Free

Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5

Text
iOSAndroidWindows Phone
Where should the link to the app be sent?
Do not close this window until you have entered the code on your mobile device
RetryLink sent

At the request of the copyright holder, this book is not available to be downloaded as a file.

However, you can read it in our mobile apps (even offline) and online on the LitRes website

Mark as finished
Font:Smaller АаLarger Aa

Le Province del Danubio erano già sollevate dall'opprimente peso dei Grutungi od Ostrogoti mediante la volontaria ritirata d'Alateo e di Safrace, lo spirito inquieto dei quali avevagli mossi a cercare nuove scene di rapina e di gloria. Il distruttivo loro corso era diretto verso l'Occidente; ma noi dobbiamo contentarci d'un'oscura ed imperfetta cognizione delle varie loro avventure. Gli Ostrogoti spinsero varie tribù Germaniche nelle Province della Gallia; conclusero e tosto violarono un trattato coll'Imperator Graziano; avanzaronsi nelle incognite regioni del Norte; e dopo uno spazio di quattro anni tornarono con maggiori forze alle rive del basso Danubio. Avevano reclutato i più feroci guerrieri della Germania e della Scizia; ed i soldati o almeno gli Istorici dell'Impero non conoscevan più il nome e gli aspetti dei primi loro nemici428. Il Generale, che comandava le forze terrestri e marittime della frontiera della Tracia, tosto s'accorse che la propria superiorità sarebbe svantaggiosa pel pubblico servigio; e che i Barbari, spaventati dalla presenza delle sue flotte e legioni, avrebbero probabilmente differito il passaggio del fiume fino al prossimo inverno. La destrezza delle spie, che esso mandò nel campo dei Goti, attirò i Barbari in una rete fatale. Si lasciarono persuadere, che mediante un ardito tentativo avrebber potuto sorprendere nel silenzio e nell'oscurità della notte l'addormentato esercito dei Romani; e fu precipitosamente imbarcata tutta la moltitudine in una flotta di tremila canoe429. I più prodi fra gli Ostrogoti conducevano la vanguardia: il corpo di mezzo era composto del rimanente dei loro sudditi e soldati; e le femmine ed i fanciulli seguivano con sicurezza nella retroguardia. Era stata scelta una notte senza luna per eseguire il disegno; ed erano quasi giunti alla sponda meridionale del Danubio con la ferma fiducia di trovare un facile sbarco ed un campo non guardato. Ma s'arrestò ad un tratto il progresso dei Barbari da un ostacolo inaspettato, vale a dire da una triplice fila di navi fortemente connesse l'una coll'altra, che formavano un'impenetrabil catena di due miglia e mezzo lungo il fiume. Mentre tentavano essi di aprirsi per forza la strada in un disuguale combattimento, fu oppresso il lor destro fianco dall'irresistibile attacco di una flotta di galere, che erano spinte giù pel fiume dalla forza insieme dei remi e della corrente. Il peso e la velocità di quelle navi da guerra ruppe, gettò a fondo, e disperse le rozze e deboli canoe dei Barbari: inefficace tornò ad essi il loro valore; ed Alateo, Re o Generale degli Ostrogoti, perì con le brave sue truppe, o sotto la spada dei Romani, o nelle acque del Danubio. L'ultima divisione di quell'infelice flotta poteva riguadagnare l'opposto lido; ma l'angustia ed il disordine della moltitudine la rendè incapace di azione e di consiglio; e tosto implorarono la clemenza dei vittoriosi nemici. In questa occasione, ugualmente che in molte altre, è difficile di conciliar le passioni ed i pregiudizi degli scrittori del secolo di Teodosio. Il parziale e maligno Istorico, che altera qualunque azione del suo regno, asserisce, che l'Imperatore non comparve nel campo di battaglia, finattantochè i Barbari non furon vinti dal valore e dalla condotta di Promoto, suo luogotenente430. L'adulante Poeta, che celebrò nella Corte d'Onorio le glorie del padre e del figlio, attribuisce la vittoria al personale valore di Teodosio; e quasi vuole insinuare che il Re degli Ostrogoti fosse ucciso per mano dell'Imperatore431. Si potrebbe forse trovare la verità dell'istoria in un giusto mezzo fra queste estreme e contradditorie asserzioni.

