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Racconti e novelle

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X

Come siete bella! – Tre parole, e un punto ammirativo. – Orbene: modulate queste tre parole e questo punto ammirativo in tutti i toni possibili – variateli, istromentateli colle perifrasi più o meno ampollose —la bemolle, re diesis, non importa – alternate il cantabile all'allegretto, il moderato al vivace, il pianissimo al forte pichettato– e tosto o tardi riuscirete all'intento. – All'intento di farsi amare? – Via! non siamo troppo esigenti. Per farsi amare da una donna che abbia cuore e intelletto, ci vuol altro che dei punti ammirativi! Non dimenticate che i miei precetti de arte amatoria si riferiscono esclusivamente alla stella del mio racconto, alla signora Amelia Della-Rosa – la quale, come i miei lettori già sanno, non è altro che una femmina di poco spirito e di molta vanità – oh la vanità! esclamerebbe l'amico Cicconi se mi ascoltasse.

Io vi ho dato il talismano per affascinare le donne vanitose – sappiate approfittarne!

XI

La signora Amelia si annoiava di tutte le conversazioni che non fossero un omaggio alla sua bellezza, un incenso alla sua presunzione di semidea.

Io non amo le donne politiche – detesto le donne letterate – ho in orrore le grandi sapute, che dettano di poesia, di critica musicale, di estetica, d'arte. Ciò non toglie che io ami conversare di politica, di letteratura, di musica e di arte colle donne di spirito e di cuore, che il bello comprendono per istinto, che giudicano rettamente per gusto, che fanno la critica e qualche volta la satira per sentimento o capriccio.

Io adoro la donna che tutto comprende, che tutto sente. – Mio Dio! – La passione domanda le sue tregue – Non si può, anche amandosi fino al delirio, mordersi tutto il giorno e tutta la notte come i gatti sull'abbaino! – Riepilogo il mio concetto per rivelarmi completamente; io non posso amare una donna che non sappia intrattenermi aggradevolmente anche quando le intimità più aggradevoli siano cessate.

Io non poteva dunque amare seriamente la signora Amelia – ella non poteva amare seriamente altra persona fuori di sè stessa.

E nondimeno – ciò si spiega facilmente – la sua bellezza mi aveva colpito, ed ella gustava con ebbrezza i miei enfatici omaggi. – Una sera, fermandoci sotto un riflesso di luna, io le aveva detto: avete il collo di un cigno! – Ella portava, quella sera, una guarnizione piuttosto saliente – all'indomani la guarnizione era tolta, e le spalle rotonde, candide, vellutate, esigevano a loro volta il medesimo complimento. – Tutti i giorni si progrediva – ma quello non era progresso di amore. Se io volessi parafrasare la storia di Otello, riassunta da quei due ammirabili versi:

 
Ella mi amò per le sventure mie,
Ed io l'amai per la pietà che n'ebbe,
 

dovrei dire… Ma non voglio profanare l'endecasillabo con un concetto sì volgare – dirò in semplice prosa: io non poteva staccarmi da lei per la sua bellezza, ed ella era attratta a me per… i miei punti ammirativi!

XII

Vi ho risparmiato, con questi pochi tratti, una serie di episodi troppo comuni per essere riferiti, per destare interesse. Questi episodi, che erano la preparazione della grande catastrofe finale, si successero incalzanti e vivaci per quindici giorni…

I bagnanti cominciavano a mormorare… Narciso, il mio elegante rivale, ci importunava col suo spionaggio. Qualche volta egli si prendeva il crudele diletto di intromettersi alle nostre passeggiate solitarie. – Quando noi uscivamo a piedi, egli ci seguiva a cavallo. – Dall'alto del suo bucefalo egli ci dominava superbamente – ci salutava col fare grandioso di Ciniselli, e il suo sorriso cavalleresco pareva dirci: miserabili… che fate all'amore nella platea!

Voi vi aspettate una scena violenta – un duello – disingannatevi! – La fine di questa mia storia potrà sembrare ridicola a molti, ma essa non avrà nulla di comune colle solite istorie di amore.

XIII

Come ho detto – i preliminari durarono quindici giorni…

Una sera, la signora Amelia, tornando dal passeggio, era alquanto spossata… Accusava una leggera indisposizione…

La accompagnai nella sua stanza da letto – ella si abbandonò languidamente sopra un divano, e stendendomi il braccio tutto nudo, mi pregò di sentire i battiti del suo polso.

