Un Amore come Quello

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From the series: Le Cronache Dell’amore #2
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Keira voleva darsi un pizzicotto. Era un sogno? Stava ancora dormendo sul divano scomodo di Bryn, fantasticando sul suo giorno di ritorno a lavoro ideale?

Ma no, era tutto vero. Senza Joshua, il Viatorum si era trasformato nel lavoro dei suoi sogni. E aveva appena ricevuto l’incarico perfetto per lei.

“È il nostro modo per dirti grazie,” intervenne Denise. “Per averci liberati di Josh.”

Keira rise, entusiasta. Era così emozionata dal suo nuovo incarico, ma era anche piuttosto nervosa. Che fosse una caratteristica instillata da Joshua o una parte della sua personalità, i nuovi progetti la riempivano sempre di ansia e insicurezza. Dentro di sé non era sicura di esserne all’altezza, specialmente essendo ancora tanto turbata da Shane. Ma sapeva anche di non potersi rifiutare. Tutti la stavano guardando con ammirazione. Era costretta a rigettarsi nella mischia, per così dire.

“Quale è il titolo dell’articolo?” chiese, cercando di concentrarsi sul compito da svolgere, per evitare di pensare a Shane.

“Il Paese dell’Amore,” disse Lance, spalancando le mani davanti a sé con aria drammatica.

“Un altro pezzo sull’amore?” ripeté lei, spiazzata.

“Ma certo!” esclamò il capo. “È quello che ti riesce meglio, Keira. Il tuo ultimo articolo era incredibile.”

“Solo perché mi sono innamorata…” spiegò.

Lance annuì. “Esattamente. È stato magnifico. Voglio leggerne un altro così, quindi ti mando nella più romantica di tutte le destinazioni. Voglio che parli con la gente del posto e scopri i loro segreti. Gli italiani conoscono davvero il vero amore? Perché è considerato il luogo più romantico del pianeta? Che segreto nascondono sull’amore?”

Aveva sul volto un sorriso ampio e incoraggiante. Ma dentro Keira, il panico stava avere il sopravvento.

Come avrebbe potuto scrivere dell’amore quando aveva il cuore in mille pezzi? In Irlanda aveva faticato a completare l’incarico perché era stata ingenua, sciocca e inesperta. Quella volta sarebbe stata cinica e amareggiata. Non avrebbe mai funzionato.

“C’è spazio per una certa flessibilità nel titolo?” balbettò. “Qualche possibilità di modificare la prospettiva? Non vorrei trovarmi incastrata nel ruolo della scrittrice dell’amore.”

Lance sembrò sorpreso. “Ma tu sei la scrittrice dell’amore, Keira. La Guru del Romanticismo. È quello che la gente si aspetta da te. Il tuo punto di forza. Il tuo elemento esclusivo.”

Lei non riusciva a crederci del tutto.

Ma che altre possibilità aveva? Lance si era fatto in quattro per lei, per assicurarsi di farle avere l’incarico migliore. Non aveva scelta, doveva accettare di scrivere l’articolo. Tutti volevano che lo facesse, e la sua carriera dipendeva da quello. Avrebbe dovuto fingere.

O forse non sarebbe stata costretta. Forse avrebbe incontrato un altro uomo. Non un nuovo Shane, non qualcuno di cui si sarebbe innamorata perdutamente, ma un appassionato uomo italiano con cui avrebbe potuto avere una breve e travolgente storia. Niente legami, niente amore, solo lussuria.

Sorrise tra sé e sé. Magari era quella la cura per il suo cuore ferito! Anche se l’amore era l’ultimo dei suoi pensieri, forse un’avventura con un italiano sexy sarebbe stata la medicina che le serviva per dimenticare Shane.

Guardò Lance e sollevò un sopracciglio.

“Grazie,” accettò. “Quando parto?”

CAPITOLO QUATTRO

“Domani?” esclamò Bryn, appollaiandosi su un bracciolo del divano.

