Cuori Svelati

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Cuori Svelati
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CUORI SVELATI
L’INTENTO DEL CUORE LIBRO DUE
DAWN BROWER

Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e fatti citati sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio. Ogni riferimento a persone vive o morte, luoghi, organizzazioni è puramente casuale.

Cuori Svelati, diritti d’autore © 2016 Dawn Brower

Modifiche e realizzazione della copertina da parte di Victoria Miller

Tradotto da Giulia Bussacchini

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere usata, riprodotta elettronicamente o stampata senza permesso, ad eccezione di brevi citazioni comprese nelle recensioni.

RINGRAZIAMENTI

Questo libro non sarebbe ciò che è senza la mia fantastica editrice. Tante grazie a Victoria per avermi aiutata a creare una storia migliore.

Grazie ad Elisabeth per essere una fantastica proofreader. Apprezzo tutto ciò che fate per me.

Nella vita dobbiamo affrontare molte scelte. Una delle migliori che io abbia mai fatto è iniziare a scrivere. L’unica cosa che supera lo scrivere sono i miei due bambini. Luke e Nathan vi voglio un mondo di bene, e siete veramente il dono più bello e la cosa migliore nella mia vita.


CAPITOLO UNO

Una brezza delicata accarezzava il volto di Matthew Price mentre si rilassava sul portico posteriore della casa. Udiva il sono costante dei clacson delle auto in lontananza. Uno dei suoi vicini doveva essere molto contrariato per suonarlo con così tanto vigore. Il sapore della bile che si faceva strada nella sua gola stava diventando ugualmente difficile da ignorare. Strinse i pugni e concesse alle unghie di affondare nei palmi. Tutti i suoi sensi funzionavano come dovevano. Li contava tutti i giorni come a ricordarsi di non aver perso tutto. Era la sua vista che continuava ad eluderlo. Il Dottor Sousa gli aveva detto di avere pazienza, non avrebbe riacquistato la sua vista in fretta, ma era speranzoso. Sarebbe stato stupido, ed una completa perdita di tempo.

Era stato dimesso dall’ospedale solamente due settimane prima, e vedeva ancora sfocato. Riusciva a destreggiarsi nel modo corretto nella sicurezza di casa sua, ma per quanto riguardava tutto il resto era completamente dipendente dagli altri. Per qualcuno che traeva orgoglio dalla propria indipendenza, la cosa l’aveva rattristito molto. Per quanto ne sapeva non c’era ragione di continuare a provare. Che senso aveva? Si era rassegnato alle circostanze con le quali si trovava a vivere. Era ciò che era. L’uomo cieco—un avvocato che non riusciva nemmeno a leggere i saggi che aveva scritto. Ricerca? Sarebbe stata quasi impossibile da completare adesso. Che razza di avvocato—o uomo—resterebbe senza una delle capacità base dell’essere umano?

“Sei pronto per entrare in casa adesso, Matt?”

Claire Jackson—la sua babysitter, e la donna che desiderava oltre la ragione. Almeno fino a quando aveva avuto la sfortuna di perdere la capacità di guardarla. Diamine, chi prendeva in giro? La desiderava ancora. Era fare qualcosa al riguardo che lo confondeva. Come tutto ciò nella sua vita dopo l’incidente, questo era un cambiamento che odiava. Non poteva essere l’uomo di cui lei aveva bisogno, ed ora lei era qualcosa che nessuno di loro due aveva previsto sarebbe diventata. Era la sua costante compagnia. Quando non era a lavorare era con lui, era una brontolona e la voce della ragione. Fra lei ed il personale medico che lo veniva a controllare settimanalmente, non era mai solo. Tutto ciò che voleva era che se ne andassero per dargli tempo di respirare.

“Vattene” protestò Matt. “Non puoi lasciarmi solo per cinque minuti?”

“Sei qui fuori da un’ora. Sta iniziando a fare fresco” la sua voce era calma e rilassante. “Posso prepararti il pranzo se hai fame”.

