Read the book: «L'Eco Delle Anime»
Titolo Originale: L’eco delle anime
Copyright © 2017 Laura Merlin
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© Immagine di copertina: Lice Musso
© Modella: Martina Riva
Questo libro è frutto della fantasia dell’autrice. Nomi, personaggi e luoghi sono, pertanto, usati in maniera fittizia. Ogni riferimento a fatti, luoghi e persone, viventi o defunte, sono da ritenere del tutto casuali.
LAURA MERLIN
L’ECO DELLE ANIME
“Occhi!
I tuoi occhi brillano
si fondono con i miei
e l’universo sembra fermarsi,
dissolversi nel nulla
- tranne noi”
Laura Merlin
PROLOGO
L’APOCALISSE OSCURA
(GIORNI NOSTRI)
In principio tutto era avvolto dalle tenebre. L’alba di una nuova Era stava per sorgere e il Maligno era pronto per la sua ascesa sulla terra.
Il vaso di Pandora fu aperto. I mali e tutti i demoni contenuti in esso furono liberati. Inaudite violenze stravolsero il mondo degli umani, sterminandoli a poco a poco. Nessuno avrebbe mai creduto che, dalle viscere della terra, potesse uscire il Male in persona.
Con il passare del tempo, le creature dell’inferno furono sazie di anime, e gli uomini rassegnati al loro destino. La fede verso colui che sta nell’alto dei cieli, l’Onnipotente, cominciò a vacillare. I mortali si sentivano abbandonati al proprio destino da un Dio verso il quale avevano riposto la loro fiducia per oltre duemila anni.
Gli avidi di potere si schierarono dalla parte del Maligno, disposti a morire pur di compiacere il Male. Speravano di guadagnare fama e potere, anche se non sarebbero mai arrivati ad ottenerli.
I più coraggiosi formarono un esercito pronto a sconfiggere le fiamme dell’Inferno e salvare ciò che era rimasto dell’umanità.
Fu un massacro.
Le perdite subite dall’esercito degli umani, infatti, vennero in parte compensate dall’eliminazione di molti dei demoni delle cerchie infernali più importanti.
Ma il Maligno non era disposto a perdere, così propose un patto: tutti gli uomini e i demoni che lo avessero voluto avrebbero potuto vivere in pace, confinati in una cittadella chiamata Kali Phi. In tal modo, l’Oscuro Signore avrebbe potuto regnare senza ostacoli.
Da quel momento in poi, il mondo non fu più lo stesso. Gli umani furono costretti a vivere sottoterra, rinchiusi in un ambiente completamente diverso da quello in cui vivevano prima. I demoni dell’inferno rimasti fedeli al Maligno, invece, salirono in superficie, nella Terra di Nessuno, e col tempo diventarono esseri senza volto, destinati a vagare nelle tenebre e a obbedire fedelmente al loro Signore.
Questi esseri vennero chiamati Nia-Za.
IL PATTO
Il patto fu stipulato dal Maligno.
Era composto da sette articoli e tutti, umani e demoni, erano tenuti a rispettarlo se volevano che la pace regnasse fra loro. I primi sei articoli definivano le regole da seguire.
Il settimo articolo avrebbe potuto annullare tutti gli articoli precedenti, rendendo di nuovo liberi gli uomini.
Ciò che gli umani non sapevano era che il Maligno aveva solamente dato loro un’inutile speranza in cui credere.
Ciò che il Maligno non sapeva era che l’Onnipotente non aveva abbandonato i suoi figli, e stava lavorando per poterli salvare.
I SETTE ARTICOLI
ARTICOLO 1
La pace fra esseri umani e demoni è considerata tale nel momento in cui nessuno, umano o demone, ha intenzione di maturare in segreto il progetto di una guerra futura.
ARTICOLO 2
Nessun essere, umano o demone, deve sovrastare la volontà delle persone che vivono dentro la cittadella Kali Phi. Chi tenta di dimostrarsi superiore manifestando i propri poteri o la propria forza verrà severamente punito.
