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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9

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A. D. 429-431

Imparato avea Nestorio nella scuola di Siria a detestare la mescolanza delle due Nature, e sapea separare bravamente l'umanità del Cristo, suo padrone, dalla divinità di Gesù, suo Signore42. Rispettava la Santa Vergine come la Madre del Cristo, ma erano ferite le sue orecchie dal recente e inconsiderato titolo di Madre di Dio43, ammesso insensibilmente dopo l'origine della controversia di Ario. Un amico del patriarca, e poi il patriarca esso stesso, dall'alto della cattedra di Costantinopoli in più riprese predicarono contro l'uso e l'abuso d'una parola44 ignota45 agli Apostoli, non approvata46 dalla Chiesa, atta a spaventare i fedeli timorati, a traviare i semplici, a divertire i profani, a giustificare, con una somiglianza apparente, la genealogia degli Dei dell'Olimpo47. Nelle sue ore di calma confessava Nestorio, che tollerarla si poteva e scusarla per l'union delle due Nature, e la communicazione delle proprietà loro48. Ma poi adontato dalla contraddizione, si condusse a rigettare il culto d'un Dio neonato; d'una Divinità infante, a ricavare dalle associazioni coniugali e civili dell'umana vita le similitudini imperfette, di cui si valeva per dichiarare le sue opinioni, ed a rappresentare l'Umanità del Cristo, come l'abito, lo strumento, ed il tempio della sua Divinità. Al primo suono di queste bestemmie si scossero le colonne del santuario. Quei pochi che avean veduto a terra le loro speranze per l'esaltazion di Nestorio, s'abbandonarono all'astio ispirato nel lor cuore dalla religione, o dall'invidia; il Clero di Bizanzio vedea di mal occhio uno straniero che lo dominava; tutto ciò che porta l'impronta della superstizione, o dell'assurdo ha diritto alla protezione dei Monaci, e il popolo era infervorato per la gloria della Santa Vergine, sua protettrice49. Da sediziosi schiamazzi furono interrotte le prediche dell'Arcivescovo, e gli offici divini; in congreghe particolari fu abiurata l'autorità e la dottrina di lui; in breve propagò il soffio delle fazioni da tutti i lati sino alla estremità dell'impero il contagio della controversia, e dall'arena fragorosa su cui s'agitavano i combattenti; rintronò la lor voce entro le celle della Palestina, e dell'Egitto. Era debito di San Cirillo l'illuminare lo zelo e l'ignoranza dei monaci innumerevoli alla sua episcopale autorità sottoposti: dalla scuola d'Alessandria gli era stato insegnata l'incarnazione d'una Natura, ed egli l'aveva ammessa; ma armandosi contro un secondo Ario, che più terribile e più reo del primo occupava il secondo trono della Gerarchia ecclesiastica, il successore di San Atanasio, non prese consiglio che dall'orgoglio, e dall'ambizione. Dopo un carteggio non lungo, in cui palliarono i Prelati rivali il loro rancore sotto il perfido linguaggio del rispetto e della carità, il Patriarca d'Alessandria denunziò al principe ed al popolo, all'Oriente e all'Occidente, i colpevoli errori del Prelato di Bizanzio. I vescovi d'Oriente, e particolarmente quello d'Antiochia, che favoreggiava la causa di Nestorio, consigliarono alle due Sette moderazione e silenzio; ma il Vaticano ricevè a braccia aperte i deputati dell'Egitto. Si compiacque Celestino d'esserne eletto giudice; e l'infedele versione d'un monaco fermò l'opinione del Papa, il quale, al pari del suo clero Latino, non conosceva nè la lingua, nè le arti, nè la teologia dei Greci. Presiedendo un Concilio di Vescovi italiani, esaminò Celestino gli argomenti di San Cirillo, ne approvò il Simbolo, e dannò la persona e le opinioni di Nestorio. Privò quest'Eretico della dignità episcopale, assegnogli dieci giorni per ritrattarsi e dimostrare pentimento, e di questo decreto50 illegale e precipitato, commise l'esecuzione al suo avversario. Ma nel mentre che il patriarca d'Alessandria scagliava i fulmini celesti, lasciava travedere gli errori e le passioni d'un mortale; ed oggi ancora i suoi dodici anatemi51 mettono a tortura la scrupolosa sommessione degli Ortodossi, i quali vogliono serbar venerazione alla memoria d'un Santo, senza mancare alla fedeltà dovuta ai decreti del Concilio di Calcedonia. Quelle ardite proposizioni mantengono una tinta indelebile dell'eresia degli Apollinaristi, mentre le dichiarazioni serie e per avventura sincere di Nestorio hanno satisfatto a quei teologi del tempo nostro, che sono per sapere e per imparzialità i più segnalati52.

 

A. D. 431

Nè all'Imperatore, nè al primate dell'Oriente talentava di sottomettersi al decreto d'un Prete dell'Italia, e da ogni parte si chiedeva un Concilio della Chiesa cattolica, o piuttosto della Chiesa greca, come l'unico espediente ad acchetare od a finire questa disputa ecclesiastica53. Efeso, a cui agevolmente si giugnea per mare e per terra, fu scelta per luogo dell'Assemblea, la quale fu aggiornata per le feste della Pentecoste. Furono spedite a tutti i Metropolitani lettere di convocazione, e si collocò intorno alla sala dell'adunanza una guardia, che dovea proteggere e tener sequestrati i Padri del Sinodo, fin a tanto che determinati avessero i Misteri del Cielo, e la credenza degli uomini. Vi comparve Nestorio non come delinquente, ma come giudice; il quale affidavasi sulla riputazione più che sul numero de' suoi Prelati; i suoi gagliardi schiavi dei bagni di Zeusippo stavano armati e presti a difenderlo, o ad assalirne i nemici. Ma dal lato di S. Cirillo, suo avversario, stava la prevalenza dell'armi temporali e spirituali. Disubbediente questi alla lettera, o almeno al senso dell'ordine imperiale, s'aveva tirato dietro il seguito di cinquanta Vescovi egiziani, i quali da un cenno del lor Patriarca attendeano il soffio dello Spirito Santo. Avea contratta stretta alleanza con Mennone vescovo d'Efeso, primate delle chiese d'Asia da lui con assoluto potere governate, il quale disponeva a suo senno dei voti di trenta o quaranta vescovi: una truppa di paesani, schiavi della Chiesa, era stata distribuita per la città a sostenere colle grida e colle violenze gli argomenti metafisici del lor Signore; ed il popolo difendeva zelantemente l'onor della Vergine Maria, il corpo della quale riposava nelle mura d'Efeso54. Andava carico delle ricchezze dell'Egitto il navile che condotto avea S. Cirillo; e sbarcò una gran ciurma di marinai, di schiavi e di fanatici, arruolati sotto le bandiere di S. Marco e della Madre di Dio, parati e presti alla più cieca obbedienza. Questa turba guerriera sbigottì i Padri, ed anche le guardie del Concilio. Gli avversari di S. Cirillo e di Maria furono insultati nelle strade, o minacciati in casa. Ogni giorno l'eloquenza e la liberalità del Prelato egiziano crescevangli il numero degli aderenti; e potè egli ben presto vedersi arbitro di duecento vescovi, pronti a seguirlo, e a sostenerlo55. Ma l'autore dei dodici anatemi ben presagiva e temeva l'opposizion di Giovanni d'Antiochia, che con un corteggio poco numeroso, ma ragguardevole, di Metropolitani e di Teologi, arrivava a picciole giornate dalla capitale dell'Oriente. S. Cirillo, che s'adirava d'una dilazione da lui creduta volontaria e colpevole56, aggiornò l'apertura del Concilio al sedicesimo giorno dopo la Pentecoste. Sperando Nestorio nell'arrivo prossimo de' suoi amici dall'Oriente, persistette, come S. Grisostomo suo predecessore, a declinare dalla giurisdizione de' suoi nemici, e a ricusare obbedienza alle loro intimazioni: questi accelerarono la sentenza, e presedette al tribunale il suo accusatore. Sessant'otto vescovi, ventidue de' quali avean grado di metropolitani, lo difesero con una protesta decente e moderata; ma furono esclusi dalle deliberazioni. Candidiano domandò da parte dell'Imperatore una dilazione di quattro giorni, e questo magistrato profano fu insultato ed espulso dall'assemblea de' Santi.

