Free

Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 2

Text
iOSAndroidWindows Phone
Where should the link to the app be sent?
Do not close this window until you have entered the code on your mobile device
RetryLink sent

At the request of the copyright holder, this book is not available to be downloaded as a file.

However, you can read it in our mobile apps (even offline) and online on the LitRes website

Mark as finished
Font:Smaller АаLarger Aa

Choquel, avvocato al Parlamento di Provenza, pubblicò nel 1759, un'opera intitolata: La Musique rendue sensible par la mécanique, ec. cioè “La Musica resa sensibile per mezzo della meccanica, ossia nuovo sistema per apprendere facilmente da se stesso la musica” in 8vo. L'autore v'impiega con profitto il monocordo e 'l cronometro, strumenti noti a dir vero, ma de' quali non si era pensato ancora a trarne così buon partito, e la cui costruzione è sì facile, che può ciascuno procurarseli agevolmente. In una parola, quest'opera mette coloro, che si troverebbono privi di maestro, in istato di apprendere da loro medesimi a solfeggiare ed a cantare con giustezza e in misura di tempo.

Choron (Alessandro-Stefano), nato a Caen a 21 ottobre 1772, ove suo padre era direttore delle gabelle, non intraprese lo studio della musica che al compir de' suoi studj, da lui terminati prima dell'età di quindici anni, nel collegio di Juilly. Privo d'ogni specie di soccorsi, e contradetto ne' suoi gusti, cominciò dall'apprendere da se stesso, senza libri e senza i consigli di alcun maestro, a notare tutti i canti, che poteva trattenere a mente o inventare, e giunse così ad acquistare bastante facilità in quest'esercizio, ma prima altresì di essere in istato di leggere una nota di musica. Le opere di Alembert, di Roussier, di Rousseau e d'altri scrittori della setta di Rameau, gli servirono quindi di guida nello studio della composizione, e 'l menarono a grado di comporre sì bene che male, in parti, o in accompagnamento. Mr. Gretry, a cui mostrò egli alquanti saggi in tal genere, lo impiegò a far degli studj metodici; e indicogli l'abbate Roze, uno de' migliori maestri francesi, con cui travagliò per alcun tempo. Desiderando in appresso aver cognizione dell'altre scuole, faticò per lungo corso di tempo col signor Bonesi della scuola di Leo, e con altri professori della scuola d'Italia, e lesse con molta attenzione i migliori didattici tedeschi, di cui apparò espressamente il linguaggio. Nel tempo, ch'ei studiava le opere di d'Alembert, ec. la voglia di capire alcuni calcoli che vi s'incontravano, l'indusse a intraprender lo studio delle mattematiche. Egli vi si diede con un estremo ardore, e vi fece de' sufficienti progressi a segno che il cel. geometra M. Monge lo giudicò capace di ricevere i suoi consigli e lo adottò per suo allievo. In questa qualità fece egli le funzioni di ripetitore per la geometria descrittiva alla scuola Normale nel 1795, e fu quindi nominato capo di brigata alla scuola Politecnica al tempo della sua formazione. Agli studj delle mattematiche M. Choron ne aggiunse ancora degli altri ch'ei credette aver più o meno rapporto con la musica, alla quale riferiva tutto, ed ai quali lo portavano il desiderio di sapere e l'abitudine di generalizzare le sue idee; così fu che abbracciò quelli dell'analisi dell'intendimento, della letteratura in generale, delle lingue antiche e moderne, sino all'ebrea, di cui supplì più volte la lezione nella classe del collegio di Francia in assenza del suo professore. Se essi furon di ostacolo perchè dar non si potesse esclusivamente alla pratica, gli furono almeno utili in quanto gli facilitarono l'acquisizione d'una teoria più profonda. Sin da' primi passi che aveva fatti nella carriera della musica, erasi innalzato a un grado sufficiente per iscorgere, da una parte, molte imperfezioni del sistema generale della musica in se stesso; dall'altra, la povertà della letteratura di quest'arte, principalmente nella lingua francese. Questi furono adunque li due oggetti a' quali riferì tutta la sua attenzione. Sarebbe qui forse il luogo opportuno per entrare in alcuni dettagli intorno a questa materia: ma siccome riuscirebbe impossibile l'intraprenderli di una sufficiente maniera, senza eccedere singolarmente i limiti che ci siamo prescritti in questi articoli, ci ristrigneremo a dire che M. Choron prepara sopra tutti siffatti oggetti de' travagli della più grande importanza, che diverranno a mano a mano pubblici, e su i quali egli non vuole prevenire il giudizio degli artisti. Le opere intorno alla musica ch'egli sino a questo giorno ha date al pubblico sono: 1º. Principes d'accompagnement des écoles d'Italie, en société avec le sieur Fiocchi, Paris 1804; 2º. Principes de composition des Écoles d'Italie, Paris 1809; opera classica, in tre vol. in folio, di mille quattrocento cinquanta sei rami, il che ne rende ai particolari malagevole l'acquisto, per il prezzo che necessariamente dee valere. L'opera è formata della riunione dei modelli i più perfetti in ogni genere, arricchita di un testo metodico disposto a norma dei documenti delle scuole più celebri, e particolarmente di quella d'Italia, e degli Scrittori didattici i più apprezzati. Può dirsi in verità che questo è il solo corpo di dottrina compiuto intorno all'arte della composizione (V. quì l'art. di Sala nel 3. tomo). Di buon grado ne avrei qui dato l'analisi, ma nol permette la brevità di cui mi sono compromesso. 3º. Nel 1811 Mr. Choron ha pubblicato un Metodo elementare di Musica e di canto-piano, per uso de' seminarj, e delle scuole delle cattedrali, in 12º. Nel 1800, aveva egli inoltre dato al pubblico un Metodo d'istruzione primaria, per apprendere nel medesimo tempo a leggere ed a scrivere che, dopo l'esperienze fatte sopra più di mille persone e l'attestato della società Filantropica di Parigi, economizza in circa i tre quarti del tempo. Mr. Choron è finalmente insieme con Mr. Fayolle autore di un Dizionario Storico dei Musici Artisti, ec., di cui si è abbastanza da noi parlato nella prefazione del presente Dizionario.