Keira annuì e continuò ad aggirarsi freneticamente nel piccolo appartamento, raccogliendo le proprie cose e gettandole in valigia. Vibrava per l’eccitazione.

“Riesci a crederci? Avrai di nuovo la casa tutta per te per tre intere settimane!”

“Ma ti perderai Halloween,” si lamentò Bryn. “Malcolm e Glen volevano portarci a una festa.”

Keira roteò gli occhi. “Ma che peccato,” commentò sarcastica.

In quel momento suonò il campanello. Bryn andò a rispondere, usando l’interfono per vedere chi fosse. Lanciò un’occhiata alle sue spalle verso Keira, con un’espressione perplessa sul volto. “Perché Shelby e Maxine sono davanti alla mia porta?”

Maxine e Shelby erano le più vecchie amiche di Keira, essendosi incontrate tutte e tre al college. Bryn le detestava, anche se lei non ne capiva il motivo e supponeva fosse per gelosia.

“Me n’ero completamente dimenticata,” sussultò. “Le avevo invitate a bere qualcosa moltissimo tempo fa. Dovevamo rivederci prima che arrivasse Shane e si portasse via tutto il mio tempo libero. Per te va bene?”

“Chiaramente non ho scelta,” rispose Bryn, con aria irritata. “Però mi dispiace, avremmo potuto passare una bella serata tra di noi dato che poi starai via così tanto tempo…”

“Scusa,” disse Keira, scrollando le spalle. “Non sapevo che sarebbe stata la mia ultima notte a New York quando ci siamo messe d’accordo. Ho pensato che saresti stata fuori con qualche tizio come la maggior parte delle sere.”

Bussarono alla porta e Bryn si alzò con uno sbuffo a rispondere. Non appena la porta si aprì, Keira sentì le esclamazioni di gioia di Maxine e Shelby. Accorse da loro e si ritrovò di fronte le sue due amiche, la minuta Shelby dai lunghi capelli biondo platino, e l’atletica Maxine con i suoi corti ricci neri e la pelle scura.

“Keira!” esplosero, gettandole le braccia attorno al collo.

“È passato troppo tempo,” le disse Maxine all’orecchio.

“Pensavo che non saresti mai tornata a new York,” aggiunse Shelby dall’altro lato.

Keira indietreggiò. “Lo so, mi dispiace. È successo tutto così in fretta, il viaggio in Irlanda, la rottura con Zach, il trasferimento dal suo appartamento. Non ho ancora avuto il tempo per riorganizzare le idee.”

Bryn, ancora in piedi a tenere la porta aperta, aggiunse con tono patetico: “Era un momento solo per la famiglia, capite?”

“Certo,” disse Maxine con un sorriso falso in volto.

Keira invitò le amiche ad accomodarsi nell’appartamento. “Dai, beviamo qualcosa. E facciamo due chiacchiere.”

“E preparate la valigia,” aggiunse Bryn con tono da genitore.

Entrarono tutte insieme, parlando eccitate. Con una certa riluttanza, Bryn aprì per loro una bottiglia di vino, poi si sedette all’isola della cucina con un sospiro, distribuendo bicchieri alle amiche di Keira con un’espressione cupa.

“Quindi, sei di partenza per l’Italia?” chiese Shelby, sorridendo emozionata. “Per quanto tempo questa volta?”

“Tre settimane,” rispose Keira, piegando i vestiti e infilandoli in valigia. “È praticamente diventata la mia nicchia alla rivista, in questo momento. Vado all’estero e scrivo un articolo sull’amore. Mi chiamano la Guru del Romanticismo.”

Shelby e Maxine si scambiarono uno sguardo, uno che Keira riuscì subito a interpretare.

“Lo so che in realtà sono uno disastro con le relazioni. Due rotture in altrettanti mesi, giusto? Ma posso sempre fingere.”

“Vuoi dire mentire?” chiese Maxine con una risata.

