Rappresentato per la prima volta dalla Compagnia Tina Di Lorenzo – Flavio Andò al teatro Manzoni di Milano nel febbraio del 1903.
La marchesa Claudia di Montefranco
Il marchese Alfredo di Montefranco
Maurizio Dorini
Il duca di Vigena
Rosalia
Teresa
Suor Filomena
Olghina
Filippo
Decio, domestico di Maurizio Dorini
Un servo del marchese di Montefranco
Tre bimbi
A Napoli, e presso Napoli.
Un salotto da celibe in casa di Maurizio Dorini. – Una porta in fondo. Una porta laterale. – Una finestra. – Alla porta in fondo, una pesante portiera a guisa di cortina.
(entra dalla porta laterale con in capo il cappello, infilando le maniche dell'abito. Apre la finestra. Respira giocondamente.) Ah! Che bella giornata! (Tocca il bottone del campanello elettrico.)
Non fare complimenti, Olghina. Comanda quello che vuoi.
Non faccio complimenti, grazie!
(entra dal fondo e si avvicina a lei.) Caffè nero? Caffè e latte? Cioccolata? Tè? Burro? Confettura?
(timida) Del caffè e latte e del burro.
(esce.)
(siede presso un tavolino e aspetta.)
Olghina, hai dimenticato i guanti.
Portameli tu, se hai fatto il tuo bagno. Mi manderesti via senza salutarmi?
No, cara. Mi vesto e vengo.
(ritorna. Porta e mette sul tavolino un vassoio con tutto l'occorrente.) Faccio io?
Fate voi.
(servendo) Basta zucchero?
Basta.
Basta latte?
Basta.
Basta caffè?
Basta.
(indicando) Basta pane e burro?
Sì, basta.
Tutto a discrezione. Questi sono gli ordini che ho ricevuti.
(cerimoniosa) Troppa cortesia!.. (Chiamando) Maurizio!
Amore mio!
E tu, non pigli niente?
A quest'ora, mai. Sarebbe come un veleno per il mio stomaco.
(sottovoce) Fa colazione ogni giorno alle dodici precise. E alle dodici meno un minuto beve un bicchierino di aperitivo. Questa è la regola. Ah, lui è un orologio! Vi ci troverete benissimo. Tutto sta a capire le sue abitudini. Io mi ci trovo bene, perchè le ho capite. È vero che una cosa è fare il domestico e un'altra è fare… quello che fate voi. Ma siamo pagati tutti e due, e, se non lo accontentiamo…
Io spero di accontentarlo. È così buono!
(confidenzialmente) E poi le tratta ottimamente le donne. Nessuna si è mai lamentata.
Ne cambia spesso?
No.
Si vede che è molto delicato.
Le tratta, vi dico, come se fossero sua moglie.
Difatti. Stanotte mi è parso proprio che avevo un marito. Ho potuto dormire tranquillamente.
E quando ci si dorme sopra… tutto va bene.
Decio! Decio! Prepara i manubri.
(da un angolo della camera, prende i manubri, li porta nel mezzo e li spolvera.)
A che servono?
Fa la ginnastica per riscaldarsi.
(entra dalla porta laterale fregandosi le mani. Cava di tasca un paio di guanti e li porge a Olghina.) I tuoi guanti.
Come sei gentile!
Chi è che ha aperto quella finestra?
Io.
(rabbrividendo) No, bambina! Non lo fare più. Dopo il bagno freddo, una finestra spalancata è la morte. Chiudi, Decio! Chiudi.
(esegue).
Scusami. Non sapevo.
(cominciando le sue esercitazioni con i manubri) Mi permetti, eh?
(bevendo l'ultimo sorso) Ti prego.
Ho dei brividi addosso e bisogna che affretti la reazione, altrimenti mi busco un malanno. Già, è così: se non dormo le mie otto ore di sèguito, resto sconcertato. Sbarazza, Decio.
(a Olghina) Basta zucchero? Basta caffè? Basta latte? Basta pane e burro?
Non desidero altro. Sbarazzate.
(esegue.)
(a Decio che sta per uscire) Ehi! Alle dodici…
Colazione.
Alle dodici meno un minuto…
Aperitivo. (Via dal fondo.)
(è tutto intento alle esercitazioni ginnastiche.)
Ne hai per un pezzo?
Ancora un poco. Ma tu parla pure.
Volevo domandarti…
Domanda, cara.
Sei stato contento di me?
Diamine! Sono io che ti ho scelta. Sono io che ti ho pregata.
Temevo che…
Ma no.
Hai detto di non aver dormito abbastanza.
Su questo, ci accomoderemo.
Certo.
La cosa che m'impensierisce un pochino è un'altra.
Dimmela subito.