Il trattato originale, che fissò lo stabilimento dei Goti, che assicurò i lor privilegi, e ne determinò le obbligazioni, servirebbe ad illustrare la storia di Teodosio e de' suoi successori. La serie di questa non ha che imperfettamente conservato lo spirito e la sostanza di quel singolare accordo432. Le devastazioni della guerra e della tirannide preparato avevano molti ampi tratti di fertile ma incolto terreno per uso di quei Barbari, che non isdegnavano d'esercitarsi nell'agricoltura. Fu posta una Colonia numerosa di Visigoti nella Tracia; il resto degli Ostrogoti si trapiantò nella Frigia e nella Lidia: si supplì agl'immediati loro bisogni con una distribuzione, che loro si fece di bestiame e di grano; e se ne incoraggiò l'industria in futuro, mercè di un'esenzione dai tributi per un certo numero di anni. I Barbari avrebbero meritato di provare la perfida e crudel politica della Corte Imperiale, se si fossero piegati ad esser dispersi per le Province. Essi chiesero ed ottennero separatamente il possesso dei villaggi e distretti, assegnati per loro abitazione: ritennero sempre e propagarono il linguaggio ed i costumi loro nativi; sostennero in seno del dispotismo la libertà del domestico loro governo; e riconobbero la sovranità dell'Imperatore, senza sottoporsi all'inferior giurisdizione delle leggi e dei magistrati di Roma. Fu sempre permesso ai Capi ereditari delle tribù e delle famiglie di comandare in pace ed in guerra i loro seguaci; ma fu abolita la dignità reale, ed i generali dei Goti erano eletti e rimossi ad arbitrio dell'Imperatore. Si mantenne al servizio continuo dell'Impero d'Oriente un'armata di quarantamila Goti; queste superbe truppe, che prendevano il nome di Foederati, o alleati, si distinguevano per le auree loro collane, per la generosa paga, e pei larghi privilegi che avevano. S'accrebbe il nativo loro coraggio per l'uso delle armi e per la cognizione della disciplina, e mentre la Repubblica era difesa o minacciata dalla dubbiosa spada dei Barbari, vennero finalmente ad estinguersi negli animi dei Romani le ultime scintille dell'ardor militare433. Teodosio ebbe la destrezza di persuadere ai suoi alleati, che le condizioni di pace, a cui l'avevano tratto la necessità e la prudenza, non erano che volontarie espressioni della sua sincera amicizia per la nazione dei Goti434. Si oppose poi una maniera diversa di difesa o d'apologia alle querele del popolo, che altamente censurava tali vergognose e pericolose concessioni435. Si dipinsero coi più vivi colori le calamità della guerra; e diligentemente s'esagerarono i primi sintomi della restaurazione del buon ordine, dell'abbondanza e della sicurezza. Gli avvocati di Teodosio affermar potevano con qualche apparenza di verità e di ragione, che era impossibile d'estirpare tante bellicose tribù, ridotte alla disperazione per la perdita del nativo loro paese; e che l'esauste Province sarebbero tornate a vita, mediante un fresco sussidio di soldati e di agricoltori. I Barbari serbavano sempre un acerbo ed ostile aspetto; ma la esperienza del passato poteva animar la speranza, che avrebbero acquistato in seguito l'abitudine dell'industria e dell'obbedienza; che si sarebbero inciviliti i loro costumi mercè del tempo, dell'educazione e della forza del Cristianesimo; e che la loro posterità si sarebbe appoco appoco fusa nel gran Corpo del popolo Romano436.

 

Non ostanti questi speciosi argomenti e queste grate speranze, ogni occhio illuminato chiaramente vedeva, che i Goti sarebbero lungamente restati nemici, e ben presto sarebber divenuti conquistatori del Romano Impero. Il rozzo ed insolente loro contegno esprimeva il disprezzo, che avevano dei cittadini e dei provinciali, che impunemente insultavano437. Teodosio fu debitore del buon successo delle sue armi allo zelo ed al valore dei Barbari, ma era precaria la loro assistenza; e qualche volta furono indotti da una ribelle ed incostante disposizione ad abbandonare i suoi stendardi, nel momento in cui v'era maggior bisogno del loro servigio. Nella guerra civile contro Massimo, un gran numero di disertori Goti si ritirò nelle paludose terre della Macedonia; saccheggiarono le addiacenti Province, ed obbligarono l'intrepido Monarca ad esporre la propria persona, e ad esercitar la sua forza per sopprimere la nascente fiamma della ribellione438. Le pubbliche apprensioni venivano confermate dal forte sospetto, che quei tumulti non fossero l'effetto d'un accidentale trasporto, ma il risultato di un profondo e premeditato disegno. Si credeva generalmente, che i Goti avessero sottoscritto il trattato di pace con un'ostile ed insidiosa intenzione; e che i loro Capi si fossero precedentemente legati fra loro con un solenne e segreto giuramento di non mantener mai la fede ai Romani, di mostrar la più bella apparenza di fedeltà e d'amicizia, e di spiare il momento favorevole alla rapina, alla conquista ed alla vendetta. Ma siccome gli animi dei Barbari non erano affatto insensibili alla forza della gratitudine, molti condottieri Gotici sinceramente attaccaronsi al servizio dell'Impero, o almeno dell'Imperatore; il corpo della nazione fu appoco appoco diviso in due contrari partiti, e gran sottigliezza impiegossi nella conversazione e nella disputa in paragonare fra loro le obbligazioni del primo e del secondo dei loro vincoli. I Goti, che si riguardavano come amici della pace, della giustizia e di Roma, eran diretti dall'autorità di Fravitta, valoroso ed onorato giovane, spettabile sopra gli altri suoi nazionali per la gentilezza dei costumi, pei generosi sentimenti, e per le dolci virtù della vita sociale. Ma la fazione più numerosa aderiva al fiero ed infedele Priulfo, che infiammava le passioni, e sosteneva l'indipendenza dei suoi guerrieri seguaci. In una delle feste solenni, essendo i Capi di ambe le parti stati invitati alla mensa Imperiale, furono riscaldati appoco appoco dal vino a tal segno, che dimenticarono i consueti riguardi di discrezione e di rispetto, e scuoprirono alla presenza di Teodosio il fatal segreto delle domestiche loro dispute. L'Imperatore, ch'era stato contro sua voglia testimone di tale straordinaria controversia, dissimulò i timori e lo sdegno, e tosto licenziò la tumultuosa assemblea. Fravitta, agitato ed inasprito dall'insolenza del suo rivale, la cui partenza dal palazzo avrebbe potuto essere il segno d'una guerra civile, arditamente lo seguitò, e sfoderata la spada, stese morto Priulfo ai suoi piedi. I loro compagni corsero alle armi; ed il fedel campione di Roma sarebbe restato oppresso dal maggior numero, se non fosse stato difeso dall'opportuna interposizione delle guardie Imperiali439. Tali erano le scene del furore dei Barbari, che disonoravano il palazzo e la mensa dell'Imperatore di Roma; e poichè gl'impazienti Goti non potevano esser tenuti a freno, che dal fermo e moderato carattere di Teodosio, pareva che la pubblica salute dipendesse dalla vita e dall'abilità di un solo uomo440.