Chretien (Egidio-Luigi), valente sonator di violoncello della cappella del Re a Versailles ove era nato nel 1734. Egli sonava con ispeditezza e facilità delle sonate di violino molto difficili, e tirava un bel suono dal suo instromento, benchè sia stato accusato di non attaccarsi abbastanza all'espressione. Nel 1760, egli diede agl'italiani Le Precauzioni inutili. Finì egli di vivere li 4 marzo 1811, come finiva egli di emendare le prove di un'opera su la musica, che la sua vedova ha di recente pubblicata, e di cui Mr. Choron promette l'analisi nel suo supplemento. Chretien non si era addetto unicamente alla musica, a lui si devono eziandio i ritratti disegnati su la fisonomia, e che prendono perfettamente la rassomiglianza degli originali.

Christmann (Giov. Federico), ministro luterano a Heutingsheim, nato a Ludwigsbourg nel 1752, dee essere annoverato tra i più abili dilettanti di musica de' nostri giorni. Fornito di molti talenti, ebbe occasione di sentire spesso la cappella, allora sì eccellente del duca di Wurtemberg, e di personalmente conoscerne i primi artisti che frequentavano la casa di suo padre: egli si rese nel suo decimo anno al ginnasio di Stuttgart. Essendo già abile sul flauto e il clavicembalo, continuò a coltivare questi due instrumenti, e giunse a un tale grado di perfezione che ancor assai giovane, fu ammesso a eseguire un solo di flauto dinanzi al duca. Egli si rese quindi a Tubinga per studiarvi la Teologia: vi proseguì i suoi esercizj, e cominciò a comporre de' concerti per quegli stromenti. Eletto vicario presso un ministro, lasciò quel posto a capo di due anni, e nel 1777 portossi a Winterthur nella Svizzera, in qualità di precettore; quivi egli compose negli intervalli d'ozio, i suoi Elementi di Musica, (Elementarbuch), che diede alle stampe nel 1782, a Spira, presso Bosler, con un volume d'esempj pratici. Egli vi fece imprimere nel tempo medesimo i suoi Divertimenti per il cembalo (Unterhaltungen etc.). Nel replicare alcune esperienze su l'aria infiammabile, che occupavano allora i fisici dell'Europa, in occasione di essersi inventate le macchine aerostatiche, ebbe la disgrazia di perdervi un occhio. Fu in tal congiuntura ch'egli tornò nel 1782, nella casa paterna. Guarito appena, accettò anche un posto di precettore a Carlsruhe: quivi fece conoscenza col maestro di cappella Schmidtbauer, e nel tempo stesso con Vogler, che trovavasi allora alla corte di quella città, ove fece più volte sentirsi. Dopo un soggiorno di nove mesi a Carlsruhe, Christmann fece un viaggio nel Palatinato per riconoscere più da vicino lo stato delle scienze e delle arti in quel paese. Nel 1783, ottenne alla fine la carica di ministro nella patria. Le differenti opere, ch'egli ha di poi pubblicate, provano con quale successo esercita ancora, in quella nuova situazione, i talenti ch'egli ha per la musica. Debbonsi comprendervi le numerose produzioni e d'ogni specie, con cui ha abbellita l'opera di Bosler intitolata: Musicalische Blumenlese, ossia Scelta di fiori di Musica. Il secondo volume de' suoi Elementi di musica, ch'egli fece imprimere nel 1789, presso Bosler, e che contengono i principj del basso continuo e dell'accompagnamento; e la parte finalmente ch'egli ha avuto al piano e all'esecuzione della Gazzetta musicale di Bosler, per la quale egli ha somministrato molti articoli interessanti. Nel 1790, era inoltre occupato di molte importanti ricerche relativamente alla storia letteraria della musica, e travagliava a un Dizionario generale di musica, in più vol. in 4º, di cui fece pubblicare il Prospetto nei giornali del 1788. Gli amatori di quest'arte possono consultare, a questo riguardo, la gazzetta di musica nel mese di febbrajo 1789; dove troveranno eziandio la di lui Biografia con più dettaglio. Non sappiamo sin ora che sia stato pubblicato il suo Dizionario.

