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I Puritani di Scozia, vol. 3

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CAPITOLO XII

 
»Ov'è l'amico ostier? Ch'io 'l veggia presto!
»E il seco starmi favellando a un desco
»Tempri gli affanni d'indugiar molesto.»
 
Il viaggio d'un amante.

Giunto, senza che alcuna particolarità gli cadesse, alla città Enrico Morton, scese alla locanda di Niel. Più d'una volta lungo la strada si pentì d'avere ripreso l'antico abito, pensando allora soltanto che in vece di giovare allo scopo da lui ideato, poteva anzi crescergli la difficoltà di rimanere sconosciuto; ma alcuni anni di assenza e di vita militare aveano di fatto alterati assai i lineamenti del suo volto, e per altra parte le persone delle quali andava in traccia non erano mai state con esso in quella tale corrispondenza da poterlo riconoscere come avea fatto la vecchia Alison, che a ciò nemmeno sarebbe riuscita senza la distrazione accadutagli nel parlare al cane che lo accarezzava.

Piena vedeasi la locanda, e parea godere tuttavia della sua antica celebrità. Lo scorgere Niel più grasso e paffuto, e men civile che non lo era in passato, fu indizio a Morton che la borsa di cotest'uomo erasi impinguata al pari della persona; perchè nella Scozia la civiltà degli ostieri va in proporzione inversa dello stato lor pecuniario. La figlia di Niel aveva acquistati i modi d'una serva d'osteria accorta ben del suo conto, e incapace di distrarsi dalle proprie incombenze, o per lo strepito delle armi, o per le cure d'amore. E padre e figlia non fecero a Morton maggiore attenzione di quella cui può aspirare uno straniero che viaggi senza seguito di cavalli e di servi. Risolvè quindi conformar gli atti all'umile personaggio ch'egli in quell'istante raffigurava. Condusse da se medesimo nella scuderia il suo cavallo, gli fe' dar la biada, e tornò indi nella sala comune, perchè coll'ordinare per sè una stanza a parte avrebbe creduto annunziarsi uomo di maggiore affare che non volea comparire.

Era in quel luogo che alcuni anni prima Morton avea celebrata la sua promozione al grado di capitano del Pappagallo, cerimonia che non essendo nulla più d'un scherzo in sua origine, per lui s'era fatta sorgente di serissime conseguenze. Consapevole anche a se medesimo del grande cambiamento morale e fisico al quale avea soggiaciuto, giudicò che niuno ravviserebbe nell'uom grave e posato venuto allora in quella brigata il giovane spensierato, cui diè grido, anni addietro, una prova di sollazzevole agilità.

L'assemblea unita nella sala era composta di diversi crocchi, distribuiti nella proporzione e nel numero di quelli che vi trovò, vincitore nella lotta del Pappagallo. Alcuni cittadini beveano ponderatamente la lor foglietta d'acquavite: più in là stavano soldati che nel votare un boccale di birra, bestemmiavano contro la presente tranquillità del cantone, che non permetteva ad essi più dispendiosa bevanda. Vedeasi un de' loro sott'ufiziali che gustava un bicchierino d'acqua ammirabile unitamente al parroco presbiteriano, e tre viaggiatori attorno a un fiasco di vino aspettavano il ricambio de' cavalli che doveano a maggior distanza condurli. La scena offerivasi la stessa di cinque anni addietro, ma cambiati n'erano i personaggi.

»L'aspetto del mondo può variarsi, pensava Morton fra sè, ma le sedi che il caso rende vacanti trovano sempre chi viene ad occuparle. Così negli affanni come ne' diletti della vita gli enti umani imitano le foglie degli alberi. Le loro differenze individuali, e la loro somiglianza generale sono le stesse.»