ARTICOLO 3
Non devono esistere eserciti o gruppi sovversivi. Chi viene sorpreso a creare nuove formazioni militari e/o gruppi sovversivi contro il Maligno è punibile penalmente con la vita.
ARTICOLO 4
I demoni devono imparare a convivere con gli esseri umani e, col tempo, assumere sembianze a essi più vicine. In modo tale, non si creeranno più disuguaglianze all’interno della cittadella di Kali Phi e sarà possibile sventare subito possibili attacchi dai demoni provenienti dall’esterno.
ARTICOLO 5
Nessun demone deve fare uso dei propri poteri al cospetto di un essere umano, in quanto quest’ultimo non li potrebbe eguagliare.
ARTICOLO 6
Nessun abitante di Kali Phi dovrà trovarsi fuori dal proprio nucleo abitativo durante il coprifuoco. I trasgressori verranno puniti dai Nia-Za su ordine del Maligno.
ARTICOLO 7
Il patto verrà annullato nel momento in cui colui che custodisce dentro sé i sette sigilli angelici farà la sua comparsa e sarà in grado di sconfiggere il Maligno. Solo in questo caso si potrà ripristinare il tempo ai giorni precedenti l’Apocalisse Oscura.
CAPITOLO 1
BRUCIATA VIVA
(Khali Phi – 564 anni dopo l’Apocalisse Oscura)
L’odore di fumo sembrava reale. Entrò di prepotenza nelle narici di Nael che dormiva profondamente.
Sognava di essere in superficie, fuori dalla cittadella. La Terra di Nessuno, così chiamata perché nessun essere umano né specie vegetale o animale osava vivere là sopra.
Il terreno era arido, composto solamente da granelli di sabbia spessa e rossa e da rocce appuntite. Nael non aveva la minima idea se l’ambiente fuori da Kali Phi fosse realmente così. Lei, come tanti altri, non c’era mai stata. Nessuno lo poteva descrivere con certezza, ma in quel momento lei sapeva di trovarsi in superficie.
L’aria densa le otturava i polmoni e la ragazza faticava sempre più a respirare.
Faceva caldo.
Nael si accorse che dalla sua fronte scendevano microscopiche gocce di sudore, via via sempre più grosse e numerose. Sentiva il corpo umido e appiccicoso.
Ebbe la stranissima sensazione di prendere fuoco. D’istinto si guardò i piedi. Stavano bruciando.
Le fiamme aumentavano e salivano sempre più intensamente. Le consumarono i vestiti, riducendoli in cenere in un batter d’occhio.
In breve tempo si ritrovò nuda. La carne, però, non bruciava. Anzi, rimaneva sempre di un pallido candore, e il calore sprigionato dalle fiamme sembrava penetrare sotto la pelle.
Un forte dolore all’avambraccio destro fece urlare Nael con tutta la voce che aveva in corpo. Subito dopo cominciò a dolerle l’avambraccio sinistro. Poi entrambi i polpacci, la schiena, il basso ventre e il petto.
Non riusciva a capire cosa stava succedendo. Bruciava sul serio o era solamente un incubo troppo vivido?
Le fiamme, tutto d’un tratto, sembrarono diminuire fino a scomparire.
Tutto tornò tranquillo. Un lampo di luce la accecò e lei si riparò gli occhi coprendoli con una mano. Quando la luce si spense, Nael abbassò il braccio e vide uno specchio fluttuare davanti a lei. Era apparso come per magia, dal nulla. Il suo riflesso era immobile, come disegnato sulla superficie liscia del vetro. Spinta da una strana curiosità Nael guardò più da vicino e si accorse che strani simboli le erano apparsi sul corpo.
Figure rotonde con incomprensibili disegni all’interno e nomi sconosciuti all’esterno. Non capiva cosa significassero. Per quanto cercasse di focalizzarli, non riusciva a trovare una spiegazione logica a quelle incisioni.
Un bagliore improvviso le partì dalla fronte e il dolore la fece urlare più forte di prima. Si accasciò al suolo e si prese il viso tra le mani, sperando che quel gesto facesse smettere quell’incubo e quell’agonia. Era come se qualcuno le stesse incidendo qualcosa a forza con la lama di un coltello.