Chrysander (Gugl. – Cristiano-Giusto), dottore in teologia e filosofia, professore ordinario di teologia nell'Università di Rinteln, nacque a Gœddekenroda, nel paese di Halberstadt, li 9 dicembre 1718. Era egli grand'amatore di musica, cantava, sonava la chitarra, il flauto e il cembalo fin nella sua più grande età, nella quale aveva ancor l'abito di cantare i salmi ebrei, accompagnandosi su la chitarra. Egli scrisse e pubblicò nel 1755, un trattato sotto il titolo: Historiches etc. cioè: Ricerche storiche su gli organi di chiesa, in 8vo.

 

Cianchettini (Pio), figlio di Francesco Cianchettini Romano, e di Veronica Dusseck, nacque in Londra li 11 dicembre 1798. Sin dall'età di quattro anni, mostrò delle grandi disposizioni per la musica. Sua madre, sorella del cel. Mr. Dusseck, e come lui famosa sonatrice di piano-forte, gl'insegnò a sonare questo instrumento, e lo istruì nell'armonia. Non aveva egli che cinque anni, quando comparve per la prima volta in pubblico, nella gran sala di concerto al teatro dell'opera Italiana in Londra, ove eseguì sul forte-piano con molta grazia, la prima sonata da lui composta, ed improvvisò delle variazioni sopra temi che furongli presentati. Fu riguardato come un prodigio. Da quell'età sino a sei anni, egli viaggiò con suo padre in Germania, in Olanda ed in Francia: ne' varj giri per questi paesi egli fu accolto della più distinta maniera, e ricevette in fin il soprannome di Mozart Britannico. Di ritorno in Londra proseguì i suoi studj. Alli otto anni parlava benissimo quattro lingue, l'inglese, la francese, l'italiana e la tedesca. Prima di aver compiti i nove anni, aveva già composte molte sonate, capricci ed un gran concerto che fu da lui eseguito li 16 maggio 1809 nella gran sala del concerto in Londra, e che eccitò i più vivi applausi. Veronica Dusseck sua madre era nata in Boemia nel 1779, ebbe da suo padre lezioni di musica. All'età di diciotto anni, suo fratello Giuseppe Dusseck, famosissimo sonatore di forte-piano, chiamolla in Londra, ove ella diede con molto successo delle lezioni di quell'instromento. Abbiamo di lei molte sonate e due gran concerti per il cembalo: ella maritossi in Londra con Francesco Cianchettini Romano.

Cicognini: compositore italiano della metà del secolo 17º. Planelli, Tiraboschi e Signorelli lo riguardano come l'inventor delle arie, perchè fu il primo che nel suo Giasone, diede al teatro un'opera mescolata di recitativi e di stanze anacreontiche. Ma l'accurato abbate Arteaga nella sua Storia del teatro italiano ha provato che Jacopo Peri aveva già nel 1628, dato delle arie nel suo dramma Euridice.

Ciconia (Gio.), canonico di Padova nel secolo decimo quinto, lasciò un'opera manoscritta col titolo: De proportionibus, che si conserva in Ferrara.

Cima (Gian-Paolo), organista di Milano, è autore di un canone che vien riferito dal padre Martini nel suo saggio fondamentale pratico del contrappunto fugato. Questo canone è fatto con molto artifizio: tutte le voci cominciano dal fa ut grave del tenore; quando la seconda voce entra in canto, la prima cambia di registro e passa alla chiave di contralto, e la prima a quella di secondo soprano; finalmente quando si viene alla quarta voce, la terza passa alla chiave di contralto, la seconda a quella di mezzo soprano, e la prima a quella di soprano. L'autore di questo canone avendosi inutilmente lambiccato il cervello per trovare un enigma relativo a tutti que' cambiamenti di registro, determinossi a rompere il nodo della difficoltà, mettendovi: Intendami chi può che m'intend'io.

