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I Puritani di Scozia, vol. 2

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CAPITOLO VII

 
»Tra 'l sonno ancor fortuna i prodi aggiunge.
»Ve' i corsier pronti! In sull'arcion, miei fidi!»
 
Enrico IV.

Al primo albeggiare, Enrico si vide a canto il fedele Cuddy, che portava sotto il braccio una valigia.

»Ho dato ordine alle cose vostre aspettando che vi svegliaste, sig. Enrico. Nè ho fatto in ciò che il mio dovere, poichè acconsentiste prendermi al vostro servigio.»

»Io, Cuddy! Ve lo siete sognato.»

»No, mio signore. Quando io me ne stava ieri colle mani legate sul mio cavallo, vi ho detto, se tornavamo liberi, di volere divenir vostro servo. Voi non mi rispondeste nulla. Se questo non è acconsentire, straccio tutti i miei libri. È ben vero che non mi deste caparra, ma questa non me la deste neanco a Milnwood.»

»Ebbene dunque, Cuddy, se non temete far lega colla mia cattiva fortuna…»

»Non dite così, sig. Enrico, non dite così. La nostra fortuna prenderà buona andatura, semprechè però non venga a traversarla mia madre. – Già ho cominciato bene la mia milizia, e vedo che non è un cattivo mestiere la guerra.»

»Me n'accorgo. A quest'ora avete fatto una correria. D'onde vi deriva quella valigia?»

»Qui non entrano nè correria nè saccheggio. L'ebbi in guisa la più legittima, e mercè d'un commercio lecitissimo. Osservai che i nostri spogliavano i dragoni morti, lasciandoli nudi come bambini nati in quel punto. Laonde quando li vidi tutti intesi ad ascoltare le prediche di Kettledrumle e dell'altro ciarlatano di cui non so il nome, mi posi in cammino, e giunti ad un luogo, che nessuno ancora avea visitato, indovinate chi trovai ivi steso sul suolo? l'antico nostro conoscente, il sergente Bothwell.»

»Morto!»

»Oh daddovero morto. Ferito da due grandi colpi di sciabola, senza contare non so quante altre ferite, e cogli abiti traforati in tal guisa che non v'era il prezzo dell'opera a levarglieli di dosso. Ma gli ho prestato il servigio, ch'ei prestò vivendo a molti altri assai più di lui galantuomini; gli ho rinversate le saccocce, entro cui stava la borsa di vostro zio, o per dir meglio la vostra. Eccola!»

»Poichè sappiamo, o Cuddy, d'onde proviene questo denaro, credo che in tutta coscienza ce ne potremo valere. Faremo a metà.»

»Un momento, sig. Enrico! un momento! – Ecco un anello attaccato ad una fettuccia nera che gli pendeva dal petto. – Povero diavolo! Era forse un qualche ricordo d'amore. Può bene un uomo avere il cuor duro, ma è sempre tenero per riguardo ad una leggiadra fanciulla. Ho trovata inoltre la sua valigia; ecco un pacchetto di carte che vi si conteneano; tutta questa biancheria è quanto appunto può abbisognarmi insin che duri la guerra.»

»Per essere un novizio, o Cuddy, non incominciate male la vostra carriera.»

»Non è egli vero? soggiunse tutto contento di se stesso Cuddy. Vel dissi ben io di non essere tanto goffo quanto mi davano a diveder le apparenze. – Ho anche trovati due cavalli di dragoni senza padrone. Vedeteli attaccati a quell'albero. – Finalmente, tornando da questa impresa ho incontrato un de' nostri soldati curvo sotto l'incarico di tre valigie che poteva appena portare. Pensando che siete sfornito di biancheria gli ho chiesto se voleva vendermene una, che di fatto mi ha ceduta per una moneta d'oro. Voi troverete questa moneta di meno nella borsa di Bothwell.»

»Faceste un ottimo acquisto, Cuddy: ma io non accetterò queste cose senza ricompensarvene.»

