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Read the book: «La plebe, parte II», page 6

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Virginia e Francesco avevano parlato rare volte insieme e sempre di cose le più indifferenti; ma pure nei loro colloquii avevano avvertita una certa corrente di simpatia che li assembrava, per cui spesse volte le idee dell'uno erano quelle dell'altra, e la fanciulla soprattutto non aveva potuto a meno di notare una certa contenuta emozione che vibrava nella voce del giovane quando a lei dirigeva la parola. Francesco da canto suo non aveva potuto osservar nulla in lei che valesse a dargli l'incoraggiamento d'una menoma speranza a quella passione che oramai lo possedeva tutto e che non poteva più nascondere; ma tuttavia la gentilezza con cui la nobile donzella lo accoglieva, parevagli talvolta alquanto maggiore e più cordiale di quella ch'essa soleva usare con tutti. L'incidente intravvenuto al ballo dell'Accademia filarmonica, mercè il turbamento che le pose nell'animo, apprese alla titolata ragazza che quel giovane borghese erale più caro di quanto ella si sarebbe pensato, di quanto avrebbe voluto.

Virginia, tornata a casa, non potè trovare il menomo riposo. Alla mente non le soccorreva alcun mezzo da poter impedire il duello imminente; e lasciarlo compirsi le sembrava una gran colpa. Sapeva che, avesse anche tutto confidato allo zio, questi, colle sue idee delicatissime in punto ad onore, si sarebbe guardato bene dal muovere pure un dito per distogliere suo figlio da uno scontro stabilito, foss'egli il provocatore o il provocato. Accolse persino un momento la matta idea di scrivere essa a Francesco, pregandolo a non dar seguito alla sfida: ma poi capiva che quest'atto imprudentissimo e non conveniente in lei non avrebbe nulla rimediato, perchè il giovane non l'avrebbe di sicuro obbedita, e quando avesse ottemperato alla sua preghiera, ella sentiva che glie ne avrebbe diminuita la stima. L'oltraggio era veramente tale che un uomo non lo deve a niun modo tollerare: la si sdegnava, a questo pensiero, contro suo cugino, il quale aveva commesso atto sì villano: e si diceva che, secondo le regole di buona giustizia, a lui in un giudizio di Dio, qual era il duello, avrebbe dovuta toccare la punizione: poi tosto inorridiva di questo suo pensiero e se ne accusava come di un gravissimo fallo.

Quando, suonato perchè a lei venisse la cameriera, questa venne a dirle come e con quali parole ed aspetto Paolina erasi presentata al palazzo a domandare di lei, Virginia, secondo quello che ho già detto, sentì un impulso vivissimo a recar subito e di persona conforto a quella misera; chiamò a sè la governante che soleva accompagnarla ogni qual volta ella desiderasse uscire senza la zia (e in ciò le si lasciava una certa libertà) fece attelare la carrozza e venne, come abbiam visto, alla soffitta del proletario Andrea.

– Oh ch'Ella sia benedetta! Dicevale Paolina, prendendo fra le sue la mano inguantata della marchesina e baciandola con fervore di riconoscenza. Sì che la sua visita mi fa bene all'anima ed anco alla salute.

Poi tosto la povera donna sentì che quest'entusiasmo di gratitudine verso colei che in quell'occasione non aveva ancora fattole altro benefizio che di mostrare in mezzo a quella squallidezza lo splendore della sua avvenenza, poteva sembrare un immeritato oblio, un manco verso quella pietosa che già avevala più efficacemente soccorsa; laonde facendo scorrere il suo sguardo verso Maria, la quale si teneva in disparte, ammirando sinceramente la bellezza della sua antica compagna di collegio, Paolina soggiunse:

– Ah! ce n'è ancora di anime d'oro sulla terra; e la Provvidenza ha voluto, nell'eccesso della nostra miseria, mandarcene due.

– Sì: proruppe in quella Andrea colla sua voce rauca e commossa: due angioli.

