En torno a la economía mediterránea medieval

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10 B. Dei, La Cronica dall’anno 1400 all’anno 1500, a cura di R. Barducci, Firenze, 1984, p. 82: a quell’altezza cronologica, stando al Dei, i panni fiorentini erano esportati soprattutto in Turchia.

11 Bonvesin da la Riva, Le meraviglie di Milano (De magnalibus Mediolani), a cura di P. Chiesa, Milano, 2009, pp. 56-57.

12 Il passo è riportato in B. Figliuolo, La vita, i viaggi e l’opera del canonico fiorentino Bonsignore Bonsignori (1468-1529), in Da Flavio Biondo a Leandro Alberti. Corografia e antiquaria tra Quattro e Cinquecento, Bari, 2009, pp. 25-97, a p. 40.

13 Sulla crescita demografica delle città dell’Italia comunale cfr. G. Pinto, «I nuovi equilibri tra città e campagna in Italia fra XI e XII secolo», in Città e campagna nei secoli altomedievali, Atti della LVI Settimana di studio del CISAM, Spoleto, 2009, pp. 1055-1081; id., «Tra demografia, economia e politica: la rete urbana italiana (XIII-inizio XVI secolo)», Edad Media. Revista de Historia, XV, 2014, pp. 37-57.

14 Per alcuni esempi vedi S. Bortolami, «Acque, mulini e folloni nella formazione del paesaggio urbano medievale (secoli XI-XIV)», G. M. Varanini, «Energia idraulica e attività economiche nella Verona comunale: l’Adige, il Fiumicello, il Fibbio (secoli XII-XIII)», entrambi in Paesaggi urbani dell’Italia padana nei secoli VIII-XIV, Bologna, 1988, pp. 227-330 e 331-372; L. Chiappa Mauri, I mulini ad acqua nel Milanese (secoli X-XV), Milano, 1984, pp. 66 e sgg.; P. Castagneto, L’Arte della Lana a Pisa nel Duecento e nei primi decenni del Trecento, Commercio, industria e istituzioni, Pisa, 1996, pp. 130-134.

15 Sulle lane prodotte o importate in Italia si vedano i saggi di G. Barbieri, G. De Gennaro, C. Manca, P. Racine, E. Rossini - M. Fennel Mazzaoui nel volume La lana come materia prima. I fenomeni della sua produzione e circolazione nei secoli XIII-XVII, Atti delle «Settimane di studio» dell’Istituto internazionale di storia economica «F. Datini», Prato, a cura di M. Spallanzani, Firenze, 1974, pp. 133-201.

16 Non sono poche le testimonianze che fanno riferimento alla sobrietà del vestire del tempo che fu, in contrapposizione al lusso del presente. Basti ricordare i notissimi versi di Dante sulla Firenze di Cacciaguida (Paradiso, XV, 100-102, 111-117): cfr. anche C. T. Davis, Il buon tempo antico, in Florentine Studies. Politics and Society in Renaissance Florence, ed. N. Rubinstein, London, 1968, pp. 45-69. Le leggi suntuarie, che proibivano l’ostentazione del lusso, in particolare nei vestiti delle donne, approvate in molte città tra la fine del XIII secolo e i primi decenni del XIV, sono un’altra testimonianza dei cambiamenti della moda: si veda a questo proposito M. G. Muzzarelli, Gli inganni delle apparenze. Disciplina di vesti e ornamenti alla fine del Medioevo, Torino, 1996 e Ead., Guardaroba medievale. Vesti e società dal XIII al XVI secolo, Bologna, 1999; e in particolare per Firenze i saggi di introduzione al testo Draghi rossi e querce azzurre. Elenchi descrittivi di abiti di lusso (Firenze 1343-1345), trascrizione a cura di L. Gérard-Marchant, Firenze, 2013.

17 Mi permetto di rimandare a G. Pinto, «Gli studi sull’economia medievale (dall’Unità d’Italia al primo dopoguerra). Prime considerazione», in Agli inizi della storiografia medievistica in Italia, Atti del Convegno internazionale (Napoli, 16-18 dicembre 2015) Napoli, 2020, pp. 521-544, con riferimenti anche ai contributi della storiografia internazionale.