»No, no, sig. Enrico. Parleremo un'altra volta di ciò! Per ora non ho io tutto il mio bisognevole entro la valigia del sergente Bothwell? Voi lo vedete. Non vi è cane che non abbia il suo giorno di buona ventura, come suol dire mia madre. Povera donna! – Ma a proposito! Vorrei ben sapere che cosa ne sia divenuto in mezzo a tanto sconquasso. Se non avete nulla da comandarmi, ne vado in cerca.»

»Andate, Cuddy, andate: non ho alcun bisogno di voi.» Allora Cuddy si ritirò lasciando le due valige raccomandate alla sella d'uno de' due cavalli testè menzionati.

»Le leggi della guerra, pensò fra se stesso Morton, e la necessità soprattutto, mi autorizzano a valermi degli arredi contenuti in questa valigia. Se però sapessi a chi appartengono, li restituirei al loro padrone, se vive tuttora, o ne compenserei il prezzo ai suoi eredi se più non fosse.» Mentre tai cose ragionava coll'animo, portò gli occhi su quella parte della stessa valigia, ov'era scritto in cifre d'oro il nome di Evandale, dal che conchiuse ch'era stata tolta dal cavallo ucciso sotto il ridetto lord, là nello spianato ov'ei giunse dopo la perdita della battaglia. La qual considerazione fe' sì che ei non concepisse maggiori inquietudini sul destino d'un uomo cui sapea egli stesso, Morton, d'avere forniti i modi di salvezza, e continuava a sperare che avesse potuto giovarsene.

Si diede indi ad esaminare gli scritti contenuti nella cartella di Bothwell, e vi trovò il registro de' dragoni comandati da quel sergente colle annotazioni di quelli che erano assenti per congedo; una lista di persone d'opinione contraria al governo, e quindi da assoggettarsi ad ammenda, copia d'un mandato del Consiglio privato che autorizzava il sergente ad arrestare diversi individui; più certificati di capi sotto i cui ordini aveva servito Bothwell, concordi tutti nell'encomiarne il coraggio; varie liste di spese fatte nelle taverne. Il documento più meritevole d'osservazione era un albero genealogico composto colla massima accuratezza, e munito di tutte le prove necessarie a dimostrarne l'autenticità. Vi era parimente uno specchio esattissimo di tutte le proprietà appartenenti ai conti di Bothwell, poi confiscate. Vi si trovava ancora una enumerazione de' nomi di coloro ai quali il re Giacomo le avea concedute, e che continuavano tuttavia a goderne. Bothwell avea scritto al piede di questa lista: haud immemor.

In un segreto ripostiglio della cartella stavano alcune lettere che la scrittura indicava vergate da mano femminile, una treccia di capelli e alcuni versi di carattere di Bothwell, e che le cancellature fatte dalla stessa mano mostravano essere autografi del medesimo Bothwell.

Mentre Morton leggea questi versi, che non privi affatto di merito giudicava, gli comparve innanzi Burley.

»Svegliato a quest'ora! gli disse. Ottimamente. Ella è una prova del vostro zelo per la buona causa.»

Morton dopo avere narrata succintamente la spedizione di Cuddy, pose fra le mani del Puritano le carte di Bothwell. Burley esaminò con grande attenzione tutte quelle, che in qualche modo ai pubblici affari si riferivano, ma giunto ai versi li gettò da se con disprezzo; »Allorchè (grazia sempre alla celeste assistenza!) liberai la terra da questo strumento di persecuzione, non mi immaginai certo che un uomo non privo di valore invilisse il suo spirito a cose cotanto futili e profane. Ma vedo che il demonio comparte a' suoi prediletti ogni sorte d'ingegno, che la stessa mano alla quale conferisce il potere di trucidare gli eletti in questa valle di perdizione, è abile ad un tempo ad arpeggiare per consumar l'esterminio delle figlie della vanità.»

»Dunque le idee che vi siete formate intorno al dovere, soggiunse Morton, vi divietano ogni amore delle bell'arti! Son pochi però che non le abbiano per soccorrevoli a purificare e sollevare l'anima umana!»