Sì grande affare venne intieramente compiuto nello spazio d'un giorno estivo: scrissero i Vescovi separatamente la loro opinione; ma dall'uniformità dello stile, s'argomenta la dettatura, o la mano di un Capo accusato d'avere falsificati gli Atti e le sottoscrizioni57. Dichiararono con voto unanime che le epistole di San Cirillo conteneano i dommi del Concilio di Nicea, e la dottrina de' Padri; la lettura dell'estratto infedele, che s'era fatto delle Lettere e delle Omelie di Nestorio, fu interrotta da imprecazioni e da anatemi. Fu questi deposto dal grado di Vescovo, e privato delle sue dignità ecclesiastiche. Il decreto, in cui era malignamente qualificato per un nuovo Giuda, fu pubblicato ed affisso in tutti gli angoli della città d'Efeso. Quando gli stanchi Prelati uscirono della Chiesa della Madre di Dio, furono salutati come suoi difensori, e per tutta la notte ne fu tumultuariamente con illuminazioni e con canti celebrata la vittoria.

Ma nel quinto giorno, fu sconcertato questo trionfo dall'arrivo e dalla indignazione dei Vescovi d'Oriente. In una stanza dell'osteria, ov'era smontato Giovanni d'Antiochia, e prima d'avere, per così dire, scossa da' calzari la polvere, diede egli udienza a Candidiano, ministro dell'Imperatore, il quale gli raccontò, come invano s'era adoperato a prevenire od impedire le violenze precipitose di San Cirillo. Con ugual precipitazione e violenza un Sinodo di Oriente58 spogliò San Cirillo e Mennone della dignità di Vescovi; dichiarò che i dodici anatemi racchiudevano il più sottile veleno dell'eresia degli Apollinaristi, e dipinse il Primate d'Alessandria come un mostro nato e nudrito a distruzion della Chiesa59. Remota ed inaccessibile era la sua sede, ma fu deciso di compartire immediatamente al popolo di Efeso il beneficio d'essere governato da un pastore fedele. Per ordine di Mennone furono serrate le Chiese, e posta grossa guernigione nella cattedrale. Le soldatesche andarono all'assalto, guidate da Candidiano; le guardie prime furono sbaragliate e passate a fil di spada; ma i posti erano insuperabili, e gli assedianti si ritirarono; allora inseguiti dai soldati che stavano nella cattedrale, perdettero i cavalli, e molti furono gravemente feriti a colpi di mazze, e a sassate. Schiamazzi forsennati, atti furibondi, la sedizione e il sangue macchiarono la città della Santa Vergine. I Sinodi rivali si scagliarono a vicenda anatemi e scomuniche; e le relazioni contraddittorie delle fazioni di Siria e d'Egitto imbrogliarono il Consiglio di Teodosio. Il quale, volendo calmare questa lite teologica, per tre mesi pose tutto in opera, eccetto il rimedio più efficace, quello cioè dell'indifferenza, e del disprezzo. S'avvisò d'allontanare o intimorire i Capi con una sentenza che avrebbe del pari soddisfatto o condannato gli uni e gli altri; diede la plenipotenza a' suoi rappresentanti in Efeso, e li munì di forze militari, bastevoli a sostenerli; chiamò otto deputati delle due parti per conferire legalmente, e con libertà, nei contorni della capitale, lungi dalla popolar frenesia, ch'è sempre contagiosa. Ma ricusavano gli Orientali d'obbedire a quest'ordine, e i Cattolici, insuperbiti pel numero loro, e pel favor dei Latini, ributtarono ogni sorta d'unione o di tolleranza. Posta al cimento la pazienza del mite Teodosio, s'indusse egli a pronunciare irritato la dissoluzione di quel Sinodo tumultuoso, che nella distanza di tredici secoli ora a noi si presenta col nome rispettabile di terzo Concilio ecumenico60. «Iddio m'è testimonio, disse quel religioso principe, che di questo disordine io non ho colpa in veruna maniera. La Provvidenza scernerà e punirà i colpevoli; tornate alle vostre province; possano le vostre virtù private riparare i mali e gli scandali della vostra adunanza». Se ne tornarono difatto i Vescovi allo loro diocesi; ma le passioni che aveano sconvolto il Concilio d'Efeso si disseminarono pur tutto l'Oriente. Giovanni d'Antiochia, e San Cirillo d'Alessandria, dopo tre campagne, in cui si batterono con ostinazione, e con pari successo, vollero in fine spiegarsi e far pace; ma si debbe attribuire la loro riconciliazione apparente alla prudenza piuttosto che alla ragione, alla stanchezza di entrambi piuttosto che alla carità cristiana.

 

