La sua compagna vergine

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From the series: Programma Spose Interstellari #2
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Lexi

Guardai il palmo della mia mano. “Che c’è di strano?”

“Tutti gli Everian, quando nascono, hanno un marchio sulla mano.”

Non disse nient’altro, si limitò a guardarmi. “Per essere stata abbinata a Everis, devi avere un marchio da qualche parte. Hai qualche strana voglia sul corpo? Una voglia tipica di tutta la tua famiglia?”

Porca puttana. “Sì.” Istintivamente, sollevai le braccia e mi coprii il seno. “Perché?”

La custode seguì i miei movimenti con lo sguardo e sorrise. “Molto tempo fa, gli esploratori Everian partirono per colonizzare altri pianeti. Alcuni di loro arrivarono qui sulla Terra.”

“E…? Io che c’entro?”

La custode aveva un volto gentile, ma le sue parole mi stavano facendo girare la testa. “I loro discendenti portano la voglia che tu stai provando a nascondere. I tuoi antenati ti hanno resa la potenziale compagna marchiata di un Cacciatore Everian. Bastava il tuo profilo genetico per spedirti su Everis. E i nostri protocolli hanno confermato che sei psicologicamente adatta.”

“Cosa?” Cosa? Mi stava dicendo che ero un’aliena? “Io vengo da Denver. La mia famiglia viene da Vera Cruz. La mia abuela vive ancora in Messico. Io non sono un aliena. Sono nata a Denver.”

“Ma certo che non sei un’aliena, tesoro.” Agitò la mano a mezz’aria per indicare la sedia su cui ero seduta e tutti i computer e gli schermi incassati nel muro. “Ma sei la discendente di un alieno.” Guardò il suo tablet. “Stando al tuo profilo genetico, sei al diciassette percento Everian all’ottantatré percento umana.” Sorrise orgogliosa, come una madre che si vanta dei risultati scolastici del proprio figlio. “Anche dopo migliaia di anni, il DNA Everian sopravvive.”

“Cosa? Se sapevi già che ero una specie di aliena, perché mi sono dovuta sottoporre ai test?”

“Il tuo DNA pone Everis in cima alla lista. Tuttavia, il test che hai appena completato utilizza diverse variabili per definire i tuoi desideri, quello che cerchi in un compagno. Si basa tanto sui pensieri consci e quanto su quelli inconsci. I pianeti vengono rimossi ad uno ad uno dalla lista dei candidati, fino a quando non ne rimane che uno solo. Una volta completato il test, viene analizzata la compatibilità sessuale e, infine, la registrazione di una cerimonia di accoppiamento viene data in basto al tuo cervello per effettuare la verifica finale.”

Provai a tradurre tutti questi paroloni. “Vuoi dire che ho visto un filmino porno girato su Everis? Che l’ho sognato?”

La custode annuì e si poggiò il tablet sulle cosce, come se ci trovassimo in una sala da tè. “Tecnicamente, il tuo corpo ha fatto esperienza dei dati sensuali registrati dall’unità neuro-procedurale impiantata nel cranio di un’altra sposa. Ma se ti piace vederlo come un sogno, benissimo.”

“Ma io non sognato di fare sesso,” risposi arrossendo. Potevo solo immaginarmi come sarebbe stato un sogno del genere. Un porno mentale. “Come fate a sapere se sono compatibile se non ho sognato di fare sesso?”

“Forse non hai sognato di fare l’amore.” Sollevò un sopracciglio. Sembrava mi stesse scrutando dentro l’anima. “Ma hai provato del desiderio, no? Lussuria? Il tuo corpo tremava bramando il suo tocco?”

Arrossii. Dalla testa ai piedi. Non osai guardarla negli occhi. Dio, come faceva a saperlo.

“Devi essere vergine. Vero?” mi chiese.

Mi morsi il labbro e annuii. Mi vergognavo di dirle quello che stavo pensando, che non ero vergine per scelta, ma perché ero difettosa. Poi mi ricordavo che indossavo solo una vestaglia e che sotto ero completamente nuda. Mi ricordai anche che lei aveva risvegliato i miei pensieri più reconditi.