»Mettete la maschera che più vi piace ai diletti mondani. Agli occhi miei non sono che vanità, non presentano se non se agguati. Non abbiamo che uno scopo sopra la terra: Rifabbricare il Tempio del Signore

»Pure mio padre mi dicea spesse volte, che molti i quali s'impadronivano dell'autorità a nome del cielo, la usavano con tanta severità, ed erano tanto schifi di abbandonarla, come se l'ambizione fosse stata unicamente la loro forza motrice. – Ma non è di questo che ora dobbiam favellare. Riusciste poi nell'assunto d'instituire un nuovo consiglio?»

»La nomina è fatta. Sarà composto di sei individui. Voi siete un di essi, e venni anzi in traccia di voi per sollecitarvi a trasferirvi colà e prender parte alle deliberazioni.»

Morton seguì Burley in quello stesso casolare ov'era stato il dì innanzi, ed ove gli altri compagni suoi lo aspettavano. Le due principali fazioni in cui divideasi questo esercito affrettatamente raunato, erano dopo lunga e tumultuosa discussione alfin convenute nel partito d'avere ciascuna la facoltà di nominare la metà de' membri del consiglio. I tre scelti dai Puritani fanatici erano Burley, Macbriar, e Kettledrumle. La scelta de' moderati cadde sopra Poundtext, Enrico Morton e lord Langfern, signore di quelle vicinanze, che avendo scialacquato il suo patrimonio non sarebbe stato scontento di restaurarlo all'aura delle domestiche turbolenze. Tal fu l'espediente inteso a contrabbilanciare compiutamente in quel consiglio le due fazioni; ma vi era grande probabilità ciò nonostante, che la preponderanza sarebbe stata dalla parte di chi alle più violenti sentenze inclinava. L'astuto Burley, il quale fondavasi sul soccorso de' moderati ogni qualvolta avrebbe differito di opinione dai due colleghi della sua fazione, si riserbava poi, quando con questi accordava, a porre in uso la prevalenza, ch'ei sperava mantener sempre sullo spirito di Morton e sulla debolezza d'indole, ch'era il caratteristico di lord Langfern, per trarre almeno un d'essi nel proprio partito, ed assicurarsi in tutti i casi la maggiorità.

Per vero dire, le deliberazioni di questa giornata furono sensate quanto tranquille. Dopo avere esaminato i modi di guerreggiare che offeriva l'istante, e que' maggiori che erano da sperarsi, risolvettero conservare il campo, in cui stavano, tutto quel giorno per dar tempo di giugnere ai rinforzi che s'attendevano; alla domane si marcerebbe alla volta di Tillietudlem, intimando al castello la resa; negandola que' di dentro, si tenterebbe un assalto; il quale ove non fosse riuscito, ne verrebbe abbandonata l'impresa contentandosi di lasciare attorno a quella fortezza una forza bastante a bloccarla e tribolarla colla penuria sintantochè si arrendesse. Il rimanente dell'esercito prenderebbe la via di Glascow per isnidiarne lord Ross e gli avanzi del reggimento di Claverhouse.

 

Tal fu la conclusione di quest'adunata. Laonde il primo passo d'Enrico nella sua nuova carriera diveniva l'assalire un castello spettante all'avola di colei che gli era scopo di tenerissimo affetto, un castello difeso dal maggiore Bellenden, cui lo astrigneano vincoli di stima, d'amicizia, di gratitudine. Nè certamente ei celava a se stesso l'arduità dello stato in cui era posto; ma il confortava la speranza che l'autorità acquistatasi sopra l'esercito gli fornirebbe abilità di concedere agli abitanti di Tillietudlem tale assistenza, su cui certamente non avrebbero potuto fondarsi s'ei non fosse stato fra i capi della spedizione. Egli nudriva parimente una lusinga di potere frapporre tra l'esercito presbiteriano e il castello tai patti di neutralità, da metter questo al sicuro contro i funesti effetti della guerra che stava per cominciare.

CAPITOLO VIII

 
»Sol per prodigio a lacrimevol, fera
»Strage sottratto, or move a questa banda
»Uom tal che di valor dà fede intera
»Col sangue sol che d'ogni membro ei manda.»
 
Finlay.

