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Racconti e novelle

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IV

Per poco che uno abbia delle nozioni mediocremente esatte in fatto di geografia, non può ignorare quale immensa distanza di mare separi la Citrulia dalla floride e popolose provincie della Panamia – I più celeri battelli a vapore, sotto le più favorevoli condizioni atmosferiche, non impiegano in quel lungo tragitto meno di quattro mesi. Il re e la regina dei Citrulli si posero in viaggio col loro seguito al principiare dell'aprile. Al momento del loro imbarco, il telegrafo sottomarino trasmetteva a Piperio un dispaccio, che doveva produrre sull'animo di quel nasutissimo fra i monarchi l'effetto di un colpo di fulmine.

– Guardie! soldati! gridava a tutta voce il disperato principe, percorrendo le sale del palazzo – non vi è dunque fra voi un uomo di cuore che mi salvi da tanta vergogna?.. Il re dei Citrulli si avanza… non udite quelle voci di scherno? Che tardate? Sguainate le spade! Eccovi il naso ignudo!.. ferite!.. tagliate questo oggetto di scandalo e di abbominazione… Tagliate, vi dico, o che io…

E già quattro o cinque soldati avevano snudate le daghe, e stavano per lanciarsi all'assalto dell'augusta proboscide, quando un personaggio ben noto alla corte, voglio dire il ministro Canella intervenne in buon punto ad impedire il nasicidio.

– Sire! gridò il ministro, interponendo la sua tunica fra le daghe dei soldati e la punta del naso regale – io vi ho pur detto che nel caso vostro non si presentavano che due soluzioni possibili: o tagliare… o incrociare– La regina e tutte le persone a voi più affezionate propendono all'incrociamento piuttosto che al taglio– dunque… incrociamo!

Chi vuol farsi ascoltare, procuri di non farsi capire – il sistema è altrettanto facile che sicuro; e l'astuto Canella n'ebbe una prova luminosa in quel solenne momento.

Il re, dopo breve silenzio e coll'aria di chi tutto comprende si volse al Ministro – Ebbene? quali effetti speri tu ottenere da codesto incrociamento?.. Il re di Citrulia si avanza… Con quali intenzioni egli muova a visitarmi tu lo sai… tutti lo sanno…

– Sire! interruppe il Ministro – prima che io vi riveli il mio stratagemma, è necessario che voi rispondiate ad una mia domanda un po' ardita…

– Parla!.. ti autorizzo…

– Sapete voi dirmi esattamente quale risulti la lunghezza del vostro augustissimo naso, misurandolo colla mano dalla radice alla punta?

– Mezzo palmo nè più nè meno – rispose l'infelice monarca abbassando gli occhi e arrossendo come una fanciulla al confessionale.

– Ebbene, rispose il ministro con accento di trionfo – col mio sistema di incrociamento noi otterremo che, al solo vedervi, il re, la regina di Citrulia e tutte le persone del loro seguito rimangano con un palmo di naso.

– Un palmo!.. Ah!.. se ciò avvenisse… ti giuro, mio ottimo Canella, che io creerò per te un nuovo ordine equestre…

Ma il re non ebbe tempo di compiere la frase, perocchè il ministro, che aveva preparato il suo gran colpo di effetto, fece alzare le cortine di seta che dividevano la sala dal vestibolo – e uno strano spettacolo si presentò agli sguardi del principe.

Erano uomini? Erano rinoceronti? Erano elefanti? Ciò di cui nessuno avrebbe potuto dubitare gli è che fossero nasi. – Quando il ministro Canella gli ebbe fatti avanzare, allora soltanto il re Piperio fu in grado di accertarsi ch'erano propriamente individui della specie umana.

– Sire! ripigliò il ministro colla serena pacatezza di chi pregusta il trionfo di un'abile strategia – eccovi dinanzi i ventiquattro nasi più badiali e meravigliosi che mai si vedessero al mondo. Sono un prodotto delle nostre provincie, e c'è d'andarne orgogliosi. Innanzi l'arrivo del re dei Citrulli, ne troveremo parecchie centinaja del medesimo conio e forse anco più massicci – Vostra maestà comincia adesso a comprendere qualche cosa del mio sistema di incrociamento?

Il re pareva assorto in un'estasi di contemplazione, e non dava risposta. – Frattanto i ventiquattro nasi, sotto il comando del loro capitano, eseguivano delle evoluzioni bizzarrissime per le quali tratto tratto veniva intercettata la luce delle finestre.