Sedutosi indi e sapendo per esperienza qual sia il modo più sicuro di ottenere riguardi nelle locande, chiese un boccale di vino di Bordò, che l'ostiere gli portò tirato di fresco e spumante ancora nella mezzina, poichè l'uso d'infiascare i vini non si conosceva ancora a que' giorni. Il nostro Niel nell'atto di versargliene la prima tazza lo assicurava con leggiadria, che non potea trovare vino più squisito di quello, neanco se correva venti miglia all'intorno. Morton che in far ciò aveva i suoi fini, invitò l'ostiere a sedersi ed a ber seco lui. Niel assuefatto a ricevere tali inviti da tutti coloro che non trovavano migliore compagnia, accettò senza bisogno di nuova preghiera, e tanto più volentieri perchè avea scelto a requisizione di Morton tal vino che del suo simile non si faceva grande scialamento in quell'osteria.

Intanto che si votava il boccale, venendone per cura di Morton la parte maggiore all'ostiere, questi andava cianciando sulle notizie del paese, sulle nascite, sulle morti, su i maritaggi, sulle traslocazioni accadute ne' patrimoni, sulla rovina d'antichi casati, su i novelli che s'erano inalzati sovr'essi, ma stava però lontano dal toccare direttamente punti politici, e solamente posto in necessità di rispondere ad una certa interrogazione di Morton disse con aria di indifferenza: »Sì, veramente abbiamo sempre soldatesca nel paese, or più or meno: v'è un corpo di cavalleria a Glascow: il suo comandante si chiama… Wittybody, credo, o qualche cosa di consimile; olandese, v'assicuro, in corpo ed in anima. Non ho mai conosciuto un uomo che unisca tanta gravità a tanta flemma».

»Vorrete dire sicuramente Wittenbold. Non è vero? Un vecchio che ha capelli grigi, mustacchi neri, che parla poco!..»

»E fa sempre fumare la pipa. Vedo che lo conoscete. Può essere che sia un uomo di garbo, benchè olandese, ma foss'egli dieci volte di più e generale e Wittybody di quello che è, sosterrò sempre che non ha gusto per la musica di sorte alcuna. Un giorno co' suoi tamburi m'ha interrotto in mezzo ad una delle più belle arie ch'io abbia mai sonate colla mia cornamusa».

»E i militari che vedo qui appartengono essi al suo corpo?»

»Oh no! sono antichi dragoni del reggimento guardie: militarono un giorno sotto Claverhouse, e credo bene che se si accostasse da queste bande non tarderebbero a mettersi con esso».

»Non dicono che è stato ucciso in battaglia?»

»Sì, ne corre la voce; ma ci ho i miei grandi dubbi. Non è sì facile ammazzare il diavolo5. Ma tornando a questi dragoni, torno a dirvi, che se Claverhouse comparisse qui farebbero così presto a raggiugnerne le bandiere, come io a mandar giù questo bicchiere di vino. – È vero che oggi sono i soldati del re Guglielmo, ma, non è lungo tempo, lo erano del re Giacomo. Già questa facilità di voltare casacca si fonda sopra una ragione semplice quanto mai. Per chi si battono essi? Per quel che li paga. Non hanno nè case nè poderi che loro importi il difendere. – Però da questo cambiamento di cose, o come lo chiamano adesso, da questa revoluzione è venuto fuori qualche cosa di buono; ed è che si può parlar forte, e dire francamente il suo parere senza la paura di andare a dormire in prigione, o d'essere appiccato, cosa alla quale metteano men cerimonie che non ne metto io a voltar la chiave d'una botte per empire un boccale».

Qui accadde un istante di pausa, e Morton accorgendosi di avere fatto qualche progresso nella confidenza dell'ostiere, pensò prima un istante colla titubazione solita in chiunque preparandosi a fare un'inchiesta sente l'importanza d'ottenerne una risposta adeguata; finalmente gli domandò se conosceva in quelle vicinanze una donna che si nomasse Bessia Maclure.

