Goccia A Goccia

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Goccia

a

Goccia

Juan Moisés de la Serna

Traduzione a cura di Silvia Casuscelli

Tektime Edizioni

2020

“Goccia a Goccia”

Scritto da Juan Moisés de la Serna

Traduzione a cura di Silvia Casuscelli

1ª edizione: giugno 2020

© Juan Moisés de la Serna, 2020

© Tektime Edizioni, 2020

Tutti i diritti riservati

Distribuito da Tektime

https://www.traduzionelibri.it

Non è permessa la riproduzione totale o parziale di questo libro, il suo inserimento in un sistema informatico e la sua diffusione in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo che sia elettronico, meccanico, attraverso fotocopie, registrazione o altre forme, senza autorizzazione previa e per iscritto dell’editore. L’infrazione dei diritti menzionati può costituire un reato contro l’attività intellettuale (Art. 270 e successivi del Codice Penale).

Rivolgersi a CEDRO (Centro Español de Derechos Reprográficos) se si ritiene necessario fotocopiare o scansionare una parte di quest’opera. Si può contattare con CEDRO attraverso la pagina web www.conlicencia.com o telefonicamente ai numeri +34 91 702 19 70 / +34 93 272 04 47.

Prefazione

A volte viviamo la vita senza renderci conto che c’è qualcosa di più ad attenderci ma, in momenti precisi e senza sapere né come né perché, tutto questo cambia.

Scopri attraverso la nostra protagonista come si arriva ad accettare e a capire che non tutto è come sembra, imparando a scoprire un nuovo mondo per il quale nessuno si sente preparato.

Vivi con lei quest’esperienza così importante che può cambiare il tuo modo di vedere la vita, che la condurrà in uno dei posti più misteriosi del mondo in cui rimane quasi immutata una cultura millenaria e dove il reale si confonde con l’immaginario; accompagnala fino al tetto del mondo, il Tibet, per addentrarti nella conoscenza privata dei monaci buddisti.

Dedicato ai miei genitori

Indice

CAPITOLO 1. LA CONFERENZA7

CAPITOLO 2. QUANDO IL FIUME CANTA35

CAPITOLO 3. TEMPO DI ANDARSENE73

CAPITOLO 4. VIAGGIO IN TIBET103

CAPITOLO 5. L’ATTESA191

CAPITOLO 1. LA CONFERENZA

Mi ero svegliata presto, alle cinque e mezza e, come ogni giorno, ripetevo la stessa routine: alzarmi, farmi la doccia, pettinarmi, sistemarmi davanti allo specchio, fare colazione ed uscire.

Sapevo che nel mio lavoro era estremamente importante dare una buona immagine di me, e non perché supponesse un cambio sostanziale nei risultati della mia azienda, dato che ero una semplice impiegata, ma perché dalla direzione ci avevano detto che ognuno di noi, i fortunati lavoratori, dovevamo essere il riflesso di una azienda seria e di classe.

Non credevo ci fosse bisogno di dedicare così tanto tempo davanti allo specchio per poi alla fine dover stare rinchiusa in una stanza ad esaminare fatture e bolle di consegna ma, ad ogni modo, ero donna e mi piaceva essere ben vestita, anche fosse stato solo per ricevere il buongiorno del portinaio dell’edificio in cui ogni mattina mi recavo.

Ero nel mezzo della settimana e desideravo che arrivasse il venerdì, precisamente il pomeriggio, per godermi il fine settimana; la azienda stava avendo un grande successo e di conseguenza il numero delle vendite si era moltiplicato, quasi come il numero di fatture di cui dovevo occuparmi.

Tutto il sistema era automatico, a partire dall’ordine degli articoli, il rifornimento del magazzino e compresa la vendita; il mio lavoro era, però, noioso: dovevo verificare che ogni operazione fosse stata firmata dal fornitore e dal cliente e poi contabilizzarla; inoltre, dovevo annotare gli assegni e bonifici realizzati.