Cimador (Francesco), nato in Venezia verso il 1750, era un musico assai poco istruito nella composizione, ma pieno bensì d'estro e di fantasia. Essendo ancora nel proprio paese, scrisse l'opera di Pigmalione, che ben può dirsi frutto dell'inspirazione, e del genio. Fu questa ricevuta con sommo aggradimento dal pubblico a motivo dell'espressione e dell'originalità che vi regnavano: ma in quanto a lui medesimo, ne fu così malcontento, che gettonne lo spartito alle fiamme, e giurò di non più scrivere in sua vita. Ei mantenne parola, e d'indi in poi limitossi a disporre e accommodare per suo uso soltanto i pezzi che gli piacevano nella musica degli altri compositori. Così fu che trovandosi in Londra nel 1792, e vedendo con pena che l'orchestra d'Haymarket ricusava di eseguire le sinfonie di Mozart, per la loro eccessiva difficoltà, egli ne accomodò dodici delle più belle in sestetti, con una settima parte ad libitum. Questa interessantissima collezione ha avuto il più meritevole successo, e questo si è quel che Cimador ha lasciato di più importante.

Cimarosa (Domenico), nato in Napoli nel 1754, e morto in Venezia li dì 11 gennajo 1801, in età di appena 46 anni. Egli ricevette le prime lezioni di musica da Aprile, ed entrò nel Conservatorio di Loreto, dove apprese i principj della scuola di Durante. Nel 1787, fu chiamato a Pietroburgo dall'Imperatrice Caterina II per comporvi delle opere. Ecco quelle ch'egli ha scritto in Italia, e che sono state applaudite con entusiasmo sopra tutti i teatri dell'Europa. L'Italiana in Londra, 1769; Il Convito, I due Baroni, Gli inimici generosi, Il pittore parigino, 1782; Il Falegname, 1785; I due supposti conti, 1786; Valodimiro, La Ballerina amante, Le trame deluse, 1787; L'impresario in angustie, Il credulo, Il marito disperato, Il fanatico burlato, 1788; Il convitato di Pietra, 1789; Giannina e Bernardone, La Villanella riconosciuta, Le astuzie feminili, 1790; Il matrimonio segreto, 1793; I traci amanti, Il matrimonio per susurro, La Penelope, L'Olimpiade, Il sacrificio d'Abramo, 1794; Gli Amanti comici, 1797; Gli Orazj e Curiazj. L'ultima opera buffa di Cimarosa è L'imprudente fortunato, rappresentato in Venezia nel 1800. L'Artemisia non potè esser da lui finita; non v'ha del suo che il primo atto: altri compositori si sono provati di aggiugnervi i due ultimi, ma non è potuto lor riuscire. Il pubblico ha fatto abbassare il sipario alla medietà del secondo atto. Tutte le opere di Cimarosa brillano per l'invenzione, per l'originalità delle idee, per la ricchezza degli accompagnamenti e la grazia degli effetti scenici, principalmente nel genere buffo. La più parte de' suoi motivi sono di prima intenzione. Nel sentire ciascun pezzo della sua musica, si vede che la partizione è stata fatta di estro, e come di un solo getto. L'entusiasmo che eccita il Matrimonio segreto non può concepirsi: basti il dire, che quest'opera giunse a fissare la mobilità degl'Italiani. Cimarosa fu al Cembalo, nel teatro di Napoli, per le sette prime rappresentazioni, il che non era mai avvenuto. In Vienna, l'Imperatore avendo sentita la prima rappresentazione di quest'opera, invitò i cantanti ed i musici a tavola, e rimandolli la sera stessa al teatro, ove rappresentarono quel dramma la seconda volta. Si riferiscono molti tratti di modestia che ingrandiscono il merito di questo valentuomo. Un pittore, volendogli far la corte, gli disse che lo riguardava come superiore a Mozart; Io! oibò! riprese egli seriosamente, e che direste voi a un uomo che venisse ad assicurarvi che voi sorpassate Raffaello? Cimarosa era di un carattere aperto, franco, sincero, amichevole: quand'ei scriveva la sua musica, domandava strepito, e voleva a se intorno gli amici per comporre. “Così gli nacquero, dice Carpani, gli Orazj e Curiazj; e così il matrimonio secreto, ed in esse (malgrado alcune improprietà d'espressione), la più bella, la più ricca, la più originale opera seria, e la prima opera buffa del teatro italiano.” (Lett. 13.) Egli compara Cimarosa a Paolo Veronese. Gli amatori sono divisi tra Mozart e Cimarosa, riguardandoli come compositori drammatici. Napoleone dimandava un giorno a Gretry qual differenza eravi tra l'uno e l'altro. “Signore, rispose Gretry, Cimarosa mette la statua sul teatro e il piedestallo nell'orchestra, mentre che Mozart mette la statua nell'orchestra e 'l piedestallo sul teatro.”