CAPITOLO XXVII

Morte di Graziano. Rovina dell'Arrianesimo. S. Ambrogio. Prima guerra civile contro Massimo. Carattere, amministrazione e penitenza di Teodosio. Morte di Valentiniano II. Seconda guerra civile contro Eugenio. Morte di Teodosio.

Non aveva Graziano ancor finita l'età di venti anni, che la sua fama uguagliava già quella dei più celebri Principi. La gentile ed amabile indole sua rendevalo caro agli amici privati, e la graziosa affabilità delle sue maniere impegnava l'affezione del popolo. I Letterati, che godevano della generosità del loro Sovrano, ne riconoscevano il gusto e l'eloquenza; i militari applaudivano ugualmente il valore e la destrezza di esso nelle armi; e si risguardava dal Clero l'umile pietà di Graziano, come la prima e la più vantaggiosa delle sue virtù. La vittoria di Colmar aveva liberato l'Occidente da una formidabile invasione; e le grate Province dell'Oriente attribuivano i meriti di Teodosio all'autore della grandezza di lui e della pubblica salute. Graziano non sopravvisse a tali memorabili fatti che quattro o cinque anni; sopravvisse però alla propria riputazione, ed avanti che cadesse vittima della ribellione, aveva perduto in gran parte il rispetto e la fiducia del Mondo Romano.

L'errore è inescusabile, poichè travisa la principale ed immediata cagione della caduta dell'Impero Occidentale di Roma.

La notabile alterazione del carattere o della condotta di esso non può imputarsi nè agli artifizi della adulazione, che fino dall'infanzia circondato avevano il figlio di Valentiniano, nè alle forti passioni, dalle quali sembra, che quel moderato giovane fosse libero. Un più accurato esame della vita di Graziano può suggerire per avventura la vera causa, per cui restaron deluse le pubbliche speranze. Le apparenti virtù di lui, invece d'essere un difficil prodotto dell'esperienza e dell'avversità, erano i prematuri ed artificiali frutti d'un'educazione reale. L'ansiosa tenerezza di suo padre era continuamente occupata in procurargli quei vantaggi, de' quali aveva forse tanto maggiore stima, quanto meno egli stesso ne avea goduto; ed i più abili maestri d'ogni scienza e d'ogni arte s'erano affaticati a formar lo spirito e il corpo del giovane Principe441. Con ostentazione faceva uso delle notizie, che essi con gran fatica gli comunicavano, e queste gli procuravano da tutti prodighe lodi. La molle e docile sua disposizione riceveva facilmente la impronta dei giudiziosi loro precetti, ed era facile il prendere una mancanza di passione per forza di raziocinio. I suoi precettori furono appoco appoco innalzati al grado ed all'autorità di Ministri di Stato442; e siccome saviamente dissimulavano la segreta loro influenza, parve, ch'egli agisse con fermezza, a proposito, e con giudizio nelle più importanti occasioni della sua vita e del suo regno. Ma la forza di questa elaborata istruzione non penetrò al di là della superficie; ed i periti maestri, che con tanta cura guidavano i passi del loro allievo reale, non poterono inspirar nel debole ed indolente carattere di lui quel vigoroso ed indipendente principio d'azione, che rende la ricerca laboriosa della gloria essenzialmente necessaria alla felicità, e quasi all'esistenza dell'Eroe. Appena il tempo ed il caso ebbero allontanati quei fedeli consiglieri dal trono, l'Imperator d'Occidente insensibilmente discese al livello del naturale suo genio, abbandonò le redini del governo a quelle ambiziose mani, che erano già stese per prenderle, e passò il suo tempo nelle più frivole occupazioni. Gl'indegni delegati del suo potere, del merito dei quali era un sacrilegio il dubitare443, instituirono un pubblico mercimonio di favore e d'ingiustizia sì nella Corte che nelle Province. Si dirigeva la coscienza del credulo Principe da' Santi e dai Vescovi444, i quali procurarono un editto Imperiale per punire come capitale delitto la violazione, la negligenza, o anche l'ignoranza della divina legge445. Fra i diversi esercizi, nei quali s'era occupata la gioventù di Graziano, erasi egli applicato con particolar genio e successo a maneggiare i cavalli, a tender l'arco ed a scagliare il giavellotto; e queste abilità, che potevano essere utili per un soldato, restarono prostituite nel più vile oggetto della caccia. Si formarono vasti parchi pei divertimenti Imperiali, furono abbondantemente forniti d'ogni specie di bestie selvagge; e Graziano trascurava i doveri ed eziandio la dignità del suo grado per consumar le intere giornate nella vana ostentazione di destrezza e d'ardire nel cacciare. La vanità, e il desiderio, che aveva il Romano Imperatore, di esser eccellente in un'arte, in cui avrebbe potuto esser superato dall'infimo de' suoi schiavi, rammentava ai numerosi spettatori gli esempi di Nerone e di Commodo; ma il casto e moderato Graziano era alieno dai mostruosi lor vizi; e le sue mani non furon macchiate che dal sangue degli animali446.