A. D. 431-435

Il Pontefice di Bizanzio avea già informato l'Imperatore sinistramente del carattere e del contegno del Prelato egiziano, suo rivale; coll'ordine di ritornarsene ad Efeso, ricevè S. Cirillo una lettera piena zeppa di minacce e d'invettive61, nella quale era trattato da prete imbroglione, insolente, invidioso, le cui opinioni agitavano la Chiesa e lo Stato, e che con un procedere artificioso verso la sorella e la moglie dell'Imperatore, alle quali s'era diretto separatamente, palesava la temeraria intenzione di suscitare, o di trovare nella famiglia imperiale i semi della disunione e della discordia. Adempiendo Cirillo a quel comando imperioso, s'era trasferito ad Efeso; i Magistrati partigiani di Nestorio e dei Vescovi di Oriente si opposero ai suoi anatemi, e minacciarono e lo chiusero in carcere. Poscia radunarono le soldatesche della Lidia e della Ionia per tener a freno il seguito fanatico e turbolento di quel patriarca. Senz'attender la risposta dell'Imperatore alle sue doglianze, fuggì Cirillo dalle mani delle guardie, s'imbarcò in gran fretta, abbandonò il Sinodo che non era ancora chiuso, e riparò in Alessandria, asilo tutelare della sua independenza e sicurezza. Ai suoi scaltri emissari, sparsi nella Corte e nella capitale, venne fatto di calmare lo sdegno dell'Imperatore, e di rimettere in grazia Cirillo. Il debole figlio d'Arcadio era alternativamente dominato dalla moglie, dalla sorella, dagli eunuchi, dalle donne del palazzo; superstizione e avarizia erano le loro passioni favorite; ed ai Capi ortodossi stava a cuore d'intimorire l'una, e di contentare l'altra. Costantinopoli ed i sobborghi erano santificati da numerosi monasteri, e i Santi Abati Dalmazio ed Eutiche62 con intrepido zelo s'erano consacrati alla causa di Cirillo, al culto della Vergine, ed all'unità di Cristo. Dopo aver abbracciata la vita monastica, non erano più comparsi nel Mondo, nè sul suolo profano della capitale. Ma nel terribile momento del pericolo della Chiesa, un dover più sublime e più indispensabile fece loro dimenticare il voto: escirono del convento, corsero al palazzo, precedendo una lunga fila di Monaci e d'eremiti, che tenevano in mano fiaccole ardenti, e cantavano le litanie della Madre di Dio. Da questo straordinario spettacolo fu edificato e riscaldato il popolo di modo che il monarca atterrito prestò orecchio alle preci e alle suppliche di quei santi personaggi, i quali ad alta voce gridarono; non esservi speranza di salute per coloro, che non aderissero alla persona, ed al Simbolo del successore ortodosso di S. Atanasio. Nel tempo medesimo si profuse l'oro per tutte le vie che conduceano al trono. Sotto i nomi decorosi di eulogie e benedizioni, furon regalati i cortigiani de' due sessi, secondo la misura del potere o della capacità di ciascheduno. Le nuove domande che faceano ogni giorno avrebbero in poco tempo spogliati i santuari delle Chiese di Costantinopoli e d'Alessandria; nè potè l'autorità del Patriarca imporre silenzio alle mormorazioni del suo Clero, sdegnato pel debito che s'era già contratto di sessantamila lire sterline per supplire alle spese di sì scandalosa subornazione63. Pulcheria, che alleviava al fratello la somma del governo, era la più salda colonna della Fede ortodossa; ed i fulmini del Sinodo venivano secondati sì fattamente dai secreti maneggi, che S. Cirillo fu sicuro di riuscire a bene, se potea rimovere l'Eunuco favorito, e sostituirgli un altro. Non potè per altro vantarsi d'un trionfo glorioso e decisivo. Palesava l'Imperatore in quell'occasione una fermezza straordinaria; avea promesso di protegger l'innocenza dei Vescovi d'Oriente e mantenea la parola; fu ridotto Cirillo a temperare i suoi anatemi, e prima di godere la compiacenza di soddisfar la vendetta contro l'infelice Nestorio, fu giuocoforza che confessasse in una maniera equivoca, e a suo malgrado la doppia Natura di Gesù Cristo64.

A. D. 435

L'imprudente e ostinato Nestorio, prima che finisse il Sinodo fu oppresso da S. Cirillo, tradito dalla Corte, e malamente difeso da suoi amici dell'Oriente. Fosse paura o rabbia, s'indusse, fin ch'era tempo, a farsi merito d'un'abdicazione che parer potea volontaria65: prontamente si assecondarono i suoi desiderii, o per lo meno la sua domanda; fu guidato in una maniera decorosa da Efeso al monastero di Antiochia, da cui l'avea tratto l'Imperatore, e poco dopo furono riconosciuti i suoi successori, Massimiano e Proculo, per legittimi Vescovi di Costantinopoli. Ma non potè il deposto Patriarca ritrovare nella sua placida cella l'innocenza e la quiete d'un monaco semplice. Pensava al passato, si dolea del presente, e dovea poi temer l'avvenire. A poco a poco i Vescovi d'Oriente abbandonavano la causa d'un uomo dalla pubblica opinion condannato, ed ogni giorno scemava il numero degli scismatici, che come confessor della Fede avevano riverito Nestorio. Stava egli da quattro anni in Antiochia, quando l'Imperatore segnò un editto66, che lo paragonava a Simone il Mago, che proscriveva le sue opinioni ed i suoi settari, condannava alle fiamme i suoi scritti; quanto a lui fu da prima confinato a Petra in Arabia, poscia all'Oasi, una dell'isole del deserto della Libia67. Colà segregato dalla Chiesa e dal Mondo ebbe ancora a soffrire le persecuzioni del fanatismo, e i furori della guerra. Da una tribù errante di Blemii o di Nubiani fu invasa la sua solitudine; e Nestorio rimase nel numero dei prigionieri inutili, cui lasciarono poscia in libertà, ritirandosi. Ma trovandosi sulle sponde del Nilo, e presso una città romana ed ortodossa, desiderò senz'altro di essere piuttosto rimaso schiavo dei Selvaggi. Come nuovo delitto fu punita la sua fuga; lo spirito di Cirillo animava tutte le autorità civili ed ecclesiastiche dell'Egitto; magistrati, soldati, monaci tormentarono il nemico di Cristo e di S. Cirillo; e l'eretico ora fu trascinato sui confini dell'Etiopia ora richiamato da quel nuovo esilio, sino a tanto che, sfinito già dalla vecchiezza, non potè più resistere alle fatiche, e agli accidenti di tanti viaggi. Nondimeno il suo spirito si serbava tuttavia fermo e independente: le sue lettere pastorali intimorirono il presidente della Tebaide; sopravvisse al Tiranno cattolico d'Alessandria; e già il Concilio di Calcedonia, sentendo pietà d'un esilio di sedici anni, stava per rimetterlo negli onori, o nella comunione almeno della Chiesa. Era chiamato colà, e con gioia s'apparecchiava ad obbedire, quando il prevenne la morte68. Dalla qualità della sua malattia nacque l'odiosa ciancia, che la sua lingua, organo delle sue bestemmie, fosse mangiata dai vermi. Fu sepolto in una città dell'Alto Egitto, conosciuta sotto il nome di Chemnis, o Panopoli, o Akmim69; ma non cessò l'accanimento dei Giacobiti dall'insidiarne per più generazioni il sepolcro, e dal pubblicare scioccamente che la pioggia del Cielo, che cade tanto sui fedeli come sugli empi70, non bagnava mai il luogo della sua sepoltura. Può l'umanità donare una lagrima alla sorte di Nestorio; ma per esser giusti bisogna osservare, che se fu vittima della persecuzione, ciò non avvenne, che dopo averla esso stesso autenticata colla sua approvazione e coll'esempio71.

