www.narr.de eMail: info@narr.de

ISBN 978-3-8233-8524-0 (Print)

ISBN 978-3-8233-0333-6 (ePub)

Inhalt

  Volume pubblicato con il ...

  Presentazione

  Il percorso scientifico di Giuliano Bernini

  Riferimenti bibliografici

  Premessa dei curatori

 1 Le preposizioni nell’italiano lingua seconda1.1 Introduzione1.2 Osservazioni contrastive1.3 L’acquisizione delle preposizioni1.3.1 Sintagmi fissi1.3.2 Le prime preposizioni1.3.3 Assenza di preposizioni1.3.4 Con1.3.5 In1.3.6 A1.3.7 Per1.3.8 Di1.3.9 Da1.3.10 Preposizione + SV1.4 Conclusioni

  2 Questioni di fonologia nell’italiano lingua seconda

 3 Strategie di costruzione dei paradigmi verbali in lingua seconda3.1 Introduzione3.2 Lingue prime e lingue seconde3.3 Strategia a “parole e paradigmi”3.4 Strategia “entità e disposizioni”3.5 Strategia delle costruzioni analitiche3.6 Conclusioni

  4 Per una tipologia delle repliche brevi 4.1 Introduzione 4.2 Repliche e risposte 4.3 Paralinguistica e cinesica 4.4 Ellissi vs. profrasi 4.5 Le profrasi 4.6 Distribuzione di profrasi ed ellissi in Europa 4.7 Profrasi negative in costruzioni comparative 4.8 Profrasi negative ed ellissi in costruzioni coordinate 4.9 Sistemi di repliche brevi in funzione della polarità dell’antecedente 4.10 Il disaccordo positivo nelle lingue d’Europa 4.11 “Sì” e “no” come tratti europei

 5 Simmetrie e asimmetrie nell’espressione della negazione proibitiva e della negazione di proposizione5.1 Introduzione5.2 Tipologia delle costruzioni proibitive5.3 La negazione nelle costruzioni proibitive5.4 Conclusioni

 6 La seconda volta. La (ri)costituzione di categorie linguistiche nell’acquisizione di L26.1 Introduzione6.2 Il quadro teorico6.3 Lo sviluppo della categoria verbo in Italiano lingua seconda6.4 Discussione della sequenza di sviluppo del verbo6.5 I mezzi di espressione grammaticale6.6 Note conclusiveAppendice 1Appendice 2

 7 La linguistica acquisizionale e l’insegnamento delle lingue7.1 Introduzione7.2 La linguistica acquisizionale: fondamenti teorici7.3 Linguistica acquisizionale e linguistica teorica7.4 Linguistica acquisizionale e glottodidattica7.5 Prospettiva acquisizionale e prospettiva didattica: alcuni spunti7.6 Osservazioni conclusive

 8 Word classes and the coding of spatial relations in motion events: A contrastive typological approach8.1 Introduction8.2 Typological profile of Italian8.3 Typological profile of Modern Standard Arabic8.4 Typological profile of a northern Italo-Romance dialect8.5 Concluding remarksList of abbreviations

 9 Tra struttura dell’informazione e finitezza: gli enunciativi9.1 Introduzione9.2 La definizione di ‘enunciativo’: problemi metodologici9.3 Gli enunciativi e la finitezza dell’enunciato9.4 Sviluppo e logorio degli enunciativi in diacronia9.5 ConclusioniAbbreviazioni

 10 Il plurilinguismo emergente nell’istruzione superiore italiana10.1 Introduzione10.2 Valore10.3 Politiche linguistiche10.4 Convergenza10.5 Il risultato della prova di trazione

  11 Approcci funzionalisti attuali alla luce delle categorie saussuriane 11.1 Introduzione 11.2 Arbitrarietà e motivazione 11.3 Langage, langue, parole 11.4 Diacronia e sincronia 11.5 Spunti conclusivi

 12 Dalla fonetica alla fonologia e alla morfologia: la varietà iniziale di polacco L2 del progetto VILLA12.1 Introduzione e quadro teorico12.2 I dati12.3 La componente fonetica delle varietà di apprendimento VILLA12.3.1 Le caratteristiche fonetiche comuni ai racconti della Finite story12.3.2 L’instabilità delle rese fonetiche12.4 Osservazioni conclusive

 13 La trascrizione di parlato L2: osservazioni metodologiche13.1 Introduzione13.2 Prima fase preliminare: la scelta del sistema di grafia13.3 Individuazione e segmentazione di parole13.3.1 La terza persona singolare del presente della copula in italiano L213.3.2 I verbi pronominali esserci e averci13.4 ConclusioniAppendice 1. Gli apprendenti consideratiAppendice 2. Convenzioni di trascrizione (Andorno e Bernini 2003:33-36).