Pensiamo ora agli abitanti di Tillietudlem. Nella notte successiva alla battaglia, il maggiore pose sul pianerottolo della torre alcune sentinelle instrutte di dar all'arme ad ogni menomo segnale che annunziasse l'avvicinar del nemico; ma un profondo silenzio avendo regnato in tutta la notte, i difensori del forte poterono godere d'un qualche riposo. Al primo schiarire del giorno fu data mano a continuare le fazioni della difesa incominciate il dì innanzi, e alcuni istanti dopo una sentinella diede avviso d'un reale che s'avviava verso il castello. L'andatura lentissima del palafreno, e il modo di tenersi in sella del cavaliere, davano a scorgere com'ei fosse o infermo o ferito. Si corse tosto alla portella per dargli ingresso, e fu gioia universale in ravvisandolo per lord Evandale. Il molto sangue uscito dalle sue ferite gli fu cagione di tale spossatezza, che senza l'altrui soccorso non avrebbe potuto scendere da cavallo, e allorchè reggendosi ad un servo entrò nella sala, le due signore mandarono al vederlo un grido di sorpresa e spavento. Pallido come la morte, coperto di sangue, lacere le vesti, disordinati i capelli, più di spettro che di uomo aveva sembianza.

»Sia lodato Dio! sclamò lady Margherita; sia lodato Dio poichè fuggiste dalle mani di quegli scellerati, ingordi di sangue, di quei mostri che trucidarono tanti fedeli servi di sua maestà!»

»Grazie al cielo! soggiunse Editta, siete qui, siete sicuro! Quanti spaventi abbiamo provati per voi! Ma voi siete ferito, o milord, e temo non troviate qui tutti i soccorsi necessari allo stato in cui vi veggiamo.»

»Le mie ferite non sono pericolose (rispose lord Evandale, che fu tostamente fatto sedere sopra d'un canapè); lo sfinimento di cui parlate è solo effetto di molto sangue perduto. Ma non venni io qui a crescere gl'impacci che vi molestano. Entrando in questo castello non mi proposi altro fine che sapere le notizie vostre e se foste qui tuttavia; vedere ancora se potessi esservi di qualche sollievo, e intendere ad un tempo contezze del mio reggimento, giacchè ne riconobbi in lontananza gli uniformi allorchè portai gli sguardi sul pianerottolo della torre. Permettetemi in tale occasione di comportarmi, come un figlio vostro, lady Margherita, come un vostro fratello, miss Bellenden.»

E adoperò un tuono particolare nel pronunziar le voci vostro fratello, onde miss Editta non credesse che in qualità d'amante il proprio servizio offerisse. Accortasi ella d'un sì dilicato riguardo, gliene fu grata, ma non era quello istante per attaccar gara di nobili sentimenti.

»Noi siamo deliberati a difenderci, o Milord, soggiunse dignitosamente la vecchia matrona. Mio fratello ha assunto il comando della guernigione, e spero colla grazia di Dio che i ribelli qui troveranno un'accoglienza conforme ai lor meriti.»

»Quanto mi sarebbe grato, disse lord Evandale, cooperare anch'io alla difesa che intraprendete! Ma nello stato di debolezza cui mi trovo ridotto, io non vi sarei che di peso. Dico più. La mia presenza potrebbe crescervi intorno i pericoli. Guai se i ribelli s'accorgessero che un de' primi uffiziali del reggimento guardie fosse riparato in questo castello! Si farebbero più inviperiti, più ardenti nel disegno d'impadronirsene!»

»Potete voi, o milord (esclamò Editta con uno di quegli slanci di commozione che sono spesse volte il caratteristico del bel sesso, e così ben gli si addicono) potete voi supporre in noi tanta abbiezione, crederne così assorte in pensar solo a noi stesse per acconsentir che partiate? E vi par egli che le considerazioni da voi poste in campo valgano ad impedire ai vostri amici il darvi ricetto, e il darvelo in un momento che il paese è coperto di nemici, in un momento che non siete in essere di potervi difendere? Evvi forse in tutta la Scozia una sola capanna, donde vi permettessero l'uscita nello stato in cui siete? E come v'immaginaste che vi lasceremmo partir da un castello, entro cui noi medesime ci crediam protette a bastanza?»

Editta pronunziò sì fatti accenti con voce agitata da verissima commozione interna; e il rossore apparsole in sulle guance palesò com'ella sentisse fortemente nell'animo tutto quanto esprimeva.