 

La condotta di Graziano, che avviliva il suo carattere agli occhi del Mondo, non avrebbe potuto disturbare la sicurezza del suo regno, se non si fosse provocato l'esercito a risentirsi delle particolari sue ingiurie. Finattantochè il giovane Imperatore fu guidato dalle istruzioni dei suoi maestri, si professò amico e quasi sotto la tutela dei soldati; consumava molte ore nella famigliar conversazione del campo; e la salute, il sollievo, i premi, gli onori delle fedeli sue truppe sembrava che fossero l'oggetto delle premurose cure di lui. Ma dopo che Graziano secondò più liberamente il dominante suo gusto per la caccia e per lo scagliare de' dardi, fece naturalmente lega coi ministri più destri del suo favorito divertimento. Fu ammesso al servizio militare e domestico del palazzo un corpo di Alani; e l'ammirabile abilità che essi erano assuefatti ad usare nelle immense pianure della Scizia, veniva esercitata in un più angusto teatro, quali erano i parchi ed i chiusi recinti della Gallia. Graziano ammirava i talenti ed i costumi di tali favorite guardie, alle quali sole affidava la difesa della sua persona: e come se avesse voluto insultare la pubblica opinione, spesse volte si facea vedere ai soldati ed al popolo con l'abito e le armi, con il lungo arco, la risuonante faretra e l'abbigliamento di pelli a foggia di Scita guerriero. L'indegno spettacolo di un Principe Romano, che avea rinunziato alle vesti ed ai costumi del proprio paese, riempì gli animi delle legioni di dispiacere e di sdegno447. Fino i Germani, sì forti e formidabili negli eserciti dell'Impero, affettavano di sdegnare lo strano ed orrido aspetto dei selvaggi del Norte, che nello spazio di pochi anni eran giunti dalle rive del Volga a quelle della Senna. Si sollevò per le armate e per le guarnigioni dell'Occidente un alto e licenzioso mormorio, e siccome la molle indolenza di Graziano trascurò d'estinguere i primi sintomi di dissapore, non si supplì alla mancanza d'amore e di rispetto dal poter del timore. Ma la sovversione d'uno stabilito governo è sempre una opera di qualche reale e di molta apparente difficoltà; ed il trono di Graziano era difeso dalle sanzioni del costume, della legge, della religione e di quella delicata bilancia fra le forze civili e militari, ch'erasi stabilita dalla politica di Costantino. Non è di grande importanza il cercar per quali cause fosse prodotta la rivoluzione della Britannia. Dal caso comunemente nasce il disordine: avvenne che i semi della ribellione caddero in un terreno, che si supponeva più fecondo in tiranni ed usurpatori di qualunque altro448; le legioni di quell'isola, separata dal resto dell'Impero, erano state lungo tempo famose per uno spirito di presunzione e d'arroganza449; e fu proclamato il nome di Massimo dalla tumultuaria ma unanime voce tanto dei soldati che de' Provinciali. L'Imperatore o il ribelle, mentre il suo titolo non era per anche assicurato dalla fortuna, era nativo di Spagna, del medesimo paese, compagno nella milizia e rivale di Teodosio, di cui non avea veduto l'innalzamento senza qualche movimento d'invidia e di sdegno: le avventure della sua vita l'avevano da gran tempo stabilito nella Britannia; ed io non sarei alieno dal trovarne qualche fondamento nel matrimonio, che si dice avere egli contratto con la figlia d'un ricco Signore della Contea di Caernarvon450. Ma potrebbe giustamente riguardarsi questo posto provinciale come uno stato d'esilio e d'oscurità; e se pure Massimo aveva ottenuto qualche uffizio civile o militare, non era investito dell'autorità nè di Governatore nè di Generale451. Gli scrittori parziali di quel tempo confessano l'abilità ed anche l'integrità di esso, e realmente fa d'uopo che fosse un merito assai cospicuo quello, che potè estorcere tal confessione in favore del vinto nemico di Teodosio. La malcontentezza di Massimo potè forse disporlo a censurar la condotta del suo Sovrano, e ad incoraggiare senza forse alcuna mira d'ambizione il mormorio delle truppe. Ma in mezzo al tumulto egli artificiosamente o modestamente ricusò di salire sul trono; e sembra che si prestasse qualche fede alla positiva sua dichiarazione, che fu costretto ad accettare il pericoloso dono della porpora Imperiale452.

Era però ugualmente pericoloso il ricusare l'Impero; e dal momento, in cui Massimo avea mancato alla fedeltà verso il legittimo suo Sovrano, ei non poteva sperar di regnare, e neppur di vivere, se limitava la sua moderata ambizione dentro gli angusti confini della Britannia. Con ardire e con prudenza risolvè di prevenire i disegni di Graziano; la gioventù dell'isola corse in folla a' suoi stendardi, ed invase la Gallia con una flotta ed un esercito che lungo tempo dopo si rammentava come l'emigrazione d'una considerabil parte della nazione Britannica453. L'ostile avvicinamento loro pose in agitazione l'Imperatore nella pacifica sua residenza di Parigi; ed i dardi, che egli oziosamente impiegava contro gli orsi ed i leoni, avrebber potuto con più onore adoprarsi contro i ribelli. Ma i deboli suoi sforzi annunziavano il degenerato animo e la disperata situazione di esso; e lo privarono de' ripieghi, che pure avrebbe potuto trovare nel soccorso de' propri sudditi e degli alleati. Le truppe della Gallia, invece d'opporsi alla marcia di Massimo, lo riceverono con liete e leali acclamazioni; e la vergogna della diserzione passò dal Popolo al Principe. I soldati, che per la lor situazione erano più immediatamente addetti al servizio del palazzo, abbandonarono lo stendardo di Graziano, la prima volta che fu spiegato nelle vicinanze di Parigi. L'Imperator d'Occidente fuggì verso Lione con un treno di soli trecento cavalli, e nelle città lungo la strada, nelle quali sperava di trovare un rifugio o almeno un libero passo, apprese con crudele esperienza, che ogni porta è chiusa per gli sfortunati. Contuttociò egli avrebbe potuto giunger sicuro negli stati del suo fratello, e tosto ritornar con le forze dell'Italia e dell'Oriente, se non si fosse lasciato fatalmente ingannare dal perfido Governatore della Provincia Lionese. Graziano fu trattenuto dalle proteste di una dubbiosa fedeltà e dalle speranze di un soccorso, che non poteva esser efficace, finattantochè l'arrivo di Andragazio, Generale della cavalleria di Massimo, pose fine al suo inganno. Questo risoluto uffiziale eseguì senza rimorso gli ordini o le intenzioni dell'usurpatore. Nell'alzarsi da cena, Graziano fu dato nelle mani dell'assassino: e fu negato fino il suo corpo alle pressanti e pietose istanze del fratello Valentiniano454. La morte dell'Imperatore fu seguita da quella del potente suo generale, Mellobaude Re dei Franchi, il quale fino all'ultimo istante della sua vita mantenne quell'ambigua riputazione, che è la giusta ricompensa dell'oscura e sottile politica455. Tali esecuzioni poterono forse esser necessarie per la pubblica sicurezza; ma il fortunato usurpatore, il cui potere fu riconosciuto da tutte le Province dell'Occidente, ebbe il merito e la soddisfazione di vantare, che ad eccezione di quelli che eran periti nella battaglia, il suo trionfo non fu macchiato dal sangue Romano456.