La cameriera – un personaggio che finora abbiamo obliato in quanto nel nostro romanzo intimo rappresentasse una parte affatto secondaria sebbene favorevolissima – la cameriera, prevedendo il consulto e l'ordinazione del medico, si offerse tosto di andare alla farmacia.

– Va pure, Angiolina!

La signora Amelia non aggiunse altro. Ma le cameriere indovinano tutto – e Angiolina partì rapidamente senza attendere la ricetta.

Rimanemmo soli. – Buona Angiolina! che Iddio ti compensi delle tue ottime intenzioni, e ti conceda di impiegare quest'ora, come tu meglio desideri, col sottocuoco dello Stabilimento!

E qui – mi perdoni il lettore – è necessario che io riproduca una parte del colloquio fra me e la signora Amelia – che io chiarisca questa scena culminante del dramma, onde nessuno abbia la temerità di supporre oltre il vero.

– Angiolina!.. Mio Dio!.. Come è imprudente quella ragazza!.. Ella se ne va… ci lascia qui soli!..

– Che serve, Amelia? – Non è la prima volta che noi ci troviamo così deliziosamente accompagnati… senza testimoni, senza…

– Ebbene: ti pare che io abbia la febbre?..

– Mi pare che tu sia più bella che mai… Non ho mai veduto i tuoi begli occhi brillare di tanta luce!..

– Domani giungerà mio marito! – esclamò Amelia atteggiandosi a vittima.

– Egli!

– Rientrando allo Stabilimento, ho trovata una sua lettera che mi dà questa consolante notizia.

– Domani!..

– Sicuro… domani.

Restammo alcun tempo senza parlare. La signora Amelia mi guardava fissamente, con un'espressione ad un tempo desolata e provocante.

Io sentiva i doveri della mia situazione. Quando anche il fascino voluttuoso di quella donna non mi avesse sollecitato, la paura di rendermi ridicolo, di passare per un imbecille, doveva necessariamente animarmi a tentare il più difficile assalto.

– Amelia – presi a dirle con trasporto – non puoi imaginare la terribile scossa che ho provato! Eppure, tosto o tardi ciò doveva accadere… Non era a sperarsi che questa esistenza potesse durare eternamente…

– Eravamo troppo felici! – rispose Amelia sospirando.

– Sì… abbastanza felici – proseguii con calore – per non avvederci che tutto il nostro paradiso era costituito sull'orlo di un abisso!.. Quando tu mi parlavi di lui… di quell'uomo che non ha saputo apprezzarti… che ti ha reso tanto infelice – che vuoi? – io prendeva parte alle tue amarezze, io deploravo il tuo passato, senza riflettere che queste amarezze e questo passato dovevano riprodursi in un prossimo avvenire… La condotta di quell'uomo mi faceva raccapriccio; eppure, io mi consolava con questo pensiero, che se egli fosse stato uno sposo più tenero, più sensibile alle tue bellezze, più affettuoso – il tuo cuore sarebbe rimasto a lui solo… Mi era fatto una singolare idea della nostra situazione… Appoggiandomi alle ragioni del cuore, mi pareva che fra te e lui tutto fosse finito. – Per quindici giorni ho potuto illudermi in questa chimera di felicità… Ed ora tu vieni a dirmi; domani!.. Ma dunque… fra ventiquattr'ore… i nostri giocondi ritrovi, i nostri colloqui, tutti gli anelli di questa catena deliziosa si scomporranno… avrò cessato di stringere al labbro questa tua mano così bianca… così morbida e soave!..

– Oh! spero bene – mi interruppe la signora col suo fare più milanese – spero bene che la presenza di mio marito non ci impedirà di passare insieme buona parte della giornata… spero bene che non cesserai di accompagnarmi al passeggio – che, finita la stagione delle acque, tornando a Milano, vorrai farmi qualche visita…

– Ma tu credi… Amelia… tu credi proprio che non ci saranno ostacoli per parte di lui?..

– Lui!.. mio marito! Sta a vedere che Edmondo comincerà adesso a farmi l'Otello!.. Non te l'ho detto tante volte?.. Io non sono una donna per mio marito… Vedrai domani… Egli non crede che vi siano al mondo degli uomini così privi di buon gusto da far la corte a sua moglie!

