Read the book: «Passione E Bugie»
Passione e Bugie
Passione e Bugie
Indice
Prologo
1. CAPITOLO UNO
2. CAPITOLO DUE
3. CAPITOLO TRE
4. CAPITOLO QUATTRO
5. CAPITOLO CINQUE
6. CAPITOLO SETTE
L’autore
Also By
Ringraziamenti
Estratto: I Segreti Del Mio Amato
Capitolo 1
Capitolo 2
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, persone, organizzazioni, luoghi, eventi e avvenimenti, sono frutto dell’immaginazione dell’autore o usati in modo fittizio. Ogni riferimento a eventi attuali, luoghi o persone, vive o morte, sono assolutamente casuali.
Passione e Bugie Copyright © 2021 Dawn Brower
Cover art a cura di Victoria Miller
Tutti I Diritti Riservati.
Nessuna parte I questo libro può venire riprodotta in alcuna forma, sia essa elettronica, meccanica, inclusa in una banca dati o un sistema di informazioni, senza il permesso scritto da parte dell’autore o dell’editore, fatti salvi alcuni stralci a scopo promozionale o di critica.
A tutti coloro che sperano in una seconda opportunità. Vi auguro che la persona che amate sia abbastanza generosa da concedervela.
Prologo
Vivian Miene aveva tutto ciò che poteva desiderare. La carriera perfetta, l'uomo perfetto, Eric Black, e il futuro perfetto: aveva lavorato duramente per il primo, e la fortuna le aveva inviato il secondo. Il suo futuro era una diretta conseguenza dei primi due. Non poteva immaginare nulla di meglio per la sua vita. Ma c’erano dei segreti che invece avrebbero potuto distruggerla.
L'oscurità che incombeva sulla sua felicità ... Eric era stato un testimone chiave in un mega processo contro il boss di un noto cartello della droga. L’FBI ignorava se si era tenuto dei segreti per sé. Vivian era stata assegnata a lui per proteggerlo sotto mentite spoglie e poi…si erano innamorati. La loro relazione era iniziata sotto un cattiva stella. Vivian sperava con tutto il cuore che lui l’avrebbe perdonata per avergli taciuto chi fosse. Anche il nome con cui lui la chiamava era falso...
"Vivian! - la chiamò Eric, mentre varcava la soglia del suo appartamento loft - Dove sei?"
La trovò che guardava fuori dalla finestra della loro camera da letto, che dava su Seattle. Vivian adorava quella vista. Quando Eric entrò, Vivian si voltò a guardarlo. Era l'uomo più bello su cui avesse mai posato gli occhi. Una folta chioma color ebano e due occhi del color del Mar dei Caraibi su un fisico mozzafiato. Era quel corpo magico che l’aveva conquistata, ma poi era stata la sua anima appassionata a legarla a lui per sempre. Vivian sorrise e si alzò per abbracciarlo. Lui la strinse con forza e la baciò con passione.
Vivian reclinò il capo e il bacio si approfondì. Quando si staccarono, gli sorrise: “Era da tutto il giorno che lo desideravo! - sussurrò - Mi sei mancato.”
"Non è passato poi così tanto tempo! - ridacchiò lui - Qualche ora al massimo.”
"Ogni secondo in cui siamo lontani è troppo, per me. - rispose lei, con passione - Soffro tremendamente quando te ne vai.”
Vivian appoggiò la testa contro il suo petto. Si crogiolò al suo calore e alla sua forza. La faceva sentire al sicuro e amata. Chiuse gli occhi e fece un profondo respiro. Aspirò con voluttà il suo profumo muschiato e pensò che niente e nessuno avrebbe potuto mai separarli. Tranne…quei segreti che si teneva dentro, forse. Tra gli altri, ce n’era uno che credeva gli sarebbe piaciuto, ma aveva ancora delle perplessità. Non era pronta per aprirsi completamente a lui.
