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Racconti e novelle

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XX

Al campanile di S. Bartolomeo battono le quattro ore —En marche! – Tutti i negozianti di Porta Nuova escono sulle porte delle botteghe per vedere passare la più grossa pancia della Guardia nazionale.

XXI

Giacomo Pizzalunga, per dissimulare le difficoltà asmatiche della sua posizione, camminava a passo di carica. – E nondimeno i maligni sogghignavano – e il pover'uomo udiva suo malgrado certe esclamazioni poco lusinghiere, le quali sconcertavano i suoi primi entusiasmi bellicosi.

– Certe figure non si dovrebbero ammettere nella guardia nazionale…!

– Questo si chiama oltraggiare la divisa!

– A che serve il Consiglio di ricognizione, se quei signori non riconoscono che quel volume di lardo è incompatibile col decoro della istituzione?..

Giacomo Pizzalunga giunse al corpo di guardia ansante e sbuffante…

I militi della sua compagnia lo accolsero con un oh! di sorpresa. Poi, guardandolo in isbieco, mormorarono sottovoce: fra noi non c'era alcuno che patisse eccezione– questa pancia sarà il disonore della compagnia!

Pizzalunga fu posto in coda al battaglione, nell'ultima linea, costituita da altri scarti, obbrobrio della milizia.

XXII

Verso le ore cinque, il battaglione colla banda in testa sfilava dinanzi al caffè dell'Accademia.

Il Pizzalunga che, come abbiam detto, marciava nell'ultima fila, udì fremere al proprio orecchio una crudele invettiva! – «Ecco i sicari del popolo, i poliziotti, i croati…»

– Scellerati! pensò l'onesto droghiere, senza uscire di riga – non osavano dir tanto al sor Giovanni, quando entrava in caffè tutto solo, agitando il frustino sotto il loro naso!

XXIII

Era quella una giornata di insolita agitazione per la guardia cittadina – Si temeva una dimostrazione in senso repubblicano socialista al grido: abbasso Rattazzi! Alcuni dilettanti di Viarenna avrebbero iniziata la grande riforma della comunione dei beni, assaltando il solito stabilimento del solito Binda, per dividersi fraternamente i soliti bottoni. – Giacomo Pizzalunga, uomo d'ordine come tutti i droghieri, avea giurato al capitano di essere pronto a prestare la propria pancia per uso di barricata. – Questa generosa proferta guadagnò al nuovo milite la simpatia del battaglione. Da quel momento il Pizzalunga e la sua pancia furono considerati come una forza di resistenza degna della più alta considerazione.

XXIV

– Presto! quattro uomini e un caporale!..

– Cos'è avvenuto?.. Che vuole la patria?.. Pizzalunga, che dormiva da quattro ore, balzò dal letto come… un sol uomo! – ricinse la daga, e uscì nel cortile del palazzo fra i primi volonterosi. Battevano le dieci della notte.

XXV

– Siamo dunque alle solite?

– Sicuramente! una grande dimostrazione a Porta Nuova.

– Alla mia porta! esclama il Pizzalunga, infiammato di entusiasmo. – Possibile che il quartiere più tranquillo della città… che la mia buona e pacifica vicinanza prenda l'iniziativa della ribellione?

– Pur troppo i partiti hanno seminato dappertutto…

– Oh! vi giuro che a Porta Nuova han seminato inutilmente… Parola da Pizzalunga, io non ho che a presentarmi per rimettere l'ordine!

– Bravo! voi che avete tanta influenza nel quartiere, prima di ricorrere ai mezzi estremi, potrete calmare il popolo con delle buone e dignitose arringhe!

– Ne tengo due barili nella bottega, e piuttosto che sparger sangue civile, io le metto a disposizione della patria.

– Dunque!

– Armi in spalla, e avanti!

XXVI

La pattuglia giunse rapidamente all'estremo del corso di Porta Nuova, dove infatti si udivano grida confuse…

I tumultuanti, con grande sorpresa dell'amico Pizzalunga, erano adunati sotto le finestre della sua abitazione…!

Il buon marito sentì uno stringimento al cuore, pensando alla tenera e sensibile Angiolina… rimasta sola e senza alcun difensore, in una notte come quella!

XXVII

Il caporale della guardia ordina ai militi di arrestarsi – poi, avanzandosi di alcuni passi, prega gli assembrati a cessare dal baccano ed a disperdersi.

– Noi non partiremo di qui, se prima non ci si rende giustizia! – grida uno della folla.