– Si può esser più cieco?

– E più imprudente, dico io! All'ultima festa del Sindaco, lo scorso carnevale, egli mi ha lasciata tutta la notte in balìa di un uffiziale dei cavalleggeri, un bel giovinotto, che mi ha fatto ballare… che mi ha fatto ballare!.. Crederesti? In tutta quella lunga serata, Edmondo mi si è accostato una sola volta per ringraziare il mio cavaliere della sua assiduità, per congratularsi con lui della sua instancabile condiscendenza! Quasichè, a farmi ballare tutta la notte, quel povero uffiziale avesse compiuto un eroico sacrifizio!..

– Amelia… Ciò che tu mi dici è incredibile!..

– E ti assicuro che quell'uffiziale non perdeva il suo tempo… e che io più di una volta fui costretta di richiamarlo al dovere…

– Basta, Amelia! Mi vengono i brividi a pensarci! Io non potrei tollerare che un altro uomo stringesse nella sua, questa tua mano adorabile…

– Via, moderiamo questi trasporti! Il dovere… l'onore… la pace di mio marito!..

– Questi capelli morbidi e profumati… queste labbra spiranti voluttà… tutti questi tesori della bellezza…

– Calmati!.. Dio!.. Se qualcuno… se Angiolina… rientrasse…

Ma in quel momento io era divenuto temerario come si può esserlo a venticinque anni dinanzi ad una giovane avvenente donna, quando gli scrupoli del rispetto e il ritegno di un vero e profondo amore non si oppongano agli impeti violenti del sangue.

Amelia, inebbriata di vanità, opponeva alle mie sollecitudini una resistenza che era tutta di parole.

 

– Badate! io vado in collera davvero! Io vi lascio… lasciatemi… Io chiamo gente… Mio Dio! Se entrasse qualcuno… Ma questi non sono modi… Angiolina!.. Angiolina… dico!

Orribile contrattempo!

La signora aveva ripetuto non so bene quante volte il nome della fida cameriera con voce bassa e interrotta dai sospiri… E nondimeno un rumore di passi, e due colpi bussati alla porta mi fecero trasalire… mi obbligarono a riprendere una posa che in quel momento era per me la meno naturale.

Angiolina entrò nella stanza con aria affannata…

– Presto, signora!.. Una sorpresa… il padrone… il signor Edmondo è entrato nel cortile in un legno da posta… Gli ho detto che eravate un poco sofferente… Egli ascende le scale… egli è là…

Mi alzai dal divano colla sollecitudine dell'uomo colpevole…e mossi alcuni passi per uscire dalla camera…

– Restate! disse Amelia levandosi in piedi e afferrandomi la mano.

– Ma se egli!..

– Ma se egli sa tutto! – esclamò Amelia col suo fare più indifferente…

– Sa tutto!.. Mio Dio!..

Il sangue mi si agghiacciò nelle vene. La voce del signor Edmondo Della Rosa mi giunse all'orecchio… Egli si era fermato nell'anticamera per dare alcuni ordini al cocchiere… Amelia, senza abbandonare la mia mano, mi precedette verso la porta per andare incontro ad Edmondo. – Vi ripeto che egli sa tutto! mi ripetè con voce sommessa – e poi, accennandomi di rimanere in disparte, diede una spinta all'uscio e si trovò fra le braccia di suo marito.

Dopo quello slancio di tenerezza coniugale, compiutosi da ambe le parti con sufficiente naturalezza, Amelia si volse a me per presentarmi al signor Edmondo Della Rosa suo marito.

Io mi feci innanzi timidamente. – Non osava levare la faccia.

– Io vi debbo molti ringraziamenti, – mi disse Edmondo coll'affabilità più cordiale – io so tutto… so quanto avete fatto per mia moglie… e spero che non cesserete di essere dei nostri in questi pochi giorni che avrò il piacere di passare alle acque.

Così parlando, il marito di Amelia mi stese la mano ed io gliela strinsi col fare più amichevole. Che non avrei dato per poter detestare quell'uomo?..