“Non ti vergognare. Su Everis, la verginità in una compagna è altamente considerata. Il tuo compagno ne sarà felice. Non vedrà l’ora di reclamarti.”

Tirai l’orlo della vestaglia verso il basso. “Ma il mio compagno non dovrebbe sapere che sono... frigida?”

La custode Egara spalancò la bocca. “Mi pare ovvio che chiunque te l’abbia detto fosse uno stronzo.”

La parola che usò mi sorprese. Sembrava così severa e compita con la sua uniforme, eppure ora mi stava parlando di ragazzi stronzi come se fossimo due amiche si scolavano dei tequila la bancone del bar. Mi sentii molto meglio.

“Signorina Lopez, io non sono un dottore.”

“Lexi, ti prego.”

“Lexi, ti è mai passato per la mente che forse eri frigida con gli altri uomini solo perché loro non erano il compagno perfetto per te? Perché non erano degli Everian?”

Riflettei. A lungo. Era la verità? Poteva essere la verità? Il mio corpo stava aspettando un alieno? Quel diciassette percento del mio DNA mi impediva di provare attrazione per gli umani?

Sentii una fitta di dolore nel petto. Ah, eccola di nuovo. La speranza. Forse, dopotutto, non ero difettosa. Forse ero una ragazza aliena a cui semplicemente i maschi della Terra non piacevano. Quel pensiero mi fece rabbrividire. Era peggio? Essere frigida? O non essere un'umana? E i miei genitori?

Se uno di loro era come meglio, non c’era da meravigliarsi che fossi figlia unica. Non erano mai stati i tipi che fanno di tutto per ficcarsi in camera. Erano sempre stati più che gentili l’uno con l’altra. Ma la passione? No. Più che altro, erano come migliori amici.

D’improvviso vidi tutta la mia vita che si contorceva nella mia mente. Mia madre. Aveva un marchio come il mio, sulla schiena. Quando io ero nata, era già avanti con l’età, aveva quasi quarant’anni quando si era sposata con papà. Era come me? Aveva rinunciato a trovare la passione?

Porca puttana. Anche mia madre era in parte aliena?

Prima che potessi elaborare una cosa del genere, la custode aveva ricominciato a parlare.

“Il tuo test è stato uno dei più brevi di sempre. Questo perché sei stata immediatamente abbinata a Everis e, a causa del tuo livello di esperienza sessuale, non vogliono che tu abbia nessun preconcetto riguardo quanto accadrà con il tuo compagno sessualmente parlando. Non c’è niente che non va in te. Il tuo abbinamento è perfetto al novantanove percento.”

Mi guardò attentamente e io le sorrisi. Preconcetti? Del tipo? Dovevo far finta di non avere idea di cosa sarebbe successo? Che non avevo mai visto un porno? Che non avevo mai provato a sentire qualcosa?

Ma, lo stesso, un abbinamento perfetto al novantanove percento sembrava veramente, veramente buono.

“Va bene.” Non sapevo cos’altro dire. Ero stata abbinata, da qualche parte c’era un uomo per me. Un abbinamento quasi perfetto. Non avevo nient’altro da dirle. Il mio compagno avrebbe scoperto presto se ero difettosa o no

“Va bene?” ripeté lei. Annuii. “Ottimo. Per il verbale, dì il tuo nome.”

Mi schiarii la gola. “Alexis Lopez.”

“Sei legalmente sposata?”

“No.”

“Figli?” Quando la guardai, lei disse: “Lo so. Una vergine con dei figli… ma devo chiedertelo. È per il verbale. Tu sei un caso speciale.”

“No. Non sono la Vergine Maria. Non ho figli.”

“Accetti l’abbinamento fatto per te dal Programma Spose Interstellari?”

Volevo lasciare la Terra e andare su Everis? Da un uomo che mi voleva pura e candida come la neve? Che mi avrebbe adorata?

“Sì. Lo accetto.”

“Eccellente.” La custode passò il dito sul tablet.

