Cuori Svelati

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CAPITOLO TRE

Claire parcheggiò l’auto nel vialetto di Dani e poi si voltò per afferrare i documenti che aveva raccolto per l’avvocato. Scese dall’auto e chiuse la portiera dell’auto con il piede. Sospirò e si diresse verso l’ingresso. Una volta raggiunta la porta bussò qualche volta ed attese che qualcuno la fece entrare.

“Arrivo” udì una voce ovattata dall’interno. Dani aprì la porta e sorrise ampliamente. Indossava un paio di pantaloni della tuta ed una maglietta di cotone. “Oh, bene. Ho bisogno di compagnia. È il lavoro che hai portato per me?” indicò i documenti che Claire reggeva.

“Esatto. Amy ha detto che hai chiamato”. Claire guardò dietro le spalle di Dani esaminando il corridoio. “Ren è con te?”

Claire seguì Dani in salotto e posò i documenti sul tavolino da caffè. Sembrava che Dani si fosse trasferita in pianta stabile sul divano. Aveva tutto ciò che le poteva servire nelle immediate vicinanze. Claire diede un’occhiata al sofà ed optò per accomodarsi su una sedia vicina. Non voleva disturbare qualsiasi processo il suo capo aveva intrapreso nel proprio spazio.

Dani scosse il capo. “Voleva restare, ma l’ho mandato via. Non ho bisogno di un babysitter, e ha altri pazienti che lo necessitano. Lo amo, dico davvero…” si morse il labbro. “Ma mi sta addosso, e a volte mi viene voglia di dargli un pugno. Non fraintendermi, mi rendo conto di essere quasi morta e tutto quanto…”

“Ma non hai bisogno di un cane da guardia. La tua vita non è finita e vorresti la possibilità di viverla appieno” terminò Claire.

“Sì, esatto” annuì. “Dopo un po’ si calmerà, almeno lo spero. Abbiamo il resto della vita da trascorrere insieme. Persino la mia famiglia è stata rispettosa e mi ha dato spazio” Dani arricciò il naso. “Non è completamente vero. Sullivan non mi lascia stare. Se non telefona mi viene a trovare a sorpresa. Sto iniziando a domandarmi perché abbia voluto una famiglia”.

L’esperienza di Claire con la propria famiglia lasciava poco a desiderare. In un certo senso poteva comprendere, ma Sullivan sembrava una brava persona. Potrebbe essere stato diverso se le fosse stato accollato un fratello maggiore che non sapeva di avere. Suo fratello, Carter, non era niente male. Faceva le sue cose e la lasciava in pace. Si aiutavano quando potevano e facevano fronte unito quando sua madre diventava troppo difficile. Più tardi si sarebbe fermata da lui e gli avrebbe raccontato la telefonata di prima.

“È stato prepotente?” domandò Claire. “Mandalo a quel paese”.

Dani scoppiò a ridere. “Non glielo direi mai in faccia—complimenterei il suo ego, e non ne ha bisogno—ma è stato bravo. Mi sono persa molto causa Andersen Nettles. È bello sapere che pagherà per ciò che mi ha fatto”.

A Claire vennero i brividi. Ci era mancato poco che Dani ci rimettesse la vita. Dovevano ancora pulire le macchie di sangue dalla moquette nel suo ufficio. Forse sarebbe stato meglio rimuoverla e sostituirla. Sembrava una buona scusa per ridecorare l’ufficio.

“Il tuo segreto è al sicuro con me” Claire esalò. “Di che cosa dovevi parlarmi? Amy ha detto che era importante”.

Dani afferrò un bicchiere d’acqua e ne prese un lungo sorso. Poi lo posò e si appoggiò allo schienale del divano. “Ridurrò le mie ore in ufficio”. Alzò una mano quando Claire aprì la bocca per parlare. “Fammi finire prima di pormi delle domande”.

Claire annuì. Che cosa voleva fare? Non potevano portare avanti lo studio ed il carico di clienti se Dani avesse ridotto le sue ore all’ufficio. Avrebbe potuto significare meno introiti per lei, e come sarebbe sopravvissuta ad un taglio sulla busta paga?