Noi non ci vediamo che tre volte la settimana…
L'hai voluto tu.
E così dev'essere. Per chi tocca la quarantina… la salute prima di tutto.
E dunque?
Ma quando tu non sei occupata con me, probabilmente… non starai in ozio.
Sei geloso?
Neanche per sogno. Senonchè, io vorrei sapere chi è… il mio collega. Con certe cose, non si scherza.
Quando avrò la proposta di qualche altro, te ne informerò. E se egli non ti garba, non ne farò niente.
Questo significa essere una ragazza a modo.
Ma se è di tuo gusto, io concludo.
Perfettamente!
Però… pensavo…
Tu pensavi? È un bel fenomeno!
Mettiamo che sarete in due.
Mettiamo che saremo in due.
Potrà darsi il caso che io…
Che tu?..
(con reticenza) Lo dicono tutti che somiglio a mia madre quando era giovane!
Brava!
Mia madre, alla mia età… cominciò a far figliuoli.
(lasciando d'un colpo i manubri, che cascano rumorosamente) Eh?!
Se ne faccio uno io, chi sarà il padre?
Nessuno!
Come nessuno?!
Ma che idee malinconiche adesso ti passano per la mente? Mi sentivo meglio, ed ecco che il sangue mi è affluito alla testa. Avrò l'emicrania tutta la giornata.
No, non temere. Io non sarei una di quelle che, col pretesto dei bimbi, si aggrappano agli uomini e diventano un empiastro. Non te ne darei mai dei fastidi.
(preoccupato) Non è questione di fastidi. (Mettendo a posto i manubri) Ciò che hai detto, bambina mia, è più serio che tu non creda, perchè, in sostanza, se quel caso si desse, non ci sarebbe nemmeno da seguire… l'impulso della propria coscienza! La paternità è un fatto così elastico, così indeterminabile!.. Come diavolo si potrebbe appurare la verità?
Appunto. Hai ragione tu… Nessuno sarebbe il padre.
Senti: visto che ci sono di queste probabilità, lasciamo andare. Meglio non vederci più.
Sei cattivo!
Se fossi cattivo, farei il comodo mio! Invece, no. Io mi conosco. Con un tale pensiero nella testa, io non vivrei più in pace. Ne piglierei una malattia. Senza dire poi che diventerei… inabile a qualunque pratica galante! No no! Non ci dobbiamo più vedere.
Io mi ci sono affezionata a te.
Di già?!
Stiamo insieme da undici ore.
Hai l'affetto galoppante!
E non voglio finirla. Tu mi tratti bene. Mi tratti come una signora… come una moglie… Sei contento di me… E piuttosto che finirla, preferisco di non prendere nessun altro.
Io ti ringrazio del gentile pensiero, ma con questo non si rimedia che in parte.
Al resto provvedo io.
(con bontà) A che cosa vuoi provvedere, tu?
(dopo un istante di riflessione, con un po' di tristezza, decide) Allora… te lo prometto: cercherò… di non fare come mia madre.
Ora sì che possiamo intenderci. Sei veramente una ragazza garbata. Qui, qui, un bacetto, e a rivederci.
(gli dà un bacio.) A domani sera?
A domani sera, carina.
(toccandosi le tempie) Ahi, ahi, ahi! L'emicrania!.. Un poco di riposo mi gioverà. (Si stende sopra il canapè.)
(entra lemme lemme con la sua aria stupida.)
Non disturbarmi, Decio. Ho l'emicrania. Finchè non viene il marchese di Montefranco, lasciami riposare.
Non posso. Di là, ce n'è un'altra.
Ce n'è un'altra!?
Un'altra donna. Per un punto non si sono incontrate tutte e due!
E chi è?
Non ha voluto dire il suo nome. Io intendevo di rimandarla, perchè sapevo che… essendoci stata quella lì… non c'era più speranza… di niente. Ma ha insistito.
Che aspetto ha?
Buono.
Che vuol dire buono?
Belloccia… elegante…
Una cocotte?
(filosoficamente) Chi lo sa! Le cocottes dalle signore io non le ho mai saputo distinguere.
Giacchè ti sei preso l'incarico di annunziarla, la devo ricevere per forza. Falla passare.
(via.)
(tra sè) Santo cielo! Chi è che viene a seccarmi a quest'ora?
(entra dal fondo.)
(scatta in piedi in un sussulto di meraviglia.) Voi, marchesa!
Vi sembra strano che io vi faccia una visita?
(confuso) Non lo nego… Mi sembra stranissimo… Io non ho mai sperato d'avere questo onore… E poi… alle undici del mattino… Non so… Non intendo… E vi chiedo perdono, marchesa… della mia… delle mie… dei miei…
Dei vostri?..