“Se devo,” rispose lei, ripensando a quanto aveva faticato per scrivere l’ultimo articolo. Allora si era comportata da cinica, cercando di negare il fatto che si stava innamorando dell’Irlanda, e più nello specifico, di Shane. Invece adesso avrebbe dovuto assumere la prospettiva contraria, dell’inguaribile romantica, una convertita che si sarebbe immersa prontamente e totalmente nell’amore e nella passione. Si sentiva esattamente il contrario.

“Dovrai semplicemente innamorarti di un sexy uomo italiano,” aggiunse Shelby.

Keira sogghignò. “Non sarebbe bello?” rifletté, anche se in quel momento era certa che una suora in un monastero avrebbe avuto più possibilità di lei di avere un’appassionata storia d’amore.

“Ti perderai Halloween,” aggiunse Maxine, sconsolata.

“Lo so, è un peccato,” rispose lei. “È la mia preferita, ma anche in Italia ci sono degli eventi. A quanto pare è una festività nazionale di quattro giorni, o qualcosa del genere. Il giorno dei morti, la commemorazione dei defunti, Ognissanti, è un grosso affare. Una festa enorme.”

Shelby incrociò le braccia fingendosi offesa. “Praticamente stai dicendo che il tuo Halloween sarà molto meglio del nostro.”

“No!” rise Keira, protestando. “Beh, forse.”

Tutte scoppiarono a ridere. Eccetto. Bryn, ovviamente. Stava fissando il fondo del suo bicchiere di vino, corrucciata.

“Comunque possiamo fare una bella festa del Ringraziamento insieme. Per allora sarò tornata qui.”

Bryn sollevò di scatto la testa. “Quest’anno per il Ringraziamento siamo dalla mamma, ricordi? Solo noi tre.”

“Quello è il pranzo,” replicò Keira, cominciando a spazientirsi con il comportamento difficile della sorella. “Posso passare il resto della giornata con le mie amiche, o no?”

“Certo che puoi,” sbuffò Bryn. Ritornò a fissare il fondo del bicchiere.

Maxine sollevò le sopracciglia. Lei e Shelby erano abituate all’ostilità di Bryn, ma Keira non riusciva a capire il motivo della possessività della sorella. Poteva avere altre persone nella sua vita! Bryn stessa era estremamente indipendente e aveva sempre avuto moltissimi amici e fidanzati, ed era sempre in movimento verso una festa o l’altra. E invece, non appena Keira voleva passare del tempo con chiunque non fosse lei, la sorella diventava di malumore. A volte Keira si sentiva la più matura tra le due. Bryn sapeva davvero comportarsi da bambina viziata.

“Il Ringraziamento mi sembra così lontano,” commentò Shelby.

“Lo so,” rispose Keira. “Ho l’impressione di non essere stata per niente qui a New York. È come se fosse stata una vacanza! Pensavo che avrei avuto più tempo per recuperare. Non ho nemmeno trovato un appartamento nuovo.”

 

“A proposito di appartamenti…” intervenne Bryn.

Stava fissando il cellulare di Keira, appoggiato sul bancone. Lo schermo si era illuminato per l’arrivo di un messaggio. E il nome di Zach era chiaramente visibile.

“Sarà meglio che mi abbia scritto per dirmi che mi restituisce la cauzione,” disse Keira.

Proprio in quel momento Maxine e Shelby si scambiarono un’occhiata colpevole e la giornalista ebbe la netta impressione che le stessero nascondendo qualcosa.

“Che c’è?” volle sapere.

Ne aveva avuto abbastanza delle sorprese.

Alla fine fu Shelby a confessare. “Credo che sia per via di Julia. Si sono lasciati.”

Keira alzò un sopracciglio, sorpresa. “Davvero?” La storia che aveva messo fine alla loro relazione era durata solo qualche settimana?

Prese il cellulare e lesse il messaggio di Zach. Confermava le notizie di Shelby.