Virginia si volse vivacemente verso la sorella di Francesco.

– E il merito è tutto di chi venne per primo: diss'ella con infinita grazia, facendo un passo verso Maria.

Quest'essa, quasi abbacinata da quell'aspetto, chinò gli occhi, arrossì e non seppe rispondere che con una riverenza.

Virginia fermò il suo sguardo limpido ed espressivo sulle graziose sembianze di Maria. Riconobbe che esse non erano nuove per lei, e ad un tratto ricordò dove le avesse viste e qual nome portasse chi le aveva. Di botto ella non ebbe più il menomo dubbio che a quel giovane, per la cui sorte in quel momento ella era in pena, fosse congiunta la fanciulla che le stava dinanzi. Per moto irriflessivo, fece vivamente alcuni passi verso Maria, e disse con accento vibrato, come impresso di subita emozione:

– Ma noi ci conosciamo, s'io non m'inganno. Non fu ella nel Sacro Cuore?

– Sì: rispose Maria a cui questo riconoscimento con voce ed espressione così cordiali della marchesina produceva un aggradevol sentimento, quasi di gratitudine.

– Madamigella Benda, non è vero?

– Per l'appunto.

Gli occhi di Virginia balenarono d'un lampo di vero affetto; le sue mani si tesero tuttedue verso Maria che si affrettò a stringerle con affettuosa effusione.

– Con quanto piacere la rivedo! Ogni qual volta mi avviene di trovare alcuna compagna di quel tempo è per me una festa.

Maria non si domandò neppure come avvenisse che essa, a cui nel convento la marchesina non aveva badato più che tanto ed appena era se avesse parlato due o tre volte, ora destasse sì viva emozione nell'aristocratica donzella; ma, buona ed innocente com'ella era, si commosse per quell'accoglienza, e partecipò di vero cuore a quel sentimento quasi di tenerezza che si adombrava nelle parole e nel contegno della sua antica compagna.

– Anche per me: disse Maria un po' confusa; gli è un piacere… Io veramente sono stata così poco tempo in quel collegio… Ero d'altronde così bambina ancora!.. Ho avuto pochi rapporti con Lei; ma tuttavia ricordo che fra le grandi Ella era una delle più graziose verso noi piccole, e mi ricordo sopratutto che la ammiravo già come prima e migliore di tutte in tutto.

Virginia sorrise con modestia.

– Ella mi vuole insuperbire.

– Oh no: proruppe Maria con quella sua schietta e irriflessiva vivacità; no, perchè a me non piacciono i superbi.

– Ed ha perfettamente ragione: disse graziosamente la marchesina.

Tacque un istante, e parve cercare una transizione affine di passare a dir cosa che le importava e per cui non sapeva troppo come cominciare; poi decisasi ad un tratto, disse sollecitamente, non senza arrossire un pochino:

– Ella è parente, s'io non erro, del sig. Benda, che scrive così graziose composizioni musicali?

– È mio fratello: rispose Maria con ingenuo orgoglio.

– Ah!..

Virginia esitò un momentino; poi con leggerezza d'accento che un osservatore avrebbe conosciuta un po' forzata:

– L'ho veduto questa notte al ballo della Filarmonica… che fu in verità uno stupendo ballo… Suo fratello le avrà detto quanta folla ci fosse…

– Mio fratello non mi ha dello nulla: interruppe Maria sorridendo: perchè quando sono uscita di casa egli dormiva ancora della grossa.

La marchesina mandò un'esclamazione quasi di gioia, e prese vivamente la destra di Maria.

– Dormiva? Davvero! Ella è certa che suo fratello non fosse uscito di casa?

La sorella di Francesco guardò tutto stupita in volto alla sua antica compagna.

– Altro che certa; rispose. La mamma mi fece parlare e camminar piano tutta la mattina, per non disturbare sor Francesco.

Virginia mandò un sospiro che pareva la manifestazione d'un sollievo sopravvenuto all'anima oppressa, e i suoi occhi lampeggiarono lietamente.