Non capiva? Certo che no. Come poteva, quando anche lui non comprendeva completamente? Non c’era più motivo di fare niente ormai. Non aveva più scopo nella vita, e stava faticando a trovare il proprio posto nel mondo. L’incidente d’auto che l’aveva reso cieco aveva portato via molto di più della sua vista. Aveva cancellato il modo in cui lui stesso si percepiva. Quindi qual era il problema se fuori faceva fresco e sedeva nel suo giardino a fissare il nulla? Non era come se potesse effettivamente vedere ciò che aveva davanti. Aveva portato il termine ‘alla cieca’ ad un nuovo livello.

“Non voglio mangiare” strinse i pugni. “Non voglio proprio niente, solo che tu te ne vada”.

C’era stato un tempo in cui aveva amato l’averla nella propria casa. Ed un breve momento in cui l’aveva immaginata con lui, amandola in ogni modo possibile. Era stato un idiota ad ignorare i propri sentimenti per lei. Ora non credeva di poterla avere come aveva sempre desiderato. La sua poca lungimiranza aveva avuto delle conseguenze. L’opportunità di essere l’uomo nella vita di Claire era una di esse. Aveva pensato di avere del tempo, un bel po’ di tempo, ma che barzelletta. Se avesse potuto tornare indietro avrebbe cambiato così tante cose. Lei non sarebbe stata la sua infermiera, ma la sua amante. Come poteva anche solo pensare di essere qualcosa di più di qualcuno di cui lei si doveva prendersi cura? Seduzione? Che ridere. La toccava per bene—ma non in modo romantico. Si aggrappava a lei come se lei fosse stata la sua guida, per fare in modo di non andare a sbattere contro ad un muro o per non inciampare nei propri piedi. La disperazione che aveva vissuto ogni giorno non lo facevano sentire soave o romantico.

“Non vado da nessuna parte” sospirò lei. “Devi rendertene conto ed accettarlo. Urlarmi addosso non ti farà ottenere il risultato che speri”.

Che cosa lo avrebbe fatto? Lei era irremovibile come si ricordava. Le urlava addosso ogni giorno—diavolo, a volte anche più volte al giorno ad essere sincero—e lei ritornava sempre da lui. Restava calma e decisa. Gli sovvenne l’immagine di lei di come se la ricordava, lunghi capelli dorati e caldi occhi marroni. Era così bella, premurosa ed indipendente. Non c’era niente che non sapesse fare. Claire era perfetta, almeno per lui. “Non capisco perché sei qui. Trova qualcun altro che resti con me” la congedò con un gesto della mano. “Non ti voglio qui”.

Era una bugia, ma forse se l’avesse pronunciata abbastanza spesso lei avrebbe finalmente capito e se ne sarebbe andata. Non riusciva a reggere il fatto che stesse con lui tutti i giorni. Non quando sembrava che lui non avrebbe mai riacquisito la vista. Era una prova che doveva affrontare. Claire doveva andarsene, e velocemente. Qualcun altro avrebbe potuto fare ciò che lei faceva tutti i giorni. Claire si meritava di meglio di ciò che lui aveva da offrire.

Claire lo fissò per qualche battito del suo cuore. La durezza del suo silenzio lo agitava, facendogli provare il dolore di non averla mai. Quando lei finalmente parlò, Matt tirò quasi un sospiro di sollievo. Non era mai stato in grado di gestire i suoi silenzi. “M’importa di te. Nessun altro, a parte Dani, avrebbe a cuore i tuoi migliori interessi. Anche lei ha i suoi problemi, e deve guarire” alzò le mani nelle sue e le accarezzò. “Sii ragionevole”.

“Perché?” ritrasse le mani da quelle di lei. “Per quanto ne so è così che resterò per il resto della mia vita. Credo di essere perfettamente razionale” contrasse con forza la mascella. “Smettiamo di fingere che questa situazione migliorerà. Sono cieco. Sei tu a non accettare che le cose non cambieranno”.

“Matt…io…” la voce di Claire si spezzò quando parlò. Matt era intrinsecamente sollevato di non poter vedere il dolore sul suo volto. Era l’unica cosa positiva che poteva trarre dalla propria cecità. Non aveva mai voluto farle del male, ma credeva che questa fase fosse necessariamente malvagia. Doveva proseguire con la sua vita senza di lui. “Sono trascorse un paio di settimane. Non puoi arrenderti. Ren ha detto di darti del tempo. Il tuo corpo deve guarire, e solamente il tempo farà in modo che ciò accada”.