18 B. Dini, «L’industria tessile italiana nel tardo Medioevo», in Le Italie del tardo Medioevo, a cura di S. Gensini, Pisa, 1990, pp. 321-359. Dini suddivide le attività tessili in varie tipologie: una produzione domestica che interessava il Mezzogiorno incentrata sull’orbace, un rozzo panno di lana, destinato al consumo familiare o poco più; la manifattura artigianale, tipica dei piccoli centri dell’Italia centrale; infine la fabbrica disseminata che faceva capo al mercante imprenditore, con differenze non piccole da un centro all’altro in rapporto alla qualità dei tessuti e alla loro destinazione.

19 S. R. Epstein, «I caratteri originari. L’economia», in L’Italia alla fine del Medioevo: i caratteri originali nel quadro europeo, a cura di F. Salvestrini, Firenze, 2006, pp. 381-431, in particolare alle pp. 416-429 e con la carta di p. 418 che ne rappresenta la distribuzione nelle varie regioni della Penisola. Ma si veda anche J. H. Munro, «I panni di lana», in Il Rinascimento italiano e l’Europa, volume quarto, Commercio e cultura mercantile, a cura di F. Franceschi, R. A. Goldthwaite, R. C. Mueller, Treviso, 2007, pp. 105-141, che inquadra la produzione laniera italiana nel contesto europeo e mediterraneo e F. Francheschi, «Wollen luxury cloth in late Medieval Italy», in Europe’s Rich Fabric. The Consumption, Commericalisation, and Production of Luxory Textiles in Italy, the Low Countries mand Neighbouring Territories (Fourtheenth-Sixteenth Centuries), ed. by B. Lambert, K. A. Wilson, Farnham, 2016, pp. 181-204.

20 Cfr. ad esempio per Firenze: H. Hoshino, L’arte della lana in Firenze nel Basso Medioevo. Il commercio della lana e il mercato dei panni fiorentini nei secoli XIII-XV, Firenze, 1980, con riferimenti anche alla manifattura laniera e al commercio dei panni di altre città italiane; F. Franceschi, Oltre il «Tumulto». I lavoratori fiorentini dell’Arte della Lana fra Tre e Quattrocento, Firenze, 1993; id., «Istituzioni e attività economica a Firenze» cit. Per Padova: S. Collodo, «Signore e mercanti: storia di un’alleanza», in Ead., Una società in trasformazione. Padova tra XI e XV secolo, Padova, 1990, pp. 329-403; e in riferimento all’intera regione Ead., Società e istituzioni in area veneta. Itinerari di ricerca (secoli XII-XV), Firenze, 1999, pp. 69-92. Per Milano, Bergamo e altre città lombarde: P. Mainoni, Economia e politica nella Lombardia medievale. Da Bergamo a Milano fra XIII e XV secolo, Cavallermaggiore, 1994, pp. 13-91. Per Verona e Vicenza: Demo, «L’anima della città» cit. Per Pisa: Poloni, «Nec compelli possit effici civis pisanus» cit.

21 G. Pinto, «Manifatture rurali, attività mercantili e mobilità sociale nei piccoli centri dell’Italia comunale (secoli XIV-XV)», in La mobilità sociale nel Medioevo italiano. Competenze, conoscenze e saperi tra professioni e ruoli sociali (secc. XII-XV), a cura di L. Tanzini e S. Tognetti, Roma, 2016, pp. 103-127, alle pp. 115-120.

22 Come Torno, nel Comasco, Gandino nelle Prealpi bergamasche, Legnago nel Veronese, Radicondoli nel Volterrano, Montefortino alle falde dei monti Sibillini, Leonessa nel Reatino, ecc., che producevano panni che andavano oltre i mercati locali (Cfr. Pinto, «Manifatture rurali» cit., con i relativi rimandi bibliografici).