Ma Bastiano che aveva udito il colloquio, si fece avanti in quella con aria tra impacciata e tra inquieta e disse:

– Scusi, madamigella, mi rincresce contraddirla; ma il fatto gli è che sor Francesco è uscito quando era appena l'alba… e mi aveva un aspetto diverso dal solito che mi diede molto da pensare.

Virginia lasciò andare la mano di Maria e divenne pallida; Maria si volse vivacemente verso il portinaio:

– Francesco è uscito all'alba?

– Sì signora. Vennero due giovani a prenderlo, e partì con essi nella carrozza di uno di quei signori.

– Ah mio Dio! Esclamò la marchesina, impalliditasi ancora di più.

– Che vuol dir ciò? Chiese Maria, la quale si accorse del turbamento di Virginia. Qualche pericolo minaccia forse mio fratello?.. Ed Ella lo sa!.. Oh per amor del cielo mi dica tutto.

– No, non so nulla: incominciò per rispondere la marchesina: ma poi non essendo ella affatto capace di mentire, inoltre avvisando essere assai miglior consiglio il prevenire quella famiglia d'una disgrazia che poteva colpirla, che a quel momento forse l'aveva già colpita, soggiunse subitamente con voce affrettata: ebbene sì, il caso ha voluto ch'io apprendessi una cosa che riguarda suo fratello. Se egli è uscito così per tempo di casa… molto probabilmente… gli è per andare a battersi.

Maria gettò un grido di spavento e divenne pallida a sua volta come un cencio.

– Battersi! Povero Francesco! Povera mamma!.. O mio Dio! Ma come è ciò possibile?

– Ah! Ben me n'ero accorto che c'era qualche cosa di sospetto: esclamò Bastiano.

– Che cosa fare? Diceva Maria fuor di sè, tutto tremante. Come impedirlo? Dove andare?..

Virginia voleva tranquillare alquanto lo sgomento della giovanetta, ma era troppo turbata ancor essa per valerci a ritrovare ragioni che bastassero.

– Andiamo a casa: interruppe ad un tratto Maria: oh la mia povera mamma! Ch'io vada presso di lei…

La marchesina le prese di nuovo tuttedue le mani.

– Coraggio! Diss'ella con voce piena di emozione e d'affetto.

La sorella di Francesco, vinta dalla tenerezza, si lasciò andare sul seno e tra le braccia della nobile sua nuova amica scoppiando in pianto.

– Ah! se ci uccidono mio fratello, uccidono anche la mamma.

– Coraggio! Ripetè Virginia colla sua dolcissima voce; e stringendo fra le sue braccia la figliuola dell'industriale, ne baciò con affetto quasi protettore la fronte.

Il dolore e lo sgomento comuni avevano in quel punto distrutta ogni distanza che gli ordini o, per dir meglio, i pregiudizi sociali ponevano fra quelle due anime pietose ed elette.

Nel partire affrettata, Maria si fermò pur tuttavia innanzi al giaciglio di Paolina.

– Non vi dimenticherò nulla meno: diss'ella: e voi pregate per noi, pregate per Francesco…

Un singhiozzo le ruppe la parola.

– Ah madamigella! esclamò Paolina: con quanto fervore noi pregheremo per tutti loro!.. E non tema di male, no… Essi sono misericordiosi verso la povera gente, e il buon Gesù sarà misericordioso verso di loro.

– Dio vi ascolti! disse Maria asciugandosi gli occhi, e fatto un ultimo cenno di saluto a Virginia, sparì fuor della porta, seguìta da Bastiano.

Volò letteralmente giù delle scale, e salita in fretta nella carrozza che aspettava alla porta di strada, raccomandò a Bastiano con tronche parole che facesse dal cocchiere affrettare la corsa dei cavalli.

In dieci minuti la carrozza giungeva all'officina, e Maria correndo sopra nell'appartamento, trovava già la povera signora Teresa piena l'anima di sgomenti e di paure.