Cionacci (Francesco), prete e predicatore in Firenze, pubblicò nel 1685 a Bologna: Dell'origine e progressi del canto ecclesiastico. Discorso I. (V. Mart. Stor.)

Cleaver (William), vescovo di Chester in Inghilterra, pubblicò a Oxford nel 1777 il decreto degli Spartani contro Timoteo poeta musico per avere egli aggiunto due corde alla lira, e che esisteva soltanto in latino conservatoci da Boezio. Il dottor Cleaver trovato avendolo in greco nella biblioteca di Oxford, il rese pubblico sotto il seguente titolo: Decretum Lacedæmoniorum contra Timotheum Milesium, e codd. mss. oxoniensibus, cum commentario, etc. Dobbiamo del pari a questo dotto vescovo: De rhytmo Græcorum liber singularis Oxonii 1788, in 8º.

Clamer (Andrea Cristoforo) fè pubblicare a Salisburg nel 1783, Mensa harmonica, etc. Non possiamo proferirne giudizio, non conoscendolo.

Clari (Gian-Carlo M.) era maestro di cappella della cattedrale di Pistoja. Egli fu uno dei migliori allievi che sortirono dalla scuola di Giov. Paolo Colonna, maestro di cappella della collegiale di san Petronio in Bologna. I suoi duetti e terzetti sono pregiatissimi: vi si trova, unito a una gran cognizione dell'arte, l'eccellente gusto dell'autore in questa sorta di composizione. Egli fiorì sulla fine del sec. 17º. L'ab. Eximeno rapporta un pezzo della sua musica come un modello di buono stile; e di cui ogni nota è una pennellata da maestro (Dell'origin. ec., pag. 439.).

Clayton (Tommaso), compositore e secondo professore di musica nel collegio di Gresham a Londra, è il primo de' musici inglesi che si sia provato di porre in nota un dramma inglese: fu questo la Rosemonda di Addison. Quest'opera rappresentata nel 1707, fu accolta male, ma la seconda intitolata Arsinoe ebbe più gran successo, le arie sono state impresse. (Marpurg, Beytrag. t. 11.)

Cleman (Baltassare), è autore di un piccolo trattato di contrappunto, secondo il catalogo di Hausmann. (Ehrenpforte, pag. 108)

Clementi (Muzio), nato in Roma nel 1746, vien riguardato come il più gran suonatore di piano-forte che abbia esistito. I Tedeschi non possono opporgli che Carlo-Filippo-Emmanuele Bach. Egli riesce eccellente nell'adagio del pari che nell'allegro: eseguisce i passaggi più difficili in ottave, ed eziandio i trilli in ottave con una sola mano. Nello stesso tempo egli è un compositore di primo ordine: sin dall'età di dodici anni compose una fuga a quattro parti. Aggiungasi ch'egli è ben istruito nelle scienze e nelle arti, e che unisce alla cognizione degl'antichi autori quella delle mattematiche. Verso il 1780 era a Parigi: quindi portossi in Londra, ove ha stabilito un magazino di musica e di cembali a forte-piano. Nel 1809, si era fatta correr voce di sua morte, ma egli era allora in Italia ed è attualmente in Vienna. La collezione compiuta delle opere del Sig. Clementi è stata di recente pubblicata a Lipsia presso Breitkopf. Le sue opere che giungono sino a 43 possono ancora trovarsi presso Mr. Leduc. Ecco quello che un degno allievo di Clementi (Mr. Bertini di Parigi) ha scritto intorno al suo illustre maestro: “I pezzi che Clementi ha composti fannosi rimarcare per la saviezza del piano e la disposizion delle idee. Il suo stile in generale è severo e sempre puro: le sue composizioni sono brillanti, dotte, aggradevoli. Egli ha fatte molte sinfonie, che sono ammirate dagl'intendenti. La sua esecuzione è brillante e di moltissimo gusto, nè stanca giammai il sentirlo sul forte-piano: egli improvvisa in maniera a far credere che il tutto sia scritto. Alla testa de' suoi allievi distinti che ha formati, por si debbono Cramer, Field, madama Bartholozzi ed altri.” Clementi, mentre era in Francia, era molto economo ne' suoi abiti; in sua casa viveva con somma sobrietà, ma amava moltissimo di essere ben trattato in casa altrui. Aveva dello spirito, delle cognizioni, era affabile, obbligante, buon amico, e incapace totalmente di gelosia e d'invidia. “Il celebre Clementi dice l'illustre Carpani, l'emulo del Mozart nelle sue composizioni pel gravicembalo, ed unico forse in oggi nella maniera insuperabile di sonare quell'istrumento, pubblicò in Londra anche un saggio di ritratti armonici assai bizzarro. Intraprese a contraffare i più noti compositori di cembalo de' suoi giorni: il Mozart, l'Haydn, il Kozeluch, lo Sterkel ec. non che se medesimo. E intitolò la sua galleria Caratteri musicali. Il pregio di questo scherzo consiste nell'avere l'autore così ben colta la fisonomia dell'ingegno d'ognuno de' suoi originali che, senza altra notizia chiunque, pratico delle loro opere, si pone ad eseguire queste sonatine composte d'un preludio e d'una cadenza, indovina a dirittura il maestro di cui si tratta. Non ha lasciato l'autore in mezzo alla fedeltà della imitazione, di rallegrare il soggetto con qualche saporito frizzo d'una satira delicata, appoggiando quà e là su quelle affettazioni o sviste, in cui taluno di suddetti originali cadeva talvolta, scherzo in vero degno di quel felicissimo ingegno.” (Lett. 7ª.)