Già, Ren, il grande Dottor Sousa, il quale si era comportato come se sapesse tutto, ma era fallibile come tutti. La sua socia, Daniella Brosen, adorava il buon dottore, l’aveva sempre amato. Sembravano aver riaccenso la loro relazione portandola in una diversa direzione rispetto all’amicizia che avevano coltivato alle superiori. Matt era felice per Dani, lo era davvero, ma ne era fastidiosamente geloso. Voleva la stessa cosa con Claire. Non credeva di aver mai avuto qualcosa di simile con nessuno prima d’ora. Odiava chi era diventato, e sapeva che non era un buon momento per cominciare qualcosa di fragile come una relazione.

“Non m’interessa che cos’ha da dire. Ciò che importa è ciò che voglio e so in questo momento” si voltò verso dove credeva che lei si trovasse, ed alzò il capo. “Forse riacquisterò la mia vista, o forse no. Non è questo il punto adesso. Vuoi sapere qual è? Sono stanco di averti qui in casa mia, ad invadere il mio spazio e darmi degli ordini come se fossi un bambino. Io sono il tuo capo. Quindi trova qualcuno che ti rimpiazzi. Voglio che tu te ne vada prima di cena”.

Forse era stata la peggior decisione che aveva mai preso, ma la riteneva l’unica che potesse prendere. I suoi sentimenti per Claire gli avevano fatto dubitare tutto. Di una cosa però era certo: non sarebbe andata avanti con la propria vita se si fosse presa cura di lui. Era meravigliosa, mentre lui non c’era neanche lontanamente vicino.

“Non so che cosa ti si è infilato nel culo per farti diventare questo coglione arrabbiato, ma hai ragione. Non è una cosa che devo gestire io”. La sua voce sembrava come fatta d’acciaio. Buon per lei, era ora che smettesse di essere la balia calma e confortante. Claire si abbassò, i suoi capelli sfiorarono il viso di lui facendogli il solletico. La sua dichiarazione l’aveva scioccato più di qualsiasi cosa. “Se vorrai battagliare con me in ogni passo del cammino, avvocato, allora sfida accettata. Darò tanto quanto riceverò, ma è bene che tu sappia—che ho intenzione di vincere la guerra”.

 

Porca misera, era sexy. Voleva tirarla a sé, farla sedere sulle sue ginocchia e devastarla in ogni modo possibile, ma non sarebbe stato utile al proprio piano. Lei non poteva vedere questa cose come una sfida, o non si sarebbe mai arresa. Per quanto gli piacesse l’idea di scontrarsi con lei, non poteva.

“Non siamo in guerra”. Le rispose con sufficienza. “Significherebbe che questa cosa avesse una rilevanza per me. Non è così, e non sarà mai così”.

Una bugia, ma non poteva sapere la verità.

“Comportati da stronzo quanto vuoi, ma so chi sei. Tutto ciò che sei è sempre stato visibile per me. La verità è stata evidente dal momento in cui ci siamo incontrati, e niente che farai o dirai la potrà smentire. Tutti abbiamo i nostri demoni che nascondiamo al mondo. Non puoi celarti quando credi che non ci sia niente per cui valga edificare dei muri”. Si era spiegata. “Ma non sbagliarti, io non sono il tuo sacco da boxe. Per quanto m’importi di te, non posso essere la persona su cui ti sfoghi tutti i giorni”.

Venne pervaso dal dolore alle parole di lei. Odiava ferirla, anche quando era necessario. Con il tempo l’avrebbe ringraziato. “Non ho mai chiesto che tu lo fossi. Vattene e non dovrai mai più essere il proverbiale sacco da boxe. Sarebbe più facile per entrambi se tu non fossi qui”.

“Non ho detto che me ne sarei andata”.

