La Clessidra del Killer

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From the series: Un Mistero di Riley Paige #11
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CAPITOLO SETTE

Riley si voltò nel tentativo di capire il motivo per cui Bill stesse urlando. La sua voce proveniva da dietro gli alberi, proprio su un lato del sentiero.

“Che cosa c’è?” chiese il Capo Belt.

“Che cos’ha trovato?” Terzis riecheggiò.

“Venite qui” Bill rispose, gridando.

Riley si alzò in piedi e andò nella direzione indicata dalla voce del partner. Rami di cespuglio spezzati le indicarono il punto in cui lui aveva lasciato il sentiero .

“Venite?” Bill gridò, iniziando a sembrare un po’ impaziente.

Riley intuì dal tono della sua voce che era serio.

Seguita da Belt e Terzis, attraversò il boschetto, finché raggiunsero una piccola radura in cui si trovava Bill, intento a guardare in terra.

Era vero, aveva trovato qualcosa.

Un altro pezzo di stoffa era in terra, legato e tenuto fermo da gancetti agli angoli.

“Accidenti” Terzis mormorò.

“Non un altro corpo” Belt esclamò.

Riley comprese subito che doveva trattarsi di qualcos’altro. Prima di tutto, la fossa era molto più piccola dell’altra, e di forma quadrata.

Bill indossò un paio di guanti di plastica, per evitare di lasciare impronte su qualunque cosa stesse per trovare. Poi, s’inginocchiò e spostò gentilmente il pezzo di stoffa.

Tutto ciò che Riley vide fu un pezzo rotondo di legno scuro e lucido.

Bill prese attentamente il cerchio di legno con entrambe le mani, e lo sollevò.

Tutti, con la sua sola eccezione, sussultarono per quello che aveva lentamente tirato fuori dalla fossa.

“Una clessidra!” esclamò il Capo Belt.

“La più grande che io abbia mai visto” Terzis aggiunse.

E, infatti, l’oggetto era alto più di sessanta centimetri.

“Sei sicuro che non si tratti di una trappola?” Riley chiese sospettosa.

Bill si alzò in piedi con l’oggetto, tenendolo in perpendicolare, maneggiandolo con quanta più delicatezza possibile, come se tenesse in mano uno strumento esplosivo. Lo posò sul terreno, accanto alla fossa.

Riley s’inginocchiò e lo esaminò attentamente. L’oggetto non sembrava avere cavi o molle. Ma si nascondeva qualcosa sotto la sabbia? Infine, inclinò la clessidra su un lato, e non vide alcunché di strano.

“È soltanto una grande clessidra” mormorò. “E nascosta, proprio come la trappola sul sentiero.”

“Non si tratta esattamente di una clessidra” Bill osservò. “Sono certo che misuri un periodo di tempo più lungo di un’ora. È quello che si chiama timer di sabbia.”

Agli occhi di Riley, l’oggetto appariva come straordinariamente bello. I due globi di vetro erano splendidamente definiti, uniti insieme da una piccolissima apertura. La parte superiore tondeggiante in legno ed i pezzi della parte inferiore erano collegati da tre barre di legno, intarsiate da motivi decorativi. La parte superiore era caratterizzata da un’intarsio a forma di onda. Il legno era scuro e molto lucido.

Riley aveva visto dei timer di sabbia in precedenza, ma molto più piccoli: erano creati per la cucina, e misuravano da tre o venti minuti. Questo era molto, molto più grande, alto più di sessanta centimetri.

Il globo inferiore era parzialmente pieno di sabbia dorata.

Invece, in quello superiore, non c’era sabbia.

Il Capo Belt chiese a Bill: “Come ha fatto a sapere che c’era qualcosa qui?”

Bill era accovacciato accanto al timer di sabbia, esaminandolo attentamente. Anziché rispondere, domandò: “Qualcun altro ha notato qualcosa di strano relativamente alla forma del buco sul sentiero?”

“Io” Riley disse. “Le estremità della fossa erano scavate in una sorta di forma a cuneo.”

Bill annuì.