  14 Verschissmuss? Zu einer (scheinbar) fehlerhaften Schreibung

 Riferimenti bibliograficiABCDEFGHIJKLMNOPQRSTVWXZ

Volume pubblicato con il contributo dell’Università degli studi di Bergamo.

Presentazione

Non è mia intenzione parlare di Giuliano Bernini come studioso, anche perché, ne sono consapevole, non avrei le competenze per farlo. Ovviamente, so benissimo che Giuliano è Presidente della Società di Linguistica Italiana, Direttore della prestigiosa rivista Linguistica e filologia, rappresentante per l’Italia del Comité International Permanent des Linguistes (CIPL) e membro del collegio docenti del Dottorato di ricerca in Scienze linguistiche, istituito grazie alla collaborazione tra l’Università di Bergamo e quella di Pavia. Tutti elementi che indicano l’altissima considerazione di cui egli gode negli studi linguistici e quanto apprezzati siano i risultati delle sue ricerche tra gli specialisti del settore a livello internazionale. Voglio invece parlare del ruolo di Giuliano all’interno dell’Università di Bergamo e provare a svelare qualche tratto della sua personalità, essendo lui piuttosto schivo e poco propenso a mettersi in mostra.

 

Per apprezzare lo straordinario contributo che Giulano ha dato all’Università di Bergamo nel corso della sua lunga e operosa carriera bisogna anzitutto considerare che il suo impegno non si è mai limitato alla ricerca e all’insegnamento tradizionalmente intesi, due compiti peraltro che ha sempre onorato con abnegazione e profonda passione. Giuliano è sempre stato un uomo di “prospettiva”, con lo sguardo cioè rivolto in avanti.

Uomo di cultura e di vasti interessi, ha una mente poliedrica che, lungi dal rimanere sul piano dell’astrattezza, è quanto mai pratica, concreta. Qualità che si sono rivelate preziose nei numerosi incarichi di responsabilità che ha ricoperto nel nostro Ateneo. Come preside della Facoltà di lingue e letterature straniere (per ben due mandati), come Direttore del Centro di Competenza Lingue, come Prorettore delegato alle relazioni internazionali, come Presidente del Presidio della qualità e come membro del Senato accademico, egli ha contribuito in maniera decisiva al processo di crescita e di sviluppo della nostra Università. Nel mettersi al servizio degli organi che presiedeva, è sempre stato una guida sicura e competente, che ha esercitato il suo ruolo con discrezione, ma con indubbia autorevolezza.

Uomo di prospettiva, dallo sguardo lungo, dicevo, Giuliano ha una singolare capacità nell’intercettare e prevedere gli scenari futuri, consentendo al nostro Ateneo di lavorare e agire in anticipo. A dispetto o, forse meglio, in virtù della sua proverbiale riservatezza, del piglio serioso con cui si presenta, insieme al rigore e alla disciplina che connotano il suo operato, Giuliano ha sempre dimostrato di saper osare, consentendo così all’Università di Bergamo di porsi all’avanguardia nel campo della ricerca e della didattica. È stato infatti tra i primi a consigliare di investire nella tecnologia informatica per offrire ai nostri studenti gli strumenti adeguati per affrontare il tema della traduzione digitale e le rivoluzionarie trasformazioni che essa ha introdotto nei linguaggi contemporanei.

Intellettuale raffinato, aperto al confronto e al dialogo dialettico, Giuliano Bernini ha interpretato e interpreta la cultura e la conoscenza in modo creativo, applicandole con metodologia critica alla realtà. Credo che questa abilità gli derivi dal suo essere uno studioso delle parole, dalla consapevolezza cioè che egli ha della funzione liberatoria che le parole hanno quando bisogna “attraversare la prova della realtà”. Proprio quella “prova della realtà” di cui parlava Elsa Morante in un saggio del 1957 dedicato al poeta Umberto Saba in occasione della ristampa del Canzoniere, sottolineando appunto che è la “limpidezza della parola” a liberarci e a liberare “il mondo dei suoi mostri irreali”. Si tratta, come con grande acume scriveva la Morante, di una “coraggiosa traversata”, alla quale Giuliano Bernini non si è mai sottratto, perché anche lui sa che “il dramma della realtà non ha termini, ed è sempre un altro”.