»Se conosco Bessia Maclure! Non devo io conoscere la sorella della defunta mia moglie, abbia requie l'anima sua? Oh! questa Bessia è una donna di garbo; ma ha avute parecchie disgrazie. E non fu poca il perdere due figli nel tempo della persecuzione, perchè il governo di Giacomo II si chiama adesso persecuzione. Aggiugnete! Non è passato per lei un mese senza che debba alloggiare dragoni; perchè poco importa il sapere la parte che ha vinto. Il peso casca sempre addosso ai poveri albergatori».

»Vostra cognata dunque tiene locanda?»

»Una picciola bettola! (rispose Niel girando gli occhi soddisfatti attorno al suo stabilimento). Vende birra a quei che viaggiano a piedi, ma la sua casa, povera donna! non ha nulla che possa allettare avventori».

»Mi dareste una guida per accompagnarmi a questo suo albergo?»

»Che ascolto? Non rimarrete voi qui questa notte? V'assicuro che non troverete i vostri comodi nell'osteria di Bessia Maclure». Soggiunse Niel, la cui carità di parente non andava tant'oltre da voler inviare alla cognata que' forestieri che potea tenersi nella propria locanda.

»Devo trovarmi in quel luogo con un vecchio amico; nè mi son fermato qui che per bere un bicchiere col piè nella staffa, e farmi insegnare la strada».

»Voi fareste meglio a restar meco, perseverava ancora l'ostiere, e mandar piuttosto ad avvisare l'amico che venga a raggiugnervi in questo albergo».

»Vi dico che questa cosa è impossibile, rispose Morton impazientendosi. Devo sull'istante trasferirmi all'abitazione di questa donna, e vi prego trovarmi una guida».

»Voi siete padrone di fare come vi aggrada, o signore. Ma il diavolo mi porti se avete bisogno di guida! Basta che seguiate per due miglia la riva del fiume come se voleste andare a Milnwood. Allora vedrete a mano diritta rimpetto a un vecchio pedale di salce una strada indiavolata che mena nelle montagne, e più in là ancora due miglia, il tugurio di Bessia Maclure. Non v'è pericolo di sbagliarvi, perchè è l'unico fra quei dirupi, e fareste dieci miglia di Scozia, che ne valgono venti inglesi, prima di trovare un'altra casa. – Mi cruccia che vogliate partire di qui al cader della notte; ma in fin de' conti, mia cognata è una donna come va, e quel bene che cade nella saccoccia dell'amico non è perduto per noi».

 

Morton pagò il suo conto e tostamente avviossi.

Gli ultimi raggi di sole sparivano, allorquando si vide innanzi il vecchio pedale di salce, e prese la via renosa e discoscesa postagli dirimpetto.

»Egli è qui, pensò fra se stesso, ov'ebbero principio le mie sventure. Qui Burley stava per dividersi da me, quando una vecchia seduta su questo istesso pedale lo avvertì essere ingombra di soldati la via dei monti. Non è ella stravagante cosa che il mio destino debba essere collegato al destino di cotest'uomo per non avere fatt'altro se non se compiere per riguardo di lui un dovere impostomi da umanità e gratitudine? Oh! perchè non poss'io ricuperare la pace dell'animo in questo luogo medesimo ov'io la perdei?»

Immerso in tali meditazioni spronava il cavallo, e la notte intanto diveniva più buia. Ma sorti finalmente i primi raggi di luna, gli permisero esaminare il paese in mezzo a cui trascorreva.

Trovavasi allora in una stretta gola di monti coperti un tempo di selve; ma di queste non rimanevano altre vestigia fuor d'alcune boscaglie radissime che sol manteneansi nelle sommità le più erte; erte sì che sembravano disfidare l'invasione degli uomini, quando simili alle tribù erranti abbandonano il devastato loro territorio per ripararsi in su i ciglioni delle montagne. E quelle boscaglie stesse per metà disseccate dal tempo vegetavano anzichè vivere, e sarebbesi detto non durare tuttavia che per offerire agli occhi del viandante i saggi delle antiche produzioni di quella terra. Un ruscello attraversava serpeggiando le tortuosità di que' monti, e il solo suo mormorio animava in tal qual modo quel paese deserto e selvaggio.