“Era grossomodo la forma di una freccia. La freccia indicava dove il sentiero s’incurvava, e alcuni cespugli erano stati smossi. Perciò, sono venuto qui per vedere che cosa indicasse.”

Il Capo Belt stava ancora guardando il timer di sabbia con stupore.

“Beh, siamo fortunati che l’abbia trovato” l’uomo disse.

“Il killer voleva che guardassimo qui” Riley borbottò. “Voleva che lo scoprissimo.”

Riley guardò Bill e poi Jenn. Intuì che stavano pensando alla stessa cosa a cui lei stava pensando.

La sabbia all’interno del timer si era esaurita.

Forse, in un modo che non comprendevano ancora, ciò significava che non erano affatto fortunati.

Riley guardò Belt e chiese: “Qualcuno dei suoi uomini ha trovato un timer come questo sulla spiaggia?”

Belt scosse la testa e rispose semplicemente: “No.”

Riley provò un cupo fremito di intuizione.

“Allora non avete guardato abbastanza bene” la donna commentò.

Né Belt né Terzis parlarono per un istante. Sembrava che non riuscissero a credere alle proprie orecchie.

Poi Belt disse: “Ascolti, qualcosa del genere sarebbe senz’altro venuta fuori. Sono sicuro che non ci fosse qualcosa di simile nella zona vicina.”

Riley si accigliò. L’oggetto, per essere stato deposto così attentamente, doveva essere importante. Era sicura che i poliziotti in qualche modo non avevano notato un altro timer di sabbia.

Del resto, avrebbero dovuto farlo lei, Bill e Jenn quando erano stati alla spiaggia. Dove poteva essere?

“Dobbiamo tornare a dare un’occhiata” Riley disse.

Bill portò l’enorme timer al SUV. Jenn aprì il portabagagli e, insieme a Bill, mise dentro l’oggetto, assicurandosi che fosse legato e fissato in modo da proteggerlo da qualsiasi movimento brusco o improvviso. Lo coprirono con un lenzuolo che era nel SUV.

Riley, Bill e Jenn entrarono nel veicolo e seguirono l’auto del capo della polizia, di nuovo fino alla spiaggia.

Il numero di giornalisti che si erano radunati nel parcheggio era aumentato e stavano diventando più aggressivi. Mentre Riley ed i colleghi passavano in mezzo a loro ed oltrepassavano il nastro giallo, si chiese per quanto tempo ancora sarebbero stati in grado d’ignorare le loro domande.

Quando raggiunsero la spiaggia, il corpo non si trovava più all’interno della fossa. La squadra del coroner l’aveva già caricato nel proprio furgone. I poliziotti locali stavano ancora setacciando la zona in cerca di indizi.

Belt chiamò a raccolta i suoi uomini, che si radunarono intorno a lui.

“Qualcuno ha visto un timer di sabbia qui intorno?” chiese. “Dovrebbe avere la forma di una grossa clessidra, alta almeno sessanta centimetri.”

I poliziotti sembravano perplessi dalla domanda. Scossero la testa e risposero di no.

Riley stava iniziando a sentirsi impaziente.

Dev’essere qui intorno, da qualche parte, pensò. Salì sul culmine di un vicino pendio erboso e si guardò intorno. Ma non scorse alcuna clessidra e neppure sabbia spostata, che avrebbe indicato la presenza di qualcosa appena sepolto.

Forse il suo intuito le stava giocando dei tiri mancini? Qualche volta era successo.

Non stavolta, pensò.

Il suo sesto senso le diceva che non si sbagliava.

Tornò indietro e si mise a guardare in fondo alla fossa. Era molto diversa da quella nel bosco. Era più bassa e più informe. Il killer non avrebbe potuto utilizzare la sabbia asciutta per creare un indicatore nemmeno se ci avesse provato.

Si voltò e guardò in ogni direzione.

Non vide altro che sabbia e schiuma di mare.

La marea era bassa. Naturalmente, il killer avrebbe potuto realizzato una sorta di scultura in sabbia dalla forma di una freccia, ma sarebbe stata subito visibile. Se non era stata distrutta, sarebbe stata ancora visibile.