– Sì! giustizia per tutti! – risponde il caporale – dunque: cominciate a dar l'esempio voi col rispettar le leggi…

– È una vera infamia, una vera abbominazione, signor caporale!

– Queste parole sovversive non stanno bene sulla bocca di liberi cittadini!.. Signori: per la seconda volta io li prego di ritirarsi… Loro sanno meglio di me che il ministero, fino a quando abbia il suffragio della maggioranza della Camera…

– Eh! che del ministero a noi non importa un cavolo!.. Noi vogliamo una riparazione per la villania che ci venne fatta… Noi non partiremo di qui, se prima non viene arrestato quel mascalzone che osò gettare dalla finestra…

– Ma dunque, loro signori?..

– Ella non sa come sia cominciata questa faccenda… La sappia dunque, signor caporale, che eravamo una compagnia di amici… Si veniva dal Bettolino – si cantava la marsigliese…

– La marsigliese!.. Loro signori vedono bene… che non si può permettere…

– Si cantava dunque la nostra marsigliese italiana, che comincia colle parole: Daghela avanti un passo!.. Ci fermiamo alcuni minuti sotto quelle finestre per intuonare le voci… Si prova – si riprova il pezzo – e appena riusciamo a metterci d'accordo – patatach! dalle finestre del terzo piano piomba in mezzo al nostro circolo una catinella d'acqua, seguita dal fragile recipiente!

– È dunque vero quanto ascolto! – esclama il caporale, volgendo gli occhi alle finestre del terzo piano.

E tutti gli astanti a ripetere l'istoria coll'accento di una indegnazione sulfurea.

XXVIII

– La guardia cittadina protegge sempre gli oppressi, esclama il caporale – e in questo caso gli oppressi siete voi!

– Viva la Guardia nazionale!

– Presto! – avanzatevi, o militi – Io spero… cioè credo che noi siamo giunti in tempo per operare un arresto. Si batta a quella porta.

– È inutile risponde una voce dalle file dei militi. Io porto in tasca la chiave…

– Chi ha parlato esca dai ranghi e si presenti… Giacomo Pizzalunga esce barcollando dal drappello, e si fa innanzi mostrando la chiave al caporale!

XXIX

– Di qual modo siete voi in possessione di questa leva di primo genere?

Il Pizzalunga si asciuga il sudore che gli sgocciola dalla fronte a grosse bolle – poi risponde con voce turbata: pur troppo la casa dove fu consumato il delitto… è la mia abitazione! Io godo tutto l'appartamento anteriore del terzo piano!

– Che! voi abitate al terzo piano! gridò la folla. – Voi dunque saprete chi abbia lanciato l'acquoso proiettile… Voi ci darete in mano l'autore del tentato assassinio…

– Fosse anche mia moglie! replica il Pizzalunga con accento spartano – io prometto e giuro che giustizia sarà fatta! Pur troppo in questo momento non sono più marito, non sono più droghiere – io rappresento un membro della forza pubblica, un difensore dell'ordine! Però, signor caporale, oso chiedere una grazia… Se tutto il corpo d'armata entrasse nell'appartamento di Angiolina, ella forse ne morirebbe di terrore… Lasciate che lo perlustri da solo… S'ella è rea – ve l'ho promesso, – ve l'ho giurato – subirà la sua pena. – S'ella è innocente; se altri…

Ma qui il Pizzalunga non potè proseguire… Quell'altri era troppo inverosimile. – Angiolina, in assenza del marito, doveva necessariamente trovarsi sola!.. Ah! – non sapeva l'onesto droghiere quale orribile trama fosse stata ordita contro di lui nel boschetto del ricino, e nell'isola delle zucche.

XXX

Il caporale cedette alla preghiera del milite – Pizzalunga dischiuse il portello; entrò lentamente a schiena ricurva – e si perdette nell'ombra.

XXXI

Gli altri militi si posero in agguato agli sbocchi delle vicine contrade…

Gli assembrati tacevano… aspettando la vittima…

XXXII

– Dàlli!.. fermalo!.. arresta!.. si sbarri il cammino!..

Un figuro dall'aspetto sinistro prorompe dal portello, e vuol darsela a gambe per la contrada de' Fiori Oscuri… mentre il Pizzalunga grida l'allarmi!

La fortuna non è propizia al fuggente. Inseguito dai militi e da un'onda violenta di popolo, presso lo svolto della contrada, egli scivola sovra una fetta di anguria, e cade in potere de' suoi persecutori.