CAPITOLO VI

Più volte la signora Teresa era andata all'uscio della camera di suo figlio ad origliare; e poichè niun rumore le veniva fatto d'udire, pensando sempre ch'egli chetamente dormisse, erasi sempre allontanata senz'altro con ogni cura per ammorzare il suono dei suoi passi.

Ma la mattinata s'inoltrava e nella stanza di Francesco era sempre la medesima immobilità, il medesimo silenzio. Una qualche inquietudine incominciò ad entrare nell'animo della madre. Che il malessere onde Francesco s'era lamentato fosse cresciuto e fosse la causa di quel sì prolungato manco d'ogni segno di vita? che quello non fosse sonno, ma torpore o fors'anche svenimento? Ad un punto ella ebbe un bisogno insuperabile di vedere suo figlio. S'accostò di nuovo pian piano all'uscio della Camera di lui, e ne aprì con ogni cautela un battente. Nulla udì muoversi colà dentro. Guardò, ma le imposte delle finestre erano chiuse sopra le invetriate e la pallida luce di quel giorno invernale non poteva menomamente penetrare nella stanza. Teresa rimase un poco lì sulla soglia, l'animo ed il passo sospeso, ascoltando attentamente, e poichè nulla nulla non le venne fatto d'udire, nemmanco il suono del rifiato del giacente, chiamò con voce contenuta il figliuolo per nome. Nessuna risposta; ella ripetè la chiama e poi, continuando il medesimo silenzio, si inoltrò cautamente, colle mani tese innanzi, a tastone.

Giunse così presso il letto e ci pose sopra le mani. Sentì che era vuoto, che fredde n'erano le coltri nè anco disordinate dall'esservi giaciuto qualcheduno, e sotto la sua destra il contatto d'un'arma. Era la pistola, con cui Francesco s'era mirato nello specchio, e ch'egli aveva poi gettata sopra il letto.

Teresa mandò un grido, corse all'una, poi all'altra delle finestre, ne spalancò le imposte, e si volse a guardare. Il letto ancora rifatto mostrava che Francesco non s'era coricato; il lume sulla scrivania, alcuni fogli di carta disordinati lì presso, un bastone di cera lacca a metà consumato, di cui alcune goccie erano colate sul candeliere e sul tappeto verde, mostravano che Francesco aveva scritto; gli abiti gettati qua e là in un disordine che non gli era abituale, indicavano all'occhio chiaroveggente della madre un certo turbamento nell'animo del giovane: ma quella pistola sopratutto attraeva lo sguardo spaventato della signora Teresa, come un indizio manifesto di pericolo e di sventura.

La povera donna corse tutto sgomenta da suo marito e con affollate e confuse parole espresse il suo timore. Il signor Giacomo non trovò che quelli fossero indizi sufficienti per allarmarsi; volle recarsi ad esaminare la camera del figlio e trovò mille ragioni onde spiegare la sparizione di Francesco; ma in verità non credeva egli stesso a siffatte ragioni e si sentiva profondamente inquieto egli pure.

In quella ecco sopraggiungere Maria. La sua faccia pallida e sconvolta, i suoi occhi rossi e ancora pieni di lagrime dicevano troppo chiaro com'ella venisse annunziatrice di qualche trista novella. Teresa le fu incontro con impetuosa sollecitudine.

– Tu sai qualche cosa!.. Francesco?.. Che gli avvenne?.. Che fu?.. Dov'è?.. Parla, parla in nome di Dio.

La giovinetta sconcertata, posseduta dal maggiore sgomento ancor essa, non seppe rispondere altro che la verità da lei appresa poco prima.

Il colpo fu tremendo per quella povera madre. Divenne bianca come un cadavere, si premette con una mano il cuore, vacillò, si tenne ad un mobile per non cadere, parve le mancasse un momento il respiro sotto le strette dell'angoscia che le oppresse il cuore e la gola; ma non mandò un grido, non diede una lagrima.