»Lord Evandale non può assolutamente pensare ad abbandonarci, aggiunse lady Margherita. Pique, il vecchio servo di mio fratello, egli che lo ha seguito in tutte le guerre, ha acquistata qualche cognizione di chirurgia, e curerà le ferite di milord. Non permetterei all'ultimo fra i soldati di sua maestà che abbandonasse il castello di Tillietudlem, allorchè d'ogni parte la spada si sguaina contro di essi. Vi lascio dire se soffrirei che uscisse lord Evandale! Sarebbe per questa mia casa tale disdoro, di cui la sola idea m'atterrisce. Dacchè il castello di Tillietudlem è stato onorato di una visita di sua ma…»

Fortunatamente in tal punto fu interrotta dall'arrivo del maggiore.

»Abbiamo fatto un prigioniero, mio zio, disse miss Editta, e un prigioniero ferito che tenta prender la fuga. Spero che ne aiuterete a trattenerlo per forza.»

»Lord Evandale! il maggiore tosto sclamò. Il piacer che ne provo è tanto grande come quello ch'io gustai, sono tanti anni, al ricevere la mia nomina di tenente. Claverhouse ne avea fatto temere che foste caduto prigioniero, o che forse anche aveste perduta la vita.»

»Se nulla di questo è accaduto, ne ho debito ad un vostro amico (rispose lord Evandale con qualche commozione e chinando la testa, quasi temesse scorgere l'impressione che quanto egli stava per raccontare avrebbe prodotto sull'animo di miss Bellenden). Io era già rovesciato da cavallo e privo d'ogni difesa, la sciabola dell'inimico pendea sul mio capo, allorchè Morton, il prigioniero per cui ieri intercedevate voi stesso, si è generosamente frapposto in mio favore, mi ha salvati i giorni a rischio dei propri, m'ha somministrate le vie d'una fuga.»

Nel terminar tai detti una curiosità dolorosa al suo cuore trionfò in lui della precedente risoluzione. Sollevò gli occhi suoi sopra Editta, e in quelli della giovane credè ravvisare la gioia impadronitasi di lei in udendo che l'amante suo era vivo, era libero, nè si era lasciato vincere in generosità dal rivale. Tali erano di fatto i sentimenti ohe Editta provava; ma a questi aggiugneasi l'altro di verace ammirazione tributata alla nobile franchezza, onde lord Evandale rendea giustizia ad un tale competitore, e gli si professava debitor d'un servigio, di cui giusta ogni probabilità avrebbe voluto avere a tutt'altri l'obbligazione.

Il maggiore che non si sarebbe accorto della commozione fattasi negli animi di sua nipote e di lord Evandale, foss'anche stata le mille volte più evidente, si limitò a dire: »Poichè Enrico Morton ha qualche prevalenza sullo spirito di questi sciagurati, godo che ne abbia fatto un sì buon uso; ma spero si torrà, tosto che il possa, dalle loro mani. Non dubito ch'ei nol desideri. Io ne conosco le massime, e so com'ei detesti il gergo mistico, l'ipocrisia di costoro. Quante volte l'ho udito ridere della pedanteria di quei vecchio furfante, del ministro presbiteriano Poundtext, di questo iniquo, che dopo avere goduto per tanti anni della condiscendenza del governo, si leva sfacciatamente la maschera alla prima occasione, e sovvertendo colle sue ciance tre quarti di parrocchiani, a capo d'essi va a raggiugnere le bande ribelli. – Ma e voi come fuggiste o milord?»

»Che volete? rispose sorridendo lord Evandale: a guisa d'un cavalier miscredente, e affidandomi tutto alla celerità del mio palafreno. Ho preso la via, che credei mi avventurasse meno ad uno scontro cogl'inimici, nè indovinereste mai in qual luogo io abbia trovato ricovero la scorsa notte.»

»Senza dubbio nel castello di Braklan, o presso qualche altro leal gentiluomo» soggiunse lady Margherita.

