La Spia

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La

Spia

Juan Moisés de la Serna

Traduzione di Alessandra Maffioli

Edizioni Tektime

2020

“La Spia”

Scritto da Juan Moisés de la Serna

Traduzione di Alessandra Maffioli

1ª edizione: giugno 2020

© Juan Moisés de la Serna, 2020

© Edizioni Tektime, 2020

Tutti i diritti riservati

Distribuito da Tektime

https://www.traduzionelibri.it

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Prologo

Il silenzio aveva già preso possesso di ciascuna delle stanze della casa, tanto che a volte era difficile per me andare lì, dove così tante cose erano accadute in famiglia.

In un primo momento accendevo la televisione o la radio, per sentire una voce ovunque fossi in casa, e questo mi confortava, ma poi, sembrava così assurdo, ingannando me stesso! come se fossi con qualcuno, quando non c’era più nessuno.

Gioie, dolori e tristezza, sentite da ogni angolo di quella dimora, alla quale mia moglie si era sempre dedicata con tanta cura per mantenerla in ordine e pulita.

Ci sono momenti nella Vita

che dobbiamo afferrare

conservarli con grande affetto

e cercare di non dimenticare.

Ma non ci aspettiamo mai

che sia sempre così

se la memoria fallisce

i ricordi spariranno

Per quanto pretendiamo

cercare di ricordare

“un’aria cattiva” se li è portati via

e non ce li renderà

Ricordi e ancora ricordi

sono già nell’oblio

perché al mancare della memoria

se li è presi, sono spariti

AMORE

Dedicato ai miei genitori

Sommario

Prologo

CAPITOLO 1. La Memoria

CAPITOLO 2. L’Addio

CAPITOLO 3. La comunità

CAPITOLO 4. La Legge del Sette

CAPITOLO 5. Il Sopravvissuto

CAPITOLO 6. La Decisione

CAPITOLO 7. L’Ultimo Ricordo

CAPITOLO 1. La Memoria

Il silenzio aveva già preso possesso di ciascuna delle stanze della casa, tanto che a volte era difficile per me entrare là, dove così tante cose erano accadute in famiglia.

In un primo momento accendevo la televisione o la radio, per sentire una voce ovunque fossi in casa, e questo mi confortava, ma poi, sembrava così assurdo, ingannavo me stesso, fingendo di essere in compagnia, quando non c’era più nessuno.

Gioie, dolori e tristezza, ascoltate da ogni angolo di quella dimora, alla quale mia moglie si era sempre dedicata con tanta cura per mantenerla in ordine e pulita.

A poco a poco cominciai a chiudere le stanze, quelle che non usavo più, o quelle che al solo vederle mi richiamavano tanti ricordi vissuti, per la maggior parte gioiosi, che però stranamente mi causavano grande dolore, forse perché ne sentivo la mancanza, o forse perché avevo la sicurezza che non si sarebbero mai ripetuti, che tutto ciò che avevo vissuto lì, sarebbe rimasto solo nella mia memoria, fino a quando questa fosse durata.

Anche se in diverse occasioni avevo detto a mia moglie di spostarci altrove, sia per motivi di lavoro o in occasione della nostra pensione, lei aveva sempre detto di no, che il suo posto era dove dimoravano i suoi ricordi, lì aveva visto i suoi figli crescere, e conosceva tutto il vicinato, e questo la faceva sentire a suo agio.

Per qualche strana ragione, preferiva lasciare le “cose come stavano” come diceva lei, senza cambiare nulla in casa, né un solo quadro o una fotografia, e quando le chiedevo perché, mi diceva solo che “andava bene così.”

Aveva difficoltà a prendersi una vacanza; spesso quando già eravamo più anziani e i nostri figli erano andati via per lavoro ed eravamo rimasti noi due soli, si aspettava che qualcuno si presentasse a casa, e trovava qualche scusa per non allontanarsi più di due o tre giorni da casa.

Ma come avrebbero potuto venire se alcuni vivevano in altri continenti, e con quello che viveva più vicino, a malapena ci tenevamo in contatto dopo aver avuto quella discussione.

Qualcosa di cui ancora mi pento, non tanto perché non era assolutamente necessaria, ma per le conseguenze che ebbe sulla nostra relazione. Mia moglie mi guardò in modo diverso da quel momento in poi, so che avevo ragione, e che nostro figlio aveva torto, ma lei come madre non capiva perché non sostenessi nostro figlio quando ne aveva più bisogno.