La regina entrò nella sala inosservata.

La vista di quei nasi inverosimili parve affascinarla. – Stette… guardò… ammirò… fu sul punto di cadere in deliquio. – Poi, volgendosi improvvisamente al marito tuttora assorto nello strano spettacolo. – Piperino mio! gli disse con amabile civetteria – se all'arrivo del re di Citrulia non trovi la maniera di allungarti quattro dita quel tuo gramo nasicciuolo da micio, in verità vorrai farmi una bella figura fra queste cappe da camino che manovrano nella tua corte!

Il re comprese, o parve comprendere. – Si guardò il naso in uno specchio, e il suo regale sorriso parve esprimere due sentimenti controversi di soddisfazione e di vergogna.

– Ebbene? – domandò il Ministro alquanto umiliato e perplesso.

– Incrociamo! rispose il Re – ciò che più preme pel momento è che il re dei Citrulli non rida al naso di re Piperio.

V

La fregata a vapore che conduceva a Panamia gli augusti ed illustri visitatori entrò il giorno due di agosto nel porto della capitale. – Al seguito del re e della regina si contavano non meno di due mila individui d'ambo i sessi.

Giusta gli usi del luogo e dell'epoca, sovra una piazza a poca distanza dal molo stava eretto un grandioso padiglione, dove tutti i grandi dello stato, ad eccezione del re e della regina, erano convenuti per prender parte al cerimoniale del ricevimento.

Il ministro Canella in abito di parata andò ad incontrare i principi stranieri, e, fatta secondo il costume una riverenza a schiena rivolta, proferì la sacramentale parola del benvenuto:

– In nome di S. M. Piperio III, re dei Panami; in nome dell'augusta sua consorte e degli augusti loro figli già nati e nascituri – a te Cucurbio XIV, ed alla tua augusta consorte Sabetta, ai vostri augusti figli che sono e che saranno, agli illustri del vostro seguito e seguito del loro seguito, benedizione e salute nella vita e nelle borse! – Nella mia qualità di ministro plenipotenziario del re e caudatario della regina, ho l'onore di presentarvi i grandi del regno!

A tali parole, i grandi del regno si avanzarono come un sol… grande.

– I grandi del regno! mormorò la Regina all'orecchio dell'augusto consorte – egli poteva ben dire: i grandi nasi!

Re Cucurbio, per dissimulare la sorpresa e la convulsione del ridere, rispose al ministro ed alla moglie con due sternuti.

Le donne della regina parevano affascinate. Da quella folta di gonnelle uscivano delle esclamazioni intermittenti: «che trombe!.. che pifferi!.. che canne! come sono organizzati questi signori!.. Se tanto mi dà tanto, cosa sarà questo gran naso di re Piperio che fa parlare l'universo!

Ma il re e la regina dei Citrulli sono saliti col loro primo ministro nella carrozza di gala, e già procedono verso la città in mezzo alle acclamazioni del popolo ed ai suoni delle fanfare.

– Mio Dio! esclama la regina, abbandonandosi ad uno scoppio di infrenabile ilarità – abbassiamo i cristalli della carrozza – non vedi, Cucurbio? Se questi popolani fanatici mettono il capo dentro gli sportelli, noi moriremo sotto le puntate dei loro nasi. In verità, s'io dovessi vivere in questo paese, farei mettere dei paranasi alle carrozze!

Re Cucurbio non udiva più nulla. Egli era intento a studiare sopra una cartolina appiccicata al fondo del cappello, un discorsetto umoristico da indirizzare al suo augusto ospite. Quel discorsetto, abilmente redatto dal suo ministro allo scopo di promuovere l'ilarità degli uditori e la confusione di re Piperio, cominciava colle parole: Nas…cono e si nas…condono talvolta, ecc., e finiva coll'enfatica esclamazione: «mi par proprio in questa regia di trovarmi ai piedi del Parnaso

VI

Frattanto la carrozza procedeva, e già toccava le porte del palazzo reale.

All'ingresso di quel palazzo stava schierato un distaccamento di guardie, la cui vista suscitò un hurrà di meraviglia. – I nasi di quelle guardie superavano in lunghezza e grossezza tutti i nasi fino allora veduti.