»Perchè mormori tu in questa guisa? Sclamava Morton preso dall'entusiasmo dei suoi pensieri. L'oceano t'accoglierà nel proprio seno, come l'eternità si dischiude all'uomo giunto al termine del suo travaglioso pellegrinaggio. I nostri timori, le nostre speranze, i nostri affanni, i nostri diletti paragonati alle cose che ci terranno la mente nel succedersi interminabile de' secoli s'impiccioliscono anche al di sotto del tenue tributo delle tue acque, poste a petto dell'immensità dei flutti ove si vanno a confondere».

Intanto che lasciava in tal guisa il freno all'estro poetico-morale, entrò in una parte di valle più larga. Un campo coltivato e una piccola prateria annunciavano quivi la presenza dell'uomo. Alquanto più lunghi sul confin della via vedeasi una picciola casa, le cui mura non aveano più di cinque piedi d'altezza. Il tetto che la copriva, inverdito dalla muffa presentava nei lati suoi alcune brecce fattevi da due vacche, le quali ingannate dal colore aveano creduto le tegole un nudrimento che lor convenisse. L'insegna postane al di fuori era quasi il simbolo gramaticale e ortografico di quel che poteano sperare là entro i viaggiatori. BVONO ALOGGO A PIEDI E A CUALO. Ad onta però di cattiva dicitura ed apparenza, un tal invito non era da disprezzarsi per chi ponea mente ed al deserto dovutosi trascorrere prima di giugnere fin lì ed alle più selvagge regioni, che scorgea l'occhio portandosi al di là di questo modestissimo asilo.

»Non vi volea, pensava Morton fra se, che una tanta orridezza di luogo onde Burley vi trovasse una confidente degna di lui.»

Nell'avvicinarsi alla casupola ne vide la padrona seduta dinanzi alla porta, ed intesa a filare.

»Buona sera, o madre! il viaggiatore le disse. Non vi chiamate voi mistress Maclure?»

»Dite Bessia Maclure, mio signore, povera vedova ai vostri comandi.»

»Potete voi darmi alloggio per questa notte?»

»Sì signore, purchè vogliate voi contentarvi del poco ch'io posso offerirvi.»

»Sono stato soldato, mia buona donna; quindi avvezzo alla scuola della sobrietà.»

»Soldato, mio signore! (qui la vecchia sospirò) Oh! il cielo vi conceda un altro mestiere!»

»E che? non è forse una professione onorevole? Spero non sarà per cagione di essa che penserete men vantaggiosamente di me.»

»Non mi fo a giudicare di nessuno, o signore, e il suono della vostra voce vi raccomanda. Ma ho veduto farsi tanto male a questo povero paese e tutto per opera di soldati, che mi consolo persino di avere perduto la vista perchè non potrò più vederne.»

Ultima frase da cui Morton fu tratto ad accorgersi ch'ell'era cieca.

»Ma vi sarebb'egli pericolo ch'io v'incomodassi, o comare? le soggiunse in tuono compassionevole. Lo stato nel quale vi trovo non sembra tale da permettervi le fatiche congiunte alla vostra professione.»

»Non abbiate, o signore, questa paura. Conosco per pratica la mia casa, e cammino per essa come se avessi ancora i miei occhi. Poi ho una ragazza che mi aiuta, e quando i dragoni torneranno dall'aver fatto pattuglia, per un'inezia che doniate loro, vi governeranno il cavallo. Presentemente son più onesti che non lo erano per lo passato.»

Dopo ricevute sì fatte assicurazioni, Morton mise piede a terra.

»Peggy! (allora l'ostessa chiamò una giovinetta di circa dodici anni, che era dentro in casa) conducete nella scuderia il cavallo di questo signore, levategli la sella, il morso, la briglia, e mettete un fascio di fieno nella rastrelliera intanto che arrivino i dragoni. – Entrate, signore (si volse indi a Morton): la casa non è bella, ma almeno è pulita.»