A. D. 448

La morte del primate d'Alessandria, dopo un pontificato di trentadue anni, lasciò i Cattolici in balìa d'uno zelo intemperante, che abusò della vittoria72. La dottrina monofisita, cioè una sola Natura incarnata, fu rigorosamente predicata nelle chiese dell'Egitto, e ne' monasteri dell'Oriente. Dalla santità di S. Cirillo prendea vigore il Simbolo primitivo d'Apollinare; ed Eutiche, suo illustre amico, ha dato il nome alla Setta la più contraria all'eresia di Nestorio. Eutiche era abate, o archimandrita, cioè superiore di trecento monaci; ma le opinioni d'un Solitario, poco versato nelle lettere, non avrebbero mai varcato i confini della colletta, ove avea dormicchiato più di settant'anni, se il risentimento o l'imprudenza di Flaviano, Pontefice bizantino, non le avesse esposte al Mondo cristiano. Questi radunò immediatamente un Sinodo domestico; i clamori e gli artificii disonorarono quanto si fece, e vi fu condannato l'Eretico, già debole per la vecchiezza, a cui carpirono per sorpresa una dichiarazione, colla quale parea che confessasse, non avere il Cristo tolto il suo corpo dalla sostanza della Vergine Maria. S'appellò Eutiche del decreto ad un Concilio generale, e fu gagliardamente propugnata la sua causa da Crisafio, l'eunuco dominante del Palazzo, il quale era stato da lui tenuto al Sagro Fonte, e da Dioscoro suo complice, succeduto nella sede, nel Simbolo, nei talenti, nei vizi al nipote di Teofilo. Teodosio volle a buon dritto, e specialmente ordinò, che il secondo Sinodo d'Efeso fosse formato da dieci Metropolitani, e da dieci Vescovi di ciascheduna delle sei diocesi dell'Oriente; alcune eccezioni, date al favore o al merito, portarono a cento trentacinque il numero de' Padri del Concilio, ed il Siro Barsuma, come Capo e rappresentante de' monaci, fu invitato a sedere e a votare coi successori degli Apostoli. Ma dalla prepotenza del Patriarca d'Alessandria venne di bel nuovo violata la libertà delle discussioni; di nuovo gli arsenali dell'Egitto somministrarono armi materiali e spirituali. Una masnada d'arcieri veterani dell'Asia serviva agli ordini di Dioscoro, e i monaci, più terribili ancora, sordi alla ragione ed alla pietà, assediavano le porte della cattedrale. Il Generale, e i Padri, che dovean esser liberi nelle opinioni, sottoscrissero il Simbolo ed anche gli anatemi di San Cirillo, e l'eresia delle due Nature fu condannata in modo formale nella persona e negli scritti dei più dotti uomini dell'Oriente. «Possano quelli che dividon Gesù Cristo essere divisi dalla spada; sieno messi in pezzi ed arsi vivi!» Tal fu il voto caritatevole d'un Concilio cristiano73. Si riconobbe senza esitazione l'innocenza e la santità di Eutiche; ma i Prelati, e più d'ogni altro quei della Tracia e dell'Asia non volean deporre il lor Patriarca pel motivo, che avrebbe usato od anche abusato della sua giurisdizione legittima. Abbracciarono le ginocchia di Dioscoro, nel momento che si stava con aspetto, minaccioso sui gradini della sua cattedra, e lo scongiurarono di perdonare al suo fratello, e di rispettarne la dignità. «Volete voi suscitar una sedizione?» rispose l'inesorabil prelato; «dove son gli ufficiali?» A queste parole una turba furiosa di monaci e di soldati forniti di bastoni, di spade e di catene, piombò nella chiesa: i Vescovi spaventati si nascosero dietro l'altare, o sotto i banchi, e non avendo troppa brama di martirio segnarono tutti ad uno ad uno una carta bianca, dove poi fu scritta la condanna del pontefice di Bizanzio. Nel punto stesso fu Flaviano dato in preda alle bestie feroci di quella arena ecclesiastica.74 Dalla voce e dall'esempio di Barsuma furono attizzati i monaci a vendicar l'ingiuria di Gesù Cristo. Si dice, che il Patriarca di Alessandria, oltraggiò, schiaffeggiò, e si pose sotto i piedi il suo confratello, il Vescovo di Costantinopoli75. È cosa certa che prima di giugnere al luogo del suo esilio, la vittima spirò nel terzo giorno per le ferite e pei colpi in Efeso ricevuti. Questo secondo Sinodo d'Efeso è stato a ragione detestato come adunanza d'una geldra di ladri e d'assassini. Eppure han dovuto gli accusatori di Dioscoro esagerare la sua violenza per iscusare la viltà, o l'incostanza del loro procedere.

A. D. 451

La Fede dell'Egitto avea vinta la prova; ma la parte soccombente era assistita da quel Papa medesimo, che senza timore aveva affrontato la collera, e l'armi d'Attila e di Genserico. Il Sinodo d'Efeso non avea posto mente alla dottrina insegnata da Leone nel suo famoso tomo, o epistola intorno al Mistero dell'Incarnazione; la sua autorità e quella della Chiesa latina erano state insultate nella persona dei suoi Legati, che, scampati a stento dalla schiavitù e dalla morte, vennero a raccontare la tirannia di Dioscoro e il martirio di Flaviano. Convocato il suo Sinodo provinciale, il Papa annullò gli Atti irregolari di quello d'Efeso; ma questo passo essendo pure irregolare domandò egli la convocazione d'un Concilio generale nelle province libere ed ortodosse dell'Italia. Dall'alto del suo trono, omai independente dalla Corte di Costantinopoli, parlava ed operava il Pontefice di Roma senza pericolo, come Capo dei cristiani. Placidia e suo figlio Valentiniano non erano che i docili strumenti de' suoi voleri: chiesero al principe che governava l'Oriente di ristabilire la pace e l'unità della Chiesa; ma il fantoccio che dava legge a quella parte dell'impero era menato con pari scaltrezza dall'Eunuco che allora dominava; rispose Teodosio, senza esitazione, che la Chiesa era già pacifica e trionfante, e che le giuste pene inflitte ai Nestoriani aveano spento l'incendio, di cui si temevano i guasti. Erano forse i Greci in preda per sempre all'eresia dei Monofisiti, se il cavallo dell'Imperatore non avesse per avventura incespato. Morì Teodosio; Pulcheria, sua sorella, zelante della Fede ortodossa, succedette al trono con uno sposo che tale non era se non di nome. Grisafio fu arso vivo; Dioscoro cadde in disgrazia; furono richiamati gli esuli, e i Vescovi d'Oriente segnarono il tomo di Leone. Al Papa tutta volta rincrebbe, che fosse ita a vuoto la sua intenzion favorita di ragunare un Concilio di Vescovi latini. Non degnò presedere al Sinodo greco frettolosamente raccolto in Nicea di Bitinia; con un tuono perentorio pretesero i suoi Legati che presente assistesse l'Imperatore, e i Padri, già stanchi, furono tratti a Calcedonia, sotto gli occhi di Marciano e del senato di Costantinopoli. Si adunarono nella Chiesa di Sant'Eufemia, situata a un quarto di miglio dal Bosforo di Tracia in vetta ad una collina d'un dolce pendìo, ma elevata; vantavasi come un prodigio dell'arte la sua architettura a tre piani, e l'immensa veduta di cui godeva dalla parte di terra, come del mare, era atta ad esaltare alla contemplazione del Dio dell'Universo l'anima d'un Settario. Seicentotrenta Vescovi si posero ordinatamente nella navata; i Patriarchi d'Oriente cedettero la mano ai Legati, il terzo dei quali non era per altro che un semplice prete; e le sedi primarie furono riservate a venti laici che avean la dignità di senatori o di consoli. Fu esposto con pompa l'Evangelo in mezzo all'assemblea; ma i ministri del Papa, non che quelli dell'Imperatore, che padroneggiarono le tredici sessioni del Concilio di Calcedonia, statuirono la regola di fede76. La lor determinazione, ben combinata a favore d'una delle parti fu almeno da tanto che impose silenzio a schiamazzi e ad imprecazioni sconvenevoli alla gravità episcopale; ma, in forza d'un'accusa formale de' Legati, fu astretto Dioscoro a discendere dal suo posto, e a far la figura d'un reo già condannato nella opinione dei suoi giudici. Gli Orientali, meno avversi a Nestorio che a San Cirillo, accolsero i Romani come liberatori: la Tracia, il Ponto e l'Asia fremevano contro l'uccisor di Flaviano, e i nuovi Patriarchi di Costantinopoli e d'Antiochia si assicurarono la propria sede sacrificando il lor benefattore. Alla dottrina di San Cirillo aderivano i Vescovi della Palestina, della Macedonia e della Grecia; ma in mezzo alle assemblee del Sinodo, nel bollore della disputa passarono i Capi col lor seguito obbediente dall'ala destra alla sinistra, e colla loro diffalta decisero la vittoria. Di diciassette suffraganei venuti d'Alessandria, quattro s'indussero a mancar di fede al lor patriarca; e gli altri tredici prostratisi colla faccia a terra, implorarono la clemenza del Concilio coi singhiozzi e coi pianti, dichiarando in tuono patetico, che se cedevano, il popolo infuriato li truciderebbe quando fossero tornati in Egitto. Si acconsentì ad accettare il tardo pentimento dei complici di Dioscoro, come una riparazione degli errori o del delitto loro, e sopra la sua testa furono accumulati tutti i torti: non chiese egli perdono, che non ne sperava, e la moderazione di coloro che sollecitavano una generale amnistia, dalle grida di vittoria e di vendetta fu soffocata. Per salvare la reputazione di coloro, che abbracciata aveano la causa di Dioscoro si rivelarono bravamente molte offese, di cui esso solo era colpevole, la scomunica temeraria e illegale, ch'egli avea lanciata al papa, e il suo criminoso rifiuto di comparire davanti al Sinodo, quando era tenuto prigione. Parecchi testimoni vennero raccontando molti fatti che provavano il suo orgoglio, l'avarizia e la crudeltà sua; ed appresero con orrore i Prelati, che le elemosine della chiesa erano state profuse alle ballerine, che le prostitute d'Alessandria entravano nel suo palagio, ed anche ne' suoi bagni, e che l'infame Pansofia o Irene era pubblicamente concubina del patriarca7778.