La donna chiese allora agli altri: “Avete visto qualcun altro qui vicino, oltre all’uomo con il cane che ha trovato il corpo?”

I poliziotti alzarono le spalle, e si scambiarono un’occhiata.

Uno di essi disse: “Nessuno tranne Rags Tucker.”

Riley sgranò gli occhi.

“E chi è?” allora domandò.

“Solo un eccentrico vagabondo che vive di quanto trova in spiaggia” rispose il Capo Belt. “Vive in un piccolo wigwam laggiù.”

Belt indicò un punto più distante, lungo la spiaggia, dove il bagnasciuga s’incurvava lontano dalla zona in cui si trovavano.

Ora Riley iniziò ad irritarsi.

“Perché nessuno l’ha menzionato prima?” esplose.

“Non ce n’era motivo” Belt rispose. “Abbiamo parlato con lui, non appena siamo arrivati qui. Non ha visto nulla che abbia a che fare con l’omicidio. Ha detto che stava dormendo, quando è successo.”

Riley emise un verso d’irritazione.

“Andremo a fare una visita a questo tizio” replicò.

Seguita da Bill, Jenn e dal Capo Belt, cominciò a camminare lungo la spiaggia.

Mentre camminavano, Riley disse a Belt: “Pensavo che avesse chiuso la spiaggia.”

“Ed è così” Belt disse.

“Allora che cosa diavolo ci fanno ancora tutti qui?” Riley chiese.

“Beh, come ho detto, Rags vive qui” Belt disse. “Non sembra esserci un motivo valido per poterlo cacciare via. Inoltra, non ha un altro posto dove andare.”

Dopo aver svoltato la curva, Belt li condusse, dalla spiaggia su un pendio erboso Il gruppo camminò superò la morbida sabbia e l’alta erba, fino alla cima della salita. Da lì, Riley poteva vedere un piccolo wigwam improvvisato, a circa novanta metri di distanza.

“È tutta la casa di Rags” Belt disse.

Quando si avvicinarono, Riley si rese conto che era coperto di sacchetti di plastica e coperte. Il pendio certamente lo metteva fuori dalla portata dell’alta marea. Il wigwam era circondato da coperte, ricoperte da ciò che sembrava un folle assortimento di oggetti.

 

Riley si rivolse a Belt: “Mi dica di Rags Tucker. Belle Terre non ha regole contro il vagabondaggio?”

Belt sogghignò leggermente.

Dunque, disse: “A dire il vero, sì, ma Rags non è esattamente il tipico vagabondo. È originale, e piace alla gente, specialmente ai visitatori. E non è un sospettato, mi creda. È la persona più innocua che esista al mondo.”

Belt indicò gli oggetti posti sulla coperta.

“Fa degli affari bizzarri con tutta la roba che ha qui. Raccoglie rifiuti dalla spiaggia, e la gente viene ad acquistarli, o a scambiare oggetti che non vuole più. In realtà, è soltanto una scusa per la gente che viene qui a parlare con lui. Lo fa per tutta l’estate, finché il tempo regge. Riesce a racimolare abbastanza soldi da affittare un appartamentino economico a Sattler per l’inverno. Poi, quando il tempo è buono di nuovo, torna qui.”

Quando si avvicinarono, Riley poté osservare quegli oggetti più attentamente. Si trattava di una bizzarra collezione che includeva legname, conchiglie ed altri oggetti naturali, ma anche vecchi tostapane, televisori guasti, vecchie lampade ed altro materiale che i visitatori avevano indubbiamente portato per lui.

Quando giunsero al margine della zona ingombra di coperte stese, Belt gridò: “Ehi, Rags. Mi chiedevo se potevamo parlare ancora un po’ con te.”

Una voce roca rispose dall’interno del wigwam.

“Te l’ho già detto, non ho visto nessuno. Non hai ancora catturato quel verme? Di sicuro non mi piace l’idea che ci sia un killer sulla mia spiaggia. Te l’avrei già detto se avessi saputo qualcosa.”

Riley avanzò verso il wigwam e gridò: “Rags, dovrei parlare con lei.”

“Lei chi è?”