Ehi, Keira. È tanto che non ci sentiamo. Prima che ti arrivasse la voce volevo farti sapere che ho rotto con Julia. Tra di noi le cose non funzionavano. Mi chiedevo se fossi disposta a vederci per un drink? Questa sera? Domani? Fammi sapere. Un bacio.

“Ugh, che stronzo arrogante,” borbottò lei.

“Che cosa dice?” chiese Maxine.

“Niente sul fatto che sta tenendo in ostaggio la mia cauzione,” disse Keira con tono disgustato. “Vuole andare a bere qualcosa con me.”

Bryn rimase a bocca spalancata per la sorpresa. “Tu non ci andrai, vero?” esplose.

Keira la fissò, sbalordita. “Certo che no,” esclamò. “A meno che non sia l’unico modo per riavere i miei soldi.”

Bryn emise un verso di disapprovazione. “Se ti vuole costringere con il denaro a uscire con lui, giuro su Dio che gliene dico quattro…”

Shelby si accigliò. “Non la vuole costringere. Non farla così lunga.”

Bryn sembrò offendersi. “Scusa ma tu di chi sei amica, sua o di Keira?”

“Di entrambi,” rispose Shelby, incrociando le braccia.

La sorella rimase impassibile. “Anche se lui l’ha tradita?”

“Ragazze!” le interruppe Keira. Non aveva voglia di sentirle litigare. Aveva ancora gli occhi incollati sullo schermo del cellulare.

All’improvviso, Bryn glielo strappò di mano.

“Smettila di pensarci!” ordinò a Keira.

“Non lo stavo facendo!” strillò lei, cercando di difendersi.

Ma Bryn aveva ragione, c’era una piccola parte di lei che ci stava pensando. Zach, nonostante tutti i suoi difetti, teneva a lei. Avevano passato insieme due anni, avevano condiviso un appartamento. Per moltissimo tempo era stato fedele, affidabile. E di certo era familiare. Le cose tra di loro erano finite male solo perché aveva dato la priorità al lavoro invece che a lui, e così aveva alzato un muro che lo aveva spinto tra le braccia aperte di Julia.

L’espressione sul volto di Bryn era tempestosa. Dondolò il telefono di Keira sopra il suo bicchiere di vino.

“Non costringermi a rovinartelo,” disse.

Con la coda dell’occhio, Keira vide Maxine e Shelby che scuotevano la testa, incredule davanti al comportamento aggressivo di Bryn.

Sospirò rumorosamente. “Okay, okay. Non mi vedrò con lui. È questo che vuoi sentirmi dire?”

Bryn annuì, soddisfatta, e restituì il telefono alla sorella.

“Ora cancella il messaggio e eliminalo dai tuoi contatti.”

Keira rimase senza fiato.

“Questo è ridicolo,” borbottò Shelby sottovoce.

Keira guardò il cellulare e il numero di Zachary. Erano anni che lo aveva. Non poteva semplicemente cancellarlo come se non fosse mai esistito.

Ma doveva accettare che Bryn aveva ragione anche su quello, nonostante le sue tattiche eccessive. Perché rimettersi in contatto con Zach avrebbe significato fare un passo indietro. La vita di Keira era cambiata così tanto in quel breve lasso di tempo, e riprendere il suo ex sarebbe stata una regressione. Doveva voltare pagina e continuare ad avanzare. Non allontanandosi solo da Zach, ma anche da Shane. Era il suo momento di brillare, di camminare con le sue gambe e diventare indipendente.

Determinata, cancellò il contatto, guardando il nome scomparire dal suo cellulare. Si sentì forte, potente. Se solo avesse trovato il coraggio di fare lo stesso con quello di Shane, allora sarebbe stata davvero a cavallo. Ma no, non ancora, il dolore della loro rottura era ancora troppo presente.

Keira alzò lo sguardo sulla sorella.

“Soddisfatta adesso?”

Bryn sorrise. “Certo. Sono sempre soddisfatta quando vinco.” Poi aggiunse, sorniona: “E sono pronta a usare ogni tattica per farlo.”