Per questi delitti scandalosi Dioscoro fu deposto dal Concilio, e sbandito dall'Imperatore; ma fu dichiarata pura la sua fede al cospetto dei Padri, e colla tacita loro approvazione. Supposero, piuttosto che pronunciare, l'eresia d'Eutiche, il quale non fu mai citato al loro tribunale, e stettero confusi e silenziosi, quando un ardito Monofisita, gettato ai lor piedi un volume di San Cirillo, osò eccitarli a lanciar contro di quello un anatema, che necessariamente involgerebbe la dottrina del Santo. Leggendo imparzialmente gli Atti del Concilio di Calcedonia, quali dalla parte ortodossa son riferiti79, si riscontrerà, che da una maggioranza considerabile di Vescovi fu approvata la semplice unità di Cristo; e potea l'equivoca confessione, esser lui stato formato, o procedere da due Nature, supporne l'esistenza anteriore, o in susseguente mischianza, o veramente un intervallo pericoloso ad ammettersi fra l'istante in cui era stato concepito l'uomo, e l'altro in cui gli era stata infusa la Natura divina80. I Teologi di Roma più esatti e precisi statuirono la formola che feriva di più le orecchie dogli Egiziani; dichiararono che il Cristo esisteva in due Nature, e questa importante particola81, che più facilmente si stampa nella memoria che nell'intelletto, ebbe quasi a produrre fra i Vescovi latini uno scisma. Essi aveano sottoscritto rispettosamente, e forse sinceramente il tomo di Leone; ma in due deliberazioni successive spiegarono, non essere nè spediente, nè legittima cosa trapassare i santi limiti assegnati dai Concilii di Nicea, di Costantinopoli e d'Efeso conformemente alla Scrittura ed alla tradizione. Cessero finalmente alle importunità dei loro padroni; ma il lor decreto infallibile, dopo essere stato in guisa solenne ratificato, e con grandi acclamazioni accolto, fu distratto nella session seguente per l'opposizion dei Legati e degli Orientali lor partigiani. Invano gran numero di Vescovi esclamò: «La decision de' Padri è ortodossa e inalterabile; ora gli eretici sono smascherati; anatema ai Nestoriani! fuori dalle assemblee del Concilio! vadano a Roma!»82 I Legati minacciarono; l'Imperatore parlava con tuono assoluto, ed una commissione di diciotto vescovi preparò un nuovo decreto, che i Padri sottoscrissero a lor dispetto. In nome del quarto Concilio generale si annunziò al Mondo cattolico, il Cristo in una persona, ma in due Nature. Si tirò una linea impercettibile fra l'eresia di Apollinare e la dottrina di San Cirillo; e col tagliente d'un rasoio ben affilato, la sottigliezza teologica formò un ponte, che, sospeso sopra un abisso, diveniva l'unica strada al paradiso. Per dieci secoli d'ignoranza e di servitù, ha ricevuto l'Europa le sue opinioni religiose dall'oracolo del Vaticano; e questa dottrina, già coperta della ruggine dell'antichità, è stata senza contrasto ammessa nel Simbolo dei riformatori del sedicesimo secolo, che hanno abiurato la primazia del Pontefice romano. Il Concilio di Calcedonia trionfa sempre nelle chiese protestanti; ma non fermenta più il lievito della controversia; e i Cristiani più religiosi dei nostri giorni non sanno83 quel che si credono intorno al Mistero dell'Incarnazione, e poco si curano di saperlo.