Le avventure di questa rivoluzione si succederono con tanta rapidità, che sarebbe stato impossibile per Teodosio di marciare in aiuto del suo benefattore, prima di ricever notizia della disfatta e della morte di esso. Nel tempo che un sincero dispiacere o un ostentato lutto occupava l'Imperatore Orientale, arrivò alla sua Corte il principal Ciamberlano di Massimo; e la scelta d'un venerabile vecchio per un uffizio, che ordinariamente si esercitava da Eunuchi, annunziò alla Corte di Costantinopoli la gravità e la temperanza dell'usurpatore Britannico. L'ambasciatore condiscese a giustificare o scusar la condotta del suo Signore, ed a protestare in uno specioso linguaggio, che l'uccision di Graziano si era fatta senza saputa o consenso di lui dal precipitoso zelo dei soldati. Ma procedè ad offerire a Teodosio, in un fermo ed ugual tuono, l'alternativa della pace o della guerra. Il discorso dell'ambasciatore terminò con un'animosa dichiarazione, che quantunque Massimo, e come Romano e come padre del proprio popolo, avrebbe voluto piuttosto impiegar le proprie forze nella comun difesa della Repubblica, pure trovavasi armato e pronto, qualora si fosse rigettata la sua amicizia, a disputare in un campo di battaglia l'Impero del Mondo. Si richiedeva una perentoria ed immediata risposta; ma era sommamente difficile per Teodosio il soddisfare, in quest'importante occasione o ai sentimenti dell'animo suo o all'espettazione del pubblico. L'imperiosa voce dell'onore e della gratitudine altamente gridava per la vendetta. Egli ricevuto aveva il diadema Imperiale dalla liberalità di Graziano; la sua pazienza avrebbe confermato l'odioso sospetto, ch'ei fosse più profondamente mosso dalle antiche ingiurie che dalle recenti obbligazioni; e se accettava l'amicizia dell'assassino, pareva che fosse a parte ancor del delitto. Anche i principj della giustizia e del social interesse ricevuto avrebbero un fatal colpo dall'impunità di Massimo: e l'esempio d'una fortunata usurpazione poteva tendere a sciogliere l'artificial fabbrica del governo, e ad immergere un'altra volta l'Impero nei delitti e nelle miserie de' tempi trascorsi. Ma siccome i sentimenti di gratitudine e d'onore dovrebbero costantemente regolar la condotta d'un privato, così nella mente d'un Sovrano possono cedere al sentimento di più importanti doveri; e le massime tanto di giustizia che d'umanità debbon permettere che impunito resti un atroce delinquente, se un innocente popolo involgasi nelle conseguenze della sua pena. L'assassino di Graziano aveva usurpato, è vero, l'Imperio, ma attualmente ne possedeva le più bellicose Province; ma esaurito era l'Oriente dalle disgrazie, ed eziandio dal buon successo della guerra Gotica; e seriamente ci avea da temere, che, dopo che la vital forza della Repubblica si fosse consumata in una dubbiosa e distruttiva contesa, il debole vincitore fosse per restare una facile preda ai Barbari Settentrionali. Queste importanti riflessioni impegnaron Teodosio a dissimulare il suo sdegno, e ad accettar l'alleanza del tiranno. Ma stipulò, che Massimo si dovesse contentare di posseder le Province oltre le alpi. Il fratello di Graziano fu confermato ed assicurato nella sovranità dell'Italia, dell'Affrica e dell'Illirico occidentale; ed inserite furono nel trattato alcune onorevoli condizioni per conservar la memoria e le leggi del defunto Imperatore457. Secondo il costume di quel tempo, furono esposte alla venerazione del popolo le immagini dei tre Imperiali colleghi, nè dovrebbe leggermente supporsi, che nell'istante d'una solenne riconciliazione, Teodosio nutrisse un segreto disegno di tradimento e di vendetta458.