"Sei triste?" chiese Eric.
"No! Adesso non più!- rispose Vivian con slancio - Dai, parlami della tua giornata! Tutto a posto?” Questa era la parte che odiava. Era un'agente dell'FBI da quando si era laureata al college. La sua carica ufficiale era quello di un profiler. Aveva una straordinaria capacità di scavare nelle menti più malvagie. Avevano già utilizzato questa sua abilità nelle indagini su Miguel Santiago. Il che aveva portato l’FBI a credere che Eric potesse essere la chiave per portarli all’arresto del boss. Eric aveva incuriosito Vivian già prima che s’incontrassero. Scavò a fondò nella sua vita e alla fine si era offerta volontaria per quell’incarico. Doveva verificare l’attendibilità delle informazioni che avevano su di lui. Ma più andava avanti a conoscerlo, più s’innamorava. Dover riferire ogni scoperta ai suoi superiori era per lei un tradimento, nei confronti di Eric.
"Una mattinata splendida! - rispose lui, entusiasta - Siamo invitati a un ballo di beneficenza stasera." Eric le sfregò le mani sulla schiena. "Che ne pensi di infilarti in un bell’abito sexy e di venire con me?"
Lei si mordicchiò il labbro inferiore. "Perché no?” Fece scorrere le sue dita lungo la sua schiena. "A patto che torniamo a casa non troppo tardi, così avremo tempo per farci un po’ di coccole…”
"Mi piace questo programma… - sorrise lui - Ma non posso prometterti niente, per ora. Sai come vanno queste feste."
Vivian ricambiò il suo sorriso. Avrebbe voluto seppellirsi con lui nel loft. Dare un calcio al mondo di fuori e vivere lì, solo loro due… Sarebbe stato così bello! Amarsi e basta… " Beh, possiamo almeno provarci.” insistette, con dolcezza.
"Questo sì. - concordò lui, stringendola forte - Comunque, sono tornato a casa perché avevo dimenticato il laptop. Vorrei poter restare con te almeno un po’, ma…”
"Vai, allora! - lo spinse lei, dolcemente - Prima finirai di lavorare, prima sarai mio."
Eric la baciò frettolosamente e si avviò verso la porta. “Così mi rendi le cose difficili. Cercherò di tornare prima che posso!” ridacchiò, andandosene. Afferrò il laptop e uscì. Vivian sospirò e si augurò di stare facendo la cosa giusta, con Eric. Lo amava, e forse era giunto il momento di essere onesta con lui.
Vivian indossava un abito grigio scuro lungo da sera con paillettes argento che le bordavano il profondo scollo a V e la vita. Il materiale setoso le vorticava intorno alle gambe mentre camminava. Completavano il suo outfit due scarpe con tacco vertiginoso e cinturini d’argento. Vivian si augurò che non succedesse qualche imprevisto: le sarebbe seccato molto correre dietro a qualcuno con i tacchi a spillo.
Eric le circondò la vita con il braccio e la strinse a sé. "Voglio presentarti l’organizzatore della serata."
Vivian deglutì a fatica. Quello era il momento della verità. Beh, non proprio, ma era il momento in cui si sarebbe trovata faccia a faccia con Miguel Santiago. Tutto il lavoro che aveva fatto fino a quel momento puntava a questo incontro. Desiderò ardentemente trovare il coraggio di fuggire e lasciare l’incarico. Smetterla con tutte quelle bugie, che la facevano sentire una crumira nei confronti dell’uomo che amava! Se non ci fossero stati tutti quei misteri, sarebbero stati felici, lei e Eric.
"Miguel!" chiamò Eric.
"Ah, sei qui!” si voltò un uomo nei pressi. Aveva la pelle abbronzata, i capelli scuri e gli occhi color cioccolato. Era quasi ... carino. "Chi è questo angelo al tuo fianco?"
"Ti presento Victoria Martel.” disse Eric.