Se il naso di re Piperio è di una linea più lungo – mormorò Sabetta – in verità non capisco come questa regina dei Panami…

Ma in quel punto la carrozza si arrestò – gli sportelli si apersero – e due scudieri genuflessi invitarono la coppia reale a discendere protendendo i loro nasi perchè servissero da predellino.

– Sabetta! esclamò a mezza voce il re dei Citrulli – io prevedo che difficilmente saprò conservare infino all'ultimo la mia serietà diplomatica – purtroppo questo naso di re Piperio produrrà delle tensioni inaspettate, e come giustamente prevedeva il nostro ambasciatore, partorirà una conflagrazione generale. Basta!.. Eccoci nella sala delle Cariatidi… Piperio non tarderà a comparire… Non ti scostare, Sabetta… Tu puoi aiutarmi a star serio… Poni il tuo piede sul mio, e appena vedi spuntare dalle cortine il gran naso del re, appoggiati con tutto il peso della persona su' miei ventiquattro calli… Se è vero che il dolore paralizza la ilarità, noi riusciremo forse con questo innocentissimo stratagemma ad evitare delle collisioni molto più gravi.

Cucurbio ebbe appena il tempo di finire il discorso e Sabetta di applicargli i tacchi alle estreme falangi del piede, quando una voce da clarone annunziò l'entrata di re Piperio e della sua augusta consorte.

– Salute al re dei Citrulli! – salute alla degna sua sposa – salute alle nobili dame ed agli illustri cavalieri che si piacquero visitare i miei stati!

Tali parole profferì Piperio solennemente, avanzandosi di tre passi per abbracciare il monarca straniero.

Cucurbio lanciò di sbieco una occhiata nelle profondità del cappello per richiamarsi alla mente l'esordio del suo discorso. – Poi, nell'atto di alzare lo sguardo al volto dell'augusto suo ospite, non mancò di ripetere sottovoce alla moglie: – «premi i calli, Sabetta… o ch'io mi perdo!»

 

Che è stato?.. Perchè gli sguardi di Re Cucurbio errano smarriti in quel folto laberinto di nasi che formano il cortegio di re Piperio?..

Ma ecco, le labbra di re Cucurbio si agitano per moto convulso, e riescono finalmente a formulare una domanda:

– Qualcuno di loro signori… saprebbe di grazia indicarmi con precisione quale sia l'augusto mortale a cui si competa il nome ed il titolo di re Piperio?

– Io sono quel desso – risponde Piperio, avanzandosi d'altri tre passi.

– No! no! non è possibile! tradimento! tradimento! ruggisce il re di Citrulia, arretrando fino al fondo della sala. Si chiami il mio ambasciatore. Egli solo potrà smentire l'inganno, se è vero che qui inganno ci sia. Che se poi la menzogna, il tradimento fosse opera di lui, se egli avesse esagerato ne' suoi dispacci, se io dovessi nel più mingherlino e spuntato dei nasi riconoscere il naso di re Piperio; in tal caso… (io qui lo giuro per la mia e per la sacra barba di mia moglie) la testa di quel fellone si vedrà rotolare all'istante su questi tappeti.

Un cupo mormorio si sollevò dalla sala, non appena Cucurbio ebbe finito di parlare. Pareva a tutti di trovarsi in presenza di uno di quei prologhi misteriosi e fatali da cui si sviluppano le più sanguinose tragedie.

I seguaci di re Cucurbio stringevano le else… La regina Sabetta, in un crocchio di dame e di damigelle, esprimeva i più strani commenti:

– Che quel naso sia rientrato per effetto di una commozione troppo viva?.. Ho inteso dire che un tale fenomeno si è spesso avverato…!

– In verità, rispondevano le dame, dopo tanta aspettazione… e in confronto degli altri… quel nasuccio fa proprio compassione a guardarlo.

Frattanto, trascinato da due dragomani, lo sciagurato ambasciatore del re di Citrulia, l'autore del fatale telegramma, col volto livido e abbattuto giungeva nel mezzo della sala.

– A te! – grida Cucurbio con voce stonata; leva la fronte, gira gli occhi d'intorno, e poi fa di additarmi quale sia fra tanti nasi il vero re dei Panami.

L'ambasciatore si levò tutto tremante, e, accostandosi col debito rispetto a re Piperio, gli toccò leggermente la pantofola coll'indice.