“Devo analizzare tutti i documenti inerenti la mia eredità”. Scosse il capo. “Non riesco a credere di essere multi-milionaria ed avere il controllo competo su una compagnia che il nostro studio ha rappresentato in tribunale”. Concluse la frase con un gesto di congedo della mano. “Ad ogni modo avrò ancora un ruolo attivo allo studio, ma sarò selettiva sui clienti che accetterò. Voglio fare più lavoro gratis ed aiutare le famiglie, quindi sarò dentro fino alle ginocchia nell’impiego aziendale della compagnia. Non devo farlo tutto i giorni allo studio”.

Claire era un po’ invidiosa della nuova posizione di Dani. Aveva i mezzi per fare cose che Claire si limitava a sognare—al suo capo era bastato perdere la propria famiglia per la maggior parte della propria vita, e poi rischiare di morire per riaverla. Era un prezzo alto da pagare. Ciononostante, se Claire avesse dovuto essere sincera, a volte sperava di potersi dimenticare dell’esistenza della sua famiglia. La facevano impazzire nel migliore dei casi, ed oggi non era uno di quelli…Dani aveva avuto una vita difficile, e forse questa era la sua ricompensa. I soldi, il lavoro ed una famiglia che aveva sempre desiderato avere ma non aveva mai osato sperare di avere. Era ammirabile il fatto di essere riuscita a superare tutte le avversità nella sua vita. I soldi erano una bella cosa, ma Claire si sarebbe accontentata di una somma discreta e di un uomo che l’amava.

“Quindi chiuderemo i rapporti anche con clienti che abbiamo già?” Claire era spaventata. Era una brutta situazione…bella per Dani, era contenta per il suo capo, ma per il resto dello studio sarebbe stata una decisione sofferta. Matt non era in grado di fare molto causa la sua vista diminuita. “Ne hai parlato con Matt?”

“No” si accigliò Dani. “Passerò da lui questa settimana e gli illustrerò la mia posizione” sospirò. “No, non lasceremo andare i clienti che abbiamo già. Vorrei però che pubblicizzassi il fatto che abbiamo una posizione vacante da associato. Fai passare i curriculum, fissa dei colloqui, e scegli qualcuno con il quale ti piacerebbe molto lavorare. Mi fido del tuo giudizio”. Prese un pezzo di carta dal tavolino e glielo porse. “Questi sono i requisiti che vorrei che avessero, ed ho aggiunto lo stipendio che siamo disposti ad offrire”.

Claire esaminò il foglio di carta. Fischiò quando lesse l’importo. “Generoso. Dovremmo ricevere molte risposte. Lo studio se lo può permettere?” non riuscì a non domandare. Non sapeva quali fossero le reali possibilità economiche dello studio, ma non potevano essere abbastanza alte da sostenere uno stipendio a quattro zeri.

“Sono ricca, ti ricordi?” sorrise Dani caldamente. “Non ti preoccupare. Quando inizieranno a lavorare porteranno un sacco di ore fatturabili. Coprirò la maggior parte dei costi che serviranno per sostenere la studio fino a quel momento. Funzionerà”.

Claire lo sperava. Era contenta che Dani avesse fede nello studio. Le piaceva il suo lavoro e non voleva perderlo. Il suo impiego precedente—scosse il capo per evitare di pensarci. Non aveva funzionato. Nella sua mente scorsero diverse immagini del suo ex. Era uscita con Nolan brevemente dopo aver iniziato a lavorare lì. Era uno degli associati dello studio ed aveva un’attitudine ambiziosa. Sperava di diventare un socio, e lavorava a lungo per raggiungere il suo obiettivo. Claire voleva una famiglia ed un luogo da chiamare casa, ma principalmente voleva sapere com’era avere un uomo che l’amasse quanto lei amava lui. Pensava che Matt reciprocasse i suoi sentimenti. Ora però lo dubitava. Era stato un vero stronzo nelle precedenti due settimane. Stava cominciando a sembrarle di innamorarsi solo di uomini con i quali aveva lavorato. Doveva avere a che fare con la prossimità—aveva bisogno di supporto psicologico o qualcosa del genere.