CAPITOLO XIII

 
»O Teucro, o sia d'Ilio alle mura infesto,
»Ch'è un infelice, il so: non penso al resto.»
 
Dryden.

Entrato appena in quell'abitazione, Morton s'avvide che la sua albergatrice gli avea detto il vero. L'interno di quel luogo non era tale qual la parte esterna lo presagiva. Vi si scorgea molta mondezza; nulla eravi di superfluo, ma non mancava neanco veruna delle cose necessarie o rilevanti per un viaggiatore. La nostra Maclure introdusse Morton nella stanza assegnatagli per cenare e dormire, facendogli un'imbandigione d'uova, di latte e di formaggio. Comunque ei non avesse appetito, si assise a quel desco, principalmente per aver motivo di trattenere presso di sè la sua ospite e farla parlare. La cecità non le impediva di darsi efficaci cure onde il forestiere non mancasse possibilmente d'alcuna cosa, e una specie d'istinto la conducea a por le mani su quelle cose che a mano a mano abbisognavanle all'uopo.

»Nè avete altri che vi assista nel servigio de' forestieri?» le chiese con molta naturalezza a fine d'intavolare il discorso.

»Nessun'altra persona, o signore. Vivo qui sola come la vedova di Zarephta; vien poca gente in questo piccolo albergo, onde i proventi non mi danno assai per mantenere una serva. Ebbi una volta due figliuoli che pensavano a me. Dio me gli aveva dati; Dio me gli ha ritolti. Sia benedetto il nome suo! Vi dirò bene che anche dopo averli perduti v'è stato un tempo nel quale io vivea meglio di quel che mi vediate vivere adesso. Ma fu prima dell'ultima rivoluzione.»

»Davvero? E sì se non m'inganno, voi siete presbiteriana.»

»Lo sono, sì signore; e sia pur benedetta la luce che mi rischiarò per condurmi sul buon sentiere!»

»Come sta adunque che la rivoluzione vi abbia procurato svantaggi?»

»Se ha fatto il ben del paese, se ne è derivata la libertà delle coscienze, son cose di poco momento le conseguenze che ha portate a un povero insetto come son io.»

»Ma, vi ripeto, non intendo in quale modo ella possa avervi pregiudicato.»

»Oh! la storia è lunga, o signore. – Una notte, circa un mese prima della battaglia al ponte di Bothwell, un giovane ufiziale alloggiò in questa osteria; pallido, coperto di ferite, che perdea sangue da tutte le bande, nè era in istato di tirar innanzi il suo viaggio: aggiungasi che anche il suo cavallo era sfinito in modo da non poter più portarlo. I nemici lo inseguivano, e se l'avessero trovato, la sua vita non era salva, perchè appartenea al reggimento dragoni. Che cosa doveva io fare, o signore? Voi che siete un soldato mi darete forse torto, come hanno fatto tant'altri; ma io lo ricoverai in mia casa, gli fermai il sangue che ne usciva dalle ferite, e lo tenni ascoso finchè potesse andarsene senza pericolo.»

»E chi ardirebbe biasimarvi d'aver tenuto questo contegno?»

»Eppure, o signore, fu questo contegno appunto che mi fece essere guardata di mal occhio da quelli della mia lega medesima. Incominciarono a dire che avrei dovuto condurmi per riguardo al mio forestiere, come Jael fece con Sisara. Ma se Dio non mi avea mandata in quel momento l'ispirazione di versar sangue! Vi dirò anzi: mi sembrava ch'egli mi comandasse di risparmiare e salvare il mio simile. Di fatto non mi son pentita d'essermi regolata così, ad onta che mi abbiano rimproverato di avere manifestata poca affezione ai miei figli, nel proteggere i giorni d'un uomo che apparteneva al reggimento de' loro assassini.»

»I vostri figli sono stati assassinati?»