"Per favore, chiamami Vivian.” disse lei. Odiava le bugie, ma non c’era scelta.
Miguel le prese cavallerescamente la mano e la sfiorò con le labbra: “Estasiato.” sussurrò.
Vivian dovette ricorrere a tutto il suo auto-controllo per non tirare via la mano con disgusto: quel vile assassino aveva osato toccarla! S’incollò un sorriso tirato sulla faccia. Sperò che apparisse come una smorfia di timidezza, ma temette che l’uomo avesse una vista radar. “Finalmente conosco l’uomo con cui lavora il mio Eric!” esclamò.
"Spero che vi divertirete. Servitevi liberamente di tutto: abbiamo cibo e champagne in abbondanza.” rispose cortesemente l’uomo. Fece un cenno col capo a un cameriere con un vassoio di cocktail. “Prego, servitevi pure. Ci vediamo più tardi.” E li lasciò.
“C’è parecchia gente! - esclamò Vivian, rivolgendosi a Eric - Li conosci tutti?”
"No, ma vedo laggiù un tizio con cui vorrei scambiare quattro chiacchiere. Ti dispiace?”
"Affatto.” rispose lei, conciliante. Afferrò a volo una coppa di champagne dal vassoio del cameriere - Mi annoierò, ma vai pure.”
Vivian aveva dei sospetti, ma se li tenne per sé. Si accomodò su un divanetto e, sorseggiando il suo champagne, tenne fissa l’attenzione su Eric. Lui parlottò per qualche istante con il tizio, poi insieme si diressero fuori. Vivian imprecò mentalmente e mise giù lo champagne. Doveva seguirlo e capire cosa stava combinando.
S’infilò nella porta in cui si era dileguato Eric e si trovò completamente al buio. Ci volle qualche secondo perché i suoi occhi si abituassero all’oscurità, e capì che si trovava in un lungo corridoio. Lo percorse tutto, lasciandosi guidare da qualche raggio di luce che sembrava provenire dall’esterno, finché non arrivò ad una porta. L’aprì e si trovò in giardino. Da lontano scorse Eric impegnato in una vivace discussione con l’uomo. Non riusciva a vedere bene la faccia del tizio. Era Miguel?
Si avvicinò di soppiatto, sperando di cogliere qualche frammento della conversazione, ma non riusciva a distinguere bene ciò che si stavano dicendo. Poi un enorme boato le devastò i timpani e vide Eric sbalzato all’indietro. Capì di essere ferita, ma si trascinò verso Eric, gemendo e nel panico completo. Inciampò in qualcosa e cadde con la faccia in avanti. Colpì il suolo con violenza e una fitta di dolore le arrivò alla testa. Non riusciva a connettere: cos’era successo? Qualcuno le aveva sparato? Si era trattato di una bomba? Eric era morto, ferito? Non lo vedeva da nessuna parte. Una lacrima le rotolò sulla guancia. Alla fine cedette al dolore e perse conoscenza.
CAPITOLO UNO
Due anni e mezzo dopo…
Eric fissò il suo amico privo di sensi, Wes Novak, e aggrottò la fronte. Era arrivato troppo tardi. Miguel aveva Vivian, e probabilmente la sua gemella Vittoria. Aveva sbagliato. Il suo piano era fallito molto tempo prima e sarebbe dovuto uscire dalla clandestinità. Vivian era più importante di ogni altra cosa, per lui. Aveva simulato la sua morte per salvarla. Aveva pensato che se fosse morto lei sarebbe stata al sicuro. Aveva sempre saputo chi era lei: Vivian Miene, l'amore della sua vita. Lo sapeva anche quando aveva finto di essere Vivian Martel. All'inizio lo aveva attratto di lei che lavorasse sotto copertura, poi quando aveva capito quanto l’amava era rimasto terrorizzato. Avrebbe dovuto dirle la verità. Eric avrebbe dovuto portarla con lui, quando aveva inscenato la sua morte. Quanti errori ... Ma adesso basta coi rimpianti. Doveva salvarla, e per farlo avrebbe avuto bisogno dell'aiuto di Wes. Prese una tazza da un tavolo, la riempì d'acqua e gliela rovesciò addosso. L'acqua piovve come una fontana sulla faccia di Wes, che si riprese sputando e imprecando: “Che diavolo…"
"Alzati e risorgi, principessa!” lo canzonò Eric, inginocchiandosi davanti a lui.