23 Cfr. su ciò G. Pinto, Città e spazi economici nell’Italia comunale, Bologna, 1996, pp. 39-63, a p. 63 la citazione (tratta da una fonte genovese).

24 Passo citato in Collodo, «Signore e mercanti: storia di un’alleanza» cit., pp. 332-333.

25 Giovanni Villani, Nuova cronica, a cura di G. Porta, volume terzo, Parma, 1991, libro XII, cap. 94, p. 199.

26 Cfr. le considerazioni in proposito di Hoshino, L’arte della lana in Firenze cit., pp. 194-206 e successivamente quelle, equilibrate, di Franco Franceschi, Oltre il «Tumulto» cit., p. 6, dove scrive che le cifre del cronista «allo stato attuale degli studi non sono state pienamente verificate né definitivamente smentite».

27 Sulla manifattura laniera senese cfr. S. Tortoli, «Per la storia della produzione laniera a Siena nel Trecento e nei primi anni del Quattrocento», Bullettino senese di storia patria, LXXXII-LXXXIII, 1975-1976, pp. 220-238.

28 Poloni, «Nec compelli possit effici civis pisanus» cit., pp. 255-256.

29 Vedi sopra alle note 7 e 8; e inoltre Collodo, Società e istituzioni in area veneta cit., pp. 77-81.

30 G. Fabiani, Ascoli nel Quattrocento, vol. I, Ascoli Piceno, 1958, p. 306; id., Ascoli nel Cinquecento, vol. I, Ascoli Piceno, 1957, pp. 42-47.

 

31 A. Sapori, «I beni del commercio internazionale», in id., Studi di storia economica (secoli XIII-XIV-XV), Terza ed. accresciuta, Firenze, 1955, vol. I, pp. 535-575; Munro, «I panni di lana» cit.

32 Cfr. d esempio A. Sapori, Una compagnia di Calimala ai primi del Trecento, Firenze, 1932.

33 Si vedano i saggi dedicati all’Italia in La lana come materia prima cit. e, in particolare sulle importazioni dalle varie parti del Mediterraneo e dall’Inghilterra F. Melis, «La lana della Spagna mediterranea e della Barberia occidentale nei secoli XIV-XV» (pp. 241-251) con una carta degli itinerari delle lane destinate alle manifatture italiane.

34 Sulla preparazione e la circolazione dei prodotti utilizzati nel processo manifatturiero la bibliografia è vastissima. Ci limitiamo a ricordare F. Borlandi, «Note per la storia della produzione e del commercio di una materia prima. Il guado nel Medio Evo», in Studi in onore di Gino Luzzatto, Milano, 1950, I, pp. 297-324; F. Melis, Aspetti della vita economica medievale. (Studi nell’Archivio Datini di Prato), 1962, pp. 545-548; G. Pinto, Firenze medievale e dintorni, Roma, 2016, pp. 84-85 (guado); M. Moroni, «Produzione e commercio del sapone nel Mediterraneo tra basso medioevo ed età moderna», in Produzioni e commerci nelle province dello Stato pontificio. Imprenditori, mercanti reti (secoli XIV-XVI), a cura di E. Di Stefano, Narni, 2013 (Quaderni di «Proposte e ricerche», 38), pp. 140-156; Ch. M. de La Roncière, Prix et salaires à Florence au XIVe siècle, 1280-1380, Roma, 1982, p. 544 (nel 1347 l’Arte della lana importa a Firenze oltre 200 tonnellate d’olio); infine i saggi di D. Boisseuil, I. Ait, F. Franceschi, E. Basso, D. Igual nel fascicolo tematico «Le monopole de l’alun pontifical à la fin du Moyen Âge», «Mélanges de l’École française de Rome–Moyen Âge», 126, 1, 2014.

35 Cfr. F. Franceschi, «Mobilità sociale e manifatture urbane nell’Italia centro-settentrionale dei secoli XIII-XV», in La mobilità sociale nel Medioevo italiano cit., pp. 77-101, in particolare a p. 100; Pinto, «Manifatture rurali, attività mercantili e mobilità sociale» cit.; S. Tognetti, «La mobilità sociale in Italia (secoli XIV-XVI)», Archivio storico italiano, CLXXV, 2017, pp. 119-150.