XIV

E rare volte mi era accaduto di trovarmi in presenza di un uomo, che a primo aspetto sapesse conciliarsi tanta simpatia. Edmondo Della Rosa era uno di quei signori che hanno l'aria di artisti, od anco – se meglio vi piace – poteva passare per uno di quegli artisti che hanno l'aria da gran signore. La sua statura nè alta nè bassa, i lineamenti delicati, lo sguardo sicuro e vibrato, la fronte serena e spaziosa, il sorriso benevolo e arguto. Vestiva con quella eleganza emancipata che è proprio degli uomini di buon gusto, ritraendo dal figurino della moda solo quel tanto che basta perchè un uomo della buona società non venga tacciato di eccentrico. La sua voce, i suoi modi seducevano.

Dinanzi ad una figura così distinta, così nobile, tutte le mie prevenzioni si dissiparono in un istante. Invano io studiava quella superficie seducente per sorprendervi una ruga, una contraddizione sinistra, la quale accennasse a qualche istinto meno eletto. Il piacere che egli aveva espresso nel rivedere sua moglie era naturale, spontaneo, animato. Le trasparenze del suo linguaggio lasciavano indovinare un affetto profondamente sentito; l'affetto dell'amante che vorrebbe un poco dissimularsi sotto la compostezza del marito. Accoglieva i complimenti un po' comuni di sua moglie colla massima buona fede. Quando ella si accusava indisposta, le accarezzava i capelli, e sorrideva amorevolmente come uno di quegli innamorati felici che sanno di possedere essi soli il segreto per guarire le piccole infermità della donna adorata. Quelle carezze, quei sorrisi mi turbavano il cuore; e il signor Edmondo mi guardava tratto tratto, aspettando che io intramettessi una parola od almeno un leggero cenno amoroso. – Io era là come istupidito. Io sentiva tutto il falso della mia posizione; ma ciò che mi colpiva più dolorosamente, ciò che più ripugnava alla mia schietta coscienza, era il contegno di Amelia, erano gli artifizi delle sue occhiate, delle sue parole a doppio intendimento, la imperturbabile franchezza della sua dissimulazione. – Quel giovine marito e quella giovine donna, seduti l'uno accanto dell'altra sul medesimo divano, rappresentavano un contrasto di caratteri che era tutto in favore del marito. Fra la schiettezza e la menzogna, il mio cuore non esitava. Io non poteva a meno di sentire che in quel momento Edmondo rappresentava la parte più nobile. Quella donna, così abile a fingere col marito e così disinvolta ed ardita nell'ostentare la sua finzione dinanzi all'amante – dinanzi a me, che ero a parte del suo segreto – provocava nel mio animo una reazione di sentimenti che era tutta a vantaggio di lui. – Io non avrei dovuto assistere a quel colloquio… avrei dovuto uscire dalla stanza… Ma ero tanto istupidito dalla mia falsa posizione!.. E la signora, cogli occhi e colla mano, faceva tanti accenni telegrafici!.. Che serve? Io non ho la pretesa di essere uomo di spirito, ma so che anche gli uomini di spirito facilmente diventano cretini dinanzi a certe eventualità della vita galante create dalla donna. – Io credo che le donne siano tutte genii nell'arte di far all'amore!

XV

– Ebbene! – disse Edmondo, levandosi in piedi – facciamo a tuo modo! Poichè ti senti spossata e malata, tu rimarrai nella tua stanza… ti coricherai – e frattanto io andrò a fare un giro sotto la luna. Laggiù a Milano si moriva dal caldo, ed ho proprio bisogno di empirmi il polmone di questa buon'aria campestre… Se il signore volesse accompagnarmi…?

Amelia mi suggerì la risposta con un'occhiata fulminante… Ma io non ebbi il coraggio di secondarla… e in luogo di improvvisare una scusa qualunque, mi lasciai sfuggire un volontieri, che fece impallidire la signora.

Il signor Edmondo strinse la mano di sua moglie, promettendo di tornare bentosto; e mentr'egli cercava il cappello, la signora Amelia mi diede la buona notte con un accento marcatissimo– e dopo averci accompagnati fino alla porta, si degnò di soggiungere un a domani, che voleva accennare da una possibile amnistia.

XVI

Il signor Edmondo Della Rosa non poteva farsi un altr'uomo da quello che egli era per questa sola ragione, che io aveva bisogno di giustificare i sentimenti e la condotta di sua moglie, come anche di sorpassare ai miei scrupoli. In quella breve escursione notturna, in quel primo colloquio espansivo io dovetti necessariamente convincermi di aver a fare con un perfetto gentiluomo, con un carattere nobile ed aperto, con un cuore da artista.