Wes si asciugò l'acqua che gli gocciolava dagli occhi e cercò di mettere a fuoco la vista. Rimase paralizzato, quando scorse Eric. Si strofinò gli occhi, mormorando: “Devo avere le traveggole…”
"No, sono davvero io.” lo rassicurò Eric.
"Non capisco, come è possibile?"
"È una storia lunga e ora non ho tempo di spiegartela” Eric si alzò e gli tese la mano. " Alzati, abbiamo un mucchio di cose da fare.”
Wes rimase immobile. Non era ancora completamente in sé ed Eric si sentiva parecchio stizzito. Non voleva che Wes scoprisse che era vivo. Era una mossa azzardata, ma Eric l’aveva fatta per salvare il suo amico. Tuttavia, adesso lo aveva messo doppiamente in pericolo: chiunque avesse capito che lui non era morto rischiava la vita, e ad Eric non piaceva che qualcuno pagasse per i suoi errori.
"Tori ..." Wes si guardò freneticamente intorno, a mano a mano che riprendeva conoscenza. E’ chiaro che i suoi primi pensieri sarebbero andati alla donna che amava.
Non riusciva a guardare Wes negli occhi. Dio, che casino! " L’ha presa Miguel. Lei e la mia Vivian. Dobbiamo tirarle fuori di lì.” Maledizione! Troppi errori! “Miguel l’ha scambiata per Vivian. Ormai deve aver capito che ha rapito due gemellee” Era da allora che le cose si erano complicate, dopo l’abbaglio di Miguel.
Wes balzò in piedi. "E come faremo?"
"Ho un piano, ma ho bisogno che tu mi dia una mano perché da solo non posso farcela.” Ormai Miguel doveva anche aver saputo che lui non era morto. Era per questo che aveva rapito quelle donne, per stanarlo. Bene, se era questo che voleva quel bastardo, lo avrebbe accontentato! Questa volta l’avrebbe pagata una volta per tutte!
Eric andò in confusione. Era convinto che Wes l'avrebbe aiutato, ma ora temeva che potesse dirgli di no. Avrebbe dovuto metterlo in conto. " So dove le ha portate. Andiamo. Strada facendo ti spiegherò cosa ho in mente di fare.”
"Se non ti dispiace vorrei saperlo prima. Non mi va di rischiare la vita senza sapere a cosa vado incontro.”
Eric gemette. Non voleva sprecare il poco tempo che gli rimaneva. Ma perché diavolo Wes non si fidava e basta? Era questione di buon senso! "Ti ripeto che non c’è tempo per scendere nei particolari!” sibilò.
"Beh, trovalo.” s’impuntò Wes.
"Wes, per favore, ti supplico: vieni con me e basta!”
"Ok, ma non mi piace. Ti consiglio di spiegarmi tutto mentre andiamo.”
Eric annuì. “Te lo prometto.”
Wes lo seguì fuori e salì sul lato passeggero di una Ford Escape nera. Eric accese il motore e guidò velocemente l’auto fuori del parcheggio. I due uomini rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Wes esclamò: “Ok, allora?”
A quanto pare Wes non era disposto ad andare avanti alla cieca.
"Che vuoi sapere?" mugugnò Eric, continuando a guidare.
"Perché non mi hai detto che ti eri salvato?”