– Disgraziato! Esclamò il padre, percotendosi coi pugni chiusi la fronte. Di questi dispiaceri ha da dare ai suoi genitori!

Teresa si rassettò con atto meccanico e colle mani febbrilmente agitate i panni che aveva indosso, come fa chi s'appresta ad uscire.

– Lesti, lesti: diss'ella. I cavalli sono bene ancora attaccati alla carrozza? Non si stacchino… Non bisogna perdere un momento… O Dio! Ogni minuto che passa può essere mortale per Francesco… Corriamo, corriamo.

E strinse nervosamente il braccio del marito per sollecitarlo a muoversi.

– E dove abbiamo da andare? Disse questi con ruvidezza dettata dal dolore. Chi sa mai dove si trovano quegli sciagurati!.. Se avessimo qualche indizio!..

Maria disse che Bastiano aveva visto ad uscire Francesco, e Bastiano fu fatto venire, e interrogato su tutti i particolari ch'egli conosceva. Le sue risposte non valsero a dare la menoma luce. Soltanto i genitori ne appresero che a prendere Francesco erano venuti due giovani, di cui uno era Giovanni Selva, ch'essi sapevano amicissimo del loro figliuolo.

Il signor Giacomo si disponeva a correre in casa di Selva per cercare di apprendere colà qualche cosa di positivo, quando una carrozza con un solo cavallo spinto al galoppo, giungeva alla fabbrica, ed entrava coll'impeto di un turbine sotto il portone della dimora dei Benda.

Giacomo, Teresa e Maria si precipitarono verso il vestibolo, e videro da quella carrozza uscire solleciti e venire alla lor volta due giovani di cui riconobbero Giovanni Selva che camminava primo.

Francesco non c'era.

La madre si gettò contro Giovanni con impeto che si sarebbe potuto chiamare quasi feroce.

– Mio figlio! Esclamò essa con voce arrangolata e convulsa. Mio figlio! Che avete fatto di mio figlio?..

Le forze le mancarono e piegandosi sulle ginocchia, sarebbe ella caduta, se Giovanni non fosse stato lesto a sostenerla. Non isvenne però, e mentre le labbra pallide come di morta non avevano più la capacità di pronunciare la parola, i suoi occhi ardenti, fissi sul volto del giovane che la sosteneva, seguitavano ad esprimere con ansia indicibile quella domanda.

– Si tranquilli: disse affrettatamente Giovanni. Suo figlio è sano e salvo, e sta bene… Glie lo giuro! soggiunse con forza, vedendo l'incredulità dipingersi sul volto di Teresa.

– Si è battuto? Domandò Giacomo con voce, di cui voleva sforzarsi ma non riesciva a dissimulare il tremito.

– No signore, non si è battuto.

– Dov'è? Perchè non è qui? Domandò la madre che aveva ritrovato le forze per parlare e per reggersi sulle proprie gambe.

– Tutto ciò: rispose affrettato Selva, glie lo spiegherà questo signore – il dottor Quercia che doveva essere l'altro testimonio di Francesco. Io, per salvare suo figlio, per salvare molti altri eziandio, ho da compiere una missione, e non bisogna che ci metta indugio di sorta.

Si volse verso il sig. Giacomo e senz'altro preambolo gli disse col tono d'un uomo a cui la pressa non concede di far frasi:

– Ella sa ch'io sono amico intimo e confidente di Francesco; occorre che in tutta fretta io faccia sparire delle carte e dei libri che sono nello scrittoio di suo figlio. Ne va della sua sorte e di quella d'altrui. Si fida ella di me, signor Benda?

– Vada: rispose Giacomo senza la menoma esitazione, come quello che conosceva le strette attinenze che passavano fra quel giovane e suo figlio ed aveva la maggiore stima del carattere di Selva. Questi corse nella camera di Francesco.

Il padre e la madre di quest'ultimo si volsero verso colui che loro era stato presentato col nome di dottor Quercia.