»Secondo poi che l'intenderete, o signore. Morti sicuramente: un di questi combattendo per la fede, l'altro… Oh mio Dio! i dragoni vennero ad arrestarmelo qui, e lo moschettarono rimpetto alla nostra casa, sotto i miei occhi medesimi che da quel momento non hanno più cessato dal versar lagrime; e d'indi in poi cominciò a mancarmi tanto la vista, che sarà un anno, l'ho perduta del tutto; ma vi domando, o mio signore, avrei forse ridonata la vita ai miei poveri figli col sagrificare quella di lord Evandale?»

»Di lord Evandale! Morton esclamò. È lord Evandale il militare al quale salvaste la vita?»

»Sì, signore, rispose la vecchia, e da quel tempo mi ha sempre date prove di sua bontà; mi donò una vacca, un vitello, biade, denari, e finch'egli è stato in autorità, non vi era dragone che si fosse attentato a torcermi un capello; ma noi siamo vassalli del castello di Tillietudlem. Basilio Olifant, che ora ne è il feudatario, disputò lungo tempo con lady Margherita la proprietà di questo dominio; e lord Evandale sostenea la causa della vecchia signora per amore di miss Editta, nipote di essa, e che è, a detta d'ognuno, esempio raro di bontà e di bellezza sopra tutte le giovani della Scozia; ma finalmente Basilio guadagnò il castello e le terre che gli stavano sotto, e Dio sa come guadagnò tutto questo! Abbiurando la propria credenza! Nondimeno, venuta la rivoluzione, è stato de' primi ad abbiurare di nuovo; ha giurato di non essere stato cattolico che estrinsecamente, ma sempre buon presbiteriano in fondo del cuore; ha saputo insinuarsi nella buona grazia del nuovo governo, mentre al contrario lord Evandale è tra le pecore segnate, perchè un certo orgoglio, una certa franchezza d'animo gli fanno abborrire l'usanza di volgersi ad ogni vento. Ma senza entrare a discutere sulle sue massime, non io sola ma molti de' nostri, non possono negare a lord Evandale questa giustizia, che ne' giorni della persecuzione ci ha riparmiati fin dove ha potuto. Basilio Olifant dunque che non potea perdonare a quell'altro d'avere armato lancia contro di lui nel tempo della sua lite, volle vendicarsene, perchè i cattivi trovan sempre diletto nella vendetta. Bisogna che non potesse farla a bastanza contra la persona del milord. Che partito ha preso costui? Battere la povera Bessia Maclure per ciò solo, che lord Evandale la proteggeva. Ha fatto vendere le mie vacche per pagarsi di regalie trascorse ch'io gli dovea. Se non sono mai stata libera di dragoni mandati espressamente ad alloggiare in mia casa, è frutto delle diaboliche sollecitudini di costui. In fine ha cercata ogni via di rovinarmi, e solo per far dispetto a lord Evandale; che poi alla seconda cosa non è neanco riuscito; perchè lord Evandale non sa nulla di questa faccenda, e passerà un bel tempo prima ch'ei lo sappia da me. Ho forza di sopportare le disgrazie che il cielo mi manda, e la perdita de' beni di questa terra non è poi la più grande.»

Morton ascoltò, maravigliato in uno e commosso, questa ingenua narrativa, nella quale si dipigneano la rassegnazione, la gratitudine, il disinteresse dell'ottima donna, nè potè stare dal prorompere in maledizioni contra l'uomo sciagurato ed abbietto che avea potuto compiacersi d'una sì obbrobriosa vendetta.

»Non lo maledite; ella così lo interruppe. Ho inteso dire che una maledizione è come una pietra scagliata nell'aria, la quale non di rado va a ricadere sul capo di chi la lanciò. Piuttosto, se conoscete lord Evandale, consigliatelo d'avere riguardo a se medesimo; perchè ho udito più d'una volta pronunziarne il nome dai soldati che alloggiano qui, e un d'essi va di frequente a Tillietudlem. Inglis n'è il nome, una specie di favorito del nuovo feudatario, ben che questo Inglis nell'essere il flagello del nostro paese non la cedesse al defunto sergente Bothwell. Vi dico la verità; tutte le ridette circostanze mi pongono in gravi sospetti.»