La cosa più difficile per me è stata la sua perdita, quando penso a quel momento riesco a malapena a respirare, così tanti anni di convivenza e, nonostante non sia stata sempre tranquilla, ci fu sempre molto amore e rispetto tra di noi.

Negli ultimi anni abbiamo avuto vite quasi separate, se così si può dire, ci rispettavamo, ci amavamo, ma ciascuno cercava di svolgere le proprie attività senza contare sull’altro, esattamente il contrario di quando ci siamo incontrati, quando volevamo fare tutto insieme e condividere il tempo il più possibile.

Forse era l’abitudine ma ci vedevamo a malapena, più che altro a pranzo e cena, lei pianificava ogni pomeriggio un’attività diversa, a volte uscire con le amiche, altre per visitare alcuni suoi parenti, altre…, in quanto a me, che preferivo stare a casa tranquillamente, passavo il tempo con i miei appunti e i miei calcoli quasi senza rendermi conto che era uscita, ma…. quando morì….

Tutto cambiò, adesso avevo più tempo per le mie cose, nessuno che potesse dirmi che ci perdevo troppo tempo, nessuno che mi ricordasse che dovevo fermarmi per riposare, nessuno che… ma per me tutto ciò che facevo, a cui mi dedicavo per così tanto tempo e credevo così importante, per me, tutto questo aveva perso il suo significato.

La casa era diventata gradualmente un mausoleo, non so perché, ma lei col passare degli anni, aveva riempito le pareti con le foto dei suoi figli e dei suoi nipoti, quelle che di tanto in tanto ricevevamo in occasione di una nuova nascita o di qualche festa.

Ora riesco a malapena a riconoscere le persone in quelle fotografie, e non è solo per la vista, per questo porto gli occhiali da lettura e vedere le cose con quei dettagli senza i quali sarebbe impossibile, è che i volti non mi dicono più nulla.

Quante volte mi sono fermato a commentare con mia moglie questa o quella foto, su quanto sembrassero felici, e il desiderio che avevamo di rivederli, invece ora sono lì, come sospese nel tempo, come se appartenessero a un’altra vita, di cui non mi sento più parte.

Non riesco a immaginare il passato senza di lei, in ogni posto in cui siamo andati, lei era lì, in ogni celebrazione a cui abbiamo partecipato, lei era lì, e in così tante foto, eravamo entrambi lì, ma adesso, tranne lei, trovo difficile riconoscere il resto delle persone nelle fotografie, e…. e poi, non c’è nessuno a cui chiedere, nemmeno nessuno con cui commentare quelle foto.

Ora sono parte del muro come se fossero una carta da parati, non mi fermo più a guardarle dal momento che per me sono estranei che un giorno hanno condiviso la mia vita ma che ora non sento neanche lontani, semplicemente non li sento.

Quando percorro il corridoio, a volte guardo le foto che sono appese, mostrano luoghi e persone totalmente sconosciuti, sono curioso di provare a indovinare chi sono o cosa fanno, ma no, non riesco a ricordare!

Una cameriera viene a casa di tanto in tanto per fare qualche pulizia, all’inizio mi chiedeva dei miei nipoti, e le mostravo le loro foto, ma ora non so nemmeno dove sono quelle foto, e non so più quanti nipoti ho.

Non ho quasi voglia di parlare perché non ho nulla da dire, i miei ricordi sono dolorosi, non perché non abbia vissuto a lungo e abbia molta esperienza, ma perché i ricordi più importanti per me sono quelli dei miei grandi amori e quelli, purtroppo, non sono più con me.

Ricordo come se fosse ieri, il mio primo amore, lavorava in un bar sulla strada vicino alla stazione di servizio appena fuori città.

Mi rifornivo sempre il minimo per far funzionare la macchina, così avrei dovuto tornare il giorno dopo di nuovo a fare benzina, e quindi avere una scusa per entrare in quel bar a fare colazione.

All’inizio non l’avevo notata, era una ragazza nuova in città, forse qualcuno di passaggio. Il suo bel sorriso e i capelli ricci neri mi avevano fatto impazzire. Non ero sicuro se mi avesse notato, abituata a tutti quelli che venivano a prendere qualcosa solo per farle dei complimenti, ma la mia insistenza mi aveva ripagato. Dopo essermi recato lì quotidianamente per qualche mese, un giorno mi disse:

 

– Va bene! Dimmi la verità, che cosa vuoi?