36 A Siena erano concessi all’Arte della lana vari privilegi, tra i quali quello di poter inviare propri ambasciatori in altre città (Tortoli, «Per la storia della produzione laniera» cit., p. 235). A Firenze l’Arte aveva piena facoltà legislativa nell’ambito delle proprie ampie competenze, disponeva di propri tribunali e si serviva di un «ufficiale forestiero» per fare rispettare le norme e applicare le pene (Franceschi, «Istituzioni e attività economica a Firenze» cit., pp. 82-86; N. Rodolico, Il popolo minuto. Note di storia fiorentina, 1343-1378, nuova ed., Firenze, 1968, p. 17 e sgg.; V. Rutenburg, Popolo e movimenti popolari nell’Italia del ‘300 e ‘400, trad. it., Bologna, 1971, pp. 60-64, con riferimenti pure ad altre realtà urbane). Anche a Padova, a partire almeno dal 1361, l’Arte della lana disponeva di un proprio foro (Collodo, «Signore e mercanti: storia di un’alleanza» cit., p. 342).

37 Ad esempio a Firenze l’Arte della lana sovrintendeva all’Opera della cattedrale di Santa Maria del Fiore (C. Guasti, Santa Maria del Fiore. La costruzione della chiesa e del campanile, Firenze, 1887 (ed. anast., Bologna, 1974), pp. XLII-XLV.

38 Villani, Nuova cronica cit., XII, 94, p. 199: «del detto ovraggio viveano più di XXX m. persone».

39 La somma di 400 mila fiorini d’oro corrisponde, grosso modo, al salario medio annuo (30 fiorini) di circa 13 mila lavoratori sottoposti, in genere con famiglia a carico, tenendo conto naturalmente che le retribuzioni variavano in rapporto alle diverse qualifiche: cfr. de La Roncière, Prix et salaires à Florence cit., passim.

40 Franceschi, Oltre il «Tumulto» cit., pp. 94-104.

41 Cessi, Le corporazioni dei mercanti di panni, cit., pp. 75-76.

42 L. Zdekauer, Il Constituto del Comune di Siena dell’anno 1262, Milano, 1897 (ed. anast. Siena, 1974), p. 330.

43 Passo citato in G. Piccinni, «“Nuovamente è inpreso el seminare del guado nel contado di Siena”. Documenti sulla produzione e lavorazione delle materie tintorie nel Quattrocento», in Oeconomica. Studi in onore di Luciano Palermo, a cura di A. Fara, D. Strangio, M. Vaquero Piñeiro, Viterbo, 2016, pp. 187-197, alle pp. 191-192.In questo accenno all’onore e alla reputazione ritorna la concezione, radicata in molte realtà del tempo, secondo cui una città doveva vivere di ciò che produceva, senza dipendere dalle importazioni.

44 Zanazzo, L’arte della lana in Vicenza cit., p. 95.

45 Vedi sopra per Firenze la nota 40, e per Verona Demo, «L’anima della città» cit., pp. 143-144.

46 Per qualche esempio, legato in genere a vicende belliche, si veda G. Pinto, Il lavoro, la povertà, l’assistenza. Ricerche sulla società medievale, Roma, Viella, 2008, pp. 63-64.

47 Così anche in età moderna. Cfr. ad esempio M. Abrate, «Imprenditori e tecnici stranieri nell’industria laniera piemontese agli inizi del XVIII secolo», in Produzione, commercio e consumo dei panni di lana (nei secoli XII-XVIII), a cura di M. Spallanzani, Istituto internazionale di storia economica «F. Datini», Prato, Firenze, 1976, pp. 115-125.

48 Il Costituto del Comune di Siena volgarizzato nel MCCCIX-MCCCX, ed. critica a cura di M. S. Elsheikh, Siena, 2002, tomo primo, p. 393.