 

Cleona, suonatore di tibia, di cui fa menzione Plutarco (dial. de music.), asserendo, che trovavasi maggior vaghezza di ritmo nelle sue composizioni, che non in quelle di Polimnesto, da cui Cleona aveva preso moltissimo, singolarmente ne' canti da regolare la milizia, chiamati Orzj, e Smintj. Egli era di Tegea, e fioriva nel settimo secolo innanzi G. C.

Clinia di Taranto, filosofo pitagorico e musico viveva circa quattro secoli prima di G. C. Egli rendeva amene le lezioni della filosofia co' divertimenti della musica, e trovava ne' suoni della sua lira un lenitivo che calmava i movimenti della sua collera. (E. Plutarc., loc. cit.)

Cocchi (Gioachino), maestro di cappella del Conservatorio degl'incurabili in Venezia, nato a Padova nel 1720. Egli fu un de' primi che per il suo estro comico, fece gustare l'opera buffa in Italia: vien paragonato in questo genere a Galuppi. Nel 1771, viveva ancora in Londra. V. Gerbert.

Colbran (Isabella Angela) nacque in Madrid nel 1785, da Gianni Colbran professore di musica della cappella e camera del re di Spagna. “Le sue disposizioni per la musica e per il canto presentir si fecero sin dalla culla. All'età di tre anni, essa già intonava bene, all'età di sei don Francesco Pereja, primo violoncello di Madrid e compositore, donolle lezioni di musica. A' nove anni, studiò ella sotto Marinelli, che la diresse sino alli quattordici. Allora fu che il celebre Crescentini ebbe il piacere di formarla nell'arte del canto e, allorchè la credette in istato di prendere il suo volo, profetizò egli la riputazione di cui ella goder doveva un giorno: Io non credo, egli diceva, che vi sia in Europa un talento del suo più bello; ed a questo elogio unì egli il dono di tutta la sua musica.” Madamigella Colbran ha eccitato la più viva ammirazione in tutti i concerti nei quali si è fatta sentire, in Ispagna, in Francia e in Italia. Nel 1809, essa si è molto distinta in qualità di Prima donna seria sul teatro della Scala in Milano; e nel 1810, sul teatro della Fenice in Venezia. Essa ha composto in oltre più canzoncine, sei delle quali son dedicate alla regina di Spagna, sei altre all'imperatrice delle Russie, sei al principe Eugenio e sei al sign. Crescentini suo maestro.

Collyer, dotto musico e letterato inglese scrisse verso il 1784, alcuni schizzi sulla musica, dei quali Archenholtz ha data la traduzione tedesca nel suo Liceo inglese, vol. primo n. 20.

Colonna (Fabio) nato in Napoli nel 1567, sin dalla più tenera età diessi tutto allo studio della storia naturale, delle lingue, delle mattematiche, della musica, della pittura, dell'ottica, della botanica. Egli è autore di un'opera sulla musica pubblicata in Napoli nel 1618, col titolo di Sambuca lincea, libri III, in 4º. Vi si dà la descrizione d'un istrumento, che l'autore chiamò Pentecontachordon, perchè è composto di 50 corde, e che divide il suono in tre parti. Quest'opera è pregevole benchè poco comune.

Colonna (Giov. Paolo), di Bologna, maestro di cappella di san Petronio verso il 1780, è un compositore del primo ordine e per la scienza e per lo stile. Le sue opere trovansi impresse dal 1681 sino al 1694, ed i suoi manoscritti conservansi con venerazione. In una chiesa di Venezia ve ne ha un considerevol deposito, e non è permesso di tirarne delle copie. Si ha ancora di lui un'opera in musica, l'Amilcare.