Sicuramente stava sorridendo. Il suo volto era offuscato, ed i bei dettagli erano a lui sconosciuti, ma poteva quasi distinguere il contorno delle sue labbra. Matt fece per rivolgerle un ghigno in risposta, ma riuscì a trattenersi. Claire era una combattente e non si sarebbe arresa facilmente. Era una delle qualità che lui ammirava in lei. Era un’ottima assistente legale. Avrebbe dovuto sapere che non se ne sarebbe andata perché lui gliel’aveva ordinato.

“Allora come mai hai detto tutte quelle cose stupide?” si accigliò. Che nuova tattica avrebbe usato su di lui? “Pensavo che avessi finalmente capito e te ne andassi prima che avesse inizio la vera scaramuccia. Non te ne farei una colpa te ne andassi adesso”.

“Generoso da parte tu” Claire emise una risata nasale. “Passo”.

“Quindi?”

“Quindi che cosa?” domandò lei. “Oh, vuoi sapere che cos’ho in mente”. Rise. Era adorabile udire la sua risata, al punto che le labbra di lui si contrassero appena dal divertimento. “E rovinare la sorpresa? Per che razza di idiota mi hai preso? Sei il miglior stratega che conosco. Sarebbe stupido darti un avvertimento”.

Accidenti, l’ammirava. L’avrebbe abbracciata, se lei non l’avesse visto come un incoraggiamento. “Non molto sportivo da parte tua”.

La fresca brezza non sortiva effetto sulla sua pelle riscaldata. Doveva mettere le mani su di lei. No, non poteva fare ciò che voleva. Claire non era fatta per essere attaccata dalla disperazione. Se fosse mai stato abbastanza fortunato d’averla, doveva essere assaporata. Era la donna più bella di tutte e doveva essere trattata nel modo corretto.

“Beh, non ho mai detto che avrei giocato onestamente”. Il suo tono era leggero e colmo di divertimento. Gli fece venire le vertigini nelle vene. “Sai com’è il proverbio”.

“No, non posso dire di saperlo”. Attese con il fiato sospeso. Lo scambio era così bello che non riusciva ad averne abbastanza di lei. “Perché non m’illumini?”

Lei si avvicinò ed accarezzò la coscia di lui con la mano. S’irrigidì fino a provare dolore. Se solo si fosse allungato verso di lei l’avrebbe tirata a sé e l’avrebbe baciata con passione. Matt lo voleva, ma si astenne dal farlo. Se lei avesse saputo l’effetto che aveva su di lui, non sarebbe mai stato in grado di vincere questa guerra che avevano iniziato. Sarebbe stato come creta nelle sue mani, e lei l’avrebbe potuto plasmare come di più l’aggradava. Quasi l’implorò di farlo. Un momento di follia potrebbe valore una vita di ricordi piacevoli.

“In guerra e in amore tutto è lecito”. Il suo respiro caldo accarezzò l’orecchio di lui. “E Matt, non ti sbagliare, ciò non ha niente a che vedere con meramente uno dei due, e tutto a che vedere con entrambi”.

Senza aggiungere altro, Claire se ne andò, lasciandolo a riflettere sulla sua ultima affermazione. In che diavolo era riuscito a mettersi questa volta?

CAPITOLO DUE

Claire si affrettò nello studio legale di Price e Brosen e si fermò alla reception. “Ci sono messaggi per me?”

Affrontare Matt prima era stata una prova di pazienza. Gli concedeva molta libertà d’azione causa le sue ferite, ma poteva reggere fino ad un certo punto prima di esplodere. Avevano alleggerito il programma, ed originariamente non era stato richiesto che andasse a lavorare, ma dopo il capriccio di Matt, Claire aveva bisogno di un po’ di spazio. L’ufficio le era sembrata una buona idea. Ora che si trovava di fronte ad Amy, la sua ansia era diminuita. Che cosa poteva fare per fargli capire che aveva bisogno di lei? Matt era così dannatamente testardo.

“La polizia ha finito di raccogliere le prove dall’ufficio della Signora Brosen, ed hanno rimosso il nastro giallo”. Disse battendo le unghie sulla scrivania. “Tuo fratello era con loro, e vuole che lo chiami il prima possibile”.

Accidenti, che cosa voleva Carter? Doveva essere importante; solitamente non disturbava se così non era. L’avrebbe dovuto chiamare immediatamente. Perché non l’aveva contattata al cellullare? “È tutto?” domandò Claire.