42La Croze (Christianisme des Indes, t. I, pag. 44-53, Thesaur. epist. t. III, p. 276-480) ha scoperto l'uso delle parole ὁ δεσποτης e ὁ κυριας Іησους, il padrone e il Signore Gesù, le quali nel quarto, quinto e sesto secolo distinsero la scuola di Diodoro di Tarso da quella dei suoi discepoli Nestoriani.
43Θεοτοκος, Deipara, come, nella zoologia si dice degli animali ovipari o vivipari. Non è facile il decidere in quale epoca s'inventasse quella parola che La Croze (Christian. des Indes, t. I, p. 16) attribuisce ad Eusebio di Cesarea, ed agli Ariani. S. Cirillo e Petavio arrecano testimonianze ortodosse (Dogmat. theolog. t. V, c. 15, p. 254 etc.); ma si può contrastare sulla veracità di S. Cirillo; e l'epiteto θεοτοκος facilmente ha potuto dal margine passar nel testo d'un manuscritto cattolico.
44Basnagio nella sua storia della Chiesa, opera di controversia. (t. I, p. 505) giustifica la Madre di Dio pel sangue (Atti, XX, 28, colle varie lezioni di Mill); ma i manoscritti greci son ben altro che concordi; e l'espression primitiva del sangue del Cristo si è conservata nella version siriaca, anche nelle copie di cui si valgono, i Cristiani di S. Tommaso sulla costa del Malabar (La Croze, Christian. des Indes, t. 1, p. 347). La gelosia fra i Nestoriani e Monofisiti ha mantenuta la purezza del loro testo.
45Il Credo, disteso nel Concilio generale II di Costantinopoli l'anno 381 ha l'espressione natus ex Maria Virgine, e ciò è lo stesso, che Deipara cioè partoriente Dio, o Madre di Dio; ed avendo prima il Concilio generale I di Nicea l'anno 325 fissato definitivamente contro gli Ariani essere Gesù Cristo della stessa sostanza del Padre, consubstantialem, cioè essere Dio, ne viene che al tempo, cioè l'anno 429-431, del Patriarca di Costantinopoli Nestorio, che negò fermamente essere Maria Madre di Dio, ed affermò essere essa soltanto Madre di Gesù Cristo uomo, era già stata sanzionata e autorizzata dalla Chiesa, cioè dal Concilio ortodosso generale II di Costantinopoli, l'espressione Madre di Dio. Nestorio poi fu condannato, deposto, ed esiliato dal Concilio generale III, e d'Efeso I l'anno 431, la quale condanna, deposizione, ed esilio con zelo promosse, e sollecitò l'altro Patriarca d'Alessandria S. Cirillo mentovato di sopra. (Nota di N. N.)
46Se, come abbiamo veduto in altra nota, S. Pietro riconobbe la divinità di Gesù Cristo affermandolo figlio di Dio, e se l'Evangelo dice che Gesù Cristo è nato da Maria non per opera d'uomo, ma dello Spirito Santo, ne viene la chiara conseguenza, che S. Pietro, e gli altri Apostoli con lui, abbiano riconosciuto Maria per Madre di Dio, essendo seguita l'incarnazione della divina Natura, sebben l'identiche parole Madre di Dio, non sian nell'Evangelo. (Nota di N. N.)
47Di già i Pagani dell'Egitto si facean beffe della nuova Cibele[*] dei Cristiani (Isidoro, l. I, epist. 54). Si formò in nome d'Ipazia una lettera che volgeva in ridicolo la teologia del suo assassino (Synodicon, c. 216, nel quarto t. concil. p. 484). All'articolo Nestorio, Bayle espone sul culto della Vergine Maria qualche massima d'una filosofia alquanto rilassata. * Sarà vero che i Pagani si burlassero di Maria Vergine Madre di Dio; erano Pagani, cioè Politeisti, e perciò non è maraviglia; ma che ha a fare Cibele, di cui vedesi la leggenda in tutti i Dizionari di Mitologia, Deità dei Politeisti e dei poeti, con Maria Vergine Madre di Dio? Queste due idee sono affatto incompatibili, ed il farne l'associazione è un assurdo del pari indegno, che insussistente. (Nota di N. N.)
48L'αντιδοσις dei Greci, vale a dire un prestito, od una traslazione reciproca degli idiomi, o delle proprietà d'una natura all'altra, dell'infedeltà all'uomo, della passibilità a Dio ec. Petavio pone dodici regole su questa materia sommamente delicata (Dogmat. theolog., t. V, l. IV, c. 14, 15, p. 209, etc.).
49Vedi Ducange, C. P. Christiana, l. I, p. 30 etc.
50Il decreto del Papa Celestino non fu illegale, perchè poteva assumere il giudizio intorno a un domma (che se non rimanesse fermo, non esisterebbe più rivelazione, nè religione cristiana, nella parte dommatica), e poi giudicò unitamente al suo Concilio provinciale de' Vescovi; e cotale giudizio non fece che combinare con quello che poco dopo diede il Concilio generale III, e d'Efeso I; non fu neppure precipitato, perchè Celestino esaminò la materia, e nel giudicare concorse il suo Concilio provinciale di cui era particolarmente il Capo. (Nota di N. N.)
51Concil., t. III, p. 943. Mai non furono approvati direttamente dalla Chiesa; (Tillemont, Mém. ecclés., XIV, 368-372) e quasi mi fan compassione le convulsioni di rabbia e di sofisma, da cui sembra agitato Petavio nel sesto libro dei suoi Dogmata theologica.
52Posso citare il giudizioso Basnagio (ad. t. I, Variar. Lection. Canisii in praefat., c. 2, p. 11-23) e La Croze, dotto universale (Christianisme des Indes, t. I, p. 16-20, de l'Ethiopie, p. 26, 27; Thesaur. epist. p. 176, ec., 283-285). Il suo libero parere su questo punto è confermato da quello de' suoi amici, Iablonski (Thesaur. epist. t. I, p. 193-201), Mosemio (id. p. 304, Nestorium crimine caruisse est et mea sententia); e non sarebbe agevol cosa trovare tre giudici più rispettabili. Assemani, pieno di sapere, ma ligio modestamente alle autorità, a gran pena può scoprire (Bibliot. orient. t. IV, p. 190-224) il delitto e l'errore dei Nestoriani.
53Sull'origine, e sui progressi della controversia di Nestorio fino al Concilio d'Efeso si trovano alcune particolarità in Socrate (l. VII. c. 32), in Evagrio (l. I, c. 1, 2), in Liberato (Brev., c. 1-4), negli Atti originali (Concil., t. III, p. 551-591, ediz. di Venezia, 1728), negli Annali di Baronio e di Pagi, e nelle fedeli Raccolte di Tillemont (Mém. eccles., t. XIV, p. 280-577).
54I Cristiani de' quattro primi secoli ignoravano come il luogo della morte, così quello della Sepoltura di Maria. Il Concilio, di cui qui favelliamo conferma la tradizione d'Efeso, che si credea posseditrice del suo corpo. (Ενθα ὅ θεολογος Іωαννης, και η θεοτοκος παρθενος η αγια Μαρια, quivi giace il teologo Giovanni, e la Vergine Deipara Santa Maria. Concil. t. III, p. 1102). Avendo però Gerusalemme le stesse pretensioni, ha mandate in dimenticanza quelle di Efeso; colà si mostrava ai pellegrini la vota sepoltura della Vergine; e di là è venuta la storia della sua risurrezione, e della sua assunzione, piamente credute dalle Chiese greche e latine[*]. Vedi Baronio (Annal. ecclés. A. D. 48, n. 6, ec.) e Tillemont (Mém. ecclés. t. I, p. 467-477). * Non è meraviglia che l'Autore così si esprima intorno l'assunzione di Maria: egli era cristiano-protestante. La credenza, poi de' cattolici intorno a ciò è assai ben fondata sullo storico Eusebio, Vescovo di Cesarea del quarto secolo: Maria Virgo Christi Mater ad filium in Coelum assumitur, ita quidam fuisse sibi revelatum scribunt. Eusebio in Chronico. Vedi Baronio, Annali an. 48 n. 6, e Tillemont, T. I, p. 467. (Nota di N. N.)