Svolgevo queste mansioni da tre anni e non credevo potessi avere una via d’uscita, siccome non esisteva la possibilità di ricevere una promozione ad un altro incarico nel mio settore e tanto meno negli altri. Se avessi voluto un cambiamento, sarei dovuta passare attraverso un processo di selezione esattamente come gli altri candidati esterni all’azienda.

Mi sarebbe piaciuto ricoprire il ruolo di commerciale e fornire assistenza ai clienti, avendo la possibilità di conoscere gente interessante e mostrargli le ultime tendenze; lo ritenevo molto più elettrizzante, inoltre avrei avuto qualcuno con cui poter parlare e, nel caso in cui non ci fossero stati clienti, mi sarei comunque potuta spostare in un’altra area per scambiare quattro chiacchiere con i miei colleghi.

Dalla mia postazione era difficile poter uscire a conversare con qualcuno, avrei dovuto attraversare svariati uffici in cui lavoravano i capi prima di accedere allo spazio comune in cui avrei potuto incontrare qualcuno, e anche gli altri impiegati cercavano di passare il meno possibile da quella zona per evitare che uscisse uno dei responsabili e li vedesse gironzolare.

Mi sentivo privilegiata per la posizione di fiducia in cui mi avevano collocato, poiché non tutti avevano la possibilità di avere un proprio ufficio e, per di più, essere molto vicini alla direzione. Ma, allo stesso tempo, era una limitazione poiché i capi non mi guardavano come una alla loro pari e, di conseguenza, non mi trattavano come se fossi una semplice collega; in realtà, neanche mi rivolgevano la parola.

Avevo amiche al di fuori del lavoro che svolgevano attività diverse dalla mia, per esempio parrucchiera o cassiera, e tutte sembravano entusiaste delle loro mansioni ma, allo stesso tempo, invidiavano il fatto che io lavorassi per una grande azienda. Mi ripetevano che sicuramente un giorno uno dei manager mi avrebbe preso in considerazione e, magari, si sarebbe addirittura innamorato di me.

Ancora non era giunto quel momento e non mi aspettavo nemmeno che arrivasse, dato che tutti erano sposati ed avevano circa una decina d’anni in più di me. Mi accontentavo delle mie mansioni e approfittavo dei fine settimana per riposare, dimenticarmi dei numeri e fatture ed andare con le mie amiche per locali.

Eravamo un gruppo di tre ragazze e ci piaceva uscire, far festa, lasciare che i ragazzi ci offrissero da bere e ci invitassero a ballare.

Prendevamo tutto per scherzo, sapendo bene che nessuno di loro avrebbe voluto qualcosa di serio da noi ma semplicemente passare una notte, e non eravamo preoccupate di poter incontrare qualcuno di speciale tra quei pretendenti.

La mia giornata era iniziata come tutte le altre, avevo ordinato un caffè nel tragitto prima di arrivare al mio ufficio e mi ero seduta di fronte al computer, affianco a due scatole di documenti del giorno prima.

In una c’erano le operazioni dei clienti e nell’altra quelle dei fornitori. Personalmente, preferivo iniziare da questi ultimi vista l’importanza di accontentarli, e se avessimo tardato nel pagamento o nelle risposte avremmo potuto avere problemi nelle consegne nonché una ripercussione sugli affari.

Al contrario, i clienti erano più pazienti perché non avevano alcuna fretta di pagare, ma avevo comunque l’obbligo di non far ritardare la gestione dei dati più di un giorno.

La prima cosa che facevo era separare ogni documento secondo il nome del fornitore, come se fossi un impiegato delle poste. Leggevo ogni mittente e, successivamente, li classificavo.

A volte mi capitava di trovare documenti che non erano destinati a noi e che ci avevano consegnato per sbaglio, come per esempio le copie erronee delle note d’entrata; tutti questi casi li risolvevo a mano a mano, separandoli in uno scaffale diverso per poterli gestire poi telefonicamente.