»No, milady: ben mi presentai a diversi castelli, i cui padroni si sono dispensati di accogliermi, quale con un pretesto, quale con l'altro, ma tutti in sostanza perchè temevano che la mia presenza traesse loro addosso il nemico. – Ho trovato rifugio entro la capanna di una povera vedova, alla quale, non son tre mesi, uno squadrone della mia compagnia ha moschettato il marito, e che adesso ha i suoi due figli nell'esercito de' sollevati.»

»E dovrò crederlo? sì fatta donna avrà potuto esser capace di un tanto atto di generosità?.. Ma senza dubbio penserà in un modo affatto diverso dal rimanente della famiglia.»

»Perdonatemi, o milady. La cosa è affatto all'opposto. Ma questa donna non vide in me che un ferito, un uomo pericolante, e dimenticò a tal vista ch'io fossi ufiziale spettante alla parte de' suoi nemici. Ella medesima ha fasciate le mie ferite, ella mi ha dato un letto, ella mi ha sottratto alle ricerche di una banda di ribelli che inseguivano i fuggitivi, nè stamane mi ha lasciato partire, se prima non si è assicurata ch'io potea tener questa strada senza abbattermi nelle truppe de' Puritani.»

»Ecco in che sta la vera nobiltà d'animo, si fece ad osservare miss Bellenden. Io son ben certa, o milord, che troverete qualche occasione di ricompensare una tanta generosità.»

»Oh miss Editta! in questa giornata di mal'augurio ho corse obbligazioni da tutte le parti; ma spero non verrò accusato di non saper che sia gratitudine, ogni qualvolta mi si presenti l'occasione di usarla.»

Tutti allora rinnovarono le proprie istanze per indurre lord Evandale a rimaner nel castello; ma a tal uopo il maggiore si valse d'un argomento che trionfò di qualunque resistenza dell'altro.

»Almeno voi non mi negherete, o milord, di dovere sottomettervi agli ordini del vostro colonnello. Ebbene sappiatelo da me. Mi ha autorizzato a trattenere nel castello il primo ufiziale del suo reggimento che vi si presentasse, e ciò a fine di mantenere l'ordine e la disciplina fra i dragoni che mi lasciò di rinforzo; e se ho da dirvela, mi son già accorto, ch'era necessario questo provvedimento.»

»Allora poi non mi rimangono obbiezioni, soggiunse lord Evandale, e comunque sieno possenti i motivi che mi costringevano ad allontanarmi, questi cedono all'obbligo della subordinazione, e soprattutto alla brama ch'è in me d'esservi giovevole in qualche modo. – Oserei chiedervi, o maggiore, quai modi, qual metodo di difesa abbiate scelto? Ov'è ch'io debbo seguirvi per dare un'occhiata ai primi lavori di fortificazione?»

»Mio caro zio (disse Editta che scorgea lo stato di languore e di spossatezza che opprimeva lord Evandale) ora che milord acconsente a far parte della nostra guarnigione, io credo vi convenga incominciar ad usare della vostra autorità per intimargli l'arresto nel suo appartamento tantochè si riposi e ricuperi le forze prima di mettersi nelle fazioni del suo nuovo servigio.»

»Editta ha ragione, aggiunse la vecchia matrona. Vogliamo sapervi il più presto in letto, o milord. Pique esaminerà lo stato delle vostre ferite, e vi porrà, come dessi, le fasciature. Io poi v'invierò una pozione preparata dalle mie mani.»

»Mille ringraziamenti, milady! mi sottometto a tutte le ordinanze che mi prescrivete, e spero, grazie alle vostre bontà, mi troverò ben presto in essere, e meglio che or nol sono, di difendere il vostro castello. Il mio braccio sarà ognor pronto a prestarvi servigio. Quanto ai servigi della mia mente non ne avete d'uopo; poichè il maggiore si trova con voi.»

 

Dette le quali cose uscì della sala, e si ritirò nella stanza assegnatagli.

»Eccellente giovane, ed altrettanto modesto!» dicea il maggiore abbandonando egli pure la sala per trasferirsi alle ispezioni de' lavori militari che continuavano.