Dani raccolse i documenti che Claire le aveva portato e ne sfogliò alcuni. Aprì una spessa cartella, e da quest’ultima cadde una busta bianca. Si abbassò per raccoglierla e disse, “Che cos’è?”

“Non lo so”. Claire fece spallucce. “Ho portato i documenti che hai richiesto. Non avevo abbastanza tempo per farli passare tutti. Forse Amy ha aggiunto qualcosa?” Di solito non lo faceva, ma poiché lo studio era stato un circo ultimamente, non era impossibile.

Dani studiò il foglio e scosse il capo. “È intestato a te”.

Claire si accigliò. Che diavolo era? Prese la busta da Dani e la girò. Il suo nome era stato scritto in una prestigiosa calligrafia di colore rosso. Le ricordava del—sangue. Deglutì la paura irrazionale che provava e l’aprì.

Mia carissima Claire,

possiedi il mio cuore, la mia anima e tutto ciò che sono.

Perché non torni da me? Un dono aiuterebbe?

Qualcosa di morbido e bellissimo come te? Ti manderò presto qualcosa per spronarti a tornare da me di tua spontanea volontà. Per favore non scappare più da me. Sarà così bello quando saremo insieme.

Non ti preoccupare, ci vedremo presto.

A Claire venne la pelle d’oca e ripose la lettera nella busta. Quindi la camicia da notte era forse un dono per lei. Questa busta come aveva fatto a finire in questa cartella? Forse l’aveva messa lì per sbaglio. Allontanò il disagio che provava e riportò l’attenzione su Dani.

“Non è niente” disse. “Un biglietto da parte di qualcuno che conoscevo”.

“Non qualcuno che ti piaceva molto, data l’espressione sul suo volto”. Disse Dani. “Un ex?”

Potrebbe essere stato un ex, ma lei ne aveva solamente uno, e non le avrebbe mai mandato dei regali per farla ritornare nella sua vita. Aveva voltato pagina insieme a qualcun altro. Era solo una pazzia, e non voleva pensarci troppo. Ad un certo punto l’avrebbe dovuto dire a suo fratello—Carter era un detective e sarebbe stato in grado di scoprire chi era questo suo ammiratore segreto. Fino a quel momento aveva molto lavoro da fare. Non avrebbe lasciato che un pazzo le evitasse di vivere la propria vita al meglio. Incrociò lo sguardo di Dani e sorrise. “Qualcosa del genere, immagino. Come ho detto, non è niente” accompagnò l’affermazione con un gesto della mano. “Lavorerò all’annuncio stasera e lo posterò il prima possibile”. Fissò i requisiti. “Vuoi che ne parli a Matt?”

 

Matt forse avrebbe pensato che Dani stesse cercando di rimpiazzarlo, poiché era molto sensibile riguardo ad ogni cosa. Non voleva avere a che fare con i capricci che avrebbe fatto quando si sarebbe reso conto quali erano i piani di Dani, ma gli avrebbe parlato se avesse dovuto farlo. Dani aveva valide ragioni a sostegno della sua decisione, ed anche Claire era un po’ egoista. Le piaceva l’idea di riavere qualcuno con cui lavorare allo studio, ma in tutta onestà, era contenta di lavorare e basta. La paga era bella e l’aiutava a pagare le bollette. Aveva ancora uno stipendio, ma molto del proprio lavoro era su base oraria. Con uno studio praticamente chiuso non aveva fatturato molte ore. Lo studio non aveva infatti portato molti introiti agli scrigni dello studio.

Era anche bello avere un appartamento da poter chiamare casa ed in cui rilassarsi—anche se aveva trascorso la maggior parte del tempo ad aiutare Matt ad adattarsi alle sue nuove circostanze. Presto sarebbe ritornata alla propria casa lasciando Matt in pace. La dottoressa credeva che sarebbe riuscito a farcela senza una compagnia costante, ma non era ancora pronta per lasciarlo andare. Voleva assicurarsi che sarebbe stato bene da solo prima di allontanarsi.