Il disprezzo di Graziano pei soldati Romani l'aveva esposto a' fatali effetti del loro sdegno. La sua profonda venerazione pel clero Cristiano riportò in premio l'applauso e la gratitudine d'un ceto potente, che in ogni tempo si è arrogato il privilegio di dispensare onori sì in terra che in Cielo459. I Vescovi Ortodossi piansero la sua morte e l'irreparabile loro perdita; ma furono ben presto consolati dal conoscere, che Graziano avea posto lo scettro dell'Oriente nelle mani d'un Principe, l'umile fede e fervente zelo del quale venivan sostenuti dallo spirito e dall'abilità d'un carattere più vigoroso. Fra' benefattori della Chiesa, la gloria di Teodosio è rivale della fama di Costantino. Se questo ebbe il vantaggio d'innalzar lo stendardo della croce, l'emulazione del suo successore s'acquistò il merito di soggiogar l'eresia d'Arrio, e d'abolire il culto degl'idoli nel Mondo Romano. Teodosio fu il primo Imperatore che fosse battezzato nella vera fede della Trinità. Quantunque fosse nato da una famiglia Cristiana, le massime o almeno la pratica di quel secolo il trassero a differire la ceremonia della sua iniziazione, finattantochè una seria malattia, che ne minacciò la vita verso il fine del primo anno del suo regno, l'avvertì del pericolo della dilazione. Avanti di riaprir la campagna contro i Goti, ricevè il sacramento del Battesimo460 da Acolio, Vescovo ortodosso di Tessalonica461: ed appena l'Imperatore uscì dal sacro fonte, tutto acceso degli ardenti sentimenti di rigenerazione, dettò un solenne editto, che pubblicava la propria fede, e prescriveva la religione ai suoi sudditi: «È nostra volontà (tal è lo stilo Imperiale) che tutte le nazioni, governate dalla moderazione e clemenza nostra, costantemente aderiscano alla religione, che da S. Pietro fu insegnata ai Romani, che si è conservata dalla fedel tradizione, e che ora si professa dal Pontefice Damaso e da Pietro Vescovo d'Alessandria, uomo d'Apostolica Santità. Secondo la disciplina degli Apostoli e la dottrina del Vangelo, crediamo la sola Divinità del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito Santo, sotto una Maestà uguale ed una pia Trinità. Autorizziamo i seguaci di questa dottrina ad assumere il titolo di Cristiani Cattolici; e siccome stimiamo, che tutti gli altri sieno stravaganti pazzi, li notiamo coll'infame nome di eretici, e dichiariamo che le lor conventicole non abbiamo più ad usurpare la rispettabil denominazione di Chiese. Oltre la condanna della divina giustizia, debbono aspettarsi di soffrir le severe pene, che la nostra autorità, guidata da celeste sapienza, crederà proprio d'infligger loro»462. La fede d'un soldato è comunemente il frutto dell'istruzione, piuttosto che della ricerca; ma siccome l'Imperatore teneva sempre fissi gli occhi su' termini visibili dell'ortodossia, ch'egli aveva sì prudentemente stabiliti, le religiose opinioni di lui non furono mai alterate dagli speciosi testi, dai sottili argomenti e dalle ambigue formule dei dottori Arriani. Una volta, in vero, dimostrò qualche debole inclinazione a conversare coll'eloquente e dotto Eunomio, che viveva in ritiro ad una piccola distanza da Costantinopoli; ma fu impedito il pericoloso congresso dalle preghiere dell'Imperatrice Flaccilla, che tremava per la salute del marito; e restò confermato l'animo di Teodosio, mediante un argomento teologico, adattato alla più rozza capacità. Egli aveva dato di fresco ad Arcadio, suo maggior figlio, il nome e gli onori d'Augusto; ed i due Principi stavano assisi sopra un magnifico trono a ricever l'omaggio de' loro sudditi. Un Vescovo, Anfilochio d'Icone, s'accostò al trono, e dopo d'aver salutato con la dovuta riverenza la persona del suo Sovrano, trattò il real giovanetto coll'istessa famigliar maniera, che avrebbe potuto usare verso un fanciullo plebeo. Il Monarca, irritato da tale insolente contegno, diede ordine, che tosto fosse cacciato dalla sua presenza quel rozzo Ministro. Ma nel tempo che le guardie lo spingevano verso la porta, il destro Polemico ebbe luogo d'eseguire il suo disegno, ad alta voce esclamando: «Tal è il trattamento, o Imperatore, che il Re del Cielo ha preparato a quegli empi, che affettano di venerare il Padre, ma negano di riconoscere l'uguale Maestà del divino suo Figlio». Teodosio immediatamente abbracciò il Vescovo d'Icone; e non dimenticò più l'importante lezione, che avea ricevuto da questa drammatica parabola463.