 

»Mi sta vivissimamente a cuore la sicurezza di lord Evandale; e vivetene certa: troverò una strada per far giugnere a lui le notizie che mi avete comunicate. Ma in compenso di ciò, mia buona comare, permettete che io vi faccia a mia volta un'inchiesta. Potreste voi darmi alcuna contezza di Quintino Mackell d'Irongray?»

»Contezza di chi?» sclamò la vecchia in tuono di sorpresa e di sbigottimento.

»Di Quintino Mackell d'Irongray. – Ma che cosa ha dunque di spaventoso un tal nome?»

»Nulla… nulla… Solamente… l'udirlo profferire da uno straniero, da un soldato… O Dio! proteggetemi! Qual nuova disgrazia ancor mi sovrasta!»

»Nessuna che possa derivarvi da me. Siatene ben certa. La persona della quale vi parlo non ha che temer nulla dalla mia persona, se pure il suo vero nome è, come io lo suppongo; John Balf…»

»Non terminate! sclamò la vecchia, mettendosi un dito alle labbra. Vedo che voi conoscete il segreto di quest'uomo e che possedete la parola di riconoscimento. Con voi dunque posso spiegarmi liberamente. Ma per amor del cielo, parlate sotto voce! – Mi assicurate voi bene che la vostra intenzione non è quella di nuocergli? – Per altro vi nominaste meco per militare.»

»Sì; ma tal militare che l'uomo di cui favellasi non può da me temer nulla. Io comandava seco lui nella giornata del ponte di Bothwell.»

»Vel crederò? – Per vero dire trovo nell'accento della vostra voce un non so che, fatto per inspirare fiducia; poi il parlar vostro mi sembra sì schietto… sì lontano dalla ricercatezza… in somma mi sembrate un galantuomo.»

»E ardisco lusingarmi di esserlo.»

»Gli è perchè, nol dico per offendervi, mio signore; in questi sgraziati tempi i fratelli si armano gli uni contro degli altri, e se devo dirla, il nuovo governo non dà a temere men dell'antico.»

»Veramente? Questo io non poteva saperlo. Arrivo da paese straniero.»

»Ascoltatemi dunque» disse la vecchia facendogli cenno d'avvicinarsele. Poi si tenne silenziosa un istante, girò lentamente il capo attorno di sè per accertarsi colle proprie orecchie, venute a supplimento degli occhi che le mancavano, se mai vi fosse qualcuno che potesse udire quel colloquio, e quando dalla taciturnità che ivi dominava le parve essere a bastanza rassicurata, continuò così il suo discorso. »Voi sapete quanti travagli ha sostenuti quest'uomo per la liberazione degli eletti. Dio sa quello ch'egli ha fatto! e fors'anche ha fatto di troppo; ma chi di noi è in diritto di giudicarlo? Dopo la rotta ch'ebbero i Puritani, egli si trasferì nell'Olanda; e il ricusarono in consorzio que' nostri fratelli medesimi che colà viveano: in esilio. Lo statolder gli fece intimar l'ordine d'abbandonare i suoi stati. Quindi cercò nuovamente la patria; e tornò nel suo antico asilo, come a lui notissimo da lungo tempo, e quel medesimo ove era solito nascondersi tutte le notti, due dì prima della memorabile vittoria di Loudon-Hill: ma in quell'intervallo correa pericolo col volervi tornare, e nel distolsi io, mi ricordo, la sera successiva al giorno che il giovine di Milnwood venne acclamato capitano del Pappagallo

»Che ascolto? Voi dunque eravate quella che avvolta in rossa mantellina, e seduta sul confin della strada lo avvisaste, che il lione stava nelle montagne6

»In nome di Dio! chi siete voi dunque? (Così la vecchia cieca interruppe la narrazione di Morton). Ma chiunque vi siate, potete voi biasimarmi, se avendo salvata la vita dei miei nemici ho voluto salvare anche quella de' miei amici?»