Edmondo sentiva il bello della natura e traduceva le proprie impressioni con parole animate e faconde. Sapeva a memoria e citava opportunamente i brani più sublimi dei nostri poeti. Questi versi, mi diceva, attraversarono la prosa della società nella quale mi è toccato di vivere, ed è miracolo che non siano naufragati con tante altre illusioni!

Tutto ciò mi è stato rivelato da lui in un lungo monologo, interrotto per mia parte da certe esclamazioni melense, da certe mezze frasi, che mi davano l'aria di un pertichino da cavatina – Ma poi, gradatamente, la conversazione prese forma di dialogo. Alle sue espansioni risposero le mie – i nostri cuori si misero all'unisono, – e in quella ineffabile corrispondenza di principii, di idee, di sentimenti e di affetti, noi ci riconoscemmo amici.

Amici! – sì, lo eravamo dopo poche ore – e forse lo siamo ancora al momento in cui sto scrivendo queste linee, sebbene Edmondo da alcuni mesi mi abbia levato il saluto. E se mai avessimo un giorno ad incontrarci, od egli potesse penetrare le misteriose ragioni del nostro distacco… Allora…! Ma pel bene di… tutti, è necessario che ciò non avvenga.

XVII

Un passo dopo l'altro, ci eravamo discostati circa tre miglia dello Stabilimento, seguendo una stradicciuola abbastanza seducente per due dilettanti di paesaggio quali noi eravamo – una stradicciuola piena di sassi e di perfidie.

– È tempo di rientrare! esclamò Edmondo vivamente. Le donne hanno ragione… Qualche volta noi altri mariti commettiamo, senza avvedercene, dei tratti così poco galanti, delle scortesie… La mia povera Amelia sarà là ad aspettarmi… Ella avrà a dirmi cento cose… delle corbellerie… vorrà narrarmi i piccoli scandali della stagione… vorrà sapere le cento bagatelle della nostra Milano… Le avevo promesso di tornare così tosto!.. Ed ecco… sentite?.. battono le ore… Undici ore! Affrettiamoci un poco… Quella povera Amelia!.. Mi par di sentirla… quando io sarò rientrato da lei… E questa volta io sarò costretto a subire la mia lezione senza dir verbo, come un discolo di fanciullo che ha mancato alla scuola!

Al nome di Amelia, io provai quel medesimo brivido che poche ore prima mi avea sorpreso allorquando l'Angiolina era entrata nella stanza della sua padrona per annunziare l'arrivo di Edmondo. La donna che io aveva amata, od almeno desiderata e corteggiata per quindici giorni – la donna che già tanto mi aveva concesso, e alla quale, senza scrupolo e senza rimorso, io aveva predicata la infedeltà coniugale come un diritto di rappresaglia – quell'Amelia che io aveva istigata alla colpa, che all'indomani, data una occasione favorevole, perseguitata da nuove insistenze, avrebbe forse ceduto… Or bene: da due ore essa era la moglie di un uomo che io non poteva a meno di apprezzare, di un uomo probo e leale, che mi aveva profferto la sua amicizia, a cui io dall'interno del mio cuore avea risposto col nome di amico!

Rimasi paralizzato. Le parole mi vennero meno. Edmondo, senza avvedersi del mio turbamento, proseguiva coll'usata spigliatezza:

– Presto! vediamo di accelerare il passo per quanto ce lo permettono i ciottoli della via… Non troppo! non c'è ragione che io vi esponga a slogarvi una tibia… perchè io giunga più presto a far le mie scuse a madama… Per riparare ai miei torti… vediamo!.. occupiamoci un poco di lei… Non mi avete detto nulla delle vostre passeggiate… delle vostre escursioni alla campagna… Dite la verità: qualche volta vi sarete annoiato… Una donna, come la mia Amelia, non è sempre una compagnia divertente… Non tutti sono disposti a intrattenersi di quei nonnulla che ronzano eternamente nella sua testolina… Ella non manca di un certo spirito… di un certo talento… ma l'educazione che si dà alle nostre donne… Come si fa? Noi altri giungiamo troppo tardi per dare alle nostre mogli un indirizzo più ragionevole… E dall'altra parte, che volete?.. nella donna io amo tutto quello che caratterizza il sesso… Le frivolezze, le bugiuzze, quei piccoli errori, quei capricci dello spirito hanno anche essi il loro lato seducente. È poi tanto buona, tanto onesta, quella mia creatura… Vuol essere corteggiata… vorrebbe avere intorno una corona di adoratori – sapete perchè? – anche questo è un capriccio abbastanza piccante. Perchè mia moglie non si tiene paga di sapersi amata – ed io l'amo con tutto il mio cuore: ella pretenderebbe che io fossi geloso… che io dessi nelle smanie… che io mi battessi ogni giorno con alcuno di questi rivali imaginari… Adorabile, non è vero? – Ma qualche volta, ve lo confesso – ciò mi disturba e mi impazienta… Ella mi vuol troppo bene, la mia povera Amelia. – Vorrei che mi amasse più ragionevolmente… Come l'amo io, per esempio. Io la ritengo onesta a tutta prova, incapace di un pensiero riprovevole… Ebbene: come si fa ad essere gelosi?.. Pure, di tempo in tempo, conviene giuocare qualche farsetta… tanto per secondarla. Oggi, per esempio, arrivai inaspettatamente da Milano… come un geloso che sospetti, che voglia sorprendere… Non potete figurarvi quanto ella gusti tali scene… Ella non crederebbe al mio amore, ella forse cesserebbe di amarmi, se tratto tratto non le fornissi queste prove di diffidenza, se non la sollecitassi con queste farse da Otello!.. Tutte le sue lettere sono piene di misteriosi adoratori, di reticenze allarmanti… Appena giunti a Trescorre, mi scrisse di voi… volle farmi supporre che qualche altro la perseguitasse di omaggi e di profferte amorose… Che volete? io rido… Qualche volta fingo di adombrarmi… più spesso mi sforzo di convincerla che il vero affetto non può basarsi che sulla reciproca stima, sulla fede più illuminata… Che fare? Oggimai dispero di convertirla… E d'altronde, poichè queste sue velleità non dipendono, in ultima analisi, che da un falso concetto dei sentimenti umani… lasciamo correre e tolleriamo… Io so di essere amato e ciò mi basta… E guai per me se dovesse cessare una tale convinzione, che è la gioia segreta, che è l'orgoglio della mia esistenza… Amelia non comprende i miei gusti per le lettere e per le arti – ma ella è artista sublime nelle ricercatezze della sua toeletta, nelle cure che ella prende per farsi bella ed amirabile. Questo talento delle mogli costa un po' caro… Non importa… Io lo comprendo e lo apprezzo. Quando Amelia si mette un abito nuovo, quando ella si abbellisce di nuovi adornamenti, io sento che ella vuol dirmi: – Edmondo smetti i tuoi libri… la tua tavolozza… e vedi un poco se non hai torto di perdere tante ore a vagheggiare l'idealismo, mentre io ti offro una realtà le mille volte più incantevole!.. Ma io mi trattengo in un argomento che per voi non può avere interesse… Perdonate ad un marito, che non ha cessato di essere amante… Frattanto abbiamo rifatto il nostro cammino… Se la mia compagnia non vi tedia, se amate passeggiare di buon mattino, io verrò domani a svegliarvi… Faremo una gita lunga… sbozzeremo de' paesaggi, e parleremo di tutto. Ebbene? convenuto?

 

– Convenuto!

– Badate che io mi sveglio di buon'ora… Verso le cinque io busserò alla porta della vostra camera.

– Ed io vi prometto che alle cinque sarò in piedi… ad aspettarvi.

Entrati nello stabilimento, ci separammo con una stretta di mano, che questa volta era cordiale da ambo le parti.

Al momento in cui io metteva la chiave nell'uscio, l'Angiolina mi si fece incontro e con aria misteriosa mi porse una lettera.

La presi tremando – mi rifugiai come un colpevole nella mia stanza – e lessi:

«Io non credo che mio marito vorrà sacrificarsi a passare con me la giornata di domani… Ho già l'anticamera ammorbata dalle sue vernici. Ciò mi prova che egli è venuto a Trescorre per copiare dei paesaggi… Voglio sperare che non vi sarete offerto di andare con lui a sostenergli la tavolozza… piuttostochè rimanere allo stabilimento a curare una povera malata…»

È inutile avvertire che questa lettera senza firma era scritta da… lei.