Remo Morzenti Pellegrini

Magnifico Rettore dell’Università degli studi di Bergamo

Il percorso scientifico di Giuliano Bernini

Un’antica amicizia mi lega a Giuliano Bernini, da quando ci conoscemmo in un tristissimo e un po’ ammuffito appartamento ministeriale in Viale Cristoforo Colombo a Roma per sostenere nel lontano 1986-1987 l’esame orale di un concorso per professore associato. Da allora la nostra frequentazione è stata sempre fitta, cordialissima, molto affettuosa.

Sono doppiamente felice della testimonianza che il suo Ateneo ha inteso giustamente dedicargli. Prima di tutto felice perché la sua attività instancabile per quella che è da sempre stata la sua Università (a Bergamo ha avuto i primi incarichi ed è stato ricercatore per poi trasferirvisi definitivamente e conseguirvi l’ordinariato dopo una parentesi decennale a Pavia) merita riconoscimenti altissimi. Le parole introduttive del Magnifico Rettore Morzenti Pellegrini hanno colto perfettamente il senso della sua partecipazione alla vita istituzionale dell’Ateneo con i tanti incarichi ricoperti, l’impegno profuso come Delegato del Rettore per l’internazionalizzazione (da cui scaturirono alcune interessanti riflessioni raccolte in Bernini 2012c e Bernini 2014), Presidente del Presidio di Qualità, Direttore del Centro di Competenza Lingue, Direttore della SISS per le sedi di Brescia e di Bergamo e, soprattutto, come Preside della Facoltà di Lingue e letterature straniere per ben otto anni.

In secondo luogo confesso di essere particolarmente onorato e contento che mi sia stato chiesto di annotare qualcosa del suo profilo sia accademico – per come l’ho potuto apprezzare in ormai quasi quarant’anni di frequentazione –, sia scientifico. Giuliano è per tanti versi una personalità non comune. Non solo perché è fra i pochissimi docenti capace di coniugare cómpiti istituzionali e attività scientifiche di livello eccellente, riconosciute sia internazionalmente (non casualmente Giuliano è, fra le tante cose, membro delle prestigiose “Societas Linguistica Europaea” e della “Association for Linguistic Typology”) sia nazionalmente: voglio rammentare la sua direzione della Rivista “Linguistica e filologia” e la sua presenza nel Comitato scientifico della più antica Rivista italiana di linguistica, l’“Archivio glottologico italiano”, due attività che lo impegnano moltissimo.

La cifra morale – se posso dire – costituisce di sicuro il tratto più evidente della personalità di Giuliano Bernini. Una moralità che si manifesta attraverso la sua serietà nella vita istituzionale, la sua lealtà nei rapporti interpersonali, il suo rigore nelle ricerche scientifiche. La comunità dei linguisti gli deve molto, intanto perché Giuliano, dopo alcune esperienze nei Direttivi della Società Italiana di Glottologia e nella Società di Linguistica Italiana, ha guidato in qualità di Presidente l’Associazione Italiana di Linguistica Applicata (dal 2010 al 2016) e sta guidando la Società di Linguistica Italiana (dal 2020). Ma Giuliano si è rivelato soprattutto un Collega preziosissimo in una serie di delicati cómpiti che gli sono stati affidati a livello nazionale come Membro del GEV 10 per la VQR 2011-2014 (è stato coordinatore del subGEV-4 per l’Italianistica e la Linguistica) fra il 2015 e il 2017 e in qualità di componente del Comitato di selezione del PRIN 2017 per il sotto-settore ERC SH 5, dal 2018 al 2019.