»No certamente, mia buona donna. Ma continuate, vi prego, il vostro racconto. Unicamente ho voluto darvi a divedere com'io conosca minutamente gli affari della persona in discorso, e quanto motivo abbiate di sicurezza nel confidarmi ciò che vi rimane a narrare di lui.»

»È presto detto. Gli Stuardi perdettero il trono. Guglielmo e Maria vennero in loro vece. Avevamo sperato veder rinascere i bei giorni del popolo di Dio. Ma oibò! Si è voluto venire ad accomodamenti col cielo, come se non fosse scritto: Dio volesse che tu fossi o ardente o agghiacciato, ma perchè sei tepido…»

»In somma (disse Morton sollecito di troncare la digressione ove stava per imbarcarsi questa buona donna, spinta da zelo per quella ch'essa chiamava la buona causa) voi non siete contenta del nuovo governo, e Burley ancora è del vostro parere.»

»Parere di tutti que' nostri fratelli che non sacrificarono a Baal. Finalmente alcuni d'essi hanno pensato che si potrebbe richiamare sul trono l'antica famiglia col metterle nuovi patti; e poichè questa gode tuttavia nel Nort di molti partigiani, già armatisi per la sua causa, i nostri fratelli stavano per unirsi loro, purchè volessero acconsentire a rialzare il tempio in tutto il suo primitivo splendore. Non per fine diverso l'amico nostro è stato a visitare i montanari del Nort, e si è trovato con Claverhouse, chiamato adesso Dundee.»

»Ed è possibile? Ah l'avrei giurato! (Morton esclamò) Un tale scontro avrebbe ad un dei due costato la vita.»

»Oh no! ne' tempi di turbolenza si vedono stravaganze, altre che queste. Claverhouse lo accolse compitissimamente, gli diede molte speranze, e lo incaricò di regolare i patti con lord Evandale. Ma quest'ultima circostanza è quella appunto che ruppe tutti gli accordi. Lord Evandale non volle nè vedere, nè ascoltare il nostro amico, nè parlargli, e gli mandò a dire che se gli compariva dinanzi lo faceva arrestare come assassino. È dunque tornato nel suo asilo, non parlando, non respirando fuorchè vendetta; non n'esce più, e in alcuni momenti soggiace a tali impeti di furore da crederlo invaso dallo spirito maligno.»

»E come dunque farò per vederlo?»

»Domani all'alba del giorno, prima che si alzino da letto i soldati, la mia piccola Peggy vi sarà guida nel trasferirvi colà; perchè, dopo la disgrazia della mia cecità, è dessa che gli apporta quanto è necessario a sostenerlo in vita, se pur è lecito chiamar vita una esistenza sì miserabile.»

»E dov'è questo suo asilo?»

»In un luogo detto la caverna di Linklater; il più tristo fra quanti soggiorni una creatura umana possa prescegliersi; ma lo antepone ad ogn'altro per la concepita certezza che niuno ivi andrà a ritrovarlo; poi si è tanto assuefatto a starvi!.. Ma vorreste voi qualch'altra cosa prima di andare a letto, o signore? Perchè domani vi sarà d'uopo alzarvi di buon mattino.»

Morton la ringraziò, e la sua albergatrice lo lasciò solo.

Intanto ch'egli spogliavasi, udì lo strepito de' dragoni che tornavano dopo avere fatta la loro pattuglia: chiesti indi al cielo il coraggio ed il consiglio necessari al colloquio cui accigneasi, andò in letto, e sonno profondissimo il prese.

5I leggitori si ricorderanno l'opinione che sul cavallo fatato di Claverhouse era invalsa nel volgo della Scozia (Tom. 1, pag. 162.)
6Tom. I. pag. 52.