– Dunque, oggi mi piacerebbe lo speciale della casa! – Risposi.

– No, sul serio, di tutti i clienti che abbiamo, tu sei l’unico che viene ogni giorno, che faccia freddo o caldo, e anche quando la stazione di servizio è chiusa, allora che cosa vuoi?

Mi bloccai e facendomi forza buttai li:

– Te!

– Che cosa? – mi chiese stupita.

– Sì, Tutti questi giorni, settimane e mesi, volevo te, ed è per questo che sono venuto a trovarti; passare un giorno senza vederti è come togliere il sole del mattino!

Scappò in cucina, credo confusa dalle mie parole, e poi tornò e disse:

– Me ne vado, è il mio ultimo giorno di lavoro, ero qui solo per fare un po’ di soldi, prima di andare per la mia strada, sei stato molto gentile per tutto questo tempo, e lo apprezzo.

– Ma, io…mi sono appena dichiarato.

– Sì, lo so e sono state belle parole, ma è troppo tardi, se me l’avessi detto prima, forse avremmo potuto usare il tempo in un altro modo, ora… è troppo tardi – detto questo si voltò e continuò il suo lavoro.

Non riuscii a inghiottire un boccone, nonostante quanto apparisse succulento tutto quello che mi aveva servito, sono rimasto in quel posto per altri cinque minuti e sono scappato quasi correndo, non riuscivo a crederci! Mi ero abituato a vederla ogni giorno, al suo bel sorriso e ai suoi capelli neri, e ora… mi stava lasciando.

Pensai, non lo so, di parlare con il capo, di dirgli di pagarla di più, ho anche pensato di ripagargli la differenza dell’aumento di stipendio, ho pensato di parlarle e chiederle di non andarsene… Pensavo… ma il giorno dopo, quando tornai, credendo che fosse stato un brutto sogno lei non c’era più; né il seguente né il successivo… finché non mi rassegnai all’idea che non l’avrei mai più rivista, che il mio grande amore era scomparso dalla mia vita, e non avrei mai più trovato una persona del genere, lei era unica.

Sono ricordi dolorosi, riesco ancora a ricordare il suo sorriso e i suoi capelli, specialmente quei capelli, come mi piacevano, mi sembra di vederla come se fosse ieri mentre li allontana dal viso, quando quella ciocca traditrice che scappava le cadeva e la rimetteva dietro l’orecchio con il dito.

Anche se non era un amore reciproco, non potrei mai dimenticarla, era il mio primo amore.

Non ho fotografie di lei, ce ne sono tante sparse per tutta la casa, ma di quella fase della mia vita non c’è nulla.

Non mi restano nemmeno amici, ne vicini, né alcun conoscente, o hanno già lasciato questo mondo, o sono andati in case di riposo.

Il quartiere non è più quello che era una volta, ora tutti hanno una grande fretta, non escono a falciare il prato la mattina, o a giocare con i bambini nei fine settimana, a volte mi fa strano restare qui, tutto è così cambiato.

Conosco ogni casa, ogni albero, ma la gente mi è così sconosciuta che non so… non mi sento a mio agio quando esco per strada, anche se le persone che incontro mi sorridono sempre dopo aver salutato.

Eppure, di tanto in tanto qualcuno viene a cercarmi, per farsi raccontare del mio passato, delle mie esperienze, come se queste fossero importanti, ma mi è difficile accettare che il tempo è passato e che i miei momenti migliori sono già così lontani, che sembrano appartenere a qualcun altro.

Gli anni passano, e lasciano sempre più segni sulla mia salute, e purtroppo mi stanno portando via la cosa più preziosa che avevo, la mia memoria, tutto il resto, le mie cose, non mi importa se sono piene di polvere, ma i miei ricordi sembrano svanire gradualmente, sfumando come la nebbia del mattino, e con loro tante e tante esperienze.

Qualcuno mi ha suggerito di scrivere un libro, come se fosse facile alla mia età! Mi hanno persino proposto di fare un documentario sulla mia vita ma non sono d’accordo.

Potrei dire tante cose, ma non mi sento abbastanza forte da ricordare tutto, specialmente davanti a una telecamera e con degli sconosciuti che ascoltano.

Ogni volta che ricordo un fatto mi eccito, perché lo vivo come se stesse accadendo in quel momento, ma poi, quando finisce, provo una profonda tristezza, rendendomi conto che è solo un ricordo, qualcosa del passato che è stato relegato nel tempo, quasi dimenticato.