Appena tutto finì, la ragazza trovò il coraggio di alzare la testa e guardarsi allo specchio. Un altro simbolo. Rosso quasi come i suoi capelli, più marcato degli altri e decorato solamente con cinque simboli al suo interno.
Nessuna scritta.
Nael allungò una mano tremante verso il suo riflesso ma non fece in tempo a toccare lo specchio che un vortice di luce argentea la risucchiò indietro, catapultandola nel mondo reale a tutta velocità.
Fece un salto sul letto ritrovandosi con il respiro corto e la fronte imperlata di sudore. La canotta che indossava le si era incollata alla schiena e le punte dei capelli erano fradice.
L’incubo era stato molto intenso e non credeva di poter dormire ancora. Era troppo spaventata! Si guardò braccia e gambe, si toccò la fronte e la pancia freneticamente, ma dei simboli non c’era traccia.
Guardò l’ora sull’orologio olografico sul comodino. Segnava le cinque e ventitré.
Prese il telefono e mandò un messaggio vocale a Kay, la sua migliore amica. Quello era l’unico modo che conosceva per tranquillizzarsi un po’ e aveva assolutamente bisogno di parlare.
Una stranissima sensazione le chiudeva lo stomaco. Non sapeva perché, ma era pronta a scommettere che quell’incubo le avrebbe segnato la vita.
CAPITOLO 2
DEVIL’S SOUL
‹‹Kayley Reese Sloan, la vuoi smettere di bere?››.
Nael si rivolgeva a Kay con il nome per intero solo quando voleva richiamarla all’ordine, e quello era decisamente uno di quei momenti.
Era il Path’s Day, il giorno in cui si ricordava la firma del patto di pace fra demoni e umani. Ogni anno veniva organizzato un pranzo collettivo al quale ogni abitante di ogni nucleo abitativo era obbligato a prendere parte. Secondo Nael, l’unica cosa positiva di quella ricorrenza erano le attività del dopo pranzo: gli adulti si dedicavano al teatro e i giovani fino ai trentacinque anni di età partecipavano a un concerto.
Nael considerava la cittadella Kali Phi una gabbia per topi da laboratorio. Tutto era dipinto di bianco: pareti, pavimenti, mobili. L’unica nota di colore era data dagli abiti e dagli accessori che gli esseri umani erano riusciti a portarsi dietro dai tempi dell’Apocalisse. Poi c’era anche quell’ossessione per l’ordine e per i numeri che continuava a non capire. Kali Phi era suddivisa in sette settori contenenti centoundici unità abitative, per un totale di settecentosettantasette nuclei abitativi.
Da brividi!
Kay e Nael avevano finito il pranzo da un bel po’ e presero posto davanti al palco per ascoltare il concerto dei D-Soul, diminutivo di Devil’s Soul.
Ogni anno le ragazze facevano a gara per prendersi i posti migliori e, sebbene a Nael non interessasse più di tanto godersi i membri del gruppo in prima fila, era felice che alla sua migliore amica brillassero gli occhi. Dopo anni era riuscita ad avvicinarsi così tanto al suo idolo.
Kay si rigirava fra le mani la seconda bottiglia di birra. Le scocciava essere richiamata e così sbuffò facendo svolazzare il ciuffo biondo che le ricadeva morbido davanti all’occhio destro.
‹‹E andiamo Na, ho bisogno di bere! Oggi è il grande giorno. Mi sono decisa››. Finì con una sorsata la birra e gettò la bottiglia vuota al di là delle transenne.
Nael incrociò le braccia e la guardò con sospetto. ‹‹Cosa vuoi dire con “oggi è il grande giorno”? Non dirmi che vuoi andare da Morgan! Come se avesse tempo da dedicare all’ennesima fan che gli sbava dietro››.
Morgan era il bassista dei D-Soul. Un ragazzo bellissimo, non si poteva certo dire il contrario. Bel fisico, non molto alto, capelli corti e castani, occhi scuri, viso da modello e sorriso da ragazzino. La perfezione fatta persona, non ci si poteva aspettare altro da un demone!