Constant de la Molette (Filippo du). Vicario generale di Vienna nel Delfinato, dottor della Sorbona, possedeva molte lingue, ed oltre a molte opere su la Scrittura una ne pubblicò sotto il titolo di Traité sur la poésie et la musique des Hébreux, pour servir d'introduction aux psaumes expliqués, Parigi 1780, in 12º. Quest'opera è assai interessante per gli amatori della filologia e dell'antichità, e vi si trovano delle cose nuove benissimo esposte. L'autore già noto per discussioni profonde sopra le sagre carte, non mostra minor acutezza ed erudizione nella presente opera in quel che riguarda le due facoltà musicale, e poetica presso quell'antichissima nazione. L'abb. du Constant morì nel 1793.

Conti (L'abbate Antonio), nobile Veneziano, unito in stretta amicizia col celebre Benedetto Marcello, somministrò alla sublime musica di questo compositore una poesia degna di essa. Egli visse molti anni in Francia e in Inghilterra. A Londra il gran Newton gli comunicò le sue idee e gli svelò tutti gli arcani della scienza. L'ab. Conti morì nel 1749, in età di 71 anno. Tra le sue opere postume in Venezia, 1756, in 4º, vi ha una Dissertazione sensatissima su la Musica imitativa, e su gli abusi che già a' suoi tempi signoreggiavano nel canto. “Io non vado al teatro, egli dice, per ammirare il Musico che canta, ma per esser toccato e per sentire la cosa che imita. Il volgo che ode per l'altrui orecchie, come vede per gli occhi altrui, sente ancora sovente col cuore altrui, ed applaude ai trilli, ai ricami, ai precipizj della voce, per la stessa ragione che applaudiva nel 17º a quelle gonfie e stravaganti poesie, ove sudavano i fuochi, e s'avvelenava l'obblio coll'inchiostro. Qual nome debbo dar ad una Musica, nella quale il compositore gareggia col modulatore, a cui più offuschi, o confonda il senso delle parole? Non è questa certamente una musica nè italiana, nè latina, nè ebrea, perchè coloro che intendono queste lingue, nulla intendono delle parole espresse dal modulatore. Quando si canta in un'opera, o in una chiesa, io non cerco d'udire un rossignuolo od altro che mi solletichi, ma un uomo che parli dolcemente al mio cuore, alla mia fantasia, alla mia mente ec.”

Cordovero maestro di musica fiammingo del quintodecimo secolo, di cui parla il Morigi nel suo libro sesto della nobiltà milanese, ove di Galeazzo Sforza Duca di Milano, che vivea nel 1470. Il che dimostra che vi erano allora in Italia de' maestri di musica, e de' cori di musici, e per lo più esteri; ma l'arte non vi aveva acquistata ancora quella superiorità, a cui levossi verso la medietà del sedicesimo secolo per opera dei maestri italiani.