“Grazie, Lexi. Accettando l’abbinamento, ora non sei più una cittadina della Terra. Or sei una sposa di Everis. Siccome Everis ha dei protocolli particolari, non verrai trasferita immediatamente. Verrai trasferita insieme ad altre due donne, anche loro abbinate. Credo che una si stia sottoponendo ai test proprio in questo momento. Quando avrete finito, allora vi incontrerete. Una volta che Everis ci ha avrà inviato le coordinate della Pietra Miliare, ritornerai qui per essere trasferita.”

Si alzò e si infilò il tablet sotto il braccio.

“Seguimi, andiamo a controllare le altre.”


Seguii la custode lungo un corridoio fortemente illuminato. Il pavimento freddo mi fece venir voglia di chiederle un paio di ciabatte. Sentii delle voci femminili attutite da una porta chiusa che la custode aprì senza bussare.

“Anche tu hai la voglia?”

Sentii questa domanda, mentre seguivo la Custode Egara dentro la stanza, allungando una mano dietro la schiena per chiudermi la vestaglia ed evitare di andare in giro mezza nuda. La stanza era una sala riunioni con tanto di tavolo e sedie. C’erano due donne. Indossavano una vestaglia identica alla mia. Mi guardarono.

“Sei qui!”

Balzarono in piedi e mi si fecero incontro sorridendo. Le loro personalità affabili e i loro occhi luminosi mi aiutarono a calmarmi. La loro eccitazione era sorprendente, ma mi faceva piacere sapere che non avevano la minima paura.

“Io sono Katie, e lei e Dani.”

“Lexi”

“Anche a te hanno chiesto della voglia?” mi chiese Katie. Era alta e magra, con il seno perfetto e i fianchi formosi. I capelli castani le arrivavano a metà della schiena. Il trucco le contornava perfettamente un paio di occhi blu che sembravano troppo grandi per il suo visino. Assomigliava a quelle ragazze che alle superiori mi prendevano in giro per le mie curve, ma il suo sorriso era amichevole, per niente maligno.

Espira. Non mi ero nemmeno accorta di star trattenendo il respiro. “Allora non sono solo io? E chi lo sapeva che eravamo tutte aliene?”

 

Si mise tutte e due a ridere.

“Siamo state abbinate tutte a Everis.” Dani tornò a sedersi, trascinandomi per il posto per farmi sedere di fianco a lei. Era completamente diversa da Katie, sembrava una gazzella. Dani aveva i capelli biondissimi e raccolti in una coda di cavallo. C’era qualcosa di grazioso in lei, come se fosse una ballerina. Era snella - fianchi stretti e seno piccolo. Era piccola e sembrava fragile, ma il suo sguardo non conosceva paura. Katie andò a sedersi alla mia sinistra e io mi sedetti in mezzo allo loro, io, con la mia pelle più scura, i capelli neri e le mie curve. Ed eravamo in parte aliene? Tutte e tre?

“Anche voi siete vergini?” chiesi. Volevo sapere che se la mancanza di libido fosse una cosa solo mio o se quanto suggerito dalla custode fosse vera. E se veramente la mancanza di interesse negli uomini ce l’avevo scritta nel DNA? Quando anche le altre due annuirono, qualcosa di orribile cominciò a disfarsi nel mio petto. “Quindi nessuno vi ha mai sconvolte? Non vi siete mai sentite attratte da un uomo?”

“Non io.” Dani distolse lo sguardo e Katie arrossì.

“Uhm, no. Vergini, vergini dappertutto.” Katie si scostò una lunga ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Non pensate sia strano? Tre vergini con una strana voglia che vengono spedite su un pianeta alieno? Mi sembra di essere una vergine sacrificale. Mi sento come se ci metteranno in fila e ci faranno marciare dentro a un vulcano.” La sua risate era fragile, non completamente divertita.

“Il mio abbinamento è del novantanove percento,” ammisi, stranamente orgogliosa di questo fatto. “Sarò anche un agnello sacrificale, ma almeno ho trovato l’uomo perfetto per me.”

Danni sorrise e si sfregò le mani. “Dio, sono così nervosa! Anche io ho avuto dei risultati così elevati, il che significa che... C’è un tizio su un pianeta che mi troverà sexy!”