Dopo aver separato il primo mucchio per ogni fornitore, facevo di nuovo una selezioni dei documenti dividendoli in bolle, fatture o note d’entrata.

Tutto un mondo di piccole procedure prime di iniziare il lavoro vero e proprio; solo posizionare ogni documento al suo posto mi occupava buona parte della mattinata e, una volta terminato, avrei dovuto scansionarli per salvarne una copia nel computer, facilitandone la ricerca in caso fosse necessario.

Successivamente, una volta verificata la corrispondenza con l’operazione che appariva nel sistema, ogni documento veniva archiviato nell’apposito cassetto, uno per ogni fornitore. Lì rimaneva custodito per un periodo minimo di cinque anni, nel caso in cui dovesse essere sottoposto a verifica in un’ispezione.

Era già mezzogiorno e solo avevo avuto tempo di finire la parte dei venditori; mi mancava ancora la parte dei clienti che, vista la quantità, era la più corposa ma allo stesso tempo la più rapida, trattandosi delle note dei pagamenti che sarebbero stati saldati con contanti o carta di credito.

Per queste ultime dovevo solo creare una nota nel computer affinché si potesse poi realizzare un addebito automatico, inserendo i dati del compratore, il numero della sua carta, l’importo del pagamento e la data della scadenza in caso di posticipo.

Tutto questo avrei dovuto farlo dopo pranzo, e quello era l’unico momento in cui sarei potuta dall’edificio; l’azienda si faceva carico di una percentuale della consumazione qualora il pranzo si fosse consumato al suo interno, ma nonostante questo erano molti quelli che sceglievano di andare a mangiare nei locali adiacenti o a casa propria.

Ero solita recarmi in un bar che si trovava a pochi passi dall’edificio, un posto piccolo in cui però mi sentivo quasi in famiglia, visto che lo frequentavo quotidianamente e ogni giorno mi facevano trovare piatti differenti.

Mi angosciava l’idea di dover stare chiusa anche all’ora di pranzo come se non ci passassi già abbastanza tempo ogni giorno, e non ero abbastanza vicino a casa mia per poter andarci e tornare in tempo.

 

Il bar era un mezzo anche per relazionarmi con gente normale, che non si preoccupava di mettersi in mostra con i clienti o vantarsi delle vendite con i colleghi.

Mentre mi stavo godendo il mio piatto, si avvicinò al bancone del bar una giovane ragazza che, dopo aver scambiato qualche parola con il responsabile, lasciò una pila di fogli. Non gli detti molta importanza fino a quando mi avvicinai per pagare e vidi il mucchio di volantini che aveva lasciato.

Aspettando che il cameriere mi desse il resto, aprì uno degli opuscoli e vidi che si trattava di una conferenza su di un nuovo prodotto terapeutico, che prometteva cure per ogni tipo di dolore inclusi quello mestruale e l’emicrania.

Non ero solita frequentare posti simili, sapevo che erano tutte attività il cui unico scopo era di vendere il loro prodotto risaltandone le proprietà benefiche per la salute che in realtà non possedevano.

Lo avevo visto fare centinaia di volte nella mia azienda, l’ingresso di una persona indecisa o semplicemente con qualche dubbio su un determinato prodotto ed uscire poi con quell’esatto articolo sotto il braccio, con la certezza di aver comprato qualcosa di essenziale per la sua vita.

Le avevano semplicemente creato la necessità psicologica di quell’oggetto e poi glielo avevano venduto. Supponevo che il posto indicato nel volantino avrebbe fatto lo stesso, tante belle parole spese con l’obiettivo finale della vendita.