Shelby gemette. Maxine lasciò cadere la testa tra le mani, scuotendola in maniera teatrale. Keira scoppiò a ridere, felice e sollevata di aver compiuto il primo piccolo passo verso una nuova vita.

CAPITOLO CINQUE

Ben presto Keira scoprì che lasciarsi il passato alle spalle era più facile a dirsi che a farsi, e prevedeva molto più della simbolica eliminazione di un contatto dal cellulare.

Questo perché non appena arrivò all’aeroporto di Newark il mattino seguente, si ritrovò bombardata dai ricordi di Shane e dell’Irlanda.

Mentre attraversava l’atrio la nostalgia crebbe dentro di lei. Quando consegnò la sua carta d’imbarco al gate, ripensò con assoluta chiarezza alle emozioni provate la volta precedente, l’ansia unita all’ansia e alla speranza. Non era passato molto tempo ma si sentiva già una persona diversa, più triste e amareggiata.

Salì sull’aereo e si accomodò sulla sua poltrona. Fortunatamente era vicina al finestrino, che le dava una scusa per non interagire con il passeggero accanto. Non aveva voglia di chiacchierare. Sfortunatamente per lei, quello sembrava esattamente l’intento dell’uomo nel sedile vicino al suo. Mentre si alzavano in volo, si chinò verso di lei e si presentò.

“Mi chiamo Garret. Sei mai stata a Napoli?” le chiese, sorridendo gioviale.

Era un uomo di mezza età che stava già perdendo i capelli. Sembrava in viaggio da solo. Keira notò che non indossava la fede ma che dove avrebbe avuto l’anello la pelle era più pallida. Divorziato di recente, suppose, e gemette dentro di sé. Sarebbero state otto ore molto lunghe.

“No,” rispose brevemente.

“Quindi, come mai sei in viaggio oggi?” aggiunse. “Lavoro o piacere?”

Keira sprofondò nella sua poltrona. “Lavoro,” spiegò. “Sono…”

A quel punto si interruppe, ricordando cosa le avevano detto Bryn e Nina al bar a proposito di giocare con le identità finte per divertirsi. Le avrebbe fatto bene un po’ di divertimento. “Sono un’esperta di vini,” disse. “La migliore del mio campo. Sto andando in Italia per trovare qualche gemma nascosta da importare.”

Garret sollevò le sopracciglia per la sorpresa. “Sembra interessante. Molto di più del mio lavoro, comunque.”

“Oh?” chiese lei. “Che lavoro fai?”

“Sono nella contabilità,” rispose. “Beh, non è del tutto vero. È un po’ complicato da spiegare. È più semplice dire che sono un contabile per contabili. Ha senso per te?”

Ha orribilmente senso, pensò Keira.

“Sì,” confermò ad alta voce.

Era proprio da lei trovarsi seduta di fianco a un contabile. Era come se il destino stesse cercando di dirle di smettere di cercare l’Uomo Giusto e di accontentarsi dell’Uomo Noioso!

“Ma di certo non vorrai sentirmi parlare del mio lavoro,” aggiunse l’uomo. “Il tuo sembra affascinante. Come hai iniziato?”

“È affascinante davvero,” spiegò Keira, sorprendendo anche se stessa per la facilità con cui mentiva e per quanto lo trovasse spassoso. “Mio padre era un importatore di vini,” disse. “Amava il suo lavoro con tanta passione che io sono stata concepita in un vigneto.”

Provò un piccolo brivido d’eccitazione quando la bugia le emerse dalle labbra. Stava entrando nello spirito del gioco. Il suo vero padre l’aveva abbandonata quando era piccola e non era stato per niente coinvolto nella sua vita, quindi inventare un personaggio per lui era facile. Inoltre, decise che tutti quegli artifici le sarebbero tornati comodi nel corso dell’incarico, dato che avrebbe dovuto fingere di credere ancora nell’amore.

“Oh, cielo,” disse l’uomo accanto a lei.