Io la trovavo sexy, e a me nemmeno mi piacevano, le donne. Chissà da che razza di uomini era stata circondata per avere un’opinione così misera di sé stessa... ma poi, ero io tanto diversa da lei? Eravamo completamente diverse, ma sembrava che ad accomunarci fossero principalmente i problemi che avevamo avuto con gli uomini del nostro passato. E con la nostra autostima.

Katie contrasse le labbra. “Io ho ottenuto il novantotto percento.”

Dani alzò gli occhi al cielo. “Da dove venite?”

“Denver, Colorado,” dissi.

“Io vengo da Wooster, Ohio,” aggiunse Kate.

“Gainesville, Florida,” disse Dani con un sorriso. Mi era facile immaginarmela distesa sulla spiaggia, col bikini e gli occhiali da sole. “E andremo tutte su Everis. Insieme. E sapete quindi cosa siamo? Amiche per la vita.”

Guardai le altre due donne e riconobbi i loro spiriti affini. Eravamo molto simili – anche se le nostre personalità erano diverse – ed eravamo state abbinate tutte a Everis. Eravamo tutte vergini e saremmo partite insieme. Una volta su Everis, avremmo potuto contare solamente l’una sull’altra. Venivamo da varie zone degli Stati Uniti ma, in fondo, eravamo tutte terrestri. Sì, saremmo state amiche per la vita.

“Facciamo un patto,” disse Katie.

Dani cominciò a fremere. “Sì! Condivideremo tutto. Non ci saranno segreti tra di noi. Nemmeno le cose imbarazzati, come il sesso, gli orgasmi e i giocattoli erotici. Qualunque cosa ci faranno, ce lo racconteremo. Va bene? Ognuna di noi non ha che le altre, giusto?”

“Oltre ad avere un bel maschione alieno che vuole prendersi la nostra verginità?” chiesi sorridendo eccitata. Pensare che presto avrei sentito lo stesso tipo di desiderio che avevo appena provato durante il sogno mi fece fremere.

“Ma quelli sono maschi. Senza offesa, ma non contano. Non per questa cosa. Noi ragazze dobbiamo restare unite,” rispose Dani.

“Come i tre moschettieri,” aggiunse Katie.

“Va bene,” dissi. “Sono d’accordo, ma niente patti col sangue o la saliva.”

Katie rabbrividì. “Dio, no, che schifo. Ma sì al patto. Ci diciamo tutto. Anche i dettagli più sordidi.”

“Tutti i dettagli,” disse Dani.

Quando la custode Egara sollevò la testa dal tale e disse che era ora di andare, noi tre ci stringemmo per mano. “Tutti i dettagli,” ripetei io.

Quando lasciammo la stanza dovemmo dividerci, ognuna di noi diretta in una stanza separata per completare la fase finale del procedimento.

“Farà male?” chiese Katie alla custode Egara.

La custode scosse la testa. “Per niente. Verrete preparate e trasportate. Non ve ne accorgerete nemmeno. Vi ritroverete tutte e tre su Everis, presso la Pietra Miliare. E lì incontrerete i vostri compagni. Buona fortuna, signore.”

Guardai Katie e Dani. Mi sorrisero. Ecco.

Katie, che sembrava la più avventurosa, ci salutò con la mano e corse verso la stanza dei test, e l’ultima cosa che vedemmo di lei fu il suo sedere nudo. Dani alzò gli occhi al cielo e se ne andò. Io rimasi in mezzo al corridoio silenzioso assieme alla custode Egara.

“Tu ci andresti, al posto mio?” le chiesi. Katie e Dani stavano parlando di andare su Everis perché erano nervose. Volevano prepararsi. Non potevo biasimarle. Ma la custode Egara aveva di sicuro un’opinione più imparziale.

“Ma io l’ho già fatto. Ero la compagna di un guerriero della Coalizione.” Si girò e si diresse verso la stanza. Io la seguii, incuriosita dalla sua risposta.

“Ah sì? Su Everis?” chiesi sedendomi di nuovo su quella strana sedia.