“Ha chiamato anche la Signora Brosen”, rispose Amy. “Verrà dimessa oggi dall’ospedale. Vorrebbe che andassi a casa sua più tardi per aggiornarla su tutto ciò che richiede attenzione immediata”. Amy s’interruppe e schioccò le dita. “Oh, e c’è un pacco per te. Era sugli scalini quando sono arrivata”.

Che strano. Solitamente non consegnano pacchi prima dell’orario d’ufficio. “Che cos’è?”

Amy diede un’alzata di spalle. “È una scatola. Non so che cosa contenga. L’ho messa sulla tua scrivania”.

Chissenefrega. Avrebbe controllato più tardi…aveva cose più importanti da fare. Il suo capo veniva per primo. A Daniella Brosen avevano sparato nel suo ufficio una settimana prima. Un loro cliente, Andersen Nettles, era stato il colpevole. Aveva un passato di violenze nei confronti della famiglia di Dani. La famiglia che non sapeva di avere a causa del Signor Nettles. Claire non riusciva nemmeno ad immaginare che cosa stesse passando Dani. Le vennero i brividi al pensiero della violenza.

“Raccoglierò alcuni documenti e li porterò a Dani stasera. Non c’è molto su cui aggiornarla. Resterò nel mio ufficio per un paio d’ore se chiamerà qualcuno. Non mi aspetto che chiamino in molti, considerando che i clienti sono a conoscenza della situazione, ma ho cancellato la maggior parte degli appuntamenti rimandandoli a data da destinarsi, e ho messo da parte i casi che necessitano di attenzione immediata”. Claire esalò con fare esasperato. “Questo ufficio fallirà se Dani e Matt ne resteranno fuori per altro tempo”.

“Lo so” annuì Amy. “Onestamente le mezze giornate che faccio qui sono noiose. Non c’è molto che io possa fare con entrambi i capi inattivi al momento. La situazione cambierà presto? Matt riuscirà a venire in ufficio?”

Bella domanda. Claire non ne aveva idea. Sembrava fare progressi. La sua attitudine stramba lo aveva tirato su appena, e faceva gli esercizi e svolgeva le attività che gli aveva suggerito la dottoressa. Voleva prendersi cura di sé stesso ed essere nuovamente indipendente.

L’idea di avere Claire attorno tutto il giorno lo faceva incazzare—fra lei, la dottoressa, ed il fiume di infermiere che invadevano il suo spazio, l’uomo faceva fatica a trovare un momento per sé. Era un concetto che non aveva problemi ad esprimere ogni volta che tali soggetti incrociavano il suo cammino.

Claire amava il suo lavoro. Se lo studio legale avesse dovuto chiudere avrebbe dovuto trovare una nuova occupazione, e dubitava che ogni nuovo lavoro che sarebbe stata in grado di trovare sarebbe stato al livello dell’attuale che aveva. Non ci pensava troppo. Dani non sarebbe dovuta restare inattiva tanto quanto Matt, il quale aveva molto da superare causa la sua vista. Non che la ferita di Dani non fosse seria, ma poteva svolgere qualche minima attività da casa. Il che, senza dubbio, era la ragione per la quale voleva restare aggiornata—compito che Claire era felice di eseguire. Le faceva piacere di avere un po’ di tempo con il suo capo. Forse avrebbe ricevuto qualche consiglio su come gestire Matt ed il suo pessimo carattere.

“Non so. È…” Come spiegarlo ad Amy? “Matt vuole stare meglio, ma non sta riacquistando la vita velocemente come vorrebbe. Sta facendo progressi nel muoversi senza aiuto, e ci si sta abituando”. Si lamentava con ogni passo del cammino. La sua crescente indipendenza gli aveva concesso un po’ di spazio vitale, per brevi momenti in cui poteva essere lasciato da solo, ottenendo preziosi istanti lontano dagli altri. Aveva cominciato a pentirsi di aver accettato a trasferirsi da lui. “Anche con i progressi che fa, il suo ritorno allo studio è lontano almeno diverse settimane”.