“FBI. Mi chiedo se, forse, ha visto un grosso timer di sabbia. Sa, come una clessidra.”

Per alcuni istanti, non ci fu risposta. Poi, una mano all’interno del wigwam spinse via un lenzuolo che copriva l’apertura.

Dentro, c’era un uomo ossuto seduto a gambe incrociate, con grandi occhi che la guardavano.

E, poggiato di fronte a lui, c’era un enorme timer di sabbia.


CAPITOLO OTTO

L’uomo nel wigwam si limitò ad osservare Riley, con grandi occhi grigi. Lo sguardo della donna passava dal vagabondo al grosso timer di sabbia di fronte a lui. Trovò difficile stabilire che cosa fosse più stupefacente tra i due.

Rags Tucker aveva lunghi capelli grigi e una barba che gli arrivava fino alla vita. I suoi vestiti laceri e larghi corrispondevano al suo nome.

Naturalmente, lei si chiese …

Quest’uomo è un sospettato?

Lo trovava difficile da credere. I suoi arti erano sottili e filiformi, e non sembrava affatto abbastanza robusto da poter essere autore uno di quei faticosi omicidi. Trasmetteva decisamente un senso di innocuità.

Riley sospettava che il suo sciatto aspetto fosse una sorta di messinscena. Non aveva un cattivo odore, almeno da dove lei si trovava non ne sentiva alcuno, e i suoi vestiti sembravano puliti, sebbene fossero ormai logori e consumati.

Per quanto riguardava il timer di sabbia, assomigliava molto a quello che avevano trovato accanto al sentiero. Era alto più di sessanta centimetri, con motivi ad onda incisi sulla parte superiore, e tre barre abilmente intarsiate che tenevano insieme la struttura.

Non era identico all’altro, a dire il vero. In effetti, il legno non era così scuro, più di un marrone rossiccio. Sebbene gli intarsi fossero simili, non erano l’esatta replica di quelli che caratterizzavano l’altro timer di sabbia.

Ma quelle piccole variazioni non erano la differenza fondamentale tra i due.

Cosa più importante, la sabbia era il discrimine. Nel timer che Bill aveva trovato tra gli alberi, tutta la sabbia si trovava nel globo inferiore. In questo, invece, la maggior parte era ancora all’interno del globo superiore.

Questa sabbia era in movimento e scendeva lentamente nel globo sottostante.

Riley era sicura di una cosa: il killer aveva voluto che loro trovassero quel timer, così come aveva voluto che trovassero anche l’altro.

Tucker infine parlò. “Come faceva a sapere che ce l’avevo io?” si rivolse a Riley.

Riley estrasse il distintivo.

“Le domande le faccio io, se non le dispiace” rispose, in un tono per niente minaccioso. “Come l’ha avuto?”

Tucker alzò le spalle.

“È un regalo” l’altro rispose.

“Da parte di chi?” Riley chiese.

“Degli dei, forse. È caduto dal cielo, secondo la miglior versione che possa immaginare. Quando stamattina ho guardato fuori, l’ho visto immediatamente, lì sulle coperte, insieme alla mia roba. L’ho portato dentro e sono tornato a dormire. Poi, mi sono svegliato di nuovo, e sono rimasto qui a guardarlo per un po’.”

L’uomo osservò attentamente il timer di sabbia.

“Non ho mai osservato il tempo che passa a dire il vero” disse. “È un’esperienza unica. Sembra che il tempo passi lentamente e velocemente allo stesso tempo. E, in questo, c’è un senso di inevitabilità. Non si può riportare indietro il tempo, così come dicono.”

Riley chiese a Tucker: “La sabbia scorreva così quando l’ha trovato, o l’ha capovolto?”

“L’ho tenuto proprio così com’era” Tucker disse. “Pensa che oserei cambiare lo scorrere del tempo? Non interferisco con questioni cosmiche come questa. Non sono così stupido.”

No, non è affatto stupido, Riley pensò.