Lei scosse il capo e guardò il suo tablet. Mosse le dita una volta, due. Mi ritrovai di nuovo bloccata.

“No. Prillon.”

Era stata inviata su Prillon Prime? Avevo sentito parlare di quel pianeta, dei grossi - no, enormi guerrieri che lo abitavano. Del modo in cui reclamavano la loro compagna sempre assieme a un altro uomo. Aveva avuto due compagni? Eppure ora era qui, sulla Terra. “Avevi due compagni?”

“Sì.”

Non mi offrì nessun dettaglio, ma non potei fare a meno di continuare a tormentarla con le mie domande. Sapevo che la mia mancanza di buone maniere stava facendo rivoltare mia madre nella tomba, ma non riuscii a porre un freno al flusso di parole che mi usciva dalla bocca. “Cos’è successo? Perché sei qui?”

“I miei compagni sono morti, Lexi,” rispose lei con un sospiro. “Sono un caso speciale. È successo molto tempo fa. Ci andrei di nuovo? Lo farei se fossi te, se avessi dieci anni di meno?”

Annuii. La guardai in faccia, osservandola e cercando di capire se mi stava mentendo.

“Senza ombra di dubbio.”

Nei suoi occhi scorsi solo tristezza, ma non rimpianto, e allora mi sentii meglio.

“Sei pronta?” mi chiese.

“Sì.” Feci un respiro profondo. Espirai.

La custode premette un bottone e il muro dietro di me si aprì. Non vedevo cosa stesse succedendo, ma d’improvviso mi ritrovai circondata da un forte bagliore blu. Era come trovarsi su una giostra a Disney World. La mia sieda si inclinò all’indietro e scivolò verso lo spazio aperto dal muro. Un braccio robotico con un ago attaccato a un’estremità mi si avvicinò alla tempia. Mi punse.

“Non temere. Ti ha innestato una NP. L’unità neuro-procedurale ti permetterà di parlare e comprendere qualsiasi linguaggio all’interno della Coalizione. Ora verrai trasportata su Everis.”

La sedia si abbassò immergendomi in un bagno caldo, il bagliore blu si fece ancora più forte. Tutte le mie paure si sciolsero come una palla di neve sotto al sole. Stavo andando su Everis per incontrare il compagno a cui ero stata abbinata e finalmente avrei...

“Partirai tra tre... Due... uno.”

3


Von, Pianeta Everis

Non vedevo l’ora di tornare a letto. Per dormire, sognare. Per sognare lei. Era vicina, così vicina che mi sentivo costantemente eccitato. Dopo essere tornato dallo spazio e aver combattuto contro lo Sciame, non avevo desiderato altro che la pace, la tranquillità del vento che smuove gli alberi e dell'acqua che si riversa sulle rocce. Volevo la tranquillità e la solitudine.

Ma non le avevo ottenute. La grande casa data come ricompensa al mio battaglione dopo che eravamo tornati a casa dalla terra era abbastanza grande da accoglierci tutti. Il nostro compito era di governare la regione, risolvere le controversie e decidere le punizione per chi infrangeva la legge. Adesso eravamo dei Cacciatori, i protettori dei deboli. Dovevamo mantenere la pace e consegnare alla giustizia tutti i criminali abbastanza folli da infrangere la legge di Everis.

Da quando ci avevano assegnati a Feris 5, non avevamo avuto un attimo di tregua. In tutto eravamo cinquanta guerrieri, con un piccolo esercito di servitori e sottoposti pronti ad eseguire tutti i nostri ordini. Ma la Pietra Miliare, la fortezza dove venivano inviate le compagne da reclamare, si trovava al centro del mio territorio, e ogni paio di settimane, quando arrivava un nuovo gruppo di potenziali compagne, portavo almeno venti uomini con me per mantenere la pace.

Le compagne marchiate erano preziose, e tutte le spose che arrivavano alla Pietra Miliare erano pronte per essere reclamate. Da sole. Protette solo dal protocollo e dall’onore degli uomini che competevano per conquistarle.