No:… del mio imbarazzo, ecco. Accomodatevi, vi prego. Accomodatevi… Io sono mortificato di dovervi ricevere in questo disordine, in questo piccolo salotto… Se l'avessi saputo…
L'avreste fatto ingrandire?
Sì!.. cioè… forse… Scusatemi, marchesa, io sono emozionato!
Ma non c'è di che. Calmatevi. Prendete fiato.
Non vi è accaduto nulla di grave?
Nulla, nulla. Non vedete che sono sorridente?
Lo vedo. Siete molto sorridente. E allora… io non mi spiego la vostra… preziosa… inaspettata… inverosimile presenza in casa mia. Certo, io sono un vostro antico e devoto servo, sono l'amico più intimo di vostro marito, ma sono anche…
Uno scapolo.
Uno scapolo. È la verità.
E una signora che alle undici del mattino bussa alla porta di uno scapolo è una signora… Aiutatemi a dire…
Dite, dite voi.
È una signora… piuttosto bizzarra.
E piuttosto imprudente, mi permetterei di aggiungere.
Aggiungete senza cerimonie.
Imprudente, intendiamoci, dal punto di vista delle convenienze sociali. La marchesa di Montefranco è tale donna da costringere al rispetto i più audaci; e io sono tale uomo da rispettare…
… anche le signore che vengono a vedervi alle undici del mattino?
Marchesa… una donna come voi è rispettabile a tutte le ore!
Resta a sapere se a tutte le ore è rispettoso un uomo come voi.
Certamente.
Mi fa piacere di apprenderlo. E poichè avete di me e di voi questa magnifica opinione, io ne profitto e vi chiedo un po' di ospitalità. (Siede.)
(sempre più confuso) Voi, marchesa di Montefranco, chiedete ospitalità a questo misero mortale?
Vorreste… indorare la pillola della paura.
Io non indoro niente.
Ma che avete paura si vede ad occhio nudo.
Tutt'altro! Soltanto, io supplico la vostra cortesia di non tacermi più oltre il motivo per cui vi degnate di chiedermi ospitalità.
Se io fossi nei vostri panni, la concederei sùbito e illimitatamente. (Con grazia umoristica) È vero che voi siete rispettoso e io sono rispettabile; ma la rispettabilità d'una donna non è che un pallone di carta. Un vento lo dirige di là, un altro lo dirige di qua… Poi, a un tratto, si brucia in aria o si sgonfia e… cade dove meno lo credete.
(sudando freddo e impappinandosi) Marchesa!..
Dio buono, non vi turbate di nuovo. Vi pare forse che la caduta sia imminente?
Marchesa!..
Parola d'onore, se tutti i mariti avessero degli amici intimi come voi, le povere mogli mi farebbero pietà! Ma rassicuratevi. Il pallone di carta è ancora gonfio. È ancora su. Non sono qui per offrirvi la mia mano… sinistra.
Ne ho la profonda convinzione.
Io sono qui, a quest'ora, esclusivamente perchè so che a quest'ora, di solito, ci viene mio marito.
E appunto perciò mi par di essere sui carboni ardenti. È indiscutibile che se egli vi trova in casa mia, sarà un fatto orribile! Io non saprò come regolarmi, non saprò come salvarvi…
Siete d'una inesperienza commovente! Quando verrà lui, io mi nasconderò. Si capisce.
Vi nasconderete?!
E ascolterò, dalla prima all'ultima parola, la vostra conversazione.
(cominciando a raccapezzarsi) Ah!.. Questo è il vostro progetto?
Voi siete il confidente di mio marito. Egli è con voi come con un fratello. Vi racconta tutto. Vi fa i suoi sfoghi. Vi rivela quel che pensa, quel che sente, quel che desidera, quel che vuole, quel che gli passa pel capo anche fugacemente, quel che per la pigrizia della sua coscienza non rivelerebbe forse neppure a sè stesso; ed io, nascondendomi dietro un uscio di casa vostra quando egli è qui, apprenderò tutto ciò che non potrei apprendere altrimenti. Nè più, nè meno. Che ve ne pare?
Un agguato!
Un po' di fotografia istantanea che una moglie applica al cervello di suo marito. Il congegno è nuovo, semplice, carino, e di successo sicuro.
Ci vorrebbe poco a guastarlo, per altro.
Lo so. Basterebbe che avvertiste in tempo il vostro amico, dicendogli: «Attento che tua moglie è qui; è dietro quell'uscio, ti ascolta…» Ma voi non glielo direte.
Io glielo dirò!
