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La morsa

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Si passa una mano sugli occhi, poi, cambiando tono

di voce e atteggiamento:

Su, su… rimettiti… Andrea non saprà nulla… tu lo credi… e sarà così… Anche a me ora par difficile che si sia potuto dominare fino a tanto. Non si sarà accorto di nulla… E così… Su, su… nulla è finito… Noi saremo…

Giulia No, no, non è più possibile! Come vorresti più ormai… No, è meglio, è meglio finirla.

Antonio Come credi.

Giulia Ecco il tuo amore.

Antonio Vuoi farmi impazzire?

Giulia No, è meglio veramente finirla, e fin d’ora; qualunque cosa sia per accadere. Tra noi tutto è finito. Senti, e sarebbe anche meglio, che lui sapesse ogni cosa.

Antonio Sei pazza?

Giulia Meglio, meglio, sì! Che vita è più la mia? Te l’immagini? Non ho più diritto d’amar nessuno, io! Né anche i miei figli! Se mi chino a dar loro un bacio, mi pare che l’ombra della mia colpa macchi le loro fronti immacolate! No… no… Mi torrebbe di mezzo? Lo farei io, se non lo facesse lui.

Antonio Adesso non ragioni più!

Giulia Davvero! L’ho sempre detto. È troppo… è troppo… Non mi resta più nulla, ormai!

Facendo forza a se stessa per rimettersi:

Ah! Va’, va’, adesso: che lui non ti trovi qua.

Antonio Debbo andare? lasciarti? Ero venuto apposta… Non è meglio che io…?

Giulia No, qua non deve trovarti. Torna però, quando lui verrà. È necessario. Torna presto, e, calmo, indifferente, non così… Parlami, davanti a lui, rivolgiti spesso a me. Io ti seconderò.

Antonio Sì, sì.

Giulia Presto. E se mai…

Antonio Se mai?

Giulia Nulla! Tanto…

Antonio Che cosa?

Giulia Nulla, nulla… Ti dico addio.

Antonio Giulia!

Giulia Va’ via!

Antonio A tra poco!

Antonio, via per la comune.

Giulia (Resta in mezzo alla stanza, con gli occhi fissi biecamente in un pensiero truce; poi alza il capo con un sospiro di stanchezza desolata, e si preme forte le mani su la faccia; ma non riesce a scacciar via il pensiero dominante; va un po’ inquieta per la stanza, si ferma davanti a uno specchio a bilico in fondo, presso l’uscio comune; è distratta dalla sua figura riflessa dallo specchio e se ne allontana; allora viene a sedere presso il tavolino – a destra, sul davanti – e vi si piega con la testa nascosta tra le braccia – sta un po’ così, quindi alza il capo e sta a pensare) Non avrebbe risalito la scala? con una scusa… Mi avrebbe trovata lì… dietro la finestra… a guardare…

Pausa.

Se non fu la paura… Ha tanta paura!

Scuote la testa, atteggiando il viso di sprezzo e nausea, – altra pausa – si alza, va ancora per la stanza, ritorna presso il tavolino, è indecisa, alla fine batte fortemente due volte il campanello.

Anna (entra per la comune) Ha sonato?

Giulia (ancora in pensiero) Sì, bisogna che tutto sia pronto, mi raccomando, Anna.

Anna È tutto pronto, signora.

Giulia (c. s. dopo una pausa) La tavola?

Anna Apparecchiata.

Giulia La camera del signore?

Anna In ordine… tutto…

Giulia Senti. Va’ pei bambini.

Anna Subito!

Fa per andare.

Giulia Anna!

Anna Comanda altro?

Giulia (indecisa; poi, dopo aver pensato un po’) Lasciali stare ancora. Ci andrai quando il padrone sarà arrivato.

Anna Sarà meglio. Faccia conto che è qui. Anzi, se vuole che scenda giù ad aspettare le carrozze di ritorno dalla stazione, per portar su la valigia…

Giulia No… aspetta, aspetta…

Anna Sono così contenti i bambini, che oggi ritorni il babbo. Ha promesso di portar loro i regali: a Carluccio un cavallino alto così… Ma Ninetto lo vuole lui. Litigavano stamani, andando dalla nonna. «Papà vuole più bene a me che a te!» diceva Carluccio: «Sì, e a me la mamma!» rispondeva Ninetto.

Giulia Caro!

Anna Spiccica appena le parole!

Giulia Va’ a ripigliarli!

Anna (ascoltando) Aspetti… le carrozze…

S’affaccia alla finestra.

Tornano le carrozze… Scendo giù al portone?

Giulia Sì… sì… va’…

Anna (via)

Giulia (in preda a una grande inquietudine va per la stanza, si ferma, tende l’orecchio, si reca presso il tavolino, toglie in mano quasi macchinalmente il lavoro a uncino e dice) Lo saprò subito.

Tende di nuovo l’orecchio, poi si rimette a lavorare febbrilmente, ma quasi senza saperlo, s’arresta a un tratto, ascolta.

Anna (dall’interno) Ecco il padrone!

Entrando con una valigia che deporrà su una seggiola presso l’uscio comune.

Il padrone!

Giulia (si alza col lavoro in mano ostentando indifferenza, e si avvia verso l’uscio)

Andrea (entra)

Giulia (tendendogli la mano) T’aspettavo.

Ad Anna:

Va’ per i bambini.

Anna (esitando) Il padrone ha detto…

Andrea Sono dalla mamma? Lasciali stare. Voglio disfare prima la valigia. Così troveranno i regalucci.

Giulia Come vuoi.

Anna (via)

Andrea Sono così stanco… Ho mal di capo.

Giulia Avrai tenuti aperti gli sportelli in vettura?

Andrea No, tutto chiuso. Ma… il rumore… non ho potuto chiudere occhio.

Giulia Eravate in molti?

Andrea Sì, in molti.

Giulia Il mio guancialetto di piume?

Andrea Oh guarda! Non c’è? L’avrò lasciato in treno! Senza dubbio… Peccato! Che vuoi farci? Basta… Sei stata bene? I bambini?

Giulia (rimettendosi al lavoro) Bene tutti.

Andrea E… m’aspettavi, hai detto? Te l’avrà detto Serra.

Giulia Sì, è passato di qui poco fa. Tu non m’hai scritto neppure una volta.

Andrea È vero, ma per tre giorni… Serra è tornato jersera…

Giulia Me l’ha detto; verrà a trovarti.

Andrea Ah, verrà? Bene… Hai fatto bene a mandare i bambini dalla mamma. Lei ci tiene. Tu non sei stata da lei?

Giulia No, sai che ci vado solo con te.

Andrea Sì, ma ormai…

Giulia (per cambiar discorso) Il tuo affare?

Andrea Serra non te n’ha parlato?

Giulia Sì, m’ha accennato… ma s’è trattenuto così poco…

Andrea Oh, l’affare pare bene avviato… almeno… Però il nostro signor Antonio m’ha lasciato in asso, là… Oh… sai! l’avvocato Gorri m’ha parlato di lui, facendone un mondo di elogi! Sì, sì. Ha ingegno, ha ingegno, quel tipo lì… Ha condotto l’affare come meglio non si poteva… Ah, per questo, come meglio…