“No. Come ho detto mi fermerò da lui fra un paio di giorni. La prenderà meglio se glielo dirò io”. Dani si appoggiò allo schienale del divano, si accarezzò il petto e fece una smorfia di dolore. “Credo sia ora che prenda le mie medicine” disse, prendendo il flacone, scuotendolo ed rovesciando due pillole sul palmo della mano. “Odio prenderle, ma il mio corpo mi ricorda di avere subito un trauma ed ho bisogno dei medicinali per guarire. All’inizio ho pensato stupidamente di essere in grado di cavarmela senza, e accidenti se mi sono svegliata male quando l’effetto dei medicinali è andato scemando! Ho scoperto di non avere tolleranza per il dolore”. Ingoiò le pillole con l’acqua. “Fanno cose strane qui” Dani si toccò la testa. “Quindi le odio, eppure adoro il fatto che mi rendano più facile muovermi e respirare. Il mio polmone sta ancora guarendo dal foro che ha provocato la pallottola”.

Doveva essere brutto prendere antidolorifici tutto il giorno. Claire comprendeva però la necessità di Dani di restare concentrata. Non le piaceva lavorare con il cervello sotto strani effetti. “D’accordo, non ne parlerò con Matt. Me ne occuperò discretamente. Qualcos’altro di cui hai bisogno prima che me ne vada?”

Doveva ancora andare da suo fratello e controllare ancora Matt. Le avrebbe fatto bene ritornare a casa entro sera. Matt doveva iniziare ad imparare a dipendere da sé stesso per lunghi periodi di tempo, e molto probabilmente sarebbe riuscito a dormire la notte. Non aveva crisi dalla prima settimana in cui era tornato a casa.

“Come sta Matt?” sospirò Dani. “Mi sento un’amica orribile. Lui sta attraversando questa grossa difficoltà ed io non lo controllo neanche più”.

“Credo che tu abbia una ben che valida ragione” Claire inarcò un sopracciglio. “Non credi che si renda conto che anche tu devi guarire?”

Gli conveniva. Matt era sempre stato gentile e premuroso, almeno fino a quando aveva avuto l’incidente. Ora che la sua vista non era al massimo, era diventato uno coglione esigente. Ma Dani era la sua migliore amica, gli importava di lei. Quando aveva scoperto che le avevano sparato aveva ordinato a Claire di accompagnarlo in ospedale per controllarla. È ciò che gli amici fanno. Lei era stata al suo fianco durante la sua disgrazia, e lui aveva insistito per essere in grado di ricambiare il favore. Claire non sapeva come fosse avere amici che si supportano a vicenda nel modo in cui fanno Matt e Dani. Forse un giorno anche lei avrebbe trovato qualcuno di simile. Dani e Matt erano la cosa più vicina che aveva a degli amici, ed erano i suoi capi.

“Matt è—Matt”. Claire non riuscì a trovare un altro modo per descriverlo. “Sta meglio, ma la sua vista è ancora appannata”.

“Quindi…sta facendo il coglione” Dani conosceva il suo amico. La sua affermazione non soprese Claire nemmeno un po’.

“Più o meno” sorrise. “Ma riesco a gestirlo. Sta abbastanza bene per essere lasciato solo per lunghi periodi di tempo. Lana lo viene a controllare più di una volta a settimana. La dottoressa viene qualche giorno, e presto avrà un controllo con Ren”.

“Bene. Migliorerà” alzò lo sguardo al soffitto. “Prego che abbia la pazienza di lasciarsi guarire. Non è mai stato il suo forte”.

Era un eufemismo. Claire ridacchiò. “Non credi che lo sappia?”

“Chiamami se comincia a fare il difficile. Verrò a rimetterlo in riga” le sue labbra s’incurvarono appena in alto. “Gli ricorderò chi è il capo”.

Claire non dubitava che Dani sarebbe stata in grado di farlo. Qualcuno bussò alla sua porta. “Vado a vedere chi è”. Si alzò in piedi e si diresse alla porta d’ingresso. Quando l’aprì sorrise. “Salve Signor Brady. Ha chiamato per fissare un appuntamento prima di venire? La Signora Brosen è abbastanza impegnata oggi”.