49 Vedi sopra la nota 4, e Tortoli, «Per la storia della produzione laniera a Siena» cit., p. 236.

50 Rodolico, Il popolo minuto cit., p. 16; Ch. M. de La Roncière, «Pauvres et pauvretè à Florence au XIVe siècle», in Études sur l’histoire de la pauvreté (Moyen Âge–XVIe siècle), dir. par M. Mollat, Paris, 1974, pp. 661-745, a p. 687, nota 38.

51 Zanazzo, L’arte della lana in Vicenza cit., pp. 69, 299-300.

52 Ser Lapo Mazzei, Lettere di un notaro a un mercante del secolo XIV, a cura di C. Guasti, Firenze, 1880, vol. II, p. 259.

53 L. B. Alberti, I libri della famiglia, a cura di R. Romano e A. Tenenti, Torino, 1969, p. 249.

54 D. Balestracci, «Lavoro e povertà in Toscana alla fine del Medioevo», Studi storici, fasc. 3, 1982, pp. 565-582, a p. 580.

55 A. Fanfani, Storia del lavoro in Italia dalla fine del secolo XV agli inizi del XVIII, Milano, 1959, p. 363.

56 Cfr. Franceschi, «Mobilità sociale e manifatture urbane» cit., pp. 92-94.

57 Cfr. de La Roncière, Prix et salaires à Florence cit., pp. 423-453.

58 La bibliografia sull’emigrazione/immigrazione di maestranze della manifattura laniera è vastissima e risalente nel tempo: cfr. Pinto, Il lavoro, la povertà l’assistenza cit., pp. 61-69, con i relativi riferimenti alla letteratura.

59 Tortoli, «Per la storia della produzione laniera» cit., pp. 230-231.

60 Così ad esempio lo Statuto di Bergamo della prima metà del XIII secolo prescriveva che il podestà dovesse provvedere allo sviluppo dell’arte della lana facendo sì che accanto ai panni bergamaschi se ne producessero altri sul modello di quelli di Verona e di Lombardia (Mainoni, Economia e politica nella Lombardia medievale cit., p. 30).

61 Pinto, Il lavoro, la povertà, l’assistenza cit., p. 67; Francheschi, «Woollen luxury clorth», cit., pp. 194-195.

62 Si veda per Siena, Tortoli, «Per la storia della produzione lanierta», cit., p. 222; per alcuni centri lombardi, Mainoni, Economia e politica nella Lombardia medievale cit., pp. 37-38; per Padova, Collodo, «Signore e mercanti: storia di un’alleanza» cit., pp. 362, 386-393; per vari centri marchigiani (Ascoli, Camerino, Fabriano, San Severino), G. Pinto, «Le città umbro-marchigiane», in Le città del Mediterraneo all’apogeo dello sviluppo medievale. Aspetti economici e sociali, Pistoia, Centro italiano di studi di storia e d’arte, 2003, pp. 245-272, a p. 258.

63 Si trattava di una prassi diffusa, ricordata in molti degli studi menzionati sopra. Significative le parole con cui nel 1387 il Comune di Siena approvò il divieto di importare panni: molti Comuni italiani «si sforzano d’acrescere e bonificare la detta Arte della lana ne le loro città, però che tutte, cioè Bologna, Vinegia, Verona, Padova, Mantova e tutte l’altre terre di Lombardia ànno proveduto che niuno panno forestieri di veruno pregio possa entrare o mettarsi ne le dette cittadi» (passo citato in Tortoli, «Per la storia della produzione laniera» cit., p. 236). A Vicenza, al divieto di vendere panni forestieri sul mercato cittadino, si aggiunse l’obbligo per i cittadini di indossare solo vestiti confezionati con tessuti vicentini (Demo, L’«anima della città» cit., p. 79). Naturalmente sull’efficacia di tale normativa i dubbi sono tanti.

64 Si veda ad esempio per Firenze Franceschi, «Istituzioni e attività economica a Firenze» cit., pp. 82-83; per Verona e Vicenza Demo, L’«anima della città» cit., pp. 79-83.