55Gli Atti del Concilio di Calcedonia (Concil. t. IV, pag. 1405-1408) ne mostrano abbastanza quanto cieca fosse e pertinace l'adesione dei Vescovi d'Egitto ai lor patriarchi.
56Diversi affari civili od ecclesiastici ritennero i vescovi in Antiochia fino al 18 maggio. Da Antiochia ad Efeso si calcolavano trenta giornate; e non è troppo il supporre che per accidenti, o per riposare dovessero perdere dieci giorni. Senofonte, che fece la stessa strada, numera più di ducento sessanta parasanghe, o leghe; io potrei determinare questa misura consultando gli itinerari antichi e moderni, se conoscessi abbastanza la proporzion di velocità di un esercito, d'un Concilio, e d'una caravana. Tillemont medesimo, con qualche ripugnanza però, giustifica Giovanni d'Antiochia (Mém. ecclés. t. XIV, p. 386-389).
57Μεμφομενον μη κατα το δεοντα εν Εφεσω συντεθηναι υπομνηματα πανουργια δε και τινι αθεσμω καινοτομια κυριλλιου τεχναζοντος, accusato mentre Cirillo inonestamente, con fraudolenza e con certe illegali mutilazioni s'ingegnava a falsificare in Efeso gli Atti. (Evagrio l. I, c. 7). La medesima imputazione gli era data dal conte Ireneo; (t. III, p. 1249), e li critici ortodossi fanno un po' di fatica a difendere la purità delle copie greche e latine di quel Concilio.
58Fu questo un Conciliabolo, e non un Concilio che non fu approvato dal Papa; colla distinzione di Concilio da Conciliabolo cessa ogni scandalo, ed ogni meraviglia; bisogna usare le distinzioni, il che sanno fare assai bene i teologi. (Nota di N. N.)
59Ο δε επ’ ολεθρω των εηκλεσιων τοχθεις και τραφεις, nato e cresciuto per la rovina delle Chiese. Dopo la coalizione di S. Giovanni e di S. Cirillo, furono le invettive reciprocamente dimenticate. Per vane declamazioni non conviene illudersi intorno all'opinione, che da rispettabili nemici può essere inspirata per riguardo al loro merito scambievole (Con. t. III, p. 1244).
60Vedi gli Atti del Sinodo d'Efeso nell'originale greco, e in una versione latina, che pubblicossi quasi nel medesimo tempo (Conc., t. III, p. 991-1339) col Synodicon adversus tragoediam Irenaei, t. IV, p. 235-497. Vedi anche l'Ist. eccl. di Socrate (l. VII, c. 34), Evagrio (l. I, c. 3, 4, 5), il Breviario di Liberato (in Concil., t. VI, p. 419-459, c. 5, 6), e les Mém. ecclés. di Tillemont (t. XIV, p. 377-487).
61Ταραχλν (dice Teodosio in frasi interrotte) το γε επι σαυτω, και χωρισμον ταις εκκλησιαις εμβεβληκας … ως θρασυτερας ορμης πρέπουης μαλλον η ακριβειας … και ποικιλιας μαλλον τουτων ημιν αρκουσης ηπερ απλοτητος … παντος μαλλον η ιερεως … τα τε των εκκλησιων, τα τε των βασιλεων μελλειν χωριζειν βουλεσθαι, ως ουκ ουσης αφορμης ετερας ευδοκιμησεως, così ti sei cacciato in cuore la discordia, e fra le chiese la dissensione… con un impeto temerario, piuttosto che con zelo… e con un procedere versatile, che ci ributta più in tali cose, in vece della schiettezza… in modo più conveniente a tutt'altri, che ad un vescovo… voler mettere a soqquadro gli affari della chiesa e dei re, quasi non ci fosse altra maniera d'acquistar gloria. Vorrei sapere quanto abbia pagato Nestorio espressioni tanto pel suo rivale ingiuriose.
62S. Cirillo comparte ad Eutiche, a quell'eresiarca d'Eutiche, gli onorevoli nomi d'amico, di Santo e di zelante difensor della Fede. Suo fratello, Dalmazio, è parimenti impiegato a circonvenire l'Imperatore e tutti coloro che servivano la sua persona, terribili conjuratione. Synodicon (c. 203 in Concil. t. IV, p. 467).
63Clerici qui hic sunt contristantur, quod ecclesia Alexandrina nudata sit hujus causa turbelae: et debet praeter illa quae hinc transmissa sint auri libras mille quingentas. Et nunc ei scriptum est ut proestet; sed de tua ecclesia proesta avaritiae quorum nostri etc. Per qual caso non si sa, questa lettera originale e curiosa dell'arcidiacono S. Cirillo al nuovo vescovo di Costantinopoli, sua creatura, si è conservata in un'antica version latina (Synodicon, c. 203 Concil. t. IV, p. 465-468). Qui è quasi caduta la maschera, e i Santi parlano il linguaggio dell'interesse e del raggiro.
64I noiosi negoziati che succedettero al Sinodo d'Efeso sono raccontati alla lunga negli Atti originali (Concil. t. III, p. 1339-1771 ad fin. vol. e nel Synodicon, in t. IV), in Socrate (l. VII, c. 28, 35, 40, 41), in Evagrio (l. I. c. 6, 7, 8-12), in Liberato (c. 7-10), in Tillemont (Mém. ecclés. t. XIV, pag. 487-676). Il lettore il più paziente mi saprà grado se ho ristretto in poche linee tante cose false e poco ragionevoli.
65Αυτου τε αυδεηθεντος, επετραπν κατα το οικειον επαναζευσαι μοναστηριον, dopo ch'ebbe parlato, gli fu permesso di tornarsene al suo monastero. Evagrio (l. I, c. 7). Dalle lettere originali che si scontrano nel Synodicon (c. 15-24, 25, 26) si raccoglie, che la sua abdicazione, almeno in apparenza, fu volontaria, come Ebed-Gesù, scrittore Nestoriano, afferma che lo fosse difatto. (Ap. Assemani, Bibl. orient. t. III, p. 299-302).
66Vedi le lettere dell'Imperatore negli Atti del Sinodo d'Efeso. (Concil. t. III, p. 1730-1735). L'odioso nome di Simoniani dato ai discepoli di questa τερατωδους διδασκαλιας, prodigiosa scuola era indicato ως αν ονειδεσι προβλεθεντες σιωνιον υπομενοιεν τιμ ωριαν αμαρτηματων, και μητε ζωντας τιμωριας μητε θανοντας ατιμιας εκτοι υπαρχειν, acciocchè colpiti dalle maledizioni sempre soffrano la pena degli errori, e non possano nè vivi sfuggire il gastigo, nè morti l'infamia. E così si trattavano a vicenda i Cristiani, e Cristiani che non eran differenti fra loro che per alcune parole e picciole distinzioni.
67I gravi giureconsulti (Pandette l. XLVIII, tit. 22 leg. 7), diedero questo nome metaforico d'isole a quelle picciole porzioni dei deserti della Libia, nelle quali si trova acqua e verdura; tre se ne distinguono sotto la denominazione comune di Oasi o d'Alvahat. 1. Il tempio di Giove Ammone. 2. L'Oasi del mezzo, distante tre giornate all'occidente da Licopoli. 3. L'Oasi meridionale, dove fu esiliato Nestorio, tre sole giornate lontano dai confini della Nubia. Vedi una nota giudiziosa di Michaelis (ad Descr. Aegypt. Abulfedae, p. 21-54).
68L'invito che chiamava Nestorio al Sinodo di Calcedonia, è riportato da Zaccaria, vescovo di Malta ( Evagr. l. II, c. 2. Assemani, Bibl. orient. t. II, p. 55), e dal famoso Senaia o Filosseno, vescovo di Ieropoli (Asseman, Bibl. orient. t. II, p. 40 ec.), negato poi da Evagrio ed Assemani, o fortemente sostenuto da La Croze (Thesaur. Epist. tom. III, p. 181, ec.). Il fatto non è inverosimile; ma importava ai Monofisiti a spargere questa voce ingiuriosa. Eutichio (t. II, pag. 12) ne assicura, che Nestorio morì dopo un esilio di sett'anni, e per conseguente dieci anni prima del Concilio di Calcedonia.
69Si consulti d'Anville (Mém. sur l'Egypte, p. 191), Pocock (Description de l'Orient, vol. I, p. 76), Abulfeda (Descriptio Aegypt., p. 14). Vedasi pure Michaelis, suo commentatore (Not. p. 78-83), e il Geografo di Nubia (p. 42), il quale cita nel dodicesimo secolo le ruine e le canne da zucchero di Akmim.