Lady Margherita così continuò l'elogio incominciato dal maggiore: »È privo di quell'amor proprio che fa credere a una gran parte de' giovani odierni di saperne al di sopra di chi è più esperto di loro!» Uscì ella pure per farsi ad apparecchiare la pozione promessa a milord.

»Ben fatto quanto generoso!» Aggiunse la sua parte di lode anche Jenny Dennison, entrata ivi nell'atto che ne usciva lord Evandale.

Editta non accompagnò tutti i ridetti elogi che con un sospiro, ma benchè rimasta in silenzio, non sentiva al certo men vivamente degli altri quanto fossero meritati.

»In somma, si fece indi a dire Jenny, milady ha ragione nel sostenere che non c'è da fidarsi in nessun Presbiteriano; non ve n'è un di costoro che abbia nè legge nè fede. Chi avrebbe creduto che il sig. Enrico e Cuddy si sarebbero arrolati fra i ribelli?»

»Che cosa intendete dire, o Jenny? Le si volse con tuono d'impazienza la sua padrona. Quali sciocchezze spacciate ora?»

»So che questa corda non vi sona grata all'orecchio, nè per vero dire piace a me maggiormente il toccarla: Pure è ben necessario il farvi istrutta di cosa omai divulgata per tutto il castello.»

»Ma di che cosa? qual è questa cosa? Avete voglia di farmi perder la mente?»

»La cosa è che il sig. Morton ha raggiunti i ribelli, e che lo hanno nominato per un de' lor condottieri.»

»Tutto menzogna! Tutto abbietta calunnia! e mi sorprende il vostro ardire di riportarmela. Enrico è incapace di porre in dimenticanza quanto deve al suo re ed alla sua patria. – Dire il contrario è un mancar crudelmente di riguardo a me, e a… a persone innocenti perseguitate, e che non si trovano qui per difendersi. – Ve lo ripeto; Enrico è incapace dell'azione che gli attribuite.»

»Mio Dio! miss Editta, farebbe mestieri conoscere i giovani più di me, e più di quanto ho voglia di conoscerli, per dir con certezza di che sono e di che non sono capaci. Sappiate dunque che stamane Holliday e un altro dragone si sono travestiti da contadini Scozzesi per fare una sco… sì una scoperta, così la chiama Gudyil. Si sono trasportati nel campo dei ribelli; e tornati ora, ne raccontano d'aver veduto il Sig. Enrico Morton armato di sciabola e di pistole che cavalcava un cavallo del reggimento guardie, e trattava da pari a pari cogli altri capi de' ribelli. L'hanno veduto dar ordini a quelle turbe, e Cuddy gli veniva dopo, vestito d'un farsetto che hanno riconosciuto appartenere a Bothwell, colla coccarda di fettuccia turchina al cappello, che questo è il color de' ribelli; e poi i merletti allo sparato della camicia all'usanza d'un lord. Una cosa veramente andava bene coll'altra!»

»È impossibile, Jenny. Questa notizia non può esser vera. Mio zio non ne ha udito parlare.»

»Lo credo anch'io. Holliday è tornato cinque minuti dopo l'arrivo di lord Evandale, e appena è stato istrutto di tal novità, ha giurato per tutti i santi, che trovandosi ora entro il castello un ufiziale del reggimento, farebbe a questo e non più al maggiore Bellenden il suo… come ha detto?.. il suo rapporto; e se ha raccontato a me questa faccenda, è stato, cred'io, per farmi tribolare al proposito di Cuddy.»

»Ed è ben per questo, sciocchissima creatura, che la notizia è falsa, architettata solo per darti un po' di martirio.»

»No, miss Editta; perchè John Gudyil ha fatto entrare in credenza l'altro dragone, vecchio soldato, del quale non so il nome, e questi intanto che beveva un bicchiere d'acquavite gli ha ripetuto parola per parola lo stesso racconto. Cagione per cui il sig. Gudyil è montato in grandissima collera, dando colpa di tutto ciò a milady e al maggiore, i quali, diceva egli, se non avessero posta alcuna sorte di mediazione pel sig. Enrico,5 se questi, e parimente Cuddy fossero stati moschettati, non si starebbero ora impugnando l'armi in compagnia de' ribelli. Nè qui mi pare che abbia poi tutto il torto.»