65 Di ciò ci si lamenta a Siena: Tortoli, «Per la storia della produzione laniera» cit., p. 236.

66 Tra le eccezioni, troviamo lo Statuto quattrocentesco di Faenza (Statuta Faventiae, a cura di G. Rossini, RIS, 2a ediz., Bologna, 1929-1930, p. 289), che fissa i compensi massimi dei cimatori un tanto a braccio, ma con differenze tra i diversi tipi di panno. Tutt’altro discorso per gli statuti corporativi: cfr. ad esempio Statuti dell’Arte della lana di Prato cit., pp. 65-66, dove si fissano (1321) i compensi massimi dei tessitori; P. Rasi - E. Rossi, Statuta scholarum artis et laborantium lanae civitatis Feltri, Milano, 1943, pp. 74, 78, dove si stabiliscono le retribuzioni massime di tessitori, follatori e garzatori (1420 circa). Sulla regolamentazione dei salari a partire dalla metà del XIV secolo cfr. G. Pinto, «Congiuntura economica, conflitti sociali, rivolte», in Rivolte urbane e rivolte contadine nell’Europa del Trecento. Un confronto, a cura di M. Bourin, G. Cherubini, G. Pinto, Firenze, 2008, pp. 337-349, alle pp. 347-349.

 

67 Zanazzo, L’arte della lana in Vicenza cit., pp. 104, 299-300. Il provvedimento tuttavia non passò facilmente dal momento che si dice che su di esso «plurimum fuit disputatum».

68 Cfr. ad esempio Franceschi, Oltre il «Tumulto» cit., pp. 280-285.

69 F. Careri, «Il “Presto ai Quattro Pavoni”: dal libro-giornale di Isacco da San Miniato (1473-75)», Archivio storico italiano, CLIX, 2001, pp. 395-421: p. 408 e sgg.

70 Così a Firenze in occasione delle carestie del 1329, 1340 e 1347, con la motivazione che a causa degli alti prezzi del grano «extenuate sunt divitie singulorum et precipue pauperum et miserabilium personarum, ita quod non possunt ad presens suis respondere creditoribus»: G. Pinto, Il Libro del Biadaiolo. Carestie e annona a Firenze dalla metà del ‘200 al 1348, Firenze, 1978, pp. 147-148. Provvedimenti simili sono attestati anche nella Firenze del ‘500: Fanfani, Storia del lavoro in Italia cit., p. 375, delibera del 1562 a favore dei tessitori.

71 Pinto, Il lavoro, la povertà, l’assistenza cit., pp. 156-158.

72 Pinto, Il Libro del Biadaiolo cit., p. 124.

73 Naturalmente si tratta di un fenomeno non solo italiano. L’intervento delle autorità pubbliche per disciplinare e incrementare la produzione laniera (e più in generale tessile) è comune a molte realtà politiche europee del tempo, come mostrano molti dei saggi raccolti in Produzione, commercio e consumo dei panni di lana cit., ai quali, in relazione a Valencia, merita aggiungere J. Bordes García, Desarrollo industrial textil y artesanado en Valencia de la conquista a la crisis (1238-1350), Universitat de València, Facultat de Geografia i Història, Tesis doctoral dirigida por Paulino Iradiel e Enrique Cruselles, Valencia, 2003, pp. 162, 646-658 (Ordinanza del 1311), e per l’intera area catalana-aragonese, G. Navarro Espinach, «La política del desarrollo de las manufacturas textiles en la Corona de Aragón», in Il governo dell’economia. Italia e Peniscola iberica nel basso Medioevo, a cura di L. Tanzini e S. Tognetti, Roma, 2014, pp. 285-308. Per altro il tema della manifattura tessile ritorna spesso nella produzione scientifica di Paulino Iradiel –sia in riferimento alla penisola iberica, sia con considerazioni di carattere generale e di metodo– a partire dalla monografia Evolución de la industria textil castellana en los siglos XIII-XVI. Factores de desarollo, organización y costes de la producción manufacturera en Cuenca, Salamanca, 1974.