Non so perché, ma i miei ricordi di gioventù e infanzia sono sempre più nitidi, riesco a malapena a ricordare cosa ho mangiato ieri, ma riesco a ricordare le avventure che ho vissuto quando ero piccolo, o i momenti salienti che mi sono capitati durante il liceo.

Tutte le persone con cui ho parlato e che ho incontrato, coloro che ho amato e mi hanno amato, famiglia, amici e conoscenti, tutto quell’amore e quell’emozione condivisa, e non so più dove siano.

Sicuramente hanno vissuto la loro vita, e si stanno godendo i loro figli e anche i loro nipoti ovunque siano, ma a volte avrei tanto bisogno di non sentirmi solo!

La parte peggiore sono le notti, a volte quando cerco di dormire mi tornano in mente un sacco di ricordi, di esperienze accadute in casa, le esperienze di un vecchio si potrebbe dire, ma è tutta una vita, giorno dopo giorno, quante cose vissute! E inizio a pensare, e un pensiero tira l’altro, e un altro, e a volte le ore passano e non riesco a dormire, finché la stanchezza e lo sfinimento non hanno la meglio.

Altre volte sono i miei acciacchi che mi impediscono di addormentarmi, quando non è una cosa è un’altra; se resto troppo tempo in una posizione, si lamenta il ginocchio oppure la schiena e così via ogni notte, finché non riesco ad addormentarmi.

Questo sì, la sveglia mi chiama ogni giorno alle sei del mattino, come ha fatto da quando ho iniziato a lavorare quando ero giovane.

Una “mia mania” come diceva la mia cara moglie, che non ho mai abbandonato anche quando invecchiando ho smesso di avere obblighi, ma mi è sempre piaciuto approfittare del tempo, e non lasciare che il sole si levasse prima di me.

Forse era la forza dell’abitudine, o forse mi sentivo a mio agio sapendo che cosa dovevo fare ogni mattina, qualunque cosa fosse, e per quanto lei abbia cercato di convincermi, mi svegliavo sempre a quell’ora che il sole fosse sorto o no.

Ogni giorno, appena mi alzavo, cercavo uno spazio aperto e facevo i miei esercizi, qualche stiramento per avere un po’ di elasticità, abbastanza per darmi una scossa prima di lavarmi il viso con acqua fredda.

“Il segreto della mia pelle liscia è l’acqua fredda al mattino!”, aveva sentito dire da un attore famoso, che si vantava di una cute liscia nonostante i suoi molti anni.

Alla mia età, non lo faccio per l’estetica, o per la pelle, solo per schiarirmi le idee ma, mentre è stato necessario per molto tempo e mi preparava ad andare al lavoro e iniziare la giornata, ora… molte volte mi trovo davanti allo specchio del bagno chiedendomi: “E adesso?”

Mi lavo di nuovo la faccia, nella speranza di poter pensare a qualcosa da fare durante il giorno, e niente… Guardo lo specchio, e mi restituisce un volto che difficilmente riconosco, le rughe che non c’erano prima, ora ricoprono tutto il viso e non solo, guardo anche le mani…

Non so come si sentano gli altri quando invecchiano, ma nel mio caso, non è stata una cosa piacevole, visto che a poco a poco tutti i miei sogni e le mie illusioni hanno cominciato a diluirsi nel tempo.

È molto quello che ho ottenuto, ma per cosa? Chi si ricorderà di me, del mio lavoro e dei miei sforzi? A chi importerà delle migliaia di ore che vi ho dedicato?

Sicuramente qualcuno ad un certo punto, si ricorderà che un giorno mi ha incontrato, ma al di là degli amici e della famiglia, a nessuno è importato di ciò che ho fatto e realizzato.

So che non posso lamentarmi, ho avuto una vita relativamente buona, mi sono sempre dedicato a ciò che volevo di più, ma nonostante questo, ora… sono rimasti solo i ricordi, e in molte occasioni, neanche quelli.

A volte andavo in ufficio, dove conservo tante cartelle di lavoro che ho accumulato anni fa, mi sedevo e ne aprivo alcune e le riesaminavo, guardando e ricordando il lavoro realizzato.

Tante note sottolineate con evidente emozione, pensando che questo avrebbe “fatto la differenza” come dicono i giovani di oggi ma il tempo ha lasciato tutto questo nell’oblio.