– Dragomani! urla Cucurbio – levate le daghe, e la testa di questo fellone rotoli all'istante sul pavimento.

I dragomani si avanzano… L'ambasciatore alza un grido – in tutta la sala si manifesta la più viva agitazione – allorquando re Piperio, avanzandosi nuovamente di tre passi, interpone il suo naso fra la vittima e i carnefici.

– Mio regale cugino, augusta Sabetta, ministri, signori, dame e damigelle dei due regni disuniti, ascoltate la voce della giustizia e della verità! Quest'uomo è innocente…

– Innocente! brontola re Cucurbio. – Ma dunque… chi sarà dunque colpevole?.. Io non commetterò l'indelicatezza di credere che voi, mio augusto cugino, abbiate voluto farvi gioco della mia e della generale aspettazione, sottraendo con qualche prestigio o sortilegio per noi inconcepibile, un naso che tutti i principi dell'Asia anelano di ammirare e di inchinare… Se ciò fosse, voi comprendereste, o regale cugino, ch'io avrei mille piuttosto che una ragione per ritenermi corbellato ed offeso – e ch'io dovrei da questo momento presentarvi un ultimatum.

Re Piperio sorrise. Egli era troppo lieto e superbo del trionfo ottenuto, per dissimulare o alterare menomamente la verità. La sua risposta fu dunque schietta, calma e dignitosa.

Egli espose tutta la istoria delle sue apprensioni… Narrò della fiera, insanabile melanconia ond'era stato assalito… Non dissimulò i vivi risentimenti e i propositi disperati del giorno in cui gli venne annunziato che il re di Citrulia muoveva alla volta dei suoi Stati per farsi giuoco di quella eccedenza che a lui, re Piperio, cagionava le più orribili angoscie.

– Fortunatamente, concluse l'oratore, Iddio mi ha messo al fianco un uomo di genio, uno di quei ministri che sono la benedizione dei principi e degli stati. – Il suo stratagemma era semplicissimo: «Chiamate intorno a voi i più grandi nasi del regno, formatevi una corte di nasi, che in lunghezza, grossezza e capacità vincano il vostro. – Allorquando il re Cucurbio e le persone del suo seguito avranno veduto le proboscidi dei vostri cortigiani e delle vostre guardie di palazzo, il vostro naso, per una illusione ottica naturalissima, farà l'effetto di un nano in una assemblea di giganti…

– Oh il bravo! oh! l'astuto! oh! il meraviglioso ministro! – gridarono ad un tempo migliaia di voci, quando Piperio ebbe finito di parlare.

Canella, come un attore chiamato al proscenio, fece un profondo inchino all'assemblea e poi, nel silenzio generale, proferì questi detti:

– Spero bene che la lezione potrà giovare in molti casi a tutti i ministri che sono o che verranno. – Quando, per esempio, un ministro si avveda che il suo re è un imbecille, ricordando la Storia dei nasi, troverà subito il modo di farlo passare per un uomo di spirito…

– Come? sentiamo! – domandarono ad un tempo il re dei Citrulli e il suo ministro.

– Circondandolo di cretini – rispose Canella.

Giuda Iscariota

I

Mentre il signor Rénan sta elaborando le sue Vite degli Apostoli, vale a dire un secondo grand succès di gloria e di marenghi, già preconizzato e strombettato da tutti gli organi della fama mondiale, io mi permetto di pubblicare un modesto compendio della vita di Giuda Iscariota, altro degli apostoli di Cristo, non il più esemplare in quanto a condotta morale e politica, ma forse il più interessante per la singolarità del suo carattere e per la bizzarra varietà delle sue avventure.

Le biografie dei bricconi valgono quelle dei santi, anche in rapporto alla educazione del popolo. La vita di Giuda fornirà agli intelligenti e profondi speculatori delle umane vicende molti avvertimenti salutari.

La biografia di Giuda Iscariota si potrebbe anche intitolare: Metodo naturale e pratico per arricchirsi e camparsela felicemente in mezzo alle crisi ed alle agitazioni politiche dei tempi più difficili. Voi vedete che l'argomento può essere fecondo di utili applicazioni ai tempi che corrono.

Ciò premesso, entriamo in argomento.