“Spostati” disse Sullivan in tono scherzoso quando la oltrepassò. “Sono qui per vedere mia sorella. Nonostante questo sia un nuovo approccio da parte mia. Non ha ancora imparato che niente mi scalfisce?”

La donna scoppiò a ridere. Non era facile scoraggiare Sullivan Brady quando voleva fare qualcosa.

“Vattene, Sully. Non mi va di avere compagnia” disse Dani. “Mandalo via, Claire. È un bullo e non si merita civiltà”.

Sullivan non se ne sarebbe andato, e lo sapevano. Claire aveva delle commissioni da fare, un annuncio da pubblicare ed altri documenti da analizzare. Era meglio lasciare Dani e suo fratello insieme. Il suo capo avrebbe potuto protestare, ma voleva trascorrere del tempo con Sullivan. Il loro era un gioco.

“Io vado” Claire raccolse la sua borsetta ed annuì a Dani. “Ti tengo aggiornata”.

“Grazie” disse Dani. “Salutami Matt”.

“Vattene” disse Sullivan facendole l’occhiolino con fare giocoso. “Stai interrompendo il mio tempo con Dani”. Gli angoli della sua bocca s’incurvarono in alto, e poi s’abbassò per sussurrare qualcosa al suo orecchio con voce roca, “passa da me dopo. Potremmo cenare insieme qualche volta”.

Il muscolo attorno alla sua mascella si contrasse alle parole di lui. Non prevedeva niente di buono. Era meglio ignorare l’invito, infatti la donna uscì senza fare caso al tentativo di seduzione di Sullivan. Brady era troppo bello per essere vero. Una volta aveva scherzato sul trascorrere una notte con lui, ma non credeva di riuscire a gestirlo. Era un bellissimo angelo oscuro con gli occhi verdi più brillanti che aveva mai visto. Se avesse dovuto avere qualcosa a che fare con lui avrebbe perso il proprio cuore. Era abbastanza facile riconoscere le promesse vane quando le avevi già sentite tutte in passato.

CAPITOLO QUATTRO

Il sole del mattino filtrava nel finestrino in raggi abbaglianti. Matt si allungò ed abbassò il visore per oscurarsi la vista. La sua mente vagò su uno dei sui casi, e lo distrasse momentaneamente. Fu quasi un errore fatale. Udì un clacson in lontananza, attirando la sua attenzione dietro di sé, dove un camion nero procedeva a velocità abbastanza sostenuta. Sterzò, cercando di evitare l’impatto, ma non fu abbastanza veloce.

In quel momento si vide la vita davanti. Tutto andò a rallentatore. Il tipo di cose che si vedono nei film quando vogliono enfatizzare l’impatto degli eventi che coinvolgono il protagonista. Piccoli dettagli vengono messi a fuoco, ed anche lui li notò. Il suo caffè s’inclinò di lato e si rovesciò a terra. La valigia aperta sul sedile del passeggerò scivolò in avanti, allontanando il suo telefono. Una piccola macchina sportiva rossa direttamente di fronte a lui inchiodò.

Matt venne messo all’angolo.

Non riuscì ad evitare il veicolo di fronte a lui, e quello dietro stava per colpire la sua auto. Mai nella vita aveva considerato pregare, ma ora tutto era chiaro e desiderava credere in un essere superiore. Qualcosa, qualsiasi cosa che lo salvasse. Era un incubo e non aveva modo di svegliarsi.

Lo stridio dei freni si fece più acuto, ed il dolore alle suo orecchie rese tutto una vibrazione monotona. Venne spinto in avanti e colpì la testa con forza contro il volante. La cintura di sicurezza fece in modo che non venisse catapultato fuori dal sedile. Una fitta di dolore lo colpì alla spalla, fermandogli il respiro. Cercò di alzare le mani per portarsele alla gola e boccheggiò in cerca di aria. Attorno a lui volavano schegge di vetro mentre la sua auto veniva accartocciata. I suoi occhi vennero colpiti da infinitesimali schegge, accecandolo momentaneamente. Matt cercò di allontanare il fastidio crescente nei suoi occhi sbattendo le palpebre, ma più chiudeva gli occhi più il dolore si faceva intenso. Venne pervaso dall’agonia. Il suo corpo era un insieme di interminabile disperazione. Era difficile capire da dove cominciasse. Non era più Matt, era qualcun altro che viveva questo momento tragico.