Corelli (Arcangelo) nacque a Fusignano, presso d'Imola sul territorio di Bologna, nel febbrajo del 1653. Secondo il racconto di Adami, ricevette le prime lezioni di contrappunto da Matteo Simonelli della cappella del Papa; e generalmente si crede che fu suo maestro di violino un tal Giov. Batt. Cassani di Bologna. Burney (tom. 3, History of music) rigetta come insussistente la fama che ha corso, che nel 1672 Corelli era venuto in Parigi e che Lulli per bassa gelosia ne lo aveva fatto cacciare. Corelli al terminar de' suoi studj musicali, partì per la Germania, e fu anche al servigio del duca di Baviera nel 1680. Verso questo tempo tornò in Italia, e portossi in Roma, ove pubblicò la prima sua opera, composta di dodici sonate per due violini e basso con una parte pel cembalo. Questo valent'uomo ricevette prestamente in Roma i più rimarchevoli contrassegni di benevolenza del Cardinale Ottoboni, illuminato protettor delle belle arti. Crescimbeni ci fa sapere che egli teneva ogni lunedì un'accademia di musica nel suo palagio; e quivi fe' il Corelli amicizia col celebre Hendel. Quel Cardinale dichiarò il Corelli primo violino e direttor della sua musica, dandogli un appartamento nel suo proprio palagio. Corelli gli rimase attaccatissimo sino alla sua morte, accaduta li 18 gennajo del 1713, sei settimane dopo la pubblicazione della sua opera sesta de' grossi concerti. Gli aneddoti che abbiamo qui raccolti intorno al Corelli, ci danno a divedere che il di lui carattere era dolce, e pien di modestia. Un giorno ch'ei suonava il violino in una numerosa adunanza, si accorse che ciascuno mettevasi a ciarlare: egli posò pian piano il suo violino in mezzo della sala, con dir che aveva paura d'interrompere la conversazione. Questa fu una lezione per l'udienza, che 'l pregò a riprendere il suo violino, e prestogli tutta l'attenzione dovuta al suo talento. Un'altra volta, ei suonava dinanzi Hendel la sinfonia dell'opera il Trionfo del tempo da costui composta. Hendel montato in furia perchè Corelli non la sonava nel suo genere, strappogli il violino, e cominciò a suonarla egli stesso. Corelli senza commuoversi punto, si contentò di dirgli: Ma caro Sassone, questa musica è nello stile francese, di che io non m'intendo. Corelli era eziandio di buon umore, come lo prova quest'aneddoto raccontato da Walther. Nicola-Adamo Strunck, violino dell'Elettore di Hanover, essendo giunto a Roma ebbe il più gran desio di veder Corelli. Qual'è il vostro instromento, gli domandò egli. Il cembalo, rispose Strunck, e alcun pochetto il violino; ma mi riputerei assai contento di sentirvi. Corelli suonò il primo. Strunck prese di poi il violino, e tenendolo a bada con iscordarlo, cominciò a improvvisare: percorrendo i tuoni cromatici con una destrezza così sorprendente, che Corelli dissegli in cattivo tedesco: Se mi chiamano Arcangelo, dovreste ben esser chiamato voi Arcidiavolo. Molte persone d'alto rango essendo Corelli in Roma si diedero premura d'intenderlo, e di prender eziandio le sue lezioni, tra le quali lord Edgecombe, che fe' scolpire in rame il suo ritratto da Smith su l'originale fattone da Arrigo Howard. Corelli lasciò morendo una somma di circa sei mila lire sterline. Era egli strettamente amico di Carlo Cignani, e Carlo Maratta, che gli donarono moltissimi quadri de' migliori maestri. Ecco i titoli delle Opere composte dal Corelli e le date della loro pubblicazione. La prima di sonate a tre, comparve in Roma nel 1683. La seconda nel 1685, sotto il titolo di Balletti di Camera, e trassegli addosso una lite con Paolo Colonna, sopra una successione diatonica di quinte tra il primo violino e 'l basso d'un'alemanna della seconda sonata. Nel 1690, pubblicò la terza opera di sonate, e nel 1694 la quarta che consiste, come la seconda, in balletti. La quinta è il capo d'opera di Corelli, giusta l'osservazione di Avison, autore di un libro inglese su l'espression musicale. “Avvegnachè dopo Corelli, egli dice, lo stile della musica sia molto cambiato, e che siansi fatti grandiosi progressi nella ricerca dell'armonia, trovansi frattanto ne' migliori autori moderni il fondo delle idee di Corelli, di cui hanno eglino saputo trar profitto, principalmente dall'opera terza, e dalla quinta delle sue sonate.” L'opera sesta, contenente dodici sonate per due flauti e basso, è stata impressa a Londra e a Amsterdam. L'opera settima è composta di Concerti grossi, che prendono il titolo di opera sesta, e ch'egli stesso pubblicò li 3 dicembre 1712. Secondo il parere di Mr. Cartier, le sonate di Corelli debbono riguardarsi da coloro che attender vogliono al violino, come i loro rudimenti. Tutto vi si rinviene, l'arte, il gusto, il sapere. Il dott. Burney osserva con ragione, che Albinoni, Alberti, Tessarini, Vivaldi non formano che delle truppe leggiere e irregolari. La sola scuola romana, di cui n'è fondator Corelli, ha prodotto non che istromentisti, ma in compositori ancora pel violino i più grandi artisti di cui vantar si possa l'Italia dopo la prima metà del diciottesimo secolo. “Le più celebri scuole d'Italia, dice l'Arteaga, furono quella del Corelli, e non molto dopo quella del Tartini. La prima che ebbe origine dal più grande Armonista, che mai ci sia stato di qua dai monti, spiccava principalmente nell'artifizio e maestria delle imitazioni, nella destrezza del modulare, nel contrasto delle parti diverse, nella semplicità e vaghezza dell'armonia. La superiorità nell'arte sua e la facilità di piegarsi a' diversi gusti di entrambe nazioni italiana e francese, procacciò al Corelli un nome immortale in tutta Europa, quantunque un numero assai discreto di produzioni ci abbia egli lasciate memore della massima di Zeusi: Dipingo adagio, perchè dipingo per tutti i secoli.” Fra i rinomati discepoli di questo grand'uomo la posterità annovera tuttora il Locatelli, il Geminiani e il Somis. Veggasi la Storia del Violino di M Fayolle. Nel Vaticano se gli ha eretto un busto con questa iscrizione: Corelli Princeps musicorum. È da rimarcarsi che dopo Corelli sino a' nostri giorni, l'Italia ha conservato il primato nelle scuole del violino, mercè i Tartini, i Nardini, i Pugnani, i Viotti e i loro allievi.