Era come se stesse cominciando a comprendere Rags Tucker meglio, ad ogni frammento della loro conversazione. Quest’uomo vagabondo, confuso e trasandato, era davvero bravo a intrattenere i visitatori. Si era trasformato in un’attrazione locale lì, a Belle Terre. E, da quello che il Capo Belt le aveva detto di lui, Riley sapeva che si era creato una vita modesta. Si era stabilito lì e aveva ottenuto un permesso implicito per vivere esattamente dove voleva.

Rags Tucker era lì per intrattenere ed essere intrattenuto.

Riley stabilì che questa fosse una situazione delicata.

Aveva bisogno di portargli via il timer di sabbia. Voleva farlo in fretta, e senza sollevare lamentele a riguardo.

Ma lui gliel’avrebbe concesso?

Sebbene lei conoscesse benissimo le leggi relative a ricerca e sequestro, non era affatto sicura di come si applicassero ad un vagabondo che viveva in un wigwam su una proprietà privata.

Se ne sarebbe dovuta occupare senza ottenere un mandato. Ma doveva procedere attentamente.

Disse a Tucker: “Pensiamo che possa averlo lasciato qui chi ha commesso i due omicidi.”

Tucker sgranò gli occhi.

Poi Riley disse: “Abbiamo bisogno di prendere con noi il timer. Potrebbe essere una prova importante.”

Tucker scosse lentamente la testa.

Poi replicò: “Sta dimenticando la legge della spiaggia.”

“Cioè?” Riley chiese.

“Chi trova tiene. Inoltre, se questo è davvero un dono dagli dei, farei meglio a non condividerlo. Non intendo violare la volontà dell’universo.”

Riley studiò la sua espressione. Poteva dire che non era pazzo o delirante, sebbene potesse talvolta agire da tale. Ma semplicemente faceva parte dello spettacolo.

No, questo particolare vagabondo sapeva esattamente che cosa stava facendo e dicendo.

È al lavoro, Riley pensò.

Riley aprì il portafoglio, estrasse una banconota da venti dollari e gliela offrì.

Gli disse: “Forse questa aiuterà a sistemare le cose con l’universo.”

Tucker allargò leggermente il sorriso.

“Non lo so” disse. “L’universo sta diventando piuttosto caro in questi giorni.”

Fu come se Riley stesse arrivando al cuore del gioco dell’uomo, e sapeva anche come proseguire la partita.

Gli disse: “Continua ad espandersi, vero?”

“Sì, fin dal Big Bang” Tucker disse. Poi, si massaggiò le dita ed aggiunse: “E so che sta per attraversare una nuova fase dell’inflazione.”

Riley non poté fare a meno d’ammirare l’astuzia dell’uomo, e la sua creatività. Immaginò che avrebbe fatto meglio a fare un patto con lui, prima che la conversazione andasse troppo in profondità, perché lei ne uscisse.

Tirò fuori un’altra banconota da venti dollari dal proprio portafoglio.

Tucker le tirò via entrambe le banconote dalla mano.

“È suo” le disse. “Ne abbia cura. Sento che si tratta di un oggetto davvero potente.”

Riley si ritrovò a pensare che l’uomo avesse ragione, probabilmente più di quanto in realtà lui stesso potesse sapere.

Con un grosso sorriso, Rags Tucker aggiunse: “Penso che possa farcela.”

Bill indossò di nuovo i guanti e si avvicinò al timer, per prenderlo.

Riley gli disse: “Fa attenzione, tienilo quanto più fisso possibile. Non vogliamo interferire con la velocità dello scorrere del tempo.”

Appena Bill sollevò il timer, Riley si rivolse a Tucker: “Grazie per il suo aiuto. Potremmo tornare a farle altre domande. Spero sarà disponibile.”

Tucker alzò le spalle e rispose: “Ci sarò.”

Quando si voltarono per andarsene, il Capo Belt disse a Riley: “Quanto tempo crede che resti ancora prima che tutta la sabbia finisca in fondo?”

Riley ricordò che il coroner aveva detto che entrambi gli omicidi erano avvenuti intorno alle sei del mattino. Riley dette un’occhiata al proprio orologio. Ora erano quasi le undici. Fece un rapido calcolo mentale.

Poi, si rivolse a Belt: “La sabbia terminerà in circa diciannove ore.”

“E poi che cosa succederà?” Belt domandò.