“Lo so. Si è anche sposato lì. Ma purtroppo è morto in quello stesso vigneto.” Sospirò con fare drammatico. “Non abbiamo avuto altra scelta che seppellirlo lì.”

Keira notò il modo in cui l’uomo si spostò per aumentare la distanza tra di loro. Stava perdendo la voglia di parlare con lei, probabilmente per via della piega macabra che aveva dato alla conversazione. Rise tra sé e sé quando lo sconosciuto cercò di spostare la sua attenzione sul film proiettato durante il volo.

L’aereo si alzò ancora più in alto. Presto si ritrovarono al di sopra delle nuvole.

Avendo finalmente un po’ di pace e tranquillità, Keira colse l’opportunità di dare un’occhiata all’itinerario che Heather aveva preparato per lei. Subito, i ricordi del suo ultimo incarico la travolsero. Heather aveva usato lo stesso font, la stessa impaginazione clinica e organizzata, con i punti e i titoli separati. Durante il mese in Irlanda Keira lo aveva maltrattato, coprendolo di Guinness e di gocce d’olio delle abbondanti colazioni irlandesi che si era goduta con Shane. Quella volta non sarebbe successo. Percepiva già quanto sarebbero state diverse le cose durante quell’incarico. Si sentiva più vecchia. Più cinica.

Poi, con l’itinerario in grembo, Keira notò una parola che le fece balzare il cuore in gola. Guida turistica.

Era ovvio che ne avrebbe avuta una, se ne rese conto solo in quel momento. Solamente perché si era perdutamente innamorata della sua ultima guida turistica, che poi le aveva spezzato il cuore in mille pezzi, non significava che non avrebbe avuto bisogno di supporto durante quell’incarico! Ma le sembrava pericoloso. È solo per colpa di ciò che è successo l’ultima volta? si chiese. O perché nutriva la minuscola speranza che potesse succedere di nuovo?

Allontanò quei pensieri e piuttosto si concentrò sulle sue destinazioni. L’arrivo a Napoli, e una notte lì prima di prendere un treno per la Costiera Amalfitana. Un traghetto per Capri. Un viaggio in gondola fino a un posto chiamato la Grotta Azzurra. Roma e il Vaticano.

Se fosse stata una vacanza, Keira sarebbe stata esaltata dall’itinerario. Cercò sull’iPad le foto dei posti che avrebbe visitato e scoprì che erano tutti magnifici. Era praticamente la fuga romantica definitiva. Ma era proprio quello il problema. Avrebbe visitato alcune delle più belle location del paese più romantico al mondo e lo avrebbe fatto senza Shane.

E per aggiungere al danno la beffa, avrebbe dovuto scrivere di qualcosa che non provava più. Sarebbe stato come sbattersi in faccia l’amore e il romanticismo un giorno dopo l’altro, sfregando sale sulla ferita del suo cuore, sapendo di aver perso l’uomo della sua vita. Non era giusto. Un’ingiustizia poetica, o così la definì tra sé e sé. Non riusciva a trovare gioia in quel viaggio.

Rendendosi conto di essere sul punto di sprofondare nella depressione, Keira chiamò lo steward e ordinò qualcosa da bere. Poi mise via i documenti del lavoro e controllò i suoi account di social media, che era sempre un ottimo modo per distrarsi.

Il suo drink arrivò e Keira lo sorseggiò mentre guardava Instagram, trovando un milione di immagini di gatti, le foto di Bryn del disastroso doppio appuntamento da Gino e la recente maratona per beneficenza a cui Maxine aveva partecipato. Poi notò che Shelby aveva pubblicato qualcosa che aveva ricevuto migliaia di like. Era la semplice foto della sua mano, e all’anulare portava un anello.

“Non ci credo!” esclamò ad alta voce, quasi rovesciando il drink.

Garret, l’uomo nel sedile accanto a lei, le lanciò un’occhiata, accigliato. “Va tutto bene?”