74 A. Stella, «Ciompi… gens de la plus baisse condition… crasseux et dépenaillés»: désigner, inférioriser, exclure», in Le petit peuple dans l’Occident médiéval. Terminologies, perceptions, réalités, a cura di P. Boglioni, R. Delort e C. Gauvard, Paris, 2002, pp. 145-152.

75 De La Roncière, «Pauvres et pauvretè à Florence» cit., pp. 685-691; R. De Roover, «Labour conditions in Florence around 1400: theory, policy and reality», in Florentine Studies cit., pp. 277-313, alle pp. 282-286.

76 Passo citato in B. Geremek, «Il pauperismo nell’età preindustriale (secoli XIV-X-VIII)», in Storia d’Italia, volume quinto, I documenti, I, Torino, 1973, pp. 667-698, a p. 683. È interessante ricordare che Antonino fu tra i promotori della compagnia dei «Buonuomini di San Martino», che aveva il compito di assistere i cosiddetti ‘poveri vergognosi’, soprattutto artigiani caduti in miseria, tra i quali numerosi erano i tessitori: si veda M. Fubini Leuzzi, «L’arcivescovo e la città. I Buonomini di San Martino», in Antonino Pierozzi. La figura e l’opera di un santo arcivescovo nell’Europa del Quattrocento, a cura di L. Cinelli e M. P. Paoli, Firenze, 2012 (Memorie Domenicane, 129, 2012, pp. 141-166, alle pp. 149-152).

77 Sul tema del ‘bene comune’ nelle città medievali gli studi si sono moltiplicati negli ultimi anni: ci limitiamo a ricordare i saggi raccolti nei volumi De Bono Comuni. The Discourse and Practise of the Common Good in the European city (XIIIth-XVIth c.). Discours et pratique du Bien Commun dans les villes d’Europe (XIIIe-XVIe siècle), É. Lecuppre-Desjar-din et A. L. Van Bruaene éd, Turnhout, Brepols, 2010; Il bene comune: forme di governo e gerarchie sociali nel basso Medioevo, Atti del Convegno di Todi, 9-12 ottobre 2011, Spoleto, 2012.

78 Vedi sopra la nota 67.

79 Cfr. A. Spicciani, Capitale e interesse tra mercatura e povertà nei teologi e canonisti dei secoli XIII-XV, Roma, 1990, pp. 121, 147 (nota 15).

80 Sul tema della concezione del lavoro come strumento contro il pauperismo esiste un’ampia letteratura. Si veda in generale L. Dal Pane, Storia del lavoro in Italia dagli inizi del secolo XVIII al 1815, Milano, 1958, pp. 316-317; G. Procacci, Governare la povertà. La società liberale e la nascita della questione sociale, Bologna, 1998, pp. 95-103 e passim; Forme di povertà e innovazioni istituzionali in Italia dal Medioevo a oggi, a cura di V. Zamagni, Bologna, 2000 (in particolare il saggio di Claudio Bargelli, pp. 403-418, che fa riferimento alle considerazioni di Ludovico Antonio Muratori); e per alcuni casi particolari M. Carmona, «La Toscane face à la crise de l’industrie lanière: techniques et mentalités economiques aux XVIe et XVIIe siècles», in Produzione, commercio e consumo dei panni di lana cit., pp. 151-168, alle pp. 157-159; Fanfani, Storia del lavoro in Italia cit., pp. 114-115, 120; e i saggi di D. Lombardi e L. Cajani in Timore e carità. I poveri nell’Italia moderna, a cura di G. Politi, M. Rosa, F. Della Peruta, Cremona, 1982.

81 Oltre ai lavori citati alla nota 73 si veda il contributo, ancora assai utile, di E. Carus-Wilson, «L’industria laniera», in Storia economica Cambridge, volume secondo, Commercio e industria nel Medioevo, a cura di M. M. Postan e P. Mathias, ed. italiana a cura di V. Castronovo, Tornio, 1982, pp. 397-481.