"Non avevo intenzione di tornare. L’ho fatto solo quando Miguel mi ha messo alle strette.” Aveva i suoi informatori, come Miguel aveva i propri. Non appena qualcuno gli aveva riferito del rapimento, era dovuto uscire allo scoperto. E ora la vita di Vivian era in pericolo…
"Dove sei stato tutto questo tempo?"
Eric sospirò. "Ho lavorato per la CIA. Non sono rimasto negli Stati Uniti. Non posso dirti altro, quindi smettila di fare domande." Aveva sempre lavorato per la CIA, ma la maggior parte del suo lavoro era stato normale amministrazione…fino a quando si era scontrato con Miguel Santiago. Avevano bisogno di un contatto diretto con lui e quindi si era messo in gioco ... Tutta la sua vita era cambiata, dopo l’incontro con quel criminale. La persona che Wes conosceva era diventata qualcun altro. Doveva farlo, se voleva rimanere in vita. Eric aveva molti rimpianti, ma dover rinunciare al suo miglior amico e alla donna che amava erano stato sacrifici quasi insostenibili. Si era costretto a sopportare solo per tenerli al sicuro. Avevano una vita davanti e non potevano pagare per i suoi errori.
"Ok, per ora non ti chiederò più nulla. Confido però che un giorno mi darai delle spiegazioni…” mugugnò Wes, con tono risentito.
"Se riuscirò a tirarmi furi dai guai ti racconterò tutto…” Avrebbe tanto voluto confidarsi con Wes…ma non poteva. Dio, quanta solitudine nella sua vita!
"Ok.” rispose Wes. E tacque. Era evidente che la cosa non gli piaceva affatto. “Ora dimmi come faremo a salvare le ragazze.”
"Ho un gancio lì dentro…e mi auguro che sia ancora vivo.” Se Miguel non avesse scoperto la talpa le cose sarebbero andate per il meglio. “Ci sono sette squadre in attesa d’intervenire a un mio segnale…ma ti avverto che sarà tutto un casino!”
"Non ne dubito.” rispose Wes, stringendosi nelle spalle.
In realtà sarebbe stato un massacro, ma non voleva che Wes lo sapesse…anche se probabilmente lo aveva già intuito. “Ce la faremo!” esclamò Eric, provando a infondere fiducia nell’amico."
Eric accostò una strada laterale e parcheggiò il suo veicolo. Spense tutte le luci e fissò una casa in lontananza.
"È lì che le tiene?" domandò Wes.
"Si." Eric Fissò la casa dove erano state imprigionate Vivian e Vitoria.
"Cosa stiamo aspettando?"
Un miracolo ... Aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile per riuscire a liberarle e restare vivi. “Il segnale di via libera.”
Proprio in quel momento, il cellulare di Eric cominciò a vibrare, L’uomo fece un cenno all’amico ed entrambi scesero silenziosamente dall’auto.
"Va bene, ora ti dirò quello che faremo. Cercherò di tenere impegnato Miguel. Tu raggiungi la stanza in cui sono prigioniere le ragazze e cerca di portarle fuori. Poi scappa il più rapidamente possibile.”
Wes si fermò e lo fissò. "Che cosa? Dovrei lasciarti qui? Non se ne parla nemmeno!”
"Fa come ti dico. I rinforzi arriveranno in tempo.” Aveva bisogno che Wes seguisse il suo piano. Se si fosse rifiutato o avesse fatto di testa sua sarebbe andato tutto a rotoli.
"Non lo so…"
“Fallo e basta, va bene? Ho bisogno di sapere che le ragazze sono in salvo. Non discutere con me, Wes, ti prego.”
Wes annuì e seguì Eric dietro casa. Penetrarono di soppiatto. La talpa che Eric aveva dentro gli fece cenno di entrare. Eric si avviò da solo verso la parte anteriore della villa.