Nonostante la mia perplessità iniziale, ne presi uno per parlarne ad un’amica che credeva fermamente in queste cose: guarigioni, chiromanzia e tutto quello che vi è relazionato; anche se molte volte le avevo detto che era una credulona e una persona estremamente influenzabile, sembrava che le mie parole non avessero nessun effetto su di lei, a parte provocarle una risata per la mia incredulità.

Più volte le avevo ripetuto che in passato ero uscita con un farmaceutico, che mi aveva confermato che molti dei medicinali erano composti da piante naturali trattate e poi incapsulate, senza aver nessun effetto maggiore del consumo della pianta stessa attraverso infusi o impacchi, a seconda della zona da trattare.

Ma lei continuava a pensarla allo stesso modo, che ci fosse qualcosa in più al di là dell’apparenza che non poteva essere spiegato. Al termine della giornata la chiamai e mi convinse ad incontrarci davanti la porta del locale dove il pomeriggio stesso si sarebbe tenuta quella conferenza.

Mi mostrai restia nel perdere il mio tempo con loro, ma mi ricordò che in più di una occasione mi aveva accompagnato ad alcune corsi formativi che si organizzati dalla mia azienda.

Senza rendermene conto mi ritrovai in una sala piena di persone vestite in modo abbastanza informale e, in alcuni casi, persino appariscente, anche se loro preferivano definirsi alternativi. Addirittura qualcuno guardava quelli vestiti in modo distinto come se non dessero importanza ai dettagli, e la stessa cosa mi era stata detta in più di una occasione per essere andata in un posto simile vestita ancora da ufficio.

Non ero molto a mio agio in quell’ambiente a differenza loro che, invece, sembravano davvero contenti e senza nessuna preoccupazione; forse, da un lato, ne ero invidiosa.

Io non avrei potuto permettermi di dedicare il mio tempo a pensieri così elevati, come l’esistenza di altri pianeti o la ricerca della mia essenza. Le mie mete erano focalizzate sulla mia vita quotidiana, affrontare e superare le sfide che ad ogni passo mi si presentavano ed arrivare alla fine del mese con qualche risparmio per poter festeggiare con le amiche.

Per fortuna per me, i tempi di vacche magre si erano conclusi dopo i miei anni penosi della facoltà in cui dovevo lavorare per pagarmi gli studi, oltre all’appartamento in cui alloggiavo.

Il mio lavoro mi aveva permesso di potermi preparare un futuro accogliente. Vivevo in affitto in un appartamento lontano dal centro e, per questo, ero costretta ad usare ogni giorno i mezzi pubblici, ma in compenso potevo godere di uno spazio tutto mio; per di più le mie amiche avevano la macchina e quando ci organizzavamo per uscire, qualcuna di loro mi passava sempre a prendere.

La conferenza iniziò, e il relatore si presentò dicendo:

―Buon pomeriggio, prima di cominciare vorrei porvi delle domande. Quanti di voi si sentono stanchi? ―molti dei partecipanti alzarono la mano.

―Quanti hanno una relazione? ― altre persone la alzarono.

―Quante persone non hanno una relazione da meno di un anno? ―questa volta, la alzarono in minor numero.

―Chi non ha una relazione da più di un anno? ―solo per due persone la risposta fu affermativa e, ad un tratto, la mia amica mi dette un colpo con il gomito e dovetti alzarla anche io.

―Le tre persone che hanno alzato la mano, potrebbero gentilmente venire qui? ―chiese il relatore.

Ancora non mi era molto chiaro che cosa ci facessi in quel posto, la mia intenzione era solo quella di accompagnare la mia amica e, invece, ora mi stavano chiedendo di collaborare in qualcosa che personalmente non mi interessava. Vedendola però elettrizzata e con un sorrisetto nervoso per l’agitazione ancor più grande della mia, decisi di compiacerla ed iniziai a camminare passando tra le sedie degli altri posti.

Arrivata alla prima fila mi fermai, aspettando che mi raggiungessero anche le altre due persone: una donna forse un po’ più giovane di me e un ragazzo più grande, con già qualche capello bianco.