Keira lo tranquillizzò con un cenno della mano. Non riusciva a credere ai suoi occhi. Shelby non aveva detto niente a proposito di un possibile matrimonio. In effetti parlava di David, il suo compagno, tanto raramente, che a volte lei aveva sospettato che si fossero lasciati in gran segreto. Quanto si era sbagliata! In fondo stavano insieme dai tempi del college, quindi erano già sette anni. Il matrimonio era l’ovvio passo successivo. E tuttavia Keira rimase ferita da quell’immagine.

Richiamò lo steward. “Ne prendo un altro,” disse.

Le serviva davvero qualcosa che le calmasse i nervi. L’uomo accanto a lei la guardò con sospetto. Keira lo ricambiò con un’occhiataccia gelida, e lui tornò a concentrarsi sul film, fingendo di non essersi impicciato.

 

Mandò un rapido messaggio di congratulazioni a Shelby e David, anche se più che felice per loro, si sentiva amareggiata. Non era così che avrebbe voluto essere. Avrebbe di gran lunga preferito provare gioia per la sua vecchia amica del college. Ma era troppo infelice in quel momento, il suo cuore troppo dolorante.

Diede un’occhiata al cellulare, chiedendosi se Shane si sarebbe fatto sentire. Erano passati un paio di giorni da quando si erano parlati l’ultima volta e non aveva più ricevuto nessuna notizia da lui. Le aveva garantito che sarebbero rimasti amici ma chiaramente erano solo state parole al vento. Non aveva avuto nessuna intenzione di mantenere quella promessa. Non le aveva nemmeno mandato un messaggio per farle sapere come stava Calum, o le sue sorelle. Non era così che si comportavano gli amici…

Scolò il secondo drink e presto iniziò a sentire gli effetti dell’alcool. Un po’ assonnata, Keira si mise comoda nella sua poltroncina e si lasciò prendere dal torpore.

Tanto vale dimenticare l’infelicità con il sonno, pensò.

Keira scivolò nell’incoscienza e iniziò a sognare. La sua mente evocò le immagini dell’Italia che aveva visto sull’iPad. Nel sogno era vestita come per una maratona ed era coperta di fango. Aveva corso fino alla Costiera Amalfitana per partecipare al matrimonio di Shelby e David, ma una volta arrivata lì, sudata e sporca di fango, aveva scoperto che tutti portavano maschere eleganti. E quando David si era tolto la propria, aveva scoperto che in realtà era Shane. La donna che stava sposando? Era Bryn.

Keira attraversò faticosamente la spiaggia per raggiungerli.

“Come avete potuto tradirmi così?” gridò, guardando Shane con orrore. “Pensavo che tuo padre fosse malato, che fosse per quello che non potevamo stare insieme.”

Lui fece spallucce con aria noncurante. “Me lo sono inventato,” fu la sua risposta glaciale. “Ti ho lasciata perché tua sorella è più sexy.”

Keira allora spostò lo sguardo su Bryn. “Mi hai sempre mentito! Sei mia sorella!”

Ma Bryn sembrava totalmente imperturbata. “Che cosa avrei dovuto fare?” Si scrollò. “È sexy.”

Sopraffatta dall’emozione, Keira si guardò intorno, disperata, ansimante. Uno alla volta, gli ospiti seduti si tolsero le maschere, e vide con orrore che il primo a rivelarsi era un altro Shane. La compagna di quello Shane era Julia, la ragazza con cui Zach l’aveva tradita. Accanto a quella versione c’era un terzo Shane, quella volta insieme a Maxine. E poi di nuovo, Shane con Shelby, Shane con Tessa, la ragazza irlandese con cui aveva pensato fosse andato a letto, persino Shane con sua madre. Ancora e ancora. Ovunque guardasse gli ospiti si trasformavano in Shane.

Cadde in ginocchio e iniziò a piangere, ma poi qualcuno le strinse con forza un gomito. Alzò lo sguardo, con il bagliore del sole che le impediva la visuale, e si ritrovò a guardare in un magnifico paio di occhi scuri, orlati da lunghe e folte ciglia.