428Εθνος το Σκεθικον πασιν αγνωυον, Gente Scitica, ignota a tutti: Zosimo l. IV. p. 252.
429Io sono autorizzato dalla ragione e dall'esempio ad applicare questo nome Indiano ai μονοξυλα, navicelle fatte d'un sol albero, dei Barbari, che sono alberi scavati in forma di battelli, πληθει μονοξυλων εμβιβασαντες: traghettando con una moltitudine di monoxuli: Zosimo lib. IV p. 253. Ausi Danubium quondam tranare Gruthungi.In lintres fregere nemus: ter mille ruebantPer fluvium plenae cuneis immanibus alni.Claudian. in IX. Cons. Hon. 623.
430Zosimo l. IV. p. 252-255. Ei troppo spesso dimostra la sua scarsezza di giudizio, deturpando le più serie sue narrazioni con minute ed incredibili circostanze.
431Retulit… Odothaei Regis opima. V. 6. Le spoglie opime eran quelle che un Generale Romano potea guadagnare solamente sopra un Re o un Generale nemico, ucciso da esso con le proprie mani; e nei secoli vittoriosi di Roma non se ne contano più di tre esempi.
432Vedi Temistio Orat. XVI. p. 211. Claudiano (in Eutrop. l. II. p. 152) fa menzione della Colonia Frigia… … Ostrogothis colitur mistisque Gruthungis Phryx ager… E quindi passa a nominare il Pattolo e l'Ermo, fiumi della Lidia.
433Si paragonino fra loro Giornandes (c. XX. 27) che nota la condizione ed il numero dei confederati Gotici, Zosimo (l. IV. p. 258), che fa menzione degli aurei loro collari, e Pacato (in Paneg. vet. XII. 37), che applaudisce con falsa o stolta gioia alla disciplina e bravura loro.
434Amator pacis generisque Gothorum. Questa è la lode, che gli dà l'Istorico Goto (c. XXIX), che rappresenta la sua nazione come composta di uomini pacifici, lenti alla collera, e pazienti delle ingiurie. Secondo T. Livio, i Romani non conquistarono il Mondo che per difendersi.
435Oltre le parziali invettive di Zosimo (sempre malcontento dei Principi Cristiani) vedansi le gravi rappresentanze, che Sinesio indrizza all'Imperatore Arcadio (de Regno p. 25. 26. Edit. Petav). Il filosofo Vescovo di Cirene era vicino abbastanza per giudicare, ed abbastanza lontano per non esser tentato dal timore e dall'adulazione.
436Temistio (Orat. XVI. p. 211. 212) compose un'elaborata e ragionevole apologia, che per altro non è esente dalle puerilità della Greca rettorica. Orfeo potè solo allettare le bestie selvagge della Tracia; ma Teodosio incantò gli uomini e le donne, dai predecessori dei quali Orfeo nell'istesso luogo era stato fatto in pezzi ec.
437Costantinopoli fu privata, mezzo un giorno, della pubblica distribuzione di pane per espiar l'uccisione d'un soldato Gotico: κυουντες τον Σκυθικον etc. (aver ammazzato uno Scita) fu il delitto del popolo. Liban. Orat. VII. p. 394. Edit. Morel.
438Zosimo t. IV. p. 267. 271. Egli racconta una lunga e ridicola storia dell'avventuroso principe, che scorse il paese con soli cinque cavalieri, di uno spione che essi scuoprirono, batterono ed uccisero nella capanna di una vecchia ec.
439Si confronti Eunapio (in Excerpt. Legat. p. 21. 22), con Zosimo (l. IV. p. 279). Deve senza dubbio applicarsi alla medesima storia la differenza delle circostanze e dei nomi. Fravitta o Travitta in seguito fu Console, nell'anno 401, e continuò nel fedele servizio del figlio maggiore di Teodosio (Tillemont Hist. des Emp. Tom. V. p. 467).
440I Goti messero tutto a sacco dal Danubio fino al Bosforo; esterminarono Valente e il suo esercito, e non ripassarono il Danubio, che per abbandonar l'orribile solitudine, che avevan fatto (Oeuvres de Montesquieu T. III p. 479. Considérations sur les causes de la grand. et de la decad. des Rom. c. 17). Il Presidente di Montesquieu sembra avere ignorato che i Goti, dopo la disfatta di Valente, non abbandonarono mai il territorio Romano. Sono adesso trent'anni, dice Claudiano (de Bell. Getic. 166. ec. An. 404), Ex quo jam patrios gens haec oblita Triones,Atque Istrum transvecta semel, vestigia fixitThreicio funesta solo…
441Valentiniano fu meno sollecito della religion del suo figlio, poichè affidò l'educazion di Graziano ad Ausonio, dichiarato Pagano (Mem. de l'Academ. des Inscr. T. XV. p. 125-138). La fama poetica d'Ausonio condanna il gusto del suo secolo.
442Ausonio fu gradatamente promosso alla Prefettura del Pretorio dell'Italia (nell'anno 377) e della Gallia (nell'anno 378) ed in fine fu insignito del Consolato (l'anno 379). Egli espresse la sua gratitudine con un servile ed insipido tratto d'adulazione (Actio gratiarum p. 699-736), che è sopravvissuto ad altre produzioni più degne.
443Disputare de principali judicio non opportet: sacrilegii enim instar est dubitare, an is dignus sit, quem elegerit Imperator: Cod. Justin. l. IX. Tit. XXIX. leg. 3. Questa legge sì ragionevole fu confermata e pubblicata dopo la morte di Graziano dalla debole Corte di Milano.
444Ambrogio compose per istruzione di lui un trattato teologico sulla fede della Trinità: e Tillemont (Hist. des Emper. Tom. V. p. 158. 169) attribuisce all'Arcivescovo il merito delle intolleranti leggi di Graziano.
445Qui divinae legis sanctitatem nesciendo omittunt, aut negligendo violant et offendunt, sacrilegium committunt: Cod. Just. l. IX. Tit. XXIX. leg. Teodosio invero può pretender la sua parte nel merito di questa estesa legge.