― Bene, voi siete adatti ad aiutarmi nel dialogo di oggi, che ha come tema l’AMORE, ― e disegnò sulla lavagna questa parola. ― Dunque, vorrei che Lei mi rispondesse. Qual è il suo significato? ― chiese al ragazzo.

― Non so, è così ampio il concetto che non saprei da dove iniziare ― rispose teso.

― Affinché Le sia più facile, mi dica: di questa parola composta da cinque lettere, cosa rappresenta per lei la lettera “A”?

― Allora, “A” può corrispondere ad Amicizia, che a parer mio è una parte importante in una relazione.

― Bene, cosa sarebbe la “M”?

― “M” di Maturità, perché forse l’amore quando si è troppo giovani non è proprio amore ma passione, non avere freni o semplicemente avere curiosità. Bisogna avere raggiunto un grado di maturità più altro per potersi impegnare con un partner.

― Molto bene, sembra che è venuto qui avendo già fatto i compiti ― disse con un sorriso ― proseguiamo adesso con la “O”.

― “O”? ― rimase fermo a pensare – Deve essere per forza l’iniziale o può essere anche una parte della parola? ―chiese.

― Preferirei che fosse la prima lettera ― puntualizzò vedendo la sua difficoltà.

― Dunque… “O” di Offrire. In una relazione si dona, si condivide e non faccio riferimento solo a cose materiali ma, anzi, si dedica anche tempo e ci si sforza per compiacere l’altra persona.

― Bene, l’hai preso con le pinze però è valido. Adesso vediamo la “R”.

― “R” di Romanticismo, perché un rapporto senza questa parte importante e fatto solo di desiderio e passione non sarebbe altro che una avventura di una notte.

―La lettera finale, la “E”.

― “E” di Energia, credo sia fondamentale che l’altra persona sia compatibile con la propria forma di sentire, che non ti rubi l’energia attraverso discussioni innecessarie ma, al contrario, che apporti vitalità ed ottimismo.

― Bene, ora vorrei chiedere la stessa cosa a Lei ― commentò dirigendosi all’altra donna sul palco. ― Le istruzioni sono le stesse, vorrei mi dicesse che cosa significa ognuna delle lettere che compongono la parola AMORE. Senza ripetere, però, nessuno dei significati che sono stati indicati da lui ― indicò con il dito il giovane. ― Iniziamo, cosa mi dice con la “A”?

― Dunque, “A” di Accompagnare. È molto importante che la persona che ami condivida le tue inquietudini e ti accompagni nel cammino della vita.

― Con la “M”?

― “M” può rappresentare il Matrimonio. Ogni matrimonio deve avere come fondamenta l’amore, e io non concepisco un amore senza matrimonio.

― E la “O”?

― “O” di Organizzazione, perché l’amore deve essere tranquillo e ogni cosa deve arrivare a tempo debito, seguendo tutti i passi; questo è il miglior modo per far sì che duri; io non credo nei colpi di fulmine che durano per tutta la vita, questo sentimento è qualcosa che deve essere coltivato giorno dopo giorno.

― Della “R” che può dire?

― Avrei detto lo stesso che ha affermato il ragazzo ma, dato che non posso ripetermi, per me corrisponde a Relazione; l’amore è un modo per potersi relazionare con altre persone, e di instaurare vincoli importanti per il futuro.

― Passiamo all’ultima lettera.

― La “E” è l’Eternità, considero che le coppie debbano durare in eterno, non condivido il comportamento dei giovani di oggi che stanno con qualcuno e l’anno successivo con un’altra persona, credo che una vera coppia duri tutta la vita.

― Bene, adesso più o meno ci è chiaro il suo modo di vedere l’amore, possiamo passare al terzo partecipante ― commenta dirigendosi a me ―. Le regole sono le stesse, non può riproporre nessuna delle idee esposte precedentemente. Mi dica, che significato dà alla lettera “A”?