I demoni all’interno di Kali Phi erano ben integrati con gli umani. Si confondevano facilmente con loro, ma avevano una bellezza innaturale.
Kay aveva perso la testa per quel ragazzo e voleva andarlo a conoscere a tutti i costi. Nael, invece, era convinta che si stava solo rendendo ridicola.
I D-Soul erano l’unico gruppo musicale all’interno della cittadella e tutte le ragazze erano rapite da loro. Si poteva benissimo pensare che sei ragazzi famosi, belli e con tutte quelle fan a loro disposizione ne approfittassero per cambiare donna come si cambiano le mutande.
E poi erano demoni! Non erano certo in grado di provare emozioni, men che meno di amare. L’amore non era un sentimento con il quale avevano a che fare, quindi non poteva frenarli.
‹‹Ti prego Na››, disse Kay implorandola. ‹‹E poi potresti approfittarne, chi è che ha sempre avuto una simpatia per Male?››
‹‹Questo è un colpo basso››, rispose Nael facendo roteare gli occhi per la disperazione. ‹‹Va bene Kay, fai quello che vuoi. Ma ti prego di non tirarmi in mezzo. Sono ancora scossa dall’incubo di ieri››.
Non voleva pensarci, solo che il ricordo di quei strani segni e tutto quel fuoco le fecero venire i brividi. Si voltò verso il palco e vide che stavano iniziando ad entrare. Il concerto, per fortuna, sarebbe iniziato di lì a poco.
Kay appoggiò una mano sul braccio di Nael per confortarla. ‹‹Tesoro, goditi il concerto e non pensarci, ok? Vedrai che tra un po’ ti sarai dimenticata tutto››.
Nael sorrise all’amica, sperando che avesse ragione. Voleva davvero dimenticare tutto, ma sembrava una cosa impossibile.
Samich, Malexis e Nyasu attaccarono con un riff di chitarra seguito dalle urla fastidiose di un gruppetto di fan alla loro sinistra. La musica riempì l’intera sala concerti e tutti iniziarono a saltare e ad applaudire al gruppo.
In mezzo alla confusione che si era scatenata, una ragazzina alla destra di Nael le urtò la spalla per sporgersi verso le transenne e urlare ‹‹Male sei il migliore!››.
Male fece un passo avanti, guardò la ragazzina, le strizzò l’occhio e si passò la lingua sulle labbra.
Nael guardò disgustata la scena. Sebbene trovasse simpatici i modi di fare di Male e avesse sempre avuto un debole per lui, non le piaceva come si comportava con le sue fan che, tra l’altro, erano un gruppo di ragazzette che si davano troppe arie.
Tornò a concentrarsi sulla canzone. Ny aveva già iniziato a cantare da un bel po’ quando le parole del ritornello le risuonarono nella mente.
Look at me. I am a devil or your guardian angel?
I don’t know. Only you’re love can save me, my little star.
La batteria cominciò a martellarle dentro la testa, e si accorse che stava andando a ritmo con il suo cuore. Spostò lo sguardo e incrociò per un istante quello di Miktota, il batterista.
Le mancò il respiro e, per un attimo, la testa cominciò a vorticarle. La terra sotto i suoi piedi parve aprirsi e una luce sembrò coprire tutto.
La gente attorno sparì.
La musica sparì.
Gli altri membri del gruppo sparirono.
Rimasero solo lei e Mik, sospesi in una dimensione senza tempo. Gli occhi azzurri di lui si fusero con i suoi e fu come se stesse vivendo una scena già vissuta chissà quanti secoli fa. Ma come poteva succedere una cosa del genere?
Un colpetto di gomito sul fianco la fece ritornare con i piedi per terra e tutto tornò come prima.
‹‹Sbaglio, o Mik ti stava puntando?›› disse Kay maliziosa.