Non appena Jenny ebbe proferite sì fatte parole, fu costretta ad atterrire dell'effetto che produssero sull'animo della sua giovine padrona, effetto doppiamente forte, perchè questa era imbevuta delle massime monarchiche giusta le quali venne educata. Ogni vermiglio le sparì dal volto, le mancò il respiro, cadde priva di moto sopra il seggiolone che fu più prossimo. Jenny si fe' a tagliarne le stringhe del busto, le appressò alle narici un profumo di penne abbruciate, tentò in somma tutti que' rimedi soliti a credersi efficaci in tai casi; ma tutto invano.

»Dio mi perdoni! Jenny esclamò. Che mai fec'io, sciagurata. Era meglio mi avessero prima tagliata la lingua. Ma chi avrebbe creduto ch'ella si prenderebbe tanto a cuor questa cosa? Si tratta poi di un giovane. Nè anche se non ve ne fossero più a questo mondo! – Miss Editta, mia cara padroncina, riprendete coraggio. Chi sa? Quanto vi ho raccontato potrebbe anche non essere vero. – Ma l'ho sempre detto che questa mia lingua dovea giuocarmi un cattivo giuoco. – Buon Dio! Mancherebbe or solo che venisse milady, e vedesse la nipote stesa su questo seggiolone, ove niuno si è più seduto dopo che servì a sua maestà. – Che cosa devo fare? Come terminerà questo intrico?»

Intantochè Jenny diffondevasi in tai lamentevoli considerazioni sulla sorte della padrona e sulla propria, miss Editta andava acquistando i sensi e riavendosi dallo stato letargico, in cui una notizia sì inaspettata la immerse.

»Infelice soltanto, dicea fra se stessa, non lo avrei abbandonato giammai; morto l'avrei pianto, per tutta la vita; infedele, gli avrei perdonato, ma ribelle al suo re, traditore alla patria; collegato co' malvagi e co' masnadieri! oh ne strapperò ogni rimembranza da questo cuore, se tale sforzo mi dovesse costar persino la vita.»

Rasciugatasi gli occhi, si alzò da quel seggiolone, pronta essendo tosto Jenny a scuoterne i cuscini, affinchè perdessero ogni traccia di quanto lady Bellenden avrebbe forse chiamato una profanazione.

»Reggetevi al braccio mio, miss Editta. Egli è d'uopo che il dolore abbia il suo sfogo. In appresso…»

»No, Jenny; rispose Editta con fermo tuono. Voi foste spettatrice della mia debolezza. Or lo sarete del mio coraggio. Il sentimento del dovere mi sosterrà. – Però tutto vuol essere ponderato. Ch'io conosca prima i motivi della condotta tenuta da Morton, indi saprò dimenticarmi di lui.»

Così parlando si tolse dalla sala, ritirandosi nella sua stanza per esaminare il proprio cuore e pensare su i modi più efficaci a sbandirne la rimembranza di Morton.

»Ella è una cosa singolare! meditò fra se stessa quando fu rimasta sola Jenny. Passato il momento della prima botta, miss Editta prende il suo partito con una facilità eguale alla mia; anzi maggiore, perchè io ho bene amato Cuddy, ma non mai tanto quant'ella il suo Enrico. – Però, pensandola giustamente, non è male l'avere amici da tutte due le bande. Se i ribelli si impadroniscono del castello (cosa possibilissima, perchè, si sta male in dispensa, e i dragoni mangiano in un giorno quanto basterebbe a noi per un mese…) se ciò dunque accade… Morton e Cuddy dalla parte dei ribelli!.. Oh! la loro protezione diventa un tesoro. – Fu ben questa la mia prima idea quando diedi alla mia padrona la notizia che l'ha fatta svenire.»

Confortata da tale considerazione la nostra ancella, andò a dar opera agli usati lavori del suo ministerio.

5Gudyil non potea sapere che ingrosso le faccende de' suoi padroni. Onde qualunque sia il modo onde è venuto a scoprire ch'essi intercedettero per Morton, non dovea dubitare che non fosse opera della lor prevalenza la salvezza dello stesso Morton, e quella ancor di Gudyil. – N. del T.