“Qualcuno morirà” fu la risposta di Riley.


CAPITOLO NOVE

Riley non riusciva a togliersi dalla mente le parole di Rags Tucker.

“E, in questo, c’è un senso di inevitabilità.”

Con i colleghi stava tornando alla spiaggia, diretta alla scena del crimine. Bill sorreggeva il timer di sabbia, mentre Jenn e il Capo Belt lo fiancheggiavano per aiutarlo a tenere fisso l’oggetto, nel tentativo di evitare di modificare il flusso della sabbia nel timer. E, naturalmente, lo scorrere della sabbia era ciò a cui Rags si era riferito.

Inevitabilità.

Aveva compreso l’effetto preciso che il killer aveva in mente, per quanto l’idea le ripugnasse.

Voleva che provassero la sensazione di un cappio che si stringeva, dell’avvicinarsi inevitabile del suo prossimo omicidio.

Era il suo modo d’intimidirli.

Riley sapeva che non dovevano lasciarsi influenzare ma temeva che non sarebbe stato facile.

Mentre procedeva lungo la spiaggia, prese il proprio cellulare e chiamò Brent Meredith.

Quando l’uomo rispose, esordì brutalmente: “Signore, abbiamo una situazione seria tra le mani.”

“Di che cosa si tratta?” Meredith chiese.

“Il nostro killer colpirà ogni ventiquattro ore.”

“Gesù” il capo esclamò. “Come lo sa?”

Riley stava per spiegargli tutto, ma pensò che avrebbe fatto meglio ad evitarlo. Sarebbe stato meglio se l’uomo avesse visto entrambi i timer.

“Stiamo tornando al SUV” Riley disse. “Non appena arriveremo, la chiamerò per una videoconferenza.”

Riley mise fine alla chiamata proprio quando raggiunsero di nuovo la scena del crimine. I poliziotti di Belt stavano ancora setacciando in mezzo all’erba palustre, alla ricerca di indizi. Le bocche dei poliziotti si spalancarono, quando videro Bill trasportare l’enorme timer.

“Che cosa diavolo è quello?” uno dei poliziotti chiese.

“Una prova” Belt replicò laconico.

Riley pensò che l’ultima cosa di cui ora avevano bisogno era che i giornalisti vedessero il timer. Se fosse successo, le voci avrebbero davvero cominciato a spargersi, peggiorando ancora di più la situazione. E senz’altro c’erano ancora giornalisti appostati nel parcheggio. Sapevano già che due persone erano state sepolte vive. Non avrebbero mollato l’osso facilmente.

Rivolgendosi al Capo Belt, chiese: “Potrei prendere in prestito la sua giacca?”

Belt si tolse la giacca e gliela diede. Riley la poggiò con attenzione sul timer di sabbia, coprendolo completamente.

“Andiamo” Riley si rivolse a Bill e Jenn. “Proviamo a portarlo al nostro veicolo, senza attirare troppa attenzione.”

Quando superarono la barriera del nastro della polizia, Riley vide che i giornalisti erano arrivati. Si radunarono intorno a Bill, chiedendogli che cosa trasportasse.

Riley temette il peggio, quando vide che premevano contro Bill, che stava provando a tenere il timer di sabbia quanto più stabile possibile. Semplici gomitate sarebbero bastate ad interferire con lo scorrere della sabbia. Ma poteva andare peggio: qualcuno poteva far cadere l’oggetto dalle mani di Bill.

 

Disse a Jenn: “Dobbiamo tenerli lontani da Bill.”

Raggiunsero il gruppo, ordinando ai giornalisti di indietreggiare.

Questi obbedirono prontamente, con troppa facilità, e restarono fermi a fissare inebetiti.

Riley subito comprese …

Probabilmente pensano che sia una bomba.

Dopotutto, quella possibilità si era formata nella mente sua e dei colleghi nel bosco, quando Bill aveva trovato il primo timer di sabbia.

Riley fece una smorfia al pensiero dei titoli che rischiavano di apparire sulle principali testate giornalistiche, e all’idea del panico che avrebbe potuto scatenarsi.