– Ella ci spiegherà…

– Tutto: disse Gian-Luigi affrettatamente; ma per prima cosa, dia ordine, signor Benda, che si chiuda il portone perchè nessuno possa entrare senza farsi sentire picchiando; poi riduciamoci in casa a discorrere.

Bastiano ebbe ordine di chiudere e di non aprire senza prima venire ad annunziare chi fosse: poscia il giovane fu condotto nella sala, e tutti tre, Giacomo, Teresa e Maria, stettero lì ad ascoltare, pendendo dalle labbra di lui, che così fecesi a dire:

– Suo figliuolo è arrestato.

I genitori di Francesco mandarono un grido.

– Arrestato! Ma perchè? Ma come?

– Il duello che doveva aver luogo ne fu il pretesto, la ragione è forse più grave.

– Più grave? O cielo! Si spieghi…

– L'avvocato Benda appartiene alla schiera della gioventù liberale; e la polizia odia assai tale schiera. Potrebbe darsi che questo arresto fosse soltanto uno sfogo della prepotenza di Barranchi, ma potrebbe anche essere che venisse come conseguenza di certi sospetti. Ad ogni modo ho consigliato io stesso al signor Selva di venire a far sparire ogni carta ed ogni libro compromettente che potesse avere il sig. Francesco, e così, se mai si venisse a fare una perquisizione, com'è assai probabile…

– Una perquisizione! A casa nostra?

– Eh! nulla è di più facile.

Giovanni Selva aprì l'uscio e, cacciando dentro la testa, disse:

– Ho finito. Andiamo pure.

Ma da un altr'uscio accorreva Bastiano tutto conturbato.

– Oh signor padrone! Un Commissario di polizia coi carabinieri domandano di lei.

– Di già! Disse Quercia tranquillamente, mentre tutti gli altri a queste parole impallidivano. E' non ha perduto tempo. Lei, signor Giacomo, vada a parlamentare con loro e li tenga almanco dieci minuti in novelle prima di aprire. Io starò qui colla signora Benda; e Lei, signorina, conduca il signor Selva per la strada più breve nelle officine e lo faccia uscire per una di quelle porte che mettono nella campagna. Se i carabinieri non hanno pensato a custodire tutte le uscite, noi siamo salvi.

– È vero, è vero: disse Selva affrettatamente. Venga, madamigella Maria, ad insegnarmi la strada.

La giovanotta prese Giovanni per mano, e, passando per la scaletta di servizio, attraversarono ambidue correndo il cortile, ed entrarono nei laboratoi, mentre il signor Giacomo, fattosi al finestruolo del portinaio, domandava ai quattro carabinieri e ad un uomo vestito da civile che li guidava:

– Che cosa c'è? che cosa mi si vuole?

Il borghese volse in su il capo e mostrò la faccia volpina di messer Barnaba.

– Servizio di S. M.! Diss'egli con accento imperioso. Apra, e sollecitamente, signor Benda, altrimenti saremo costretti a gettar giù la porta.

– Un momento! un momento! Posso ben chiedere la spiegazione di questo strano procedere: soggiunse il signor Giacomo.

– La spiegazione glie la darò quando saremo entrati.

– Io sono un suddito fedele di S. M.

– Non ne dubito, ed è perciò che le ordino di farmi aprir subito.

I dieci minuti erano passati. Giacomo ordinò a Bastiano di aprire, poi mosse egli stesso all'incontro dell'agente di polizia e dei carabinieri che entravano; si fece forza a mostrare una fisionomia calma e tranquilla, ma sulla fronte gli spuntava a goccioline il sudore.

Per ispiegare divisatamente i fatti che erano successi ed avevano condotto l'arresto di Francesco, bisogna che ci rifacciamo alla sera precedente, ed entriamo nel camerino della portinaia della casa in cui dimoravano Giovanni Selva e i suoi amici, entro il qual camerino abbiamo visto Barnaba introdursi, dopo aver seguitato cautamente Maurilio fino alla sua abitazione.