Il volto di Claire gli balenò nella mente. Aveva così tanti rimpianti. Così tante cose che avrebbe voluto riparare. Ora non avrebbe mai più avuto l’occasione di farlo. L’aver fallito nel cogliere l’occasione con lei era una perdita dalla quale non si sarebbe mai più ripreso. Era l’epifania di cui necessitava—anche se gli era pervenuta troppo tardi per cambiare qualcosa. Tutto accadde in un flash di momenti, eppure lo annientò tutto allo stesso momento. Ciò che vide era il ricordo sfocato di una vita alla quale avrebbe potuto non ritornare mai più. La sua auto venne accartocciata in una scatola di metallo e vetro, e Matt si rese conto che non c’era niente che potesse fare per aiutare sé stesso. Era troppo tardi, era troppo, un finale prima di aver avuto l’occasione di iniziare. Perché non aveva fatto qualcosa prima? Perché era stato stolto…

Si udirono urla nel caos. La sua gola era secca e la sua vista—Dio, non vedeva niente. Qualcosa di liquido gli bagnava il volto. Matt cercò di sollevare la mano ma non riuscì a muoverla. In quel momento si rese conto che le urla provenivano dalle sue labbra, e che era quasi certo che non avrebbe vissuto abbastanza a lungo per dire a Claire che l’amava…

“Matt, svegliati” ordinò Claire.

Non si mosse. La sentiva chiamarlo vagamente. Voleva andare da lei, ma era difficile. Il suo corpo era congelato nell’incubo dell’incidente. La fatica di liberarsi e raggiungere la realtà impiegò ogni briciolo della sua volontà. L’incubo era qualcosa che cercava di evitare, ma che lo perseguitava comunque. Era il tormento con cui viveva ogni giorno. Pensava che quel giorno sarebbe morto, eppure era ancora vivo. I rimpianti che aveva realizzato di avere in quel momento non se n’erano andati.

La differenza era che ora non pensava di meritarsi Claire. Non ne era degno, e non aveva il diritto di dirle quanto il suo amore per lei fosse cresciuto con gli anni. Lui si meritava qualcuno meglio di lui. Matt aprì gli occhi al suono della voce di lei. Sbatté le palpebre diverse volte, ma davanti a lui vedeva comunque tutto sfocato. Il colore biondo oro dei suoi capelli si mescolava al suo viso. Se non fosse stato abituato alla sua voce, non avrebbe avuto idea che davanti a lui si trovava Claire.

“Che succede?” le domandò alzando la mano per asciugarsi il sudore da un sopracciglio. “Perché mi hai svegliato?”

“Stavi urlando”. Gli passò le mani fredde nei capelli bagnati dal sudore. “Era come se…” s’interruppe e rimase in silenzio per qualche momento. “Che cosa stavi sognando?”

La sua voce era colma di preoccupazione. Odiava il fatto che tutto ciò che lui faceva sembrava preoccuparla. Matt non voleva dirle dell’incubo. Lo tormentava molto più di quanto volesse ammettere, ma questa era stata la prima volta in cui si era palesato con Claire presente. Era il suo fardello, e non l’avrebbe sporcata con la bruttezza dello stesso, ed era qualcosa che non poteva essere cambiato. Il risultato era la sua nuova realtà. Aveva tamponato quell’auto, ed il camion dietro di lui aveva tamponato il suo veicolo. La conseguenza era stata una reazione a catena di gomme stridenti, metallo piegato e vetri rotti. Allontanò l’immagine e riportò l’attenzione su di lei. “Non è niente di cui ti devi preoccupare”.

“Troppo tardi” sbuffò lei. “Sono preoccupata. Non puoi fare in modo che io smetta di tenere a te solo perché ti mette a disagio”.