“Non riesco a credere a cos’è successo in questo ufficio…” le venne la pelle d’oca. “Ero qui quando è arrivato—se avessi saputo…” Amy si accigliò. “Forse non avrebbe sparato alla Signora Brosen”.

Claire non riusciva a comprendere come Amy credesse che avrebbe fatto la differenza, ma dubitava che qualsiasi cosa avrebbe fatto la ragazza avrebbe aiutato. Forse anche lei sarebbe rimasta ferita. Era meglio che non fosse stata presente quando il Signor Nettles aveva attaccato Dani. Nessuno poteva sapere che cosa sarebbe successo. Era così semplice guardare al passato e pensare, “Avrei potuto fare così…” ma in realtà non c’era modo di tornare indietro e cambiare il risultato di una situazione.

Nessuno al mondo non aveva qualcosa nella propria vita che avrebbe voluto cambiare. Sarebbe un disastro di proporzioni epiche se al mondo venisse data l’opportunità di rifare qualcosa. Tristemente, in molte situazioni, nessuno prometteva che la vita sarebbe stata semplice. Nessuna quantità di desideri avrebbe reso il mondo una specie di utopia in cui esiste la perfezione. Anche nei momenti peggiori si trovava della bellezza. Gli uni non potevano esistere senza gli altri. Amy poteva pensare che avrebbe potuto cambiare qualcosa, e forse se le fosse stata data l’opportunità l’avrebbe fatto, ma era improbabile.

“Non pensarci. Non si può tornare indietro, ed è andato tutto bene. Con il tempo le cose torneranno alla normalità. Ci vorrà un po’ per fare in modo che le cose ritornino al modo in cui siamo abituati” Claire sorride affettuosamente. “Se chiama qualcuno fatti riferire a meno che non sia importante. Ho deciso che sarò più produttiva senza interruzioni”.

Amy annuì. “Dubito che qualcuno chiamerà. Dovrebbe essere una giornata tranquilla”.

Claire si diresse verso il suo ufficio e si sedette alla scrivania. L’accolsero una pila di documenti ed il pacco di cui aveva parlato Amy. Il carico di lavoro stava aumentando, ma nessun avvocato era disponibile per accettare i casi o presentarsi in tribunale. Poteva preparare tutte le mozioni, fare le dovute ricerche, e diffondere tutte le citazioni di giudizio che voleva. Niente di tutto ciò avrebbe avuto senso fino a quando almeno uno dei suoi capi sarebbe rientrato in studio. Un assistente legale non era abilitato a fare di più di preparare i documenti per un avvocato. Quindi non aveva scelta, e dovette continuare il lavoraccio in modo che sarebbe stato tutto pronto quando uno di loro avrebbe ripreso a lavorare. Le cose sarebbero state relativamente più facili quando tale compito sarebbe stato completato, ed almeno se i documenti fossero stati completi avrebbero potuto proseguire con un certo numero di casi.

Claire guardò la scatola e pensò…perché non aprirla? Che cosa potrebbe essere? Si armò di un tagliacarte e recise il nastro che la sigillava, poi estrasse la scatola di un regalo. Era di un viola metallico con un brillante fiocco rosa legato sulla parte superiore. Claire sciolse il nodo e lo gettò da parte, poi alzò il coperchio della scatola. Estrasse della carta dello stesso colore della scatola, e poi trovò una camicia da notte bianco candido. “Che diamine?” Chi le manderebbe qualcosa del genere? Quando trovò una nota la lesse velocemente. “Un perfetto indumento setoso da notte per la mia perfetta Claire. Non vedo l’ora che tu l’indossi per me la prossima volta che ci vedremo” Non era firmata.

 

Inquietante. Gettò il biglietto nella scatola e lanciò la stessa a terra. Non avrebbe nemmeno pensato alla scatola se non l’avesse trovata sulla sua scrivania.