II

Giudaino, che più tardi assunse il nome di Iscariota, quindi si fe' chiamare Bartolomeo Majocchi, nacque in un oscuro villaggio della Galilea, da una buona donna che negoziava di coloniali al minuto sotto l'antica Ditta Isacco Balaam e compagni. Quando il nostro Giudaino venne alla luce, la buona mamma era già vedova da quattordici mesi; e com'ella si era mostrata fino a quel giorno scrupolosamente fedele alle ceneri del marito, il cappellano gridò al miracolo, i villani credettero della miglior fede, e un triduo solenne fu celebrato a spese del Comune.

La madre di Giuda chiamavasi Bersabea o Bersibea – nome di origine caldaica, ma abbastanza espressivo anche nella lingua nostra. Era donna di temperamento vivace, inclinata alle bibite forti, segnatamente all'absenzio di Neufchatel, ch'ella fabbricava in segreto con una mistura di alcool, dulcamara e verde di rame.

III

Giudaino, nel primo mese di sua vita, non dava alcun segno d'indole perversa. Qualche storico maligno pretende ch'egli poppasse il latte della grossa sua balia con avidità quasi feroce; ma questa calunnia è vittoriosamente combattuta da Giuseppe Ebreo e da altri scrittori contemporanei. La balia non lasciò alcun documento che comprovasse un'accusa tanto puerile. Commettete un assassinio a trent'anni, e i biografi, per dimostrare il vostro istinto malvagio, verranno ad asserire che avete ucciso e mangiato il vostro gemello nel grembo della madre!

L'indole di Giudaino non ebbe a manifestarsi che alcuni mesi più tardi, quando, ricondotto dalla nutrice al domicilio materno, egli diede prova di singolare ghiottoneria, immergendo la testa in un gran secchio di latte e miele, a rischio di morirvi soffocato. La buona Bersabea giunse in tempo a salvarlo, estraendolo dal secchio con molta avvedutezza, e facendogli sorbire un bicchierino di melange, che il bimbo trovò detestabile.

IV

All'età di cinque anni, Giudaino fu mandato alla scuola; ma egli vi giungeva sempre in ritardo, quando il maestro aveva finita la lezione. Abbiamo sott'occhio le lettere di un suo zio brumista, dalle quali risulterebbe che lo sciagurato ragazzo perdesse il suo tempo nella strada giuocando a spannetta.

Nullameno, agli esami semestrali Giudaino ottenne il primo premio, con molto scandalo e molta indignazione per parte dei condiscepoli più studiosi. Più tardi si venne a sapere che il maestro si era lasciato sedurre da parecchi vasi di mostarda a lui regalati dall'allievo. È inutile avvertire che Giudaino aveva rubati quei vasi nella bottega di sua madre.

Ma il premio contestato da mille proteste e da mille recriminazioni, mise il ragazzo a puntiglio. Giudaino, che non mancava di intelligenza, in breve tempo superò tutti i condiscepoli nello studio del greco e del latino. A sette anni egli traduceva Cicerone e commentava Virgilio. A dodici anni sapeva fare dei versi; tanto che, venendo a passare nel villaggio il sotto intendente di Gerusalemme e prefetto degli studi, cavaliere Ponzio Pilato, Giudaino ebbe l'incarico di complimentarlo con un'ode saffica latina all'ingresso di un grande arco trionfale eretto per la circostanza. Ponzio Pilato, che non sapeva di latino, fu oltremodo sorpreso e commosso – accordò al professore la croce di San Maurizio, e volle che il giovane allievo lo seguisse a Gerusalemme, dove gli avrebbe accordata una piazza gratuita in un collegio di Ignorantelli.

V

Giudaino accolse con giubilo la profferta, sebbene dovesse abbandonare nella solitudine e nel pianto la sua vecchia madre paralitica. Per consolarsi del crudele destino, alla vigilia della partenza, il fanciullo entrò nella bottega, aperse il cassetto molto gentilmente, e si imbottì le saccoccie di mutte piemontesi, moneta antichissima e alquanto sbiadita.

Ma, al posto delle mutte, il buon figliuolo depose un biglietto ripieno di parole affettuose per sua madre: «Consolati, madre mia dolcissima, – diceva lo scritto, – per divenir uomo completo, bisogna passare per le mani dei reverendi Ignorantelli; essi aprono la via alla fortuna ed agli onori del mondo. Mandami la tua benedizione per la posta con lettera franca, e col mezzo del cavallante qualche libbra di cioccolatte per addolcire i professori.»