Posso testimoniare in prima persona che queste sue esperienze, unite alle profonde e precise competenze nel settore della didattica linguistica in tutte le articolazioni disciplinari, hanno aiutato in modo fondamentale gli Organismi ministeriali in almeno tre circostanze cruciali. La prima è stata la redazione delle Classi per l’insegnamento (sfociate poi nel D.P.R. 19/2016 all’epoca della “Buona Scuola”); la seconda la rivisitazione delle Classi di Laurea triennali e magistrali (incluse quelle per la “Logopedia” in stretta collaborazione con Francesca Dovetto, allora rappresentante per l’Area 10 al Consiglio Universitario Nazionale), revisione che dura tutt’ora e che vede impegnatissimo Giuliano assieme ai Presidenti delle Società scientifiche dell’area linguistico-glottologica; la terza circostanza è stata ed è tutt’ora l’interesse per il riconoscimento e la promozione istituzionale della LIS, lo strumento linguistico della comunità italiana dei sordi. In tutti questi momenti Giuliano Bernini è stato un punto di riferimento straordinario per puntualità, rapidità esecutiva (un tratto cruciale quando si ha a che fare con i Ministeri) e, ovviamente, per competenze tecniche.

Va detto che l’ampia e variegata esperienza scientifica di Giuliano, comprovata dalla partecipazione e dal coordinamento di decine di progetti scientifici nazionali ed europei, un’esperienza che spazia dalla glottodidattica alla sociolinguistica, alla linguistica storica, alla linguistica germanica, all’apprendimento dell’italiano L2 fino alla tipologia areale, lo rende in modo naturale un punto di raccordo al momento di trattare di tematiche interdisciplinari e transdisciplinari. Questa riconosciuta posizione di riferimento fra le tante aree delle discipline linguistiche gli ha consentito di recente di ottenere un importantissimo e ambìto riconoscimento, quello di rappresentante per l’Italia nel Comité International Permanent des Linguistes (CIPL) su indicazione congiunta della Società Italiana di Glottologia, della Società di Linguistica Italiana e dell’Accademia della Crusca.

Ho appena ricordato in modo cursorio il profilo scientifico di Giuliano Bernini. Difficilissimo sintetizzarlo in poche battute. Volendo inevitabilmente semplificare si può affermare che la formazione di Giuliano, al netto delle importanti esperienze di ricerca svolte all’estero, si sia sviluppata all’interno di una costellazione formata da tre rilevanti sedi universitarie (Milano statale, Bergamo e Pavia), ciascuna corrispondente a singole personalità che hanno influito su di lui e a precisi àmbiti tematici della sua produzione scientifica.

A Milano Giuliano si laureò in Glottologia con colui che da non molti anni aveva raccolto l’eredità imponente di Vittore Pisani e cioè Enzo Evangelisti. La sua tesi, discussa alla metà degli anni Settanta, verteva sui nomi delle parti del corpo in gotico e presagiva quelle ampie e variegate competenze nel settore delle lingue germaniche che da sempre hanno costituito uno dei corpora maggiormente battuti con invidiabile competenza da Bernini, in lavori sia di linguistica tedesca sia di tipologia areale. Ma non va dimenticato che questa primissima esperienza glottologica (ossia nell’àmbito della linguistica storica classica) ha fatto sì che negli anni a venire Giuliano non abbia mai perso il contatto con le tematiche del mutamento linguistico, tematiche che affiorano spesso nei lavori tipologici e in quelli dedicati all’apprendimento delle lingue seconde.

Per Bernini (ci tornerò più avanti) la diacronia è uno dei banchi di prova più importanti per sondare la tenuta concreta delle categorie tipologiche. Così una delle sue primissime incursioni nella tematica a cui ha dedicato la maggior parte dei suoi saggi tipologici, quella della struttura sintattica della negazione, riguardò i sintagmi negativizzanti nelle lingue indo-europee e la postulazione di una loro collocazione nella proto-lingua (Bernini 1987d). Pochi anni dopo tornava su un possibile drift diacronico che avrebbe condotto l’elemento negativizzante, lungo un asse di progressiva marcatezza, dalla posizione preverbale a quella post-verbale nelle lingue indo-europee (Bernini 1990a). Ma considerazioni utilissime per decifrare i meccanismi del cambiamento – spesso, come è giusto, connessi con le variabili del contatto e dell’apprendimento spontaneo secondo un modello di interpretazione sociolinguistica che risale almeno a Thomason/Kaufman 1988 – sono presenti in molti suoi lavori.