Gli anni sono passati e quello che un tempo ricordavo con orgoglio, è diventato quasi uno strano sentimento di curiosità, vedevo quelle pile e non sapevo cosa contenessero, le aprivo per sapere cosa fossero e il disagio mi sopraffaceva, sicuramente tutto ciò era mio, ma non mi ricordavo di averlo scritto, né quando era successo.

Ero sicuro che fosse la mia calligrafia almeno su questo non avevo dubbi, era in ognuna delle centinaia di quaderni e rapporti sparsi qui e lì ma ero a mala pena in grado di rendermi conto del tempo profuso in quel lavoro.

Fu in quei momenti che mi resi conto di quello che mi stava succedendo, stavo perdendo la memoria, quella che era sempre stata ottima, adesso non ero nemmeno in grado di riconoscere ciò che avevo scritto io.

I miei incartamenti avevano cessato di essere miei, erano documenti di uno sconosciuto con la mia calligrafia ed ero incapace di vedere alcun tipo di ordine tra così tante cartelle.

In più di un’occasione, ero così infuriato che le gettai sul pavimento, e …non so… speravo che non fosse così… Ma era tutto inutile, e la sensazione di disperazione mi pervadeva facendomi credere che la vita non fosse servita a niente.

Dopo un po’, quando riuscivo a rassicurarmi, raccoglievo carta dopo carta, e senza sapere come, le riponevo dove pensavo fosse il loro posto, senza nemmeno riuscire a ricordare cosa contenessero non mi rimaneva che classificarli in base alla data che compariva in ognuno di quei manoscritti in alto a destra, anche se a volte era un compito faticoso, non smettevo finché non avevo ricomposto quel puzzle, anche se non riuscivo a rispettare l’ordine cronologico di tutti, almeno potevo avere i documenti di ogni anno riuniti.

È passato molto tempo dall’ultima volta che ci sono stato, mi fa venire rabbia! Così tante ore di lavoro tra quelle quattro mura, tra quei documenti che non so nemmeno più cosa siano, e neppure se sono di qualche utilità.

Di tanto in tanto mi siedo davanti alla televisione, a volte anche spenta, e cerco di ricordare alcuni momenti passati, occasioni in cui eventi gravi sono stati nascosti al pubblico per non diffondere il panico, e immagino come sia stata la loro vita, ignari del pericolo che avevano corso.

Hanno vissuto una vita così intensa, che a malapena si rendevano conto del lavoro che c’era dietro per assicurargli quel benessere.

Ricordo ancora la prima volta che ne sentii parlare. La mia abilità per i numeri mi aveva messo in luce tra i miei compagni durante il servizio militare, cosa che sarebbe passata inosservata a chiunque ma non al mio capitano che, quando se ne rese conto, volle promuovermi.

Una decisione di cui sarò sempre grato, perché mi diede l’opportunità di fare un grande servizio per il mio paese, e di salvare così tante persone da quella che sarebbe stata sicuramente una morte dolorosa.

– Hai un dono! – mi disse quel giorno il capitano.

– Non credo sia un dono, è un regalo – risposi.

– Un regalo? – mi chiese stupito.

– Sì, un regalo del Creatore.

Il capitano perplesso, dopo aver fatto una pausa, disse:

– Non importa, sono sicuro che farai un servizio migliore in Pennsylvania, dove ti prepareranno per fare qualcosa di importante.

– E i miei genitori? Che posso dirgli? – risposi sorpreso e sconcertato dalle sue parole.

– Non preoccuparti, l’esercito si prenderà cura della tua famiglia in tua assenza, è questo che volevi, giusto?

– Sì, in effetti siamo appena arrivati, e i miei genitori non conoscono la lingua, e anche se alcuni nostri amici li aiutano come possono, non hanno ancora trovato lavoro.

– Stai tranquillo, verranno pagati puntualmente ogni mese, ma devi fare la tua parte.

– Certo, sarò il migliore! Non la deluderò! Ma, perché sto andando in Pennsylvania?

– Avrai il tempo di scoprirlo, tutto quello che posso dirti al momento è di rendere i tuoi genitori fieri di te!

Sono state le sue ultime parole, o ordini, non ne sono sicuro! Il giorno dopo, due soldati arrivarono nella mia baracca, dove dormivo con il mio plotone e mi fecero uscire dalla base dove stavo facendo addestramento, verso una destinazione incerta.