“Keira, non piangere,” disse l’uomo con un accento italiano dolce e musicale.

“Chi sei?” chiese lei, lasciandosi rimettere in piedi.

“Non mi riconosci?” domandò l’uomo a sua volta, sorridendo.

Il suo volto era perfetto, capì Keira guardandolo. Era tanto bello che si sentì tremare le ginocchia.

All’improvviso lui la prese tra le braccia. La strinse al petto, sollevandola con facilità, come se non pesasse niente. L’acqua del mare prese a lambirgli i polpacci, e si trovarono in mezzo all’oceano.

“Ancora non mi hai detto il tuo nome,” chiese di nuovo Keira.

L’uomo rise, un suono di puro piacere per le sue orecchie.

“Non serve che te lo dica, lo sai già,” rispose.

Keira si arrovellò e poi le venne in mente un nome, inaspettatamente e con totale chiarezza.

“Sei Romeo?” chiese incredula.

L’uomo sorrise, il suo volto illuminato dalla bellezza. “Sì, sono Romeo. Il tuo Romeo.”

Si chinò verso di lei, lentamente, le loro labbra a pochi millimetri di distanza.

Uno scossone improvviso costrinse Keira a spalancare gli occhi. Si guardò intorno, disorientata, sorpresa di ritrovarsi su un aereo. Stavano discendendo tra le nuvole e il segnale della cintura di sicurezza era acceso. Doveva essere iniziata la fase di atterraggio. Aveva dormito per tutto il viaggio.

Il sogno l’aveva lasciata senza fiato. Si toccò il petto, sentendosi il cuore che batteva forte sotto la maglietta. Le girava ancora la testa per gli effetti del liquore che non era riuscita a smaltire dormendo.

“Credo che tu abbia avuto un incubo,” commentò Garrett.

Keira si strofinò le tempie, ricordando lo strano sogno che aveva fatto. “Sì, penso anche io. All’inizio per lo meno. Ero perseguitata dal mio ex ragazzo che stava sposando mia sorella. E tutte le mie migliori amiche. E mia madre.”

L’uomo sembrò stupefatto. Keira si chiese che cosa pensasse di lei. A giudicare dalla sua espressione, probabilmente la riteneva una matta. Una fuori di testa.

L’aereo atterrò con un sussulto, e poi iniziò a rullare sulla pista. Quando si fermò, l’uomo accanto a lei saltò fuori dalla poltroncina non appena la luce della cintura di sicurezza si spense.

“Voglio evitare le code,” spiegò un po’ imbarazzato.

“Ma certo,” rispose Keira con un sorrisetto ambiguo.

Le porte della cabina si aprirono e Garrett le raggiunse con uno scatto. Keira rise tra sé e sé. Si era goduta la pantomima. Forse Bryn non si era sbagliata!

Raccolse le sue cose e si aprì la cintura, poi recuperò la borsetta dallo scompartimento in alto. Attraversando la corsia, si preparò a mettere in atto lo stesso gioco che aveva fatto con Garrett. Per le seguenti tre settimane avrebbe dovuto fingere di essere qualcuno che non era, qualcuno che credeva ancora nell’amore. Per qualche motivo, aveva il sospetto che sarebbe stato molto più difficile di quanto lo fosse stato fingersi un’esperta di vini.

Scese dall’aereo e lasciò che la calda luce del sole le accarezzasse la pelle. Era molto più piacevole del tempo freddo che si era lasciata alle spalle, a New York. Nel sole c’era qualcosa che la metteva di buonumore. Rendeva tutto più bello, e anche se in quel momento non riusciva a vedere molto dell’Italia al di là dell’aeroporto, le colline che lo circondavano sembravano magnifiche nella luce brillante.

Seguì il percorso fino all’atrio, consapevole che presto avrebbe incontrato la sua guida turistica. Per la prima volta da quando aveva lasciato New York, si permise di pensare che il suo Romeo la stesse aspettando…

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