― Personalmente considero che “A” possa voler dire Attuare, poiché per raggiungere un amore bisogna sforzarsi, organizzarsi, avere un obiettivo chiaro e, quando ci si sente pronti, mettersi in moto per ottenerlo.

― La “M”?

― La “M” corrisponde a Moderazione. L’amore, come tutte le relazioni umane, può essere appassionato ma se tutta la passione viene bruciata nei primi istanti, si rimane senza nulla. Bisogna cercare di avere un po’ di tutto in ogni momento: passione, affetto, trasporto e condivisione.

― E della “O” che pensa?

― Penso che possa voler dire Orientato al benessere altrui. Bisogna trovare un equilibrio nella vita in cui possano coesistere le attività personali e sociali, e all’interno di queste ultime dividere il tempo tra la famiglia, gli amici e il partner senza trascurare nessuno.

― Ed ora la “R”.

― La lettera “R” può significare Rispetto, giacché ogni legame dev’essere basato sulla comprensione, il rispetto e l’accettazione dell’altra persona con i suoi pregi e difetti, senza volerla cambiare secondo quello che ci è più conveniente.

― Benissimo, concludiamo.

― La “E” è l’Emozione. La persona che abbiamo scelto deve emozionarci e lo stesso dobbiamo fare noi con lei, senza questo elemento la relazione è carente nella sua parte più fondamentale. Si devono sentire le famose “farfalle nello stomaco” per essere certi di essere innamorati.

―Perfetto, qui abbiamo tre forme di affrontare la vita, dalla più romantica alla più organizzata. Chissà se può essere tra questi il motivo che ha determinato la vostra attuale condizione amorosa.

Non possiamo esserne certi, ma ad ogni modo quello che è chiaro è che tutti e tre consideriate questo sentimento come qualcosa di buono e meraviglioso che fa parte della vita, in molti casi necessario ed in altri piacevole.

Però, dov’è l’amore? Si può misurare, prendere o regalare a qualcun altro? No, dato che solo è una parola e quindi astratto; si può comunicare ad un’altra persona, “l’amore è arrivato nella mia vita”, ma non molto di più.

Nonostante questo, come abbiamo appena visto, tutto quello che io cerco di comunicare usando la parola AMORE avrà un significato totalmente distinto a quello che l’altra persona percepisce, ma…se invece potessimo regalare l’amore? ― Tutti risero nella sala.

― Non vi sto parlando di una pozione per innamorarsi come quelle che molti cercano di vendere, ma di poter dare alla persona che si ama, ad un famigliare o ad un collega un dono che esprima un sentimento di calore e affetto nei suoi confronti.

Se si potesse, lo fareste? ― Tutti acconsentimmo dai nostri posti, ai quali eravamo tornati sia io che gli altri due partecipanti saliti spontaneamente sul palco.

― D’accordo, sono qui per offrirvi due elementi: il primo è un prodotto che ora vi mostrerò ed il secondo si rivolge a tutti quelli che ne possano essere interessati, dato che ho organizzato un corso della durata di un fine settimana per conoscere come prepararlo.

― Eccolo, il prodotto di base che non dovrebbe mancare in nessuna casa, e che può essere regalato alle persone che amiamo dovunque esse si trovino. Sembra piccolo, ma vi assicuro che è molto efficace. Quella che vi sto vendendo non è una semplice bottiglia d’acqua, ma un’acqua speciale che contiene una grande energia, in questo caso di AMORE.

 

La sala iniziò a riempirsi di mormorii, forse a causa del disaccordo o per lo stupore delle parole appena ascoltate.

― Vi spiegherò la sua origine e, così, potrete capire quello che sto cercando di spiegarvi. Immaginatevi per un momento qualcuno capace di catturare l’anima degli elementi: sappiamo che si può estrarre l’essenza dei fiori e delle piante per ottenerne un concentrato, il cui profumo e proprietà rimangono intatte per anni.