 

Caspita! Che stranezza! Posso quasi sentire il sapore della sabbia sulla strada che sollevava la jeep, mentre ci avvicinavamo a quella base militare.

Era una giornata particolarmente calda, ma l’eccitazione del momento mi impediva di pensare a qualcosa di diverso che non fosse scoprire come potevo usare le mie doti.

Lo ricordo quasi come se lo stessi rivivendo ora, eppure non riesco a ricordare il nome della base.

Sono sicuro che dopo tre anni di addestramento lì lo dovrei sapere senza esitazione, ma il passare del tempo cancella ciò che vuole e senza preavviso.

Anche se i nomi più familiari si stavano dissolvendo dalla mia memoria, già da tempo avevo ideato il sistema di scrivere tutti i nomi, le date e gli eventi importanti della mia vita, e di tanto in tanto, mi mettevo di fronte a un foglio bianco e cercavo di trascrivere tutto ciò che ricordavo.

Era un gioco da ragazzi all’inizio, come potevo non ricordare il nome dei miei nipoti? O la data del mio matrimonio? Ma col tempo e con mia grande costernazione, il foglio bianco che stavo cercando di riempire restava sempre più vuoto fino a quando un giorno dimenticai anche dove tenevo la lista che conteneva le date, i nomi e gli eventi che non avrei mai pensato di poter dimenticare.

Ricordo ancora quando comprammo quel tostapane sopra la cucina, e come io e mia moglie avevamo litigato per il colore. Lo voleva giallo limone, e io lo preferivo color argento.

Alla fine, come in tutte le cose, ho ceduto alla sua decisione, in realtà le nostre dispute se si possono definire così, sono state per cose insignificanti nella maggior parte delle occasioni, allora perché non arrendersi? E in fondo, che importanza aveva il colore del tostapane?

Preferiva avere tutto fatto a modo suo anche se non ero convinto di quei colori vistosi, ma lei diceva sempre che “è così che si rende allegra l’atmosfera”.

D’altra parte, ora, non riesco a ricordare quando ha smesso di funzionare, se è stato danneggiato o perché non lo usi più, per me è solo un impiccio in più, come molte di quelle che trovo in giro per casa, cose delle quali ignoro perfino la funzione.

A volte apro i cassetti per vedere cosa c’è dentro e trovo di tutto, pentole in alcuni, attrezzi in altri, scatole vuote in quello dopo, non sapevo che avessimo accumulato così tanto materiale che ora è inutile.

In uno dei cassetti ho trovato una cassetta degli attrezzi, ma se non ho mai cambiato una lampadina perché dovrei volerla adesso? Malgrado me lo chieda, e dopo qualche istante passato a guardarla cercando di ricordare se fosse mai stata usata, semplicemente richiudo il cassetto.

Mia moglie, quanto mi manca! Se solo sapessi dove si trova, sono sicuro che sia in cielo, ma il cielo è così lontano!

Non ho dubbi che se qualcuno si merita il riposo quella è lei, sempre così disposta ad aiutare gli altri in tutto ciò di cui avevano bisogno, e lo faceva con un grande sorriso e senza lamentarsi.

Non si è nemmeno lamentata delle molte ore di solitudine che ha passato, mentre io ero rinchiuso nel mio ufficio a lavorare o dei viaggi che mi allontanavano per settimane.

Ogni volta che tornavo, trovavo un bel sorriso ad aspettarmi e una voce calda che mi chiedeva come era andato il viaggio, malgrado sapesse che non potevo dire nulla in relazione al mio lavoro.

A volte mi alzo e dopo essermi lavato e fatto i miei esercizi, mi siedo al tavolo da pranzo, e aspetto, e aspetto, non so quanto tempo passi fino a quando mi rendo conto che mia moglie non è qui, e che non mi porterà la colazione, quindi sento una grande nostalgia, e non ho quasi voglia di alzarmi per prepararmelo da solo.

A dire il vero, non sono mai stato un amante della cucina, perché non sono mai stato bravo a cucinare o friggere, solo quando non avevo scelta aiutavo in quello che mi chiedeva, soprattutto durante le feste, dal momento che si aggiungevano così tante persone che mia moglie a mala pena riusciva a preparare tutto.

Mi interessava di più preparare la tavolo e pulire alla fine del pasto e andare a fare la spesa quando non la consegnavano a domicilio, ma poco di più.