Matt avrebbe desiderato poterla tirare a sé e baciarla. Era una pessima idea. La cosa peggiore che avrebbe potuto fare in quel momento. Quante volte doveva ricordare a sé stesso che lei meritava molto meglio di lui? Aveva avuto la sua possibilità e l’aveva sprecata. Come avrebbe potuto sapere che la vita gli avrebbe messo davanti una difficoltà di proporzioni epiche? Non c’era modo di saperlo. Lei doveva andare avanti con la sua vita e trovare qualcun altro, perché Matt non sarebbe stato nient’altro che un fardello. Non poteva aspettarsi che Claire si sarebbe presa cure di lui per il resto della sua vita. Se avesse avuto l’occasione di rimettersi in sesto e scoprire chi era adesso, l’avrebbe dovuto fare da solo. Era ora di smettere di compatirsi e ricominciare a vivere. Ciò significava che Claire doveva andarsene, e lui doveva imparare come vivere senza di lei. L’amava—forse l’avrebbe sempre amata, ma non poteva più dipendere da lei. Matt si era preso cura di sé stesso per anni, e si ricordava eccome chi era.

 

“Hai ragione” certo che aveva ragione. Non significava però che lui sarebbe dovuto essere il soggetto del suo ricordarselo giornalmente. “Non ti avevo detto di andare? Che ci fai qui?”

La donna sospirò. “Credo di averti detto che tu potrai vincere la battaglia, ma io vincerò la guerra”.

Giusto. Aveva detto qualcosa del genere. Beh, poteva lasciare che lei pensasse che i due fossero coinvolti in un match che avrebbe decretato un vincente, ma la verità era che non ne sarebbe valsa la pena. Claire doveva comprendere ciò che lui aveva già fatto. “Non c’è nessuna guerra”.

“Certo che sì. Prima hai delimitato i confini. Io ho colto il guanto di sfida”.

Matt chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. “Pensavo veramente ciò che ho detto. Forse mi sono espresso male”.

Lei emise una risata nasale. “C’è un solo modo per esprimersi al riguardo”.

“Ad ogni modo…” sentii un muscolo della sua mascella contrarsi quando un dolore lo pervase all’interno. Era più difficile di quanto pensasse. “Ho bisogno che tu vada a casa. Non posso averti qui tutti i giorni”.

Claire rimase in silenzio alle sue parole. A che cosa stava pensando? Matt desiderava più di ogni altra cosa vedere il suo volto. Il suo bellissimo viso a forma di cuore che lo perseguitava. Almeno poteva trovare rifugio nei suoi ricordi, ma non era la stessa cosa come vivere la vita al presente. Claire illuminava il suo mondo come niente e nessun’altro. Sfortunatamente lui rabbuiava invece quello di lei. Non poteva permettere che i suoi problemi ricadessero più su di lei. Matt doveva andare avanti con la propria vita. Non poteva sapere che cosa essa avesse in serbo per lui. Avrebbe o non avrebbe potuto riacquistare la vista. Era qualcosa che solamente il tempo avrebbe potuto rivelare. Nel frattempo doveva pianificare ogni possibilità.

“Non mi chiedi della mia giornata?”

Che cos’era esattamente? Una distrazione? Una mancanza? Non poteva lasciare che questo cambio d’argomento facesse in modo che i suoi desideri fossero ignorati. “Non ignorare ciò che ho detto solo perché non ti piace”.

Lei si alzò dal letto facendolo rimbalzare indietro dallo scompenso del peso. Quando Claire finalmente parlò, sembrava come se si trovasse dalla parte opposta della stanza. Si voltò nella direzione della voce. Un flash di rosa e nero, ed una luce splendente l’avvolse in un’aura dorata. La luce del sole che filtrava dalla finestra donava ai colori un tono più vibrante. Le diverse sfumature quasi bruciavano la sua vista facendogli venire voglia di allungarsi verso di lei e toccarla.

“Ho visto Dani oggi”.

Si morse il labbro. Forse l’avrebbe lasciata parlare un po’ più a lungo. Avevano sparato a Dani ed era quasi morta. La sua migliore amica, e l’unica persona sulla quale era stato in grado di contare nel corso degli anni. “Come sta?”