Dopodiché, per utilizzarlo deve essere diluito in acqua affinché i suoi effetti siano delicati e benefici. Può, però, essere estratta allo stesso modo l’essenza dei sentimenti racchiudendo felicità, amore o amicizia in un contenitore?

Questo fine settimana vi mostrerò il processo che lo rende possibile, e non si tratta solo di riporlo in un’ampolla ma, come succede per un elisir, poterlo utilizzare successivamente per averne effetti positivi sulla salute.

Immaginatevi di bere un goccio di quest’acqua in una giornata negativa, e potersi sentire amati da sé stessi e dagli altri. Il nostro stato d’animo cambierebbe all’improvviso ed inizieremmo ad avere un atteggiamento più sicuro, modificando di conseguenza il nostro modo di affrontare e vivere quel giorno.

Non sarebbe da tenere nel nostro kit di emergenza ed utilizzarlo in caso di necessità? ― L’uomo si interruppe e la sala si fece ad un tratto silenziosa, nell’attesa che il discorso proseguisse.

―Sapete in che percentuale il vostro corpo è composto da acqua? Circa il sessanta per cento. Se permettessimo all’essenza di diffondersi nel nostro organismo, non otterremmo quindi lo stesso risultato? Se gli effetti di questo liquido fossero davvero positivi, questa concentrazione si espanderebbe nel nostro corpo e con lui i suoi benefici.

Rimase in silenzio di nuovo aspettandosi una reazione dal pubblico, il quale appariva sconcertato dalle sue parole. D’altro canto lo ero anch’io, visto che era la prima volta che presenziavo ad un discorso simile ed avevo grandi dubbi in merito.

― Quindi, ―continuò l’uomo interrompendo i pensieri ed i commenti dei partecipanti ― Provate a pensare che, per qualche strano motivo, un investigatore in Giappone fosse riuscito ad estrarre l’essenza dei nostri pensieri e sentimenti; non credete che sarebbe meraviglioso poterne approfittarne?

Provate ad immaginare la quantità di farmaci a cui potreste rinunciare semplicemente sostituendoli con uno di questi preparati. In aggiunta, non dovreste più cercare appoggio in un’altra persona per uscire da una situazione personale complicata. Dovreste semplicemente bere e osservare gli effetti ottenuti.

― Un’acqua miracolosa? ― domandò qualcuno dal fondo della sala.

― No, in assoluto. Tutto quello che vi offro è scientificamente testato e creato in laboratorio, ed ha un certificato di qualità; non sto cercando di convincervi delle meraviglie che può fare, dato che queste sono garantite, vi sto solo spiegando che è una novità internazionale. ― Sembrava che quella frase avesse fatto effetto sul pubblico, che ora rimaneva attento e silenzioso ad ascoltare.

― Vedete, ― proseguì, ― l’acqua è uno degli elementi più curiosi che si trovano in natura. Molti scientifici si spingono ad affermare che non proviene del nostro Pianeta e sarebbe proprio per questo il motivo delle sue caratteristiche così speciali: anche se è difficile da credere, ogni giorno si fanno nuove scoperte sulle sue proprietà fisiche, elettriche o magnetiche.

Tra gli ultimi risultati si è scoperto che si possono creare ponti elettrici che mantengono sospesi elementi ad una grande altezza, e che possiede una memoria: è esattamente questa la caratteristica usata in questo prodotto che vi ho portato.

Ero realmente stupita da quello che stavo vedendo ed ascoltando, chi avrebbe mai pensato che avrei assistito ad un discorso di un uomo sull’acqua? Sapevo che era considerato sempre di più un bene scarso, ma addirittura da doverlo vendere in bottigliette?

A questo già ci pensavano i supermercati, nei quali si può trovare un’ampia gamma di varietà e marche distinte; lui, però, parlava di alcuni suoi aspetti che mi erano totalmente sconosciuti. Da dove proveniva questa storia dei sentimenti e della memoria?