446Ammiano (XXXI. 10) e Vittore il Giovane riconoscono le virtù di Graziano, ed accusano o piuttosto deplorano il depravato suo gusto. L'odioso paralello di Commodo è addolcito dall'espressione: licet incruentus, e forse Filostorgio (l. X. c. 10. col Gotofred. pag. 412) ha mitigato con qualche riserva simile la comparazion di Nerone.
447Zosimo (l. IV. p. 247) e Vittore il Giovane attribuiscono la rivoluzione al favor degli Alani ed al disgusto delle truppe Romane. Dum exercitum negligeret, et paucos ex Alanis, quos ingenti auro ad se transtulerat, anteferret veteri ac Romano militi.
448Britannia fertilis provincia tyrannorum: È una memorabile espressione adoperata da Girolamo nella controversia Pelagiana, e variamente interpretata nelle dispute dei nazionali nostri Antiquari. Pare che le rivoluzioni del secolo passato giustifichino l'immagine del sublime Bossuet: «Cette isle plus orageuse que les mers qui l'environnent».
449Zosimo dice dei soldati Britannici: των αλλων απαντων πλεον αυθαδεια και θυμῳ: son molto superiori a tutti gli altri in arroganza ed in ardire.
450Elena figlia d'Eudda. Può vedersi ancora la sua cappella a Caer-Segont, ora Caer-Noarvon (Carte Istor. d'Inghil. Vol. I. p. 168 dalla Mona antiqua di Rowland). Il prudente lettore non sarà probabilmente soddisfatto di tal testimonianza Gallese.
451Cambden (Vol. I. Introd. p. 101) lo caratterizza governatore della Britannia, ed il padre delle nostre antichità vien seguitato, com'è solito, dai ciechi suoi figli. Pacato e Zosimo avean preso qualche cura per impedir quest'errore o favola; ed io mi difenderò con le decisive loro testimonianze. Regali habitu exulem suum, illi exules orbis induerunt (in Paneg. vet. XII. 23) e l'Istorico Greco con molto minor equivoco, αυτοϛ (Maximus) δε ουδου εις αρχην εντιμον ετυχη προελθων (lib. IV. p. 248) esso poi non era costituito in onorevol comando.
452Sulpic. Sever. Dial. II. 7. Orosio l. VII. c. 34. p. 556. Ambidue riconoscono (Sulpicio era stato suo suddito) l'innocenza ed il merito d'esso. Egli è ben singolare, che Massimo sia stato trattato meno favorevolmente da Zosimo, parziale avversario del suo rivale.
453L'Arcivescovo Usserio (Antiq. Britann. Eccl. p. 107, 108) ha diligentemente raccolto le leggende dell'Isola e del Continente. Tutta l'emigrazione consisteva in 30000 soldati e 100000 plebei, che si stabilirono nella Brettagna. Le spose loro destinate, cioè S. Orsola con 11000 nobili Vergini, e 60000 plebee, sbagliarono la strada, preser terra a Colonia, e furono crudelissimamente trucidate dagli Unni. Ma le sorelle plebee vennero defraudate di tal onore: e quel che è più strano, Giovanni Tritemio pretende di far menzione dei figli di queste Vergini Britanniche.
454Zosimo (l. IV. p. 248. 249) ha trasferito la morte di Graziano da Lugdunum (Lione) nella Gallia a Singidunum nella Mesia. Possono rilevarsi alcuni cenni dalle Croniche, e scuoprirsi alcune falsità in Sozomeno (l. VII. c. 13) ed in Socrate (l. V. c. 11). Ambrogio è la nostra guida più autentica (Tom. I. Enarrat. in Psalm. 61. p. 961. Tom. II. Epist. 24. p. 888, ec. et de Obitu. Valent. Consol. n. 28. p. 1182).
455Pacato (XII. 68) celebra la fedeltà di Mellobaude, mentre nella Cronica di Prospero si nota il suo tradimento come la causa della rovina di Graziano. Ambrogio, che ha motivo di pensare a scolpare se stesso, non condanna che la morte di Vallio, servo fedele di Graziano (Tom. II. ep. 24 p. 891. Ed. Benedict.)
456Egli si protesta, nullum ex adversariis nisi in acie occubuisse: Sulpic. Sever. in vit. B. Martin, a. 23. L'orator di Teodosio accorda una ripugnante, e pure autorevol lode alla clemenza di Massimo: si cui ille, pro ceteris sceleribus suis, minus crudelis fuisse videtur. Paneg. vet. XII. 28.
457Ambrogio fa menzione di quelle leggi di Graziano, quas non abrogavit hostis: Tom. II. epist. 17. p. 827.
458Zosimo l. IV. p. 251. 252. Noi possiamo ben disapprovare questi odiosi sospetti; ma non possiamo tralasciare il trattato di pace, che gli amici di Teodosio hanno assolutamente dimenticato, o ne han fatta leggiera menzione.
459L'Arcivescovo di Milano, oracolo del Clero, assegnò al suo discepolo Graziano un sublime e rispettabile posto nel Cielo. Tom. II. de Obit. Val. Consol. p. 1193.
460Pel Battesimo di Teodosio vedansi Sozomeno (l. VII c. 4) Socrate (l. V. c. 6) e Tillemont (Hist. des Emper. Tom. V. p. 728).
461Ascolio o Acolio fu onorato dall'amicizia e dalle lodi d'Ambrogio, che lo chiama: murus fidei atque sanctitatis (Tom. II. ep. 15 p. 820), e quindi celebra la sua prontezza e diligenza in correre da Costantinopoli in Italia, ec. (epist. 16. p. 822) virtù, che non conviene nè ad un muro nè ad un Vescovo.
462Cod. Teod. lib. XVI. Tit. I. leg. 2. col Comment. del Gotofredo Tom. VI. p. 5-9. Tale editto meritava le più alte lodi del Baronio: auream sanctionem, edictum pium et salutare. Sic itur ad astra.
463Sozomeno l. VII. c. 6. Teodoreto l. V. c. 16. Al Tillemont (Mem. Eccles. Tom. VI. p. 627, 628) dispiacciono i termini di rozzo Vescovo, e d'oscura città. Pure bisogna che mi si permetta di credere, che Anfilochio ed Icone fosser oggetti d'inconsiderabil grandezza nell'Impero Romano.