“È a casa, prova ancora dolore, ma sta organizzando il suo matrimonio”.

Gli angoli della bocca di Matt s’inclinarono in alto. “Non ho mai pensato di vederla legarsi ad un uomo per il resto della sua vita”.

Il sorriso sulle sue labbra cadde alle sue stesse parole. Non l’avrebbe vista perché la sua vita continuava ad eluderlo. Voleva guardarla percorrere la navata. Matt desiderava vedere la felicità brillare sul suo volto. Per tutto il tempo in cui era stato in ospedale, aveva desiderato aprire gli occhi per riuscire finalmente a vedere tutto. Dani e Ren che si erano trovati nel bel mezzo del caos, ed avevano scoperto qualcosa di molto più bello. Per quanto Matt fosse felice per lei, era altrettanto disperato per sé stesso. L’autocommiserazione non aveva mai fatto bene a nessuno, quindi allontanò i pensieri negativi.

“Non hanno stabilito una data certa, per quanto ne so. Dani deve ancora guarire”.

“Già”. Matt odiava l’idea che la sua migliore amica stesse soffrendo, e non poteva aiutarla in nessun modo. Almeno poteva trovare conforto nel sapere che l’uomo responsabile dell’atto si trovava in prigione e non le avrebbe più fatto del male.

Claire si schiarì la voce e poi disse, “Ad ogni modo, mi sono fermata da lei per consegnarle dei documenti dall’ufficio”.

Matt s’accigliò. Non aveva considerato lo stato delle cose in ufficio. Poiché entrambi erano feriti, lo studio sarebbe andato in pezzi. Dani era appena stata dimessa dall’ospedale. “Non dovrebbe lavorare nelle sue condizioni”.

“Non essere ridicolo. Non andrà in tribunale” sospirò Claire. “È ancora in grado di pensare e recensire dei documenti. Dalle un po’ di fiducia per il fatto di aver mantenuto il suo intelletto e la sua abilità di usare il cervello con il quale è nata”.

Accidenti. Aveva ancora ragione. Avrebbe dovuto smetterla di ribattere, intanto che c’era. “Scusami. È—beh—mi preoccupo”.

Claire scoppiò a ridere. “Non saresti tu se non ti preoccupassi. Dani sta bene. Ha il suo dottore personale che si prende cure di lei”.

Una fitta di dolore lo raggiunse al cuore. Non era niente di più di un accenno d’invidia. Desiderava ciò che Dani aveva. La gelosia non era qualcosa con cui solitamente lui aveva avuto a che fare, eppure non poteva sopprimere ciò che provava al momento. Forse quando si sarebbe rimesso in senso l’avrebbe avuto anche lui. Fino ad allora avrebbe solamente dovuto sperare di rispettare le sue aspettative. “Quando ti trasferisci?”

“Siamo già ritornati su quello?”

“Non ce ne siamo mai allontananti” scosse il capo. “Non ho intenzione di lasciar stare”.

Che cosa doveva fare per farle capire? Era così testarda, meravigliosa e bellissima. Ovviamente l’ultimo aspetto rappresentava solo un ricordo.

Gli altri aggettivi invece erano evidenti ogni giorno. Claire sopportava molto da parte di Matt. Era ora che lei ricominciasse a vivere. Dovevano farlo entrambi.

“Che ne dici se intavoliamo questa discussione dopo la tua prossima visita con Ren?”

Lui fece per interromperla, ma lei non glielo concesse.

“Non cercare di convincermi. Non me ne andrò a meno che lui non dica che non è un problema lasciarti solo. Parlerò anche con la tua dottoressa e con Lana. Se tutti e tre sono d’accordo, allora me ne andrò”.

“D’accordo” si trovò d’accordo con riluttanza. Avrebbe telefonato a tutti e tre per assicurarsi personalmente che potessero essere d’accordo sul fatto che avrebbe potuto vivere da solo. Matt non voleva pensare a questa cosa fra di loro come una guerra, ma non significava che non potesse attuare delle strategie meglio di un generale pluridecorato. “Accetto questi termini”.

Specialmente se intendeva utilizzarle a proprio favore.

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