Estrasse il cellulare dalla borsetta e cliccò il pulsante a lato. Per forza nessuno l’aveva chiamata. Il dispositivo era spento. Quante chiamate perse aveva? Premette nuovamente il pulsante ed il telefono si accese, facendo comparire diversi messaggi sullo schermo. La maggior parte di essi provenivano da sua madre e suo fratello, ma uno era di Dani. Ignorò quelli della sua famiglia e rispose a Dani. Carter e sua madre potevano aspettare, specialmente sua madre. Rachel Jackson aveva le idee molto chiare su ciò che era accettabile e che cosa no. Reese, sua sorella minore, era schierata dalla parte positiva della lista. Niente che Claire faceva era al pari di sua sorella. Era quasi come se tutte le sue scelte fossero elencate nella colonna delle inaccettabili. Non voleva sentire una filippica sulle sue colpe e sui successi della sorella. Almeno una volta a settimana sua madre li elencava con un’efficienza che Claire avrebbe apprezzato—se non fosse stata l’argomento di discussione.

Il suo telefono squillò. Rispose e sospirò. Era sua madre. Quindi non fu in grado di tenerla in sospeso per troppo a lungo. Le conveniva togliersi questo arduo compito per poter lavorare in pace—accettò la telefonata portandosi il dispositivo all’orecchio. “Pronto, Madre”.

“Perché mi ha ignorata?” domandò sua madre con fare deciso. “È tutto il giorno che ti chiamo”. Un’esagerazione, ma era qualcosa in cui sua madre eccelleva.

Claire alzò gli occhi al cielo e fece del proprio meglio per controllare il sarcasmo che voleva prevaricare su di lei. “Sono impegnata. Lavoro per vivere. Di che cosa hai bisogno?”

“Ah. Non iniziare a fingere che tu abbia troppo da fare”. La voce di sua madre era madida di disgusto. “So che entrambi i tuoi capi sono riusciti a farsi mutilare, ergo sono inutili e lo saranno per almeno due settimane. Che cosa avrai mai da fare per nessuno per cui lavori?”

Claire prese un respiro profondo e contò mentalmente fino a dieci prima di rispondere. Strinse i denti, e quando non funzionò, ricominciò da capo. Come poteva una persona essere così dannatamente senza cuore? Dani e Matt erano entrambi quasi morti! Sua madre era una professoressa al college locale, ed insegnava sociologia. Avrebbe dovuto importarle, o no? “Qualcuno deve mantenere attivo lo studio per quando ritorneranno. Ho molti documenti da completare”. Non avrebbe dovuto spiegarsi a sua madre, ma doveva dirle qualcosa o non avrebbe proseguito con la conversazione. “Perché hai chiamato?”

“Hai parlato con Carter?”

Era una nuova tattica. Carter solitamente non era il motivo per il quale sua madre la chiamava. Che cos’aveva fatto suo fratello? Era il suo secondo preferito—in realtà c’era pochissima differenza fra lui e Reese. Dipendeva dalla giornata e che successi erano riuscivi a conquistare. Carter era il figlio perfetto con un difetto discernibile: lavorava come detective per il Dipartimento di Polizia di Envill. Era un po’ troppo un impiego da operaio per i gusti di sua madre, ma aveva perdonato la sua scelta di carriera perché almeno lui aveva avuto abbastanza ambizione per salire di livello nel suo campo di scelta. Claire, d’altro canto non stava avanzando rispetto alla posizione in cui si trovava. Non c’era posto per lei più in alto, e non dimostrava di necessitare qualcosa di superiore alla sua posizione.

“No” disse con fare riluttante. “Perché?”

“Sta ignorando anche me. Non so che cos’abbia fatto di male per aver cresciuto dei figli così ingrati”.

Santo cielo, stava giocando ancora quella carta? Sua madre era molto audace. Era la donna più severa ed irritante al mondo. Crescendo, Claire ed i suoi fratelli non avevano potuto respirare senza che la loro madre imponesse delle regole. Il modo in cui li controllava faceva arrossire il modo in cui volano gli elicotteri. C’era da sorprendersi se tutti loro si erano ribellati in qualche modo? Carter era entrato nell’arma di Polizia, Claire era diventata un’assistente legale, facendosi beffa dell’occupazione di avvocato, e Reese, beh, Reese era perfetta e faceva tutto ciò che diceva la mammina. La sua ribellione era stata la scelta della specializzazione. Aveva frequentato medicina ed era diventata un dottore, ma non aveva intrapreso il ramo che desiderava sua madre. Aveva scelto pediatria invece di neurologia.