XXXIII

Un romanziere meno pressato consacrerebbe una ventina di pagine a descrivere il ridicolo abbigliamento e la strana giacitura del mal capitato fuggitivo. La sua testa è chiusa ermeticamente in un cappello a cilindro di smisurata grandezza, che gli scende fin sotto il mento, toccandogli l'estremità delle spalle colle sue ali immense. Un soprabito abbondantissimo, che somiglia ad una tenda di campo, avvolge la snella persona in una spira di grandi pieghe… Quel cappello, quel soprabito sono una accusa eloquente – fornirebbero argomento di condanna, quando anche altri indizi non rivelassero la colpa…

– Quest'uomo è travestito! – esclama il caporale della guardia. – E quando uno prende abiti che non furono tagliati al suo dosso, vuol dire ch'egli ha delle intenzioni per lo meno… scellerate! – Militi! Aiutatemi a scoprire l'incognito! Provatevi a rimuovere da quella testa criminale la visiera che ci nasconde l'identità dell'individuo.

L'immane coperchio fu levato non senza difficoltà, il naso del paziente parve ribellarsi e protestare contro quell'abuso di potere.

XXXIV

La testa del sottotenente Serafino Longhi uscì dal bossolo – una bella testa, riccamente fornita di biondi capelli.

 

XXXV

– Chi siete? come vi appellate? Donde venite?

– Io mi chiamo… Serafino Longhi, sensale di borsa, e sottotenente della Guardia nazionale.

– Voi usciste poco dianzi da un portello sospetto, da una casa, ove questa notte furono commessi degli atti illegittimi. Potete voi giustificare la vostra entrata e la vostra uscita precipitosa da un luogo, che viene designato come un centro di reazione e di attentati abbominevoli?

– Signori: io non so di reazione e di attentati… Sono andato in quella casa per mie faccende private…

– Voi non dovete ignorare che le finestre di quella casa vomitarono sui passanti dei liquidi poco omogenei ed altri proiettili offensivi…

– Io sono affatto innocente… Chiedete delle informazioni sul mio conto, e vi diranno se io sia capace di commettere simili imprudenze… Io andava in quella casa per cercare un onesto droghiere, onde proporgli un vistoso contratto per una grossa partita di fichi secchi…

– E questo droghiere si chiama?..

– Giacomo Pizzalunga!

XXXVI

– Presente! – gridò una voce affannata dal centro della folla. E apertosi un varco a colpi di pancia, il milite Pizzalunga si avvicinò al sergente, levando la mano all'altezza dei kepì.

– Conoscete voi questo giovane individuo?

– S'io lo conosco? Un momento… aspettate ch'io lo esamini… Eh! certo… Quel soprabito mi sembra averlo veduto altre volte… Dove mai ho veduto quel soprabito? To! Vedete s'io sono una bestia!.. Non ho io forse un soprabito perfettamente uguale?..

– Questo individuo è lo stesso che usciva precipitosamente dal portello della casa incriminata, quando voi siete entrato per fare le debite perlustrazioni…

– Può essere… Io non oserei garantire l'autenticità… Salendo le scale al buio, ho sentito un oggetto mobile urtare contro la mia persona… ed ho creduto bene di mandare un grido di allarme!..

– Ottimamente!.. Ora l'individuo arrestato, di sua propria confessione si chiama Serafino Longhi, e dice esser entrato in quella casa per comperare una partita di fichi secchi…

– Onoratissimo della commissione!.. Il sig. Longhi potrà trovare nel mio negozio ciò che egli desidera…

– Milite Pizzalunga: si rammenti che in questo momento ella ha cessato di esser droghiere; ella rappresenta una parte molto più nobile. Con quella uniforme indosso non si contrattano fichi, ma si tutela l'ordine pubblico e si impone il rispetto delle leggi. – Noi abbiamo non pochi indizi per sospettare meno veritiere le asserzioni del signor Longhi. – La sua fuga, il suo travestimento, e sopratutto questo enorme cappello a cilindro…

– Signori! rendetemi il mio cappello! grida l'arrestato con qualche vivacità…

XXXVII

Ma il cappello è passato nelle mani del droghiere, il quale, dopo averne considerata la forma, e misurata la capacità d'uno sguardo profondo, se lo mette in capo, esclamando: corpo di mille diavoli! o questo è il mio grande cilindro della domenica, o ch'io ho cessato di essere Giacomo Pizzalunga del quondam Pasquale!