Dicevamo dei maestri e delle sedi. L’esperienza presso l’Istituto Universitario (poi Università) di Bergamo significò innanzitutto il contatto e la collaborazione con Monica Berretta verso la quale Giuliano ha sempre riconosciuto un debito di affetto oltre che di scienza (Bernini 2002). Il rapporto di colleganza e di cooperazione tra i due fu sempre strettissimo. La Berretta aveva assunto già negli anni Settanta, fra le primissime in Italia, un incarico di “Didattica delle lingue moderne” e, assieme ad Anna Giacalone Ramat, ha costituito per Bernini un punto di riferimento costante per le ricerche sull’apprendimento delle lingue seconde, sia in contesti guidati sia, molto più estesamente, in contesti spontanei. Ma lo ha anche stimolato a occuparsi precocemente di pragmatica linguistica, un fattore per lui fondamentale nella spiegazione, ad esempio, della genesi delle categorie e delle forme sia in situazioni di contatto che di mutamento.

Questo segmento scientifico è sicuramente quello al quale Bernini ha dedicato la maggior parte delle sue ricerche e sul quale ha esercitato più a lungo le sue riflessioni, anche teoriche. Inizialmente Giuliano era guidato dall’intento dichiarato di una scansione analitica e coerente delle strategie acquisizionali dell’italiano L2, mediante la focalizzazione su pressoché tutte le componenti della lingua-target. L’avvio nella seconda metà degli anni Ottanta del cosiddetto “Progetto di Pavia” coordinato da Anna Giacalone Ramat (Bernini 1994b) con il preciso intento di arare un “terreno inesplorato” (Giacalone Ramat 2003:13) all’interno di una fitta rete interuniversitaria e con un paradigma omogeneamente funzionalista, ha ulteriormente indotto Bernini a occuparsi in maniera sistematica dell’inventario fonologico (Bernini 1988) e delle strutture morfosintattiche, specie di quelle che rientrano nell’àmbito del sintagma verbale: le preposizioni (Bernini 1987e), gli avverbî (Bernini 2008c, Bernini 2008d, Bernini 2010a, Bernini 2012b), il sistema verbale nel suo complesso (Bernini 1989 e Bernini 2003a), l’imperfetto (Bernini 1990b), i verbi modali (Bernini 1995), i sintagmi verbali con copula (Bernini 2003b), i verbi pronominali (Bernini 2005a), i verbi di moto (Bernini 2006b, Bernini 2006c, Bernini 2006d e Bernini 2008a e Bernini 2008b). La maturazione di una visione d’insieme sui problemi tipologici delle strutture della negazione finì con l’interferire con questo ricco filone di studî: di qui i saggi Bernini 1996a, Bernini 1998c, Bernini 2000 e, soprattutto, la visione d’insieme offerta in Bernini 1999 e Bernini 2005b.

 

Dopo questa fitta serie di ricerche di dettaglio, Giuliano ha prodotto alcune sintesi importanti della sua visione complessiva dei processi di apprendimento. Il lavoro La seconda volta. La (ri)costituzione di categorie linguistiche nell’acquisizione di L2 apparso negli Atti del Convegno annuale della S.I.G. del 2003 (Bernini 2004) chiarisce la catena implicazionale che Bernini individua nella regolare scansione dei percorsi dell’apprendimento spontaneo. La genesi delle categorie altro non è che il banco di prova della “costituzione interna della categoria verbo e la configurazione dei rapporti che ne legano tratti e valori” (Bernini 2004:122). In sostanza la complessificazione delle varietà di apprendimento, basiche e post-basiche, è un test cruciale per la definizione e la consistenza delle categorie tipologiche e delle loro rispettive gerarchie di marcatezza nell’ouput degli apprendenti. Qui Giuliano riunisce le sue due principali esperienze di ricerca in una robusta sintesi esplicativa che mira alla classificazione rigorosa delle categorie funzionali del verbo in una prospettiva tendenzialmente universalista mediante la rilevazione di un crescendo di “mise en grammaire”. Un simile percorso muove dai tratti prototipici del verbo per giungere a quelli periferici allontanandosi progressivamente dal dominio della pragmatica discorsiva fondata sulla struttura elementare topic/comment. Posizioni simili emergono anche nella sintesi per l’Enciclopedia dell’italiano curata da Raffaele Simone (Bernini 2010c) nonché in Bernini 2017.