Nael arrossì ma le luci soffuse nella sala non lo fecero notare all’amica. Si sentiva come una ladra colta con le mani nel sacco. Non era la prima volta che partecipava a uno dei loro concerti, però era come se lo fosse. Come se qualcosa le avesse fatto aprire gli occhi.
‹‹Ti sbagli. Si sarà perso nei suoi pensieri o c’era qualcuno che conosceva dietro di me›. Nael si voltò verso la distesa di teste dietro di loro. ‹‹Ci sono un sacco di persone qui dentro, mi sembra››.
Pensò che entrambe le possibilità potevano essere vere, però aveva avuto la netta sensazione che stesse guardando proprio lei e Kay glielo aveva quasi confermato.
Non poteva essere. Non ne vedeva il motivo. Ma il suo sguardo, quegli occhi così celesti da brillare anche nel buio… le ricordavano qualcosa. Ne era sempre più convinta.
Kay stava per risponderle quando un giro di basso la fece voltare di scatto, barcollare in avanti e urlare ‹‹Morgan sposami!››.
Nael la prese per le spalle e la tirò indietro, vergognandosi da morire per la figura che aveva appena fatto la sua amica. Morgan rispose con un sorriso.
‹‹Sei pazza, Kay? Che figura ci fai dopo quando andrai a parlarci?››.
Kay alzò le spalle. ‹‹Almeno avrà idea di chi sono››.
‹‹Sei ubriaca marcia››.
‹‹Sei una fasta geste››.
Le due ragazze si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere fino ad avere le lacrime.
‹‹Una fasta geste, eh? Una guasta feste normale no?››.
Nael fu lieta di quel momento di spensieratezza. Era riuscita a dimenticarsi per un po’ ogni cosa: l’incubo, lo sguardo di Mik e il senso di irrequietezza che si stava propagando a macchia d’olio dentro di lei. Si abbracciarono e si misero a cantare a squarciagola.
La sala era gremita di gente urlante e il caldo ben presto si fece sentire. Ny, il cantante, si tolse la maglia accompagnato da un’ovazione da parte di tutte le donne presenti. Il fisico asciutto del cantante, la pelle olivastra e lo sguardo di ghiaccio lo rendevano a dir poco attraente.
Si girò un istante per lanciare la maglia a Gebinan, il tastierista, e Nael notò qualcosa sulla schiena del demone. Credeva di essersi sbagliata e strizzò gli occhi per vederci meglio.
Ny aveva tatuato un cerchio con dei simboli all’interno e delle parole all’esterno, molto simile a quelli che aveva visto nell’incubo della notte precedente. Era grande quanto tutta l’ampiezza della schiena e, guardando bene, riuscì a leggere la scritta: Murmur.
Di scatto prese per il braccio Kayley e le urlò nell’orecchio ‹‹Vedi il tatuaggio sulla schiena di Ny?››.
Era decisa a spiegarle che l’aveva già visto nel suo sogno e che non era affatto un buon segno. L’amica però la guardò perplessa.
Incrociò le braccia e alzando un sopraciglio le chiese ‹‹Quale tatuaggio, Na? Non ha nessun tatuaggio! Non è che hai alzato il gomito pure te? Di la verità››.
Il respiro le si bloccò in gola e un campanello d’allarme le risuonò in testa. Deglutì per mandare giù il senso di paura che le si era formato al centro esatto dello stomaco e, pian piano, si stava diffondendo in ogni singolo muscolo del corpo.
‹‹Scusa, le luci… sai, a volte fanno brutti scherzi››.
Il concerto era finito da mezz’ora e Kay stava sorseggiando l’ennesima birra.
Nael gliela tolse di mano, ne mandò giù un sorso e sbatté la bottiglia sul tavolo con foga.
‹‹Hai intenzione di andare o stiamo qui tutto il giorno? Ti ricordo che fra un’ora e mezza scatta il coprifuoco. Vorrei arrivarci a casa, io! Non voglio certo diventare cibo per i Nia-Za››.
La gamba di Kay faceva tremare il tavolo dov’erano sedute nell’angolo bar in fondo alla sala concerti e si stava mangiucchiando nervosamente una pellicina accanto all’unghia del pollice. Nael percepiva la sua tensione e decise di prendere in mano la situazione una volta per tutte.