Non sapevo se rimanere seduta o andarmene e, anche se incuriosita dal discorso, mi sembrava davvero poco concreto, al di là del business che stava cercando di creare.

Quello che mi sembrava era che si trattasse davvero di un intruglio, nonostante avesse voluto dipingerla come una novità scientifica. In che cosa era differente da incantesimi, pozioni o preparati già in vendita che promettevano soldi e amore?

Questo argomento non mi faceva sentire a mio agio ma, dato che la mia amica sembrava molto interessata, rimasi ad ascoltare il proseguo del discorso.

― L’acqua rappresenta la vita, è un elemento senza il quale non possiamo sopravvivere e a cui dobbiamo il nostro stato di salute: è parte del nostro sangue, del sistema linfatico ed è inoltre necessario per ripulire l’organismo, attraverso i reni. Possiamo affermare, quindi, con certezza che l’acqua è vita, ed ora quello che vi sto offrendo è che sia anche AMORE.

Non significa che assumendo quest’acqua troverete un partner, non mi riferisco a questo, ma che potrete introdurre amore nella vostra vita quando ne avete più bisogno, quando vi sentirete soli o avrete problemi e non vi sentirete compresi da nessuno. Immaginatevi di bere tutti i giorni qualche goccia di amore, non sarebbe confortante?

Rimase in silenzio, come tutti i presenti, ed io non sapevo se era giunto alla fine della ciarla o solo stava riprendendo fiato.

Riprese, invece, ad elencare le caratteristiche del prodotto, il prezzo, come consumarlo e conservarlo. Ci chiese, poi, di informare chiunque avesse potuto esserne interessato.

La stessa bottiglietta al supermercato avrebbe avuto un prezzo di meno di un dollaro e mezzo, e lui la stava vendendo a dieci dollari circa. Forse, perché era stata benedetta da lui. E, riguardo la tecnica usata per far acquisire a quest’acqua la capacità di dare AMORE, rimaneva segreta e sarebbe stata svelata solamente a chi avesse voluto pagare il suo corso di due giorni in cui, secondo quanto affermava, avrebbe rivelato tutti i suoi segreti.

Non so per quale motivo ma i temi trattati mi avevano scosso, come se dentro di me una parte si fosse spezzata ed ero stata pervasa dalla sensazione che mi mancasse qualcosa. All’uscita raccontai come mi stavo sentendo alla mia amica ma, proprio lei, la più credulona tra tutte le mie amiche, replicò che mi facevo impressionare troppo facilmente.

Mi sentivo strana, quelle parole avevano risvegliato delle inquietudini che non avevo prima di partecipare a quella seduta. Ad ogni modo, rispettando i miei principi, non comprai nulla e tanto meno lasciai che la mia amica lo facesse. Questa era stata la condizione messa in chiaro se avesse voluto che io l’accompagnassi, nonché tema di discussione.

Quella stessa notte continuai ad essere molto agitata, ed era un lusso che non potevo permettermi dato che il giorno dopo sarei dovuta andare a lavorare.

Dopo essermi preparata una tisana di valeriana riuscì finalmente a prendere sonno. Nonostante questo, continuai a sentirmi nervosa e ad avere la percezione che quella notte non arrivasse mai ad una fine; i miei sogni si componevano di immagini sconosciute, alcune mi creavano angoscia ed altre mi riempivano di pace e serenità.

Non diedi molta importanza all’accaduto e, controvoglia, mi svegliai nuovamente alle cinque per iniziare un nuovo giorno della mia vita noiosa.

Continuavo ad avere le stesse sensazioni che avevo provato il giorno prima anche se, guardandomi allo specchio, il mio riflesso era quello di sempre: la mia pelle aveva lo stesso colore, notavo solo le borse sotto agli occhi a causa della notte agitata che avevo trascorso.