D’altra parte, da quando se n’è andata, nonostante abbia resistito all’inizio considerandolo “il suo territorio”, ora ho la sensazione di passare la mia vita in cucina.

Non avevo davvero compreso tutto il lavoro che comporta la cucina e le ore che occupa, e resto con il rimpianto di sapere che quelle cose erano sue, e che ora non le userà mai più.

Molte volte… restavo in silenzio, in attesa di sentire qualcosa, forse un rumore in cucina, come succedeva mentre preparava la cena, magari sentirla cantare mentre si occupava delle sue piante… beh, non so esattamente cosa sto facendo, ma mi manca molto, questo mi è chiaro.

Anche quando tornai alla mia vita civile, continuavo a essere in contatto con i miei ex colleghi, preoccupato di essere aggiornato su tutto ciò che avveniva fuori dalla mia zona, nonostante ciò e le molte ore che ho dedicato allo studio nella mia vita, il tempo sembra non avere avuto pietà di me.

Tuttavia, la lista di persone con cui mi tengo in contatto è sempre più corta, dal momento che alcuni si sono trasferiti lontano, e ci sono anche coloro che non vogliono più sapere nulla su questi problemi di governo.

È vero anche che altri sono venuti a mancare e devo essere grato per questo, perché almeno posso contare su un altro giorno di vita, ma ho perso da tempo il conto di quanti ne ho guadagnati, infatti se non fosse per quel quaderno che ho sempre con me, non saprei nemmeno in quale anno sono nato.

In questo piccolo quaderno ho scritto i dati più importanti, il mio nome, il mio indirizzo, la data di nascita, quali sono le cose che dovrei fare di giorno, chi chiamare se ho qualche problema…

Sebbene non sappia perché, ci sono sempre meno numeri rimasti in quella lista, dal momento che molti sono cancellati, suppongo che la persona abbia cambiato il numero di telefono o non sia più tra di noi.

Le mie memorie! Quante volte mi hanno proposto di scriverle per registrare quello che avevo vissuto in modo che le nuove generazioni potessero imparare da questo, ma ovviamente non potevo! Mi era stato proibito di farlo, infatti, avevo firmato una moltitudine di contratti di riservatezza sul mio silenzio assoluto, come parte del mio lavoro.

Se avessi rivelato i segreti militari che conoscevo, sarebbe stata la mia condanna a morte.

Beh, detto così sembra molto drastico, ma era la verità. L’avevo già visto, fanatici che volevano alzare la voce e raccontare ai quattro venti i segreti del Governo su cui avevano lavorato e anche qualche giornalista che era disposto a raccontarlo in prima pagina, e tutti loro erano semplicemente scomparsi.

Incidenti stradali o nella vasca da bagno di casa erano le ragioni ufficiali; in questo modo, un paio di giorni prima delle loro rivelazioni, le persone coinvolte semplicemente svanivano.

È una cosa che ci hanno insegnato fin dal primo giorno, con il Governo non si gioca! Sanno tutto e non permettono fughe di notizie.

Anche quando ci sono, sono loro che le creano, perché non permettono che un singolo dettaglio venga fuori senza la loro autorizzazione.

Per molto tempo non ho potuto fare altro che chiudere la bocca e guardare dall’altra parte, agire come se tutto fosse normale, come se la società così come la conosciamo non avesse alternative, ma non è così.

Ho cercato di tenere la mia documentazione personale di tutto quello che ho fatto, come fosse un registro di attività ma non è stato possibile, il giorno in cui ho lasciato l’esercito curiosamente tutte le mie cose sono state confiscate e mi hanno permesso solo di portar via dalla base una valigia con i miei vestiti.

Io, che avevo accumulato così tante informazioni, che avevo apprezzato la mia casa dal giorno in cui ero entrato nell’esercito, mi ritrovai con una piccola valigia e il numero del conto di una banca dove avrei ricevuto la mia pensione per il resto dei miei giorni.

Nei mesi seguenti mi chiusi nell’ufficio in casa nel tentativo di ricordare tutto, cercando dati e trascrivendoli per ricreare i miei file, un lavoro faticoso, che ha portato a un ufficio pieno di cartelle ovunque, e per cosa?

Quando entravo in quel luogo ero orgoglioso del lavoro fatto e di essere stato in grado di raccogliere così tante informazioni, ordinarle, classificarle e dargli un senso, ma ora, riconosco appena il contenuto di quella montagna cartelle.