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Orlandino

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tu il fonte, tu il monte di Parnaso,
la penna, l’inchiostro e lo stil mio.
Da l’Indo al Mauro, da l’orto a l’ocaso,
se mi presti favor, volerò io,
e de gire a man drita ancora spero
del Dottrinal, di Vergilio e di Omero.
 

13

 
Se mi dai, Vicenzo almo, un baso solo
almeno in capo della settimana,
a staffetta men[e] vo da polo a polo
e la Fama serà poi la mia alfana.
Coronami, pulcherrimo figliuolo,
di carcioffi, de urtica e di borana,
che, venendo da te cotali onori,
edere torneran, mirti et alori.
 

14

 
Ora col favor tuo, Gambarin divo,
di Iacinto più bello e di Narciso,
del miser Carlo imperador i’ scrivo
la ladra istoria, compost’a improviso,
perché tu sappia, fanciul mio lascivo,
più presto te vorrei che ‘l paradiso.
Carlo raccolse per pasqua rosata
l’alta dozzina della sua brigata.
 

15

 
Una dozzina de uomin Carlo ave[v]a
scielta fra tutte quante le s genti,
né sol che fusser bravi si credea,
ma orsi, draghi, lioni e serpenti,
et in costor più speranza tenea
che ‘l mal di Iob in gl’impiasti, in li unguenti,
e li chiamava per voglia gioconda
[i] paladin della tavola ritonda.
 

16

 
Ora la pasqua è venuta a mestiere.
Alla mensa ciascun è comparito.
I paladin si lanciorno a sedere
come si lancia in chiesa uno fallito
e cominciorno a mangiare e <a> bere
con una sete e con uno appetito
che la Fame, il Degiun, la Carestia
con men voglia berebÐbbe e mangeria.
 

17

 
Venivan le vivande a son di piva,
di tamburi, di trombe e come s’usa;
e ogni volta che un piato arriva
saltela un pazzo a suon di cornamusa;
i paladin gridavon viva! viva!
poi senza cerimonia e senza scusa
chi grapava un fagian e chi un pavone,
a onta d’Apollino e di Macone.
 

18

 
Astolfo, avendo in l’ungie un capon lesso,
gli affisse adosso un furibondo sguardo,
– Capon, – dicendo – o fussi tu quel desso,
fustù quel valent’uom di Mandricardo,
che in pezzi ti faria adesso adesso! -
E detto ciò, pien di animo gagliardo,
in dui bocconi con teribil possa
lo divorò con furia in carne e in ossa.
 

19

 
Rinaldo, invidia al suo cugino avendo,
visto un fagian a canto una pernice,
irato, orribelmente sorridendo,
disse: – Poniam la starna Doralice
in fagian Rodamonte, ch’ora intendo
provar che gli è una ladra meretrice
et egli è un poltroncion porco pagano,
e sosterrollo col coltello in mano. -
 

20

 
Non disse altro e nel petto il ferro immerse
a madamma pernice, alta e divina,
et al fagian dui colpi soli offerse,
che gli tagliò com’una gelatina.
In questo Orlando gli occhi guerci aperse
e fulminando verso una gallina
la estrema invitta man crucciosa stese
e tanta ne squarciò quanto ne prese.
 

21

 
Avino, Avoglio, Ottone e Berlinghieri
con gran ostinazion facìon gran guerra
d’intorno ad un grandissimo taglieri,
che in dui colpi lo buttar per terra.
Senza parole il marchese Olivieri
contro un coniglio, una lepre si serra
e cito cito, di lor carne sazio,
come un levrier ne fe’ macello e strazio.
 

22

 
Il savio Namo, il saggio Salamone
con parlar basso arciprudentemente
facìan notomia de un buon pavone,
di sua virtù disputando col dente.
Il panciuto et agiato re Carlone
era svogliato e gli parea niente
mangiar, mangiando libre de fagiani,
un piatel di peducci <et> ortolani.
 

23

 
Mastro Danese ismisurato e grande,
sciocco coglion, disutile furfante,
facìa più guasto in tutte le vivande
che non fe’ al Dormi Margute e Morgante:
 

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