“Forse Carter è impegnato”. Era il detective principale dell’arma e stava per essere promosso a luogotenente. “Sta chiudendo il caso Andersen Nettles a senza dubbio sta investigando su altri casi”. Non aveva idea di cosa facesse suo fratello ogni giorno, ma doveva essere preso da qualcosa.

“Se lo sentissi…”

Il suo telefono prese a vibrare, quindi mise sua madre in attesa. Il telefono vibrò appena al suo orecchio quindi l’allontanò per guardare lo schermo. Sorrise quando lesse il messaggio da parte di Carter, e soppresse una risata.

Emergenza. Non posso andare a cena da mamma. Inventati qualcosa e mi sdebiterò. Ti spiego dopo.

“Scusami, ero distratta. Puoi ripetere ciò che hai detto?” Claire rispose al messaggio assicurandosi che suo fratello sapesse di doverla ripagare quando avrebbe chiesto un favore. “Ho ricevuto un’email che attendevo da un cliente”.

“Certo” borbottò sua madre. “Ho bisogno che tu venga a cena. Dì a Carter che deve esserci anche lui. Tua sorella ha una grande notizia da darci e festeggeremo. Ho invitato alcune persone”.

Aveva tutto improvvisamente senso. Quelle persone sarebbero state lì per uno scopo. Carter non doveva spiegare niente. La loro madre voleva che i due uscissero con le persone che aveva invitato a cena, poiché cadevano nella sezione delle accettabili. Claire non aveva bisogno dell’aiuto di sua madre per trovare un uomo. Non c’era da sorprendersi se suo fratello stava evitando le sue telefonate.

“Mi spiace ma ho un altro impegno. Anche Carter. Mi sta aiutando con un progetto a casa di Matt”.

Anche lui avrebbe aiutato, accidenti. Avevano entrambi una buona ragione per evitare la cena. Matt doveva uscire da casa. Vi si era rinchiuso per troppo tempo—forse sarebbero potuti andare a trovare Dani o qualcosa del genere. Qualsiasi cosa piuttosto che ciò che sua madre aveva programmato. Avrebbe preferito farsi fare una devitalizzazione piuttosto che trascorrere del tempo con sua madre.

“Annullalo. È troppo importante”.

“Mi dispiace, non posso”. Anche se potesse non lo farebbe. “È l’unico giorno in cui io Carter siamo liberi per farlo”.

“Che cosa c’è di così importante per cui hai bisogno di tuo fratello?”

A volte si domandava se fosse stata scambiata alla nascita. Sua madre era cosi esigente e ridicola. “Non posso parlartene adesso. Ne parleremo più tardi. La mia scrivania è ricoperta di documenti che richiedono la mia attenzione”. Non avrebbe fornito nessuna informazione poiché sua madre le avrebbe analizzate minuziosamente.

“Ti conviene trovare un modo per venire a cena. È già tutto programmato. Nolan e Reese vengono”. Sua madre chiacchierò per altri istanti con Claire prima che quest’ultima la congedasse. “Ci sei ancora? Lascia stare, devo andare. Chiamami quando avrai annullato il tuo impegno”. Sua madre riagganciò senza aspettare che Claire l’avesse sentita. Il che non la soprese nemmeno un po’.

Se le fossero serviti altri motivi per non andare a cena da sua madre quel sabato, la presenza di Nolan sarebbe stata sufficiente. Nolan Pratt era la rovina della sua esistenza, e l’ultimo uomo a cui aveva permesso di distruggere il suo cuore. Era il serpente che l’aveva tradita con l’ultima persona che lei aveva potuto considerare—sua sorella. Sua madre poteva cercare di persuaderla ed anche minacciarla, ma Claire sarebbe stata dannata prima di sedersi a tavola con Nolan. Avrebbe preferito di gran lunga dover gestire il comportamento acido di Matt. Almeno lui aveva un motivo per comportarsi in tal modo, ed a lei importava di lui. Gli altri potevano andare all’inferno. Aveva cose molto migliori da fare.