E avrete poi il modo di provare positivamente che la mia venuta in casa vostra non sia stata un'imprudenza di amante? La vostra denunzia parrebbe un espediente trovato con soverchia furberia per iscansare l'eventuale pericolo della scoperta; e ogni sforzo per dimostrargli la verità parrebbe, viceversa, artificio e menzogna. Voi compromettereste me, io comprometterei voi, e tutt'e due comprometteremmo lui. E vi avverto che ci metterei tutta la mia buona volontà a compromettervi per vendicarmi della vostra denunzia.
Sicchè?
O passare per il mio amante senza esserlo e subire tutte le conseguenze della compromissione, o rassegnarvi, almeno per una volta, a essere più amico mio che di mio marito.
O la borsa o la vita?!
Precisamente.
Ma passare per il vostro amante… senza nemmeno esserlo, sarebbe d'una gravità eccezionale!
Pettegolezzi, responsabilità, duelli, processi! E, per giunta, una figura alquanto odiosa al cospetto della società…
Alquanto ridicola al cospetto mio!
Scegliete.
Sarò il vostro complice, marchesa!
E farete una buona azione.
(tentando ancora di cavarsi d'impaccio) Credo, nondimeno, che la mia complicità non approderà a niente. La vostra fantasia di moglie diffidente immagina chi sa quali conversazioni sovversive fra me e lui. Sì, di tanto in tanto, è possibile che egli mi faccia delle confidenze, che mi chieda o mi dia dei consigli, che mi apra l'animo suo; ma dai nostri colloqui non vengono mai fuori rivelazioni o indizi di cui voi, che avete molto spirito e poche rosee illusioni, vi potreste meravigliare o dolere. D'altronde, stamane egli potrebbe parlarmi di cavalli, di automobili, dei sospetti che desta al baccarat la vena di Mario Gorlini; potrebbe parlarmi, non so, di tutto, fuorchè di ciò che v'interessa, fuorchè di ciò che è oggetto dei vostri dubbi: e in tal caso io avrei tradito l'amicizia senza neanche la soddisfazione d'avervi reso un servigio. Via, marchesa, rinunziate.
Mio carissimo amico di mio marito, se i miei calcoli non sono sbagliati, egli, stamane, non vi parlerà nè di cavalli, nè di automobili, nè di baccarat. Vedrete. L'uomo più scaltro è sempre un po' un fantoccio nelle mani d'una donna, sia pur essa la più ingenua. Io non sono ingenua, e mio marito non è scaltro. È convinto di esserlo, ma non lo è. Confondere lo scetticismo con la scaltrezza è un errore. Io ho dato la corda al mio fantoccio, e, per oggi, egli non vi parlerà di cose futili. Del resto, gliel'ho data senza nessuna maligna premeditazione. Ho compiuto, anzi, un mio dovere, annunziandogli un fatto molto serio e, per me, anche molto bello! Il suo contegno mi ha paralizzata. Ho sentito il bisogno di conoscere tutto il suo pensiero. Ne ho sentito il diritto. Tra breve, lo conoscerò. E non c'è altro.
Tutto questo, marchesa, è d'una solennità che m'impensierisce, che mi sconvolge.
Io vi assicuro, mio buon Maurizio, che, mentre vi parlo, nessuna donna è più felice di me.
Io parteciperei volentieri alla vostra felicità se mi fosse consentito di non trovarmi qui, vicino a voi.
Credete dunque proprio che stia per cascare il mondo?
Il mondo, no; ma una tegola sul mio capo, sì. Io ne ho il presentimento.
(alzandosi) Guardatemi in faccia e avrete invece il presentimento più lieto che si possa avere.
Ma è permesso almeno di saper la ragione della vostra insuperabile felicità?
(con gli occhi pieni di luce) Una ragione grande grande grande!
Che non volete dirmi?
Ve la dirà lui, non dubitate.
(sobbalzando) A proposito!.. Egli può capitarci addosso da un momento all'altro. Entra, spesso, senza farsi annunziare. Per carità, marchesa, non ci lasciamo sorprendere! Avete definitivamente deciso di aspettarlo?
Ne dubitate ancora?
Ebbene, se siete irremovibile, nascondetevi subito, e che Dio mi protegga!
… Dove mi nasconderò?
(indicando l'uscio laterale) Qui, qui…
(prima di aprire, maliziosamente) Che camera è questa?
(imbarazzatissimo) Marchesa, è la mia camera… da letto. Ne sono dolente, ma è così. È la sola che sia attigua al mio salotto.
Meglio! È la camera più compromettente. Ciò mi garantisce la vostra complicità. (Apre. Guarda.) Camera da letto, per due?
Io… di notte… ho l'abitudine di…
Di raddoppiarvi?
Press'a poco, marchesa.
Meraviglioso!
Mah!
(uscendo) Vi raccomando, Maurizio. Lasciatelo parlare.
Io ne piglio una malattia!
(chiude.)