Giuliano è anche un eccellente dialettologo. Dopo le prove giovanili di descrizione della fonologia e della morfologia delle varietà bergamasche (Bernini 1987a, Bernini 1987b, Bernini 1987c), ha voluto contaminare – per così dire – queste sue cognizioni con la sensibilità per i fenomeni acquisizionali e per le descrizioni di tipologia areale. La base teorica di questa “contaminazione” si ritrova in un saggio molto rilevante ossia Bernini 2006d che abbiamo già citato. Ivi il ragionamento muove da una distinzione tipologica, introdotta da Leonard Talmy, circa le strategie di lessicalizzazione dei componenti della struttura concettuale nella localizzazione spaziale nei verbi di movimento. Si distinguono lingue che lessicalizzano queste componenti nel lessema verbale (Verb-Framed) e lingue che invece lo lessicalizzano nelle particelle (affissi, avverbî, ecc.) (Satellite-Framed). L’italiano appartiene al primo tipo (es. uscire), il tedesco (come in genere molte lingue a forte componente sintetica in àmbito indo-europeo) al secondo (es. ausgehen). L’importante distinzione viene problematizzata: proprio i dialetti italiani settentrionali sono quelli che mostrano un diverso e inatteso comportamento (S-Framed) in area italo-romanza. Sulla base di un esame dedicato all’acquisizione del tipo V-Framed rappresentato dall’italiano a opera di apprendenti principianti (studenti che sono in Italia da quattro-dodici mesi) con L1 una lingua S-Framed (tedesco, neerlandese) o una lingua che oscilla tra i due (inglese) si riscontra come effettivamente la L1 incida nell’uso della L2. Per tutti i parlanti una delle strategie più usate è quella di impiegare un verbo italiano già caratterizzato nei valori spaziali, accompagnato da una preposizione locativa che regge un sintagma nominale (sale […] sulla testa; è uscito dal buco); accanto a questa, i parlanti inglesi tendono però anche a impiegare una codificazione nel verbo (es. ma ritornata con una delle altri piccoli), quelli olandesi o tedeschi usano spesso un verbo di movimento generico con un sintagma preposizionale (es. va al lago).

Il tema di questa distinzione tipologica, oltre che in prospettiva sempre acquisizionale in Bernini 2006b e Bernini 2006c, viene ripreso in due studi dialettologici dedicati a varietà settentrionali, tra cui il bergamasco (Bernini 2008b e Bernini 2012a), ed è sviluppato soprattutto in Bernini 2021, in cui si esaminano espressioni di questo tipo nei dialetti tedeschi, ladini (romancio e ladino dolomitico) e italiani, in contatto tra loro lungo l’arco alpino. In quest’ultimo lavoro, basato su un amplissimo spettro geolinguistico tratto dall’AIS (i dialetti italiani settentrionali, toscani e gran parte di quelli di Umbria e Marche; le varietà della Svizzera romanza, il ladino, il friulano e le varietà gallo-romanze occidentali come l’occitano, il provenzale, il franco-provenzale), si rileva come esista una evidente concentrazione delle espressioni sintagmatiche del tipo “cadere giù”, “andare giù”, “togliere via” proprio nei dialetti lombardi (compresi i ticinesi) e quelli romanci. Non solo. Si rileva che il tipo sintagmatico è più diffuso (a) nelle varietà montane rispetto a quello di fondovalle e di pianura, (b) nelle Alpi centrali e orientali, in cui le varietà romanze sono a contatto con i dialetti tedeschi, rispetto a quelle occidentali, in cui le varietà italiane sono a contatto con dialetti gallo-romanzi.

Viene registrato il fatto – ben noto alle descrizioni etno-linguistiche da Cardona in poi (Cardona 1985:21-42) – che nelle varietà montane è molto diffusa la deissi spaziale orientata secondo lo scorrere dei corsi d’acqua, incentrata sui villaggi, con i deittici del tipo “su”, “giù”, “sopra”, “sotto”, ecc. Ciò può spiegare in parte la diffusione dei verbi sintagmatici del tipo “andare su”, “andare sopra” ecc. Ma la spiegazione fondamentale che si fornisce è di tipo areale: lo sviluppo di queste codificazioni lessicali sarebbe dovuto all’influsso dei dialettici alemannici delle Alpi centrali (quindi sui dialetti romanci e lombardi della Svizzera) e di quelli bavaresi delle Alpi orientali (Alto Adige, Carnia, ecc.). Un influsso del genere dovuto a un’intensa fase di bilinguismo romanzo-germanico a partire dall’XI secolo fu sostenuto anche da Belardi (vedi Belardi 1994:61 e, più diffusamente, Belardi 1991:274-283 ove viene postulata un’origine relativamente tarda di questi fenomeni sintagmatici). Dalle varietà romanze più in contatto con quelle tedesche, il tipo si sarebbe poi diffuso verso il fondovalle, fino alla Pianura Padana. L’influsso tedesco avrebbe rafforzato una tendenza all’uso dei deittici spaziali già presente nelle varietà romanze di montagna. Una sorta di ipotesi dai tratti vagamente “anti-ascoliani”, se si tiene presente la famosa teoria del regresso dell’area ladina arcaica rispetto a quella veneta sostenuta nei Saggi ladini di Ascoli nel 1873, regresso che vide le zone montane come ultima roccaforte dell’onda di avanzamento italo-romanza.