‹‹Kay, andiamo!››.
Si alzò di scatto, la prese per mano e la trascinò di peso fin sotto il palco.
‹‹Non posso farcela Na››.
‹‹Smettila di frignare, volevi conoscerlo? Lo conoscerai! Altrimenti per un anno intero non farai altro che lamentarti di non avere avuto abbastanza fegato››.
Si fermarono a poca distanza dai D-Soul. Erano intenti a smontare gli strumenti e a chiacchierare fra loro.
Non si accorsero minimamente delle due ragazze.
‹‹Morgan?››, urlò Nael.
Il bassista si girò. Un brivido percorse la schiena di entrambe le ragazze. Quella band, vista da vicino, era proprio infernale. Un nome migliore non potevano trovarlo.
‹‹Ciao ragazze››. Si avvicinò, guardò Kay e le rivolse un sorriso smagliante. ‹‹Oh, tu sei la mia futura moglie se non sbaglio››.
Kay arrossì. ‹‹Sì, beh… ecco, io… io credo di aver bevuto un po’ troppo››.
‹‹Decisamente troppo››, tossì Nael.
‹‹Beh, qual è il tuo nome, futura sposa?››.
‹‹Kay… Kayley››, balbettò.
Nael trovò la scena a dir poco ridicola. E poi era ancora parecchio turbata dal tatuaggio che aveva visto sulla schiena di Ny. Era sicura di averlo visto ed era più che sicura di essere sobria. Non era un’allucinazione.
‹‹E io sono Nael››, si presentò.
‹‹Che razza di amico sei, Morgan? Conosci delle belle ragazze e non le presenti agli amici? Non va per niente bene sai››.
Male si era allontanato dal gruppetto di fan che lo aveva accerchiato e che ora guardava Kay e Nael in cagnesco.
Dietro di lui si avvicinò anche il resto del gruppo. Era la prima volta che li vedeva tutti a distanza ravvicinata.
Scesero dal palco. Sam le si posizionò davanti. Era il più magro dei sei. Capelli e occhi neri e barba leggera. Aveva l’aria di uno sicuro di sé. Alla sua destra si trovava Geb, occhi azzurri come il cielo, capelli biondo scuro, viso rotondo e morbido, quasi da bambino. Dava l’impressione di essere un tipo che parla poco ma osserva tutto.
Male le stava proprio accanto e la metteva in soggezione. Era un bel tipo, capelli rasati, occhi neri e profondi, un leggero pizzetto sotto le labbra. Segni particolari: fascino dato dalla sua simpatia.
Per ultimo arrivò Ny, che se ne stava con le mani in tasca fra Sam e Morgan. Era il classico leader di una band: schivo, sempre su un gradino più alto degli altri, ma socievole. Si degnò di scambiare qualche parola con loro, anche se teneva sempre una certa distanza.
Però mancava Mik.
Nael ebbe l’impulso di cercarlo con lo sguardo e lo vide sopra il palco. Li stava osservando da lontano con uno sguardo cupo. Dopo un po’, si infilò una felpa nera, tirò su il cappuccio e se ne andò. Gettò un ultimo sguardo feroce nella sua direzione e scomparve fuori dalla sala concerti.
‹‹Ecco, ci siamo tutti››. Morgan guardò i suoi compagni e li contò velocemente. Poi aggiunse ‹‹O quasi. Mik se l’è svignata››.
‹‹Non preoccupatevi››, disse Male, ‹‹l’importante è che ci sia io. Saprò coprire al meglio la sua assenza››.
L’ultima frase era rivolta a Nael. La stava guardando come un lupo affamato osserva un agnellino indifeso.
Rimasero a chiacchierare per un bel po’. Male non smetteva di fissare Nael. Lei fece finta di nulla, non sapeva se sentirsi lusingata o impaurita.
Quello che sapeva per certo era che voleva allontanarsi da loro e da quel senso di pericolo il prima possibile.