70Eutichio (Annal. t. II. p. 12), e Gregorio Bar-Ebreo, o Abulfaragio (Assemano t. II, p. 316), ci danno un sentore della credulità del decimo o tredicesimo secolo.
71Siam debitori ad Evagrio (l. I, c. 7) di alcuni estratti di lettere di Nestorio; ma questo fanatico duro, e stupido non fa che ingiuriare i patimenti, di cui fanno una dipintura sì compassionevole.
72Dixi Cyrillum dum viveret, auctoritate sua effecisse, ne eutychianismus et monophysitarum error in nervum erumperet: idaque verum puto… alique… honesto modo παλινωδιαν (la ritrattazione) cecinerat. Il dotto ma circospetto Jablonski non sempre ha detta tutta intera la verità. Cum Cyrillo lenius omnino egi, quam si tecum aut cum aliis rei hujus probe gnaris et aequis rerum aestimatoribus sermones privatos conferrem. (Thesaurus epist., La Croze t. I, p. 197, 198). Da questo passo ricevono molta luce le sue dissertazioni sopra la controversia suscitata da Nestorio.
73Η αγια συυοδος ειπεν, αρον, καυσον Ευσεβιον, ουτος ζων καη, ουτος εις δυο γενηται, ω εμερισε μερισθη… ει τις λεγει δυο, αναθεμα, disse il santo Sinodo: si scacci, si abbruci Eusebio, sia arso vivo, sia fatto in due, sia diviso come egli ha diviso… a chi dice due Nature, anatema. Alla domanda di Dioscoro quelli che non poterono gridare (βοςσαι) alzaron le mani. Nel Concilio di Calcedonia sursero gli Orientali contro queste esclamazioni, ma gli Egiziani dichiararono in un modo più conseguente ταυτα και τοτε ειπομεν και νον λεγομεν, questo e allora dicemmo, ed ora ripetiamo (Con. t. IV, p. 1012).
74Questo Concilio II d'Efeso fu pure un Conciliabolo, e non è da meravigliarsi, che in cotale assemblea, e nelle simili, i Vescovi, e specialmente Dioscoro Patriarca d'Alessandria succeduto a S. Cirillo, si sieno dati ad eccessi, che la ragione, e l'Evangelo disapprovano altamente. Il Papa Leone I nel suo Concilio provinciale di Roma condannò questo Conciliabolo, e disapprovò il suo procedere. I disordini ed eccessi avvenuti ne' Conciliaboli altro non provano se non che i Vescovi sono uomini come tutti sanno. Il Cattolico deve badare alle decisioni, ed al procedere dei Concilii regolari, ed approvati dal Papa o direttamente o per mezzo de' suoi Legati, o Procuratori.
75Ελεγε δε (Eusebio, vescovo di Dorilea) τον φλαβιανον και αναιρεθηναι προς Διοσκορω αθουμενον τε και λακτιξομενον, disse che Flaviano fu maltrattato da Dioscoro, percosso e respinto a calci, e questa relazione d'Evagrio (l. II, c. 2) viene rafforzata dallo storico Zonara (t. II, l. XIII, p. 44), che afferma, esser uso Dioscoro a dar calci come un mulo. Ma il linguaggio di Liberato è più circospetto (Brev. c. 12, in Concil. t. VI, p. 438), e gli Atti del Concilio di Calcedonia, prodighi dei titoli d'omicida, di Caino ec., non giustificano un'accusa tanto speciale. Il monaco Barsuma è incolpato in particolare, εσφαξε τον μακαριον φλαυιανον αυτος εστηκε και ελεγε σφαξον, d'avere straziato il beato Flaviano il quale, senza moversi, dicea, strazia pure. (Concil. t. IV, p. 1413).
76Gli Atti del Concilio di Calcedonia (Conc. t. IV, p. 761-2071), comprendono quelli d'Efeso, (pag. 890-1189), nei quali è pure inserito il Sinodo di Costantinopoli sotto Flaviano (pag. 930-1072): fa d'uopo qualche attenzione per discernere questo doppio inesto. Tutto ciò che si riferisce ad Eutiche, a Flaviano, a Dioscoro vien raccontato da Evagrio (l. I, c. 9-12, e l. II, c. 1, 2, 3, 4), e da Liberato (Prev. c. 11, 12, 13, 14). Io rimando ancora questa volta, e forse per l'ultima alle esatte ricerche di Tillemont (Mém. ecclés. t. XV, p. 479-719). Gli annali del Baronio e del Pagi m'accompagneranno anco più in là nel lungo e penoso viaggio da me intrapreso.
77Μαλιςα η περιβοντος Πανσοφια η καλουμενη Ορεινη (forse Ειρηνη), περι ησ και ο πολυανθροποσ τησ Αλεξανδρεων δημος αφηκε φωνην αυτης τε και του εραςου μεμνημενος, soprattutto la famosa Pansofia denominata Orine (forse Irene) per la quale anche il numeroso popolo d'Alessandria abiurò la memoria di lei e del drudo (Concil. t. IV, p. 1276). Si trova un saggio dello spirito e della malizia del popolo nell'antologia greca (l. II, c. 5, p. 188 ed. Wechel); l'editor Brodeo non conobbe a chi fosse applicato. L'autor anonimo dell'epigramma forma un giuoco di parole assai frizzante sulla frase del saluto episcopale «La pace sia con tutti voi» pari al nome vero o corrotto della concubina del vescovo, detta Irene (che in greco vuol dir pace). Ειρηνη παντεσσιν επισκοπος ειπεν επελθων Πως δυναται πασιν ην μονοσ ενδος εχει; Comparando il vescovo disse: pace (Irene) a tutti; ma come a tutti, se l'ha in casa egli solo! Non so, se il Patriarca, che sembra essere stato un amante geloso sia il Cimone dell'epigramma precedente, di cui Priapo medesimo vedea con istupore ed invidia πεος εστεκος.
78Non v'era bisogno di manifestare cose così dispiacevoli a' credenti: si sa che vi furono, e vi saranno Vescovi peccatori; il tribunale della Penitenza è fatto anche per essi.
79Quelli che rispettano l'infallibilità dei Concilii dovrebbero provarsi a determinare il senso di quella decisione. I Vescovi che colla loro opinione dieder legge all'assemblea erano attorniati da scrivani infedeli o negligenti, che disseminarono le copie pel Mondo. Nei nostri MS. greci si trova quella versione falsa e proscritta di εκ τον φυσεων, dalle nature (Concil. t. III, p. 1460). Non pare che siasi mai avuta una traduzione autentica dello scritto di Papa Leone; e le antiche versioni latine sono essenzialmente differenti dalla vulgata attuale, secondo i migliori MS. degli Ακοιμητοι, Vigilanti, a Costantinopoli, (Ducange, C. P. Cristiana, l. IV, p. 151), che così era chiamato un celebre monastero di Latini, di Greci e di Sirii. (Vedi Concil. t. IV, p. 1959-2049, e Pagi, Critica, t. II, p. 326 ec.).
80Non si devono trattare con figure rettoriche, che racchiudono uno scherzo, materie per se stesse gravissime, e rispettabili; bisogna maneggiarle colla ragione teologica. (Nota di N. N.)
81Il microscopio di Petavio non rappresenta che oscuramente questa particella (t. V, l. III, c. 5); eppure quel sottil Teologo esso stesso n'è sbigottito, ne quis fortasse supervacaneam, et nimis anxiam putet hujusmodi vocularum inquisitionem, et ab instituti theologi gravitate alienam (p. 124).
82Εβοησαν η ο ορος κρατειτω η απερχομεθα… οι αντιλεγοντες φανεροι γενωνται, οι αντιλεγοντες Νεςοριανοι εισιν, οι αντελεγοντες εις Ρωμην απελτοσιν, gridarono, o si assegni il termine, o andiamcene… si palesino gli avversari, gli avversari sono Nestoriani, vadano gli avversari a Roma (Concil. t. IV, p. 1449). Evagrio e Liberato non mostrano questo Concilio che in un aspetto pacifico, e scorrono prudentemente su queste brage suppositos cineri doloso.
83I Cristiani de' nostri giorni prudentemente alieni da controversie, e da turbolenze, credano ciecamente alle parole del Credo, e della buona dottrina teologica, le quali esprimano misterii, ch'essi riveriscono senza correre il pericolo dei ragionamenti. (Nota di N. N.)