XXXVIII

Il momento era terribile… decisivo!.. – Serafino Longhi elevossi all'altezza della propria posizione.

– Signor Pizzalunga, disse il giovane sensale con accento solenne – voi non vi ingannate; quel cilindro vi appartiene; è roba vostra, come è vostro il soprabito che io porto…

– Corpo d'un baccalà! – esclama il droghiere con voce da rinoceronte. – Spero bene che voi mi spiegherete come mai, ad ora così avanzata della notte, voi abbiate osato introdurvi furtivamente nel mio cilindro e nel mio gran soprabito color nocciolo!

– È ciò che intendo fare sul momento – rispose Serafino – quando questi signori mi permettano di dirvi due parole all'orecchio…

Il caporale della guardia, che era anche egli ammogliato, comprese per istinto i pericoli di quella rivelazione!.. Pizzalunga e il sensale uscirono dalla folla seguiti a poca distanza dalle guardie e dal popolo…

XXXIX

– Credo aver a fare con un uomo di cuore, disse il Longhi al droghiere con voce sommessa…

– Bando ai complimenti, veniamo all'esposito…!

– Oh? sì!.. voi dovete essere un uomo di cuore, poichè siete marito di quella brava signorina del terzo piano…

– Signorina!.. terzo piano!.. mia moglie!..

– Non negatelo… signor Pizzalunga… Voi siete proprio il marito di quella santa creatura che mi salvò la vita!..

– Che! mia moglie… vi ha salvato?.. Ah! in nome di Dio! come c'entra mia moglie in tutta questa faccenda?

XL

– Brevemente… Quei giovinastri urlavano sotto le vostre finestre… Canzoni oscene… sapete! – parole da far venir rosso un missionario di Rho, che ne sentono tante!.. In quel punto io vengo a passare… Una voce femminile esce dalle griglie al terzo piano. – Finitela una volta di far questo chiasso, grida la voce: nella casa c'è una malata – Creppa! rispondono quei d'abbasso! e poi, una salva di porcherie da muover lo stomaco. – Questa è una vera indegnità! grido io appressandomi a quei dannati… Dare dei titoli così infami ad una donna, che potrebbe essere una vergine, o per lo meno una buona madre di famiglia…

– Mia moglie Angiolina non è vergine, nè madre di famiglia… ma è una donna che non patisce eccezioni!.. Ciò non serve… Continuate! Sentiamo come risposero gli infami.

– Cominciarono presso a poco come voi. – Eh! gridò uno! Lassù non ci stanno vergini, nè sante!.. L'Angiolina Pizzalunga è una…

– Una?..

– Una… Non serve ch'io ripeta quella brutta parola… Vi basti sapere, che, senza conoscere la donna in questione, sentii il sangue montarmi al cervello… Insultai, minacciai! dissi roba da chiodi… Ma un dei ribaldi cavò fuori di tradimento uno stillaccio più lungo della vostra daga – s'io non spiccava quattro salti per evitare il colpo, a quest'ora sarei cadavere!

– Cadavere! esclamò il droghiere abbracciando l'augusta sua pancia. – Voi sareste un cadavere per aver difesa la mia inerme Angiolina! – Proseguite!

XLI

– Fortunatamente il portello era aperto… Vedendo l'orribile lama incalzarmi come un serpente – io profittai della buona ventura – precipitai nella buca – e lanciai una irremovibile barriera fra me e l'assassino. – Immaginate le grida, gli urli di quella plebe dannata!.. Tentavano di atterrare la porta – pestavano coi piedi, colle pietre, coi bastoni… Volevano entrare ad ogni costo, impadronirsi di me, condannarmi alla morte del Prina!

– Del Prina!.. Il vostro racconto mi commuove! Proseguite!

XLII

– Confuso, atterrito, incalzato dalle orribili minacce, salgo le scale al buio… Cerco un nascondiglio… Al terzo piano odo una voce di donna… Quella voce usciva dalla finestra che mette sul terrazzo… «Signore! tante grazie della vostra protezione!.. Se mio marito droghiere fosse in casa, io sarei ben lieta di offrirvi il contraccambio… Quanto mi spiace di non potervi dare asilo, di non potervi salvare! Ma il pudore… il decoro… il buon costume innanzi tutto!.. Quando si porta un nome onorato come quello di Pizzalunga!..»

– Povera Angiolina!.. Tuo marito sarà il primo e l'ultimo a dirlo: tu non facesti mai torto alla mia stirpe!