Wes invece seguì la talpa in casa e si avviò verso la stanza che gli era stata indicata. Eric era già dentro e stava cercando Miguel. Lo trovò nel suo ufficio. Miguel sedeva a una scrivania, con una pistola in mano. Quando Eric entrò gliela puntò dritta contro, prendendolo alla sprovvista. Eric imprecò: non aveva preventivato una cosa del genere, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Si tuffò sull’uomo e la sua pistola. Non vedeva sentinelle in giro, quindi meglio approfittare dell’attimo. Ma proprio mentre i due uomini cominciarono a colluttare, Wes e le ragazze, con alle spalle un uomo che gli puntava una pistola alla nuca, fecero la loro comparsa nella stanza. Eric era riuscito a disarmare Miguel e ora gli teneva la pistola puntata alla tempia.
"Stavano cercando di scappare." disse l'uomo che teneva sotto mira Wes, Vittoria e Vivian.
Solo allora Eric si voltò a guardarli. Il dolore che gli si disegnò sulla faccia era evidente: non erano riusciti a fuggire, cazzo! Wes aveva fallito. Doveva provare il tutto per tutto. Sferrò un enorme colpo sulla testa di Miguel col calcio della pistola e poi puntò l’arma contro la sentinella. Ma Miguel si riprese e gli si avventò addosso mente le ragazze erano ancora sotto tiro. Ne seguì una colluttazione tremenda, che s’interruppe solamente quando il rumore di uno sparo echeggiò nella stanza. Un colpo andato a vuoto, ma tanto bastò per distrarre la sentinella, che puntò l’arma dritta contro la testa di Eric. Le ragazze cominciarono a urlare, ma Eric con un pugno poderoso fracassò la mascella di Miguel, che cadde riverso sulla scrivania in un lago di sangue.
Un grido soffocato fece voltare Eric, giusto in tempo per vedere la sentinella cadere a terra, tramortita da un enorme vaso di pietra che Wes, approfittando dell’attimo di disattenzione, gli aveva rotto sulla testa. L’uomo cadde a terra con un grande tonfo. Miguel fece per reagire, ma un ennesimo pugno in faccia lo mise definitivamente fuori combattimento. Ora sia Miguel che la sentinella giacevano riversi sul pavimento.
"Oh Dio, Wes, stai bene?" gridò Vittoria precipitandosi al fianco di Wes.
"Tu…chiedi a me come sto?” rispose Wes, con voce tremante.
I due si abbracciarono spasmodicamente, scoppiando a piangere. “Oh, Dio cara… - gemette Wes - Ti hanno fatto del male?”
"Sto bene, sto bene…” continuava a singhiozzare Vittoria.
Wes colava sangue dalla spalla. Alzò lo sguardo e incontrò lo sguardo di Eric.
"Non hai un bell'aspetto amico." Afferrò il cellulare e compose il numero interno della polizia, chiedendo di inviare subito soccorsi e un’ambulanza. Wes non sarebbe morto.
Nel frattempo, Wes non faceva altro che singhiozzare e stringere Vittoria convulsamente a sé. “Ti amo, ti amo…” continuava a ripeterle.
"E io amo te, Wes!” singhiozzava di rimando Vittoria. Una scena davvero straziante.
Wes crollò a terra di colpo e perse conoscenza, mentre Vittoria urlava. Poco dopo la sirena di un’ambulanza echeggiò nel cortile interno della villa.
Eric strappò Vittoria dal suo amato, mentre entravano i paramedici. “E’ tutto a posto, cara. Wes non morirà. E’ una ferita profonda ma non mortale, si rimetterà presto. E’ svenuto perché ha perso molto sangue.” Un gruppo di agenti in divisa ammanettarono i malviventi ancora svenuti a terra, poi furono chiamate altre ambulanze. C’era sangue dappertutto…e di sicuro le guardie del corpo avevano già preso il largo. Che macello! Eric gemette: Dallas non sarebbe stato molto contento.
Si rivolse a Vivian, che per tutto il tempo se n’era rimasta in disparte, in silenzio. “Stai bene?” mormorò.