Si rivolse bruscamente ai giornalisti: “Non è un congegno esplosivo. È soltanto una prova. Ed è delicata.”

Quella dichiarazione fu accolta da un coro di voci rinfrancate, che chiedevano di che cosa si trattasse.

Riley scosse la testa e si allontanò. Bill era arrivato al SUV, e le due agenti si affrettarono a raggiungerlo. Entrarono nel veicolo e sistemarono accuratamente il nuovo timer di sabbia accanto all’altro, che era già al proprio posto coperto con una coperta.

I giornalisti si raggrupparono immediatamente, circondando il veicolo e continuando con le loro domande.

Riley emise un verso di frustrazione. Non sarebbero mai riusciti a combinare granché, con dei ficcanaso intorno.

Si mise al volante ed iniziò a muoversi lentamente. Un giornalista molto determinato provò a bloccare il passaggio, ponendosi direttamente di fronte al veicolo. A quel punto, mise in funzione la sirena, facendo spostare bruscamente l’uomo stupefatto. Poi, si allontanò con il SUV, lasciando la massa di giornalisti alle proprie spalle.

Dopo aver percorso circa mezzo miglio, Riley trovò un luogo piuttosto isolato in cui poter parcheggiare il veicolo.

Infine si rivolse a Jenn e Bill: “Pensiamo alle priorità. Dobbiamo subito far analizzare le impronte sui timer di sabbia.”

Bill annuì e disse: “C’è un kit nel vano portaoggetti.”

Mentre Jenn e Bill si mettevano al lavoro, Riley tirò fuori il proprio computer portatile e contattò Brent Meredith per una videochiamata.

Con sua grande sorpresa, sullo schermo non apparve soltanto il viso di Meredith. C’erano ben altri otto volti, tra cui uno puerile e lentigginoso, che Riley non era affatto felice di vedere.

Apparteneva all’Agente Speciale Capo Carl Walder, il superiore di Meredith al BAU.

Riley soffocò un grugnito di scoraggiamento. Era stata ai ferri corti con Carl Walder molte volte. In effetti, l’aveva sospesa e persino licenziata in diverse occasioni.

Ma perché ora stava partecipando alla videochiamata?

Con un brontolio a malapena celato, Meredith disse: “Agente Paige, il Capo Walder è stato tanto gentile da unirsi a noi per questa conversazione. Ed ha messo insieme una squadra, per aiutarci a risolvere questo caso.”

Quando Riley vide l’espressione annoiata sul volto di Meredith, comprese perfettamente la situazione.

Carl Walder aveva monitorato il caso per tutta la mattina. Non appena aveva scoperto che Riley aveva chiesto di poter entrare in videoconferenza con Meredith, aveva radunato il suo gruppo di agenti, per potervi partecipare. Al momento, erano tutti seduti nei loro rispettivi uffici al BAU con i propri computer sintonizzati sulla conferenza.

Il volto di Riley tradì la propria insoddisfazione. Il povero Brent Meredith doveva essersi sentito in trappola. Riley era certa che Walder stesse, come sempre, mettendosi in mostra. E richiamando una propria squadra, stava spudoratamente dimostrando la propria mancanza di fiducia nella professionalità di Riley.

Per fortuna, alcuni degli uomini di Walder erano persone con cui lei aveva lavorato e di cui si fidava. Vide anche Sam Flores, un tecnico di laboratorio fanatico di computer ma molto brillante, e Craig Huang, un promettente giovane agente, a cui aveva fatto da mentore.

Nonostante tutto, l’ultima cosa di cui aveva bisogno al momento era una squadra di persone da gestire ed organizzare. Sapeva che avrebbe reso meglio, lavorando solo con Bill e Jenn.

Mostrandosi soddisfatto di se stesso, Carl Walder parlò.

“So che ha delle informazioni per noi, Agente Paige. Spero si tratti di notizie incoraggianti.”

Riley inghiottì la propria rabbia. Era sicura che lui già conoscesse la risposta.

“Temo di no, signore” rispose.

Tenne il tablet, così che il gruppo potesse vedere i timer di sabbia, che Bill e Jenn stavano abilmente impolverando, per evidenziare le impronte.