– Frattanto la plebe muggiva… La porta agitavasi sotto l'impeto di molte braccia… Finalmente, dopo breve silenzio, mi parve che qualcuno aprisse il portello… colla chiave… Mandai un grido di terrore… Ma in quel punto le griglie delle finestre si spalancarono… vidi cadermi ai piedi un involto… e intesi una voce dirmi rapidamente: travestitevi e fuggite!.. Era dessa!.. era la donna che io aveva difesa senza conoscerla. Per salvarmi dal pericolo, ella gettava al piede di uno sconosciuto… il soprabito ed il cilindro maritale! – Signor Pizzalunga! osereste voi condannarmi per aver profittato di quella oblazione spontanea?..

– In caso consimile, anche un Pizzalunga avrebbe agito come voi!

XLIII

Il droghiere si fermò – e appoggiossi al portello della propria abitazione in attesa dei commiliti. – Quando le guardie ed il popolo furono dinanzi a lui: signori, disse, questo bravo cittadino si è abbastanza giustificato col semplice e naturale esposito dei fatti… Rilasciatelo!.. Io, Giacomo Pizzalunga del quondam Pasquale sto garante della sua innocenza. – Quanto a voi, temerario campione del bel sesso, io vi prego, con permissione del signor caporale, di salire in persona nel mio appartamento superiore, a ricevere i ringraziamenti di Angiolina e a deporre il mio cappello e il mio soprabito color nocciolo nelle mani della vostra protetta.

XLIV

Il caporale fa un cenno affermativo – scambia col droghiere qualche parola a voce bassa, e si allontana cogli altri militi. Pizzalunga e Serafino entrano nella casa…

Non rimangono sulla piazza che pochi curiosi.

XLV

L'Angiolina era in preda alla più viva agitazione… La voce del marito e dell'amante giungevano al perfido orecchio… Ma erano suoni indeterminati, parole tronche… e sconnesse. Frattanto il Pizzalunga saliva le scale sbuffante ed ansante… arrestandosi per prender fiato ad ogni svolto di scala… Egli profittava di quelle soste per volgere a Serafino delle domande che all'adultero ombroso parevano suggestive… Finalmente i due galantuomini giunsero al terzo piano… Pizzalunga mise la chiave nella toppa… La porta cigolò sui cardini sinistramente… Angiolina, accorgendosi in quel punto che il cappello e il soprabito dell'amante erano rimasti sovra una sedia – con uno slancio ispirato spalancò le imposte della finestra, per espellere quei fatali accessorii… Dalla piazza sorse un grido di terrore… Il soprabito e il cappello di Serafino caddero sul selciato, e ristettero immobili come il corpo di un suicida avventuroso.

XLVI

Lettore costituzionale, non ti adombrare. Noi non violeremo il domicilio altrui… Nessuno saprà, nessuno potrà mai sapere ciò che si passasse negli appartamenti coniugali del droghiere Pizzalunga in quella notte di misteri e di colpe!.. – Serafino, pochi minuti dopo, fu veduto uscire dalla casa e palpare il terreno in cerca di un soprabito e di un cappello… Il droghiere, che aveva promesso in parola d'onore di tornarsene al Corpo di guardia prima di mezzanotte, si macchiò del più orribile spergiuro… Giacomo Pizzalunga uscì di casa il mattino, in abito borghese… Gli abitanti di Porta Nuova lo trovarono alterato nei lineamenti del volto… E nullameno egli ebbe il coraggio di stendere una protesta contro i quattro giornali della sera, che scambiando un paletot ed un cappello per una persona viva, aveano annunziato nei rispettivi gazzettini il suicidio del droghiere G. P. – Fu l'ultimo e il più importante atto politico di Giacomo Pizzalunga… Da quel giorno il tamburino venne indarno a recargli l'invito pel servizio della Guardia… Il biglietto bianco e il biglietto bleu ebbero uguale accoglienza – un amaro e sinistro sogghigno. In men di tre mesi, con grande stupore di tutti i conoscenti ed amici, la pancia di Giacomo Pizzalunga si era completamente dileguata!

XLVII

Il Consiglio di disciplina è convocato. – Fra i militi che debbono render conto delle mancanze al servizio, domina il grosso testone di Giacomo Pizzalunga.

– Milite Pizzalunga, domanda il segretario del Consiglio, come può ella giustificare le sue replicate mancanze al servizio della Guardia Nazionale?

Pizzalunga esita a rispondere… Si vede che egli medita un pretesto… che egli cerca una scusa qualunque, tanto da evitare la condanna…