La ragazza annuì: sembrava sotto shock. Eric le si avvicinò, la strinse a sé e poi provò a trascinarla via, afferrandola per un braccio. “Dai, ti porto in ospedale.”
Vivien si divincolò con violenza: “Non ne ho bisogno!” sibilò.
Eric la guardò stralunato. “Voglio che ti visitino. Sei sotto shock.”
"Per me puoi anche andare all’inferno! Non farò nulla di ciò che dici!”
"Viv ..."provò a dire Eric. Ma la ragazza gli tappò la bocca con la mano: “Basta Eric. Per me sei morto! Non ti perdonerò mai!”
Eric annuì. Sapeva che ottenere il perdono di Vivian non sarebbe stato facile.
"Ok, ma devi comunque farti visitare. Ne parleremo dopo. So che non mi perdonerai mai…e non posso darti torto.”
"Giusto, che stupida! Sparisci per un anno, mi lasci in un mare di lacrime e ora risorgi sperando che nulla sia cambiato tra noi? Vattene, e lasciami in pace! In ospedale ci andrò con i piedi miei!”
Si diresse vero Tori, ancora in lacrime, ferma a guardare come i paramedici imbracavano Wes sulla barella e gli infilavano il respiratore nel naso. “Andiamo, Tori. Saltiamo su un’ambulanza. Precediamo Wes. Non gli sarai molto d’aiuto se stai male anche tu.”
"Ti ho detto che ti ci porto io. Tori può venire con noi…” insistette Eric.
“Lasciami in pace, Eric! - sibilò Vivian - Te lo dico per l’ultima volta: per me sei morto!”
Eric rimase in silenzio. Vivian aveva tutto il diritto di odiarlo. Quando le ragazze saltarono su un’ambulanza lui prese l’auto e le seguì fino in ospedale. Rimase in sala d’attesa per tutto il tempo, mentre le ragazze venivano visitate. Poi arrivarono i familiari di Wes e lui ebbe un bel da fare per rassicurarli e raccontare il disastro in cui si erano trovati. Tori e Vivian attendevano di avere notizie dai medici. Wes era andato sotto i ferri e, dopo circa tre ore, era uscito. Ora stava in sala di rianimazione e Tori piangeva in un angolo. Quando un medico le fece cenno di entrare, la ragazza non si mosse.
Eric la raggiunse e l’abbracciò. Vivian, ancora al fianco della sorella, lo guardò torva. “Tori, puoi entrare.” le sussurrò.
Tori alzò lo sguardo piangente su di lui. “Ho…ho paura…” gemette.
“Andrà tutto bene, Tori. Wes guarirà. Se hai paura che il dottore stia mentendo ti assicuro che non è così.”
Tori riprese a singhiozzare, ma non si mosse.
“Tori, entra. Se vuoi ti ci accompagno io. Stagli vicino, lui ha bisogno di te. Non fare lo stesso errore che ho fatto io.” le sussurrò Eric. E guardò Vivian.
Vitoria puntò gli occhi su di lui. Aveva rinunciato a Vivian per proteggerla. Forse lei lo aveva capito. Annuì, lanciò uno sguardo a Vivian e lentamente entrò nella stanza. Eric la seguì. Wes era disteso in un letto, sotto una tenda di plastica trasparente. Era pallido, ma aveva il volto sereno. Quando si accorse che c’era qualcuno al suo capezzale aprì gli occhi. Provò a sollevare una mano per accarezzare Tori, ma non ci riuscì a causa della tenda. Lei scoppiò a piangere e si afferrò con tutte le sue forze alla tenda che faceva da muro tra loro. “Ciao, dolcezza.” riuscì a mormorare Wes.
"Oh, caro, sono qui!” gridò Vittoria, per farsi sentire. Wes sorrise lievemente.
“Ehi, stai cercando di rompermi i timpani? Sono ferito, non sordo.”
The free excerpt has ended.