Riley disse: “Come può vedere, gli Agenti Jeffreys e Roston sono qui e stanno lavorando con me. Abbiamo trovato un timer di sabbia su ognuna delle scene del crimine. Quello vuoto era nascosto accanto al primo corpo. Abbiamo trovato quello ancora funzionante non molto distante da dove la seconda vittima è stata sepolta. Stimiamo che la sabbia terminerà alle sei di domattina circa.”

Riley poteva sentire chiaramente mormorii, e vide lo shock su tutti i volti che apparivano sullo schermo, tranne che su quello di Walder.

“Che cosa crede che significhi?” chiese questi freddamente.

Riley riuscì a non sogghignare con disprezzo. Walder era ovviamente l’unica persona nel gruppo che non l’aveva compreso immediatamente.

Riley disse: “Significa, signore, che qualcun altro sarà ucciso quando la sabbia sarà terminata. E, qualunque sarà la vittima, verrà sepolta viva proprio come le prime due.”

Walder sgranò gli occhi.

“Non può accadere” disse. “Le ordino di non lasciare che accada.”

L’esasperazione di Riley stava aumentando. Come sempre, Walder le stava impartendo degli ordini perfettamente inutili, come se qualcuno lì presente avesse bisogno di sentirsi dire che un terzo omicidio dovesse essere impedito.

Walder voltò il proprio computer, per mostrare l’orologio posto sulla parete del suo ufficio.

Disse: “Adesso è l’una. Non lasceremo che il tempo scada. E non daremo ai media tempo sufficiente per causare panico. Si stanno già occupando della storia. Mi aspetto che catturi il killer prima delle sei di questa sera. E ora, la lascio al suo lavoro.”

Carl Walder sparì bruscamente dallo schermo. Riley poté scorgere sollievo su tutti gli altri volti. Sapeva anche che stavano pensando esattamente ciò che lei stessa stava pensando. Walder aveva appena fatto una breve comparsa, sufficiente per dare l’impressione di comandare a bacchetta e sembrare di essere lui al vertice. Assumere un vero comando non era nel suo stile.

E quando aveva citato la scadenza delle sei?

Beh, ovviamente, voleva che il caso fosse chiuso prima di tornare a casa per cena. In quel modo, poteva assumersi tutto il merito per aver risolto il caso, senza che gli causasse dei problemi.

Ad ogni modo, ora potevano tornare a lavoro.

Riley chiese: “Innanzitutto, ci sono domande?”

“Che cos’avete scoperto sul profilo del killer?” chiese Craig Huang.

“Ancora non molto” fu la risposta di Riley. “Ho una sensazione su di lui. Sospetto che sia molto affascinante come persona, e che in realtà le persone si fidino di lui, quando lo incontrano per la prima volta.”

Riley si voltò verso Bill e Jenn, che stavano ancora cospargendo il timer di polverina, e ascoltando la conversazione.

“Qualcuno di voi ha qualcosa da aggiungere?” Riley chiese.

Jenn disse: “Il killer dev’essere fisicamente robusto.”

“Esatto” intervenne Bill. “Per uccidere, ha avuto bisogno di scavare e trasportare molto, e una delle vittime è stata aggredita fisicamente. Potrebbe non essere molto grosso, ma è in gran forma.”

Sam Flores, il tecnico, intervenne.

“Vedo che gli Agenti Jeffreys e Roston stanno lavorando alle impronte. Avete avuto fortuna finora?”

Bill e Jenn avevano quasi terminato di cospargere il primo timer.

“Niente di niente” Bill rispose. “Sembra che il killer le abbia cancellate accuratamente prima di lasciarlo.”

Riley fu assalita da un’improvvisa fitta di scoraggiamento. Se il killer aveva dimostrato una gran cura con il primo timer, aveva certamente fatto la stessa cosa con il secondo. Le sole impronte che avrebbero trovato sarebbero appartenute a Rags Tucker.

Sam disse: “Potreste farmi dare una migliore occhiata ai timer?”

Riley spostò il tablet intorno ai timer, così che Sam potesse guardarli più accuratamente.

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