All’interno di questo ricchissimo filone di lavori acquisizionali emerge più di recente un gruppo di studî di Bernini generato da un’esperienza coordinata di insegnamento elementare di una lingua straniera, il polacco. Una buona sintesi è in Bernini 2018a. Si tratta di lavori eminentemente fonologici (una sorta di ritorno ai primissimi interessi di Giuliano) all’interno dell’interessante progetto internazionale VILLA – Varieties of Initial Learners in Language Acquisition, progetto che prevede un corso rivolto a giovani adulti (studenti universitari di facoltà non umanistiche, molto breve, 14 ore complessive in dieci giorni, accompagnate da test quotidiani, svolte dalla medesima insegnante, con un input controllato, replicato in modo stabile ovunque, comprendente circa 1000 lessemi. Alla fine del corso, è stato registrato il parlato degli apprendenti in diverse modalità (spontaneo, guidato, narrativo). Il progetto si è svolto, oltre che in Italia nelle Università di Bergamo e Pavia, in Francia, nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e in Germania, dove il corso ha avuto anche una versione per bambini, per controllare la variabile dell’età.

Tutti i lavori di Bernini in questo specifico àmbito (Bernini 2015, Bernini 2016b, Bernini 2016c, Bernini 2018a, Bernini 2018b, Bernini 2019) si basano sull’analisi del parlato registrato nei test finali, e hanno come obiettivo quello di osservare le realizzazioni fonetiche degli apprendenti confrontandole con quelle della lingua modello. la questione di fondo è “se sia possibile ritrovare caratteristiche specifiche della componente fonetica negli stadi iniziali di una L2” (Bernini 2019:33) paragonabili a quelle morfo-sintattiche attribuibili alla Basic Variety. Nuovamente affiora l’approccio universalistico di Bernini in questo settore. Vengono rilevate tendenze verso la semplificazione della fonologia della lingua-target non attribuibili meramente all’interferenza del sistema di L1, ma a una sua strutturazione autonoma, e una capacità di manipolare la fonologia della fine di parola in cui hanno influsso fattori morfologici (la desinenza dello strumentale nei nomi, o la terza persona plurale del verbo).

Così, ad esempio, molti parlanti realizzano alcuni lessemi con la sonora finale di parola, mentre in polacco non si hanno sonore finali, le quali, dunque, non possono esser state fornite dall’input. Almeno per alcuni casi ciò può essere spiegato mediante la capacità di manipolazione da parte del parlante; è realizzata sonora la consonante finale di un lessema che è confrontato con forme corradicali in cui però la consonante non è in posizione finale: p. es. in parlanti francesi si ha la sonora finale nella forma /ˈstraʂ/ straż “guardia”, che compare nel loro parlato accanto a /ˈstraʐak/ strażak e /straˈʐakʲɛm/ strażakiem “pompiere”, rispettivamente al nominativo e allo strumentale singolare (Bernini 2019:47). Il fenomeno che maggiormente caratterizza questa varietà di apprendimento molto precoce, che quindi non ha ancora raggiunto il livello della Basic Variety è la grande dispersione delle realizzazioni fonetiche riscontrabile, per uno stesso lessema, tra i vari parlanti e anche nello stesso parlante. Per esempio uno di loro, un parlante italiano, rende il modello del polacco /ˈstraʐak/ strażak ‘pompiere’, con le realizzazioni fonetiche [ˈstraʒak], [ˈtraʒak], [ˈs:traʒa], /ˈpɔʐar/ pożar ‘incendio’, con [ˈpɔʒar] e [poˈʒaːr] (Bernini 2016b: 142-43).

A questo punto Bernini formula un’ipotesi generale circa lo sviluppo della fonologia dell’interlingua di apprendimento: un parallelismo tra lo sviluppo dei livelli di analisi biplanari e quello dell’espressione linguistica:

lessico > morfologia e sintassi > pragmatica