Ma il mio letto era vuoto. Erano anni che era così, ma da quando ero ritornato su Everis e mi ero sottoposto al testi, ogni notte il vuoto dentro di me si faceva sempre più grande. Ero abituato a stare da solo. Ero bravissimo nel farlo. Non mi aveva mai dato fastidio - fino alla scorsa notte, quando avevo fatto il primo sogno.

Quando avevo sognato lei. La mia compagna. La mia compagna marchiata.

Era arrivata qui da un altro pianeta, non poteva essere altrimenti. Ieri, quando il mio marchio si è risvegliato. Ha cominciato a formicolare, si è scaldato. Era una delle compagne marchiate provenienti da un altro pianeta. Non c’erano altre spiegazioni.

Siccome il mio marchio non si trova sul palmo della mia mano, pensavo di essere difettoso, che non ci fosse nessuna compagna per me. Nessuna. Ma ora si era scaldato, così come avevo sentito da ogni altro Everian che era entrato in contatto con la propria compagna marchiata. Sì, si trova in un posto strano, ma funzionava!

La mia compagna ora era qui. I miei sogni ne erano la prova. Non sapevo il suo nome, ma la sua mente aveva toccato la mia. L’avrei trovata. L’avrei sedotta. Non avrei avuto nessuna pietà. Dèi, erano anni che speravo di trovare una compagna. Combattere contro lo Sciame era una cosa brutale, e solo l’idea che un giorno forse avrei potuto trovare la mia compagna era riuscita a farmi andare avanti. Le probabilità di trovare la propria compagna marchiata erano meno di una su cento. La maggior parte di noi si accontentavano di una sposa qualunque, di una donna con cui si trovavano bene. Non tutti i maschi Everian avevano il privilegio di sentire il loro marchio che avvampava. Ma io mi ero aggrappato a questa speranza. Avevo sfruttato questa magra possibilità per restare in vita, così da avere la possibilità di trovarla. Di farla mia.

E ora l’opportunità era qui. Lei era qui su Everis. Qui alla Pietra Miliare.

Avrei avuto solo trenta giorni per convincerla ad accettare la mia reclamazione. Lei era la mia compagna marchiata, ma niente le impediva di scegliere un altro uomo come suo compagno. Niente mi garantiva che avrebbe scelto me.

Solo la mia bocca sulla sua fica che la faceva gridare, il mio cazzo che la riempiva. Avrei dovuto prendere il suo corpo in tutti e tre i modi per reclamarla. L’avrei fatta fremere di piacere, si sarebbe immersa nel mio odore, nel mio tocco, fino a quando non avrebbe smesso di pensare agli altri uomini. Fino a quando non avrebbe desiderato che me.

Il cazzo mi si fece duro e mi mossi sulla panca su cui ero seduto. Di fianco a me c’era Bryn, un altro Cacciatore.

Normalmente, Bryn non se ne stava mai zitto, stava sempre a parlare, a tormentarci. Ma ora, mentre era seduto di fianco a me, se ne stava stranamente in silenzio e finiva di consumare il proprio pasto a base di verdure e carne. Da quanto eravamo tornati a casa, pasteggiavamo ogni giorno con del breet del nord e uccelli arrostiti provenienti dalla nostra terra natia. Le unità S-Gen sulle corazzate della Coalizione offrivano diverse migliaia di cibi tra cui scegliere ma, con così tanti pianeti membri, era irragionevole aspettarsi di trovare qualunque cibo da qualunque pianeta. Gli ingegneri incaricati di programmare le unità S-Gen analizzavano i benefici nutrizionali dei pasti più comuni su ogni pianeta e si assicuravano che ogni singolo guerriero potesse nutrirsi a dovere e restare in salute. C’erano concesse una o due delicatezze ogni tanto. Ma ora eravamo a casa, e i miei uomini si erano dato un bel da fare cercando di riportare i semplici piaceri dei nostri pasti.

 

“Quando partiamo per la Pietra Miliare?” mi chiese Bryn ruotando il bicchiere pieno di birra.

“Col primo volo.” Non ci aspettavano prima del tardo pomeriggio, quando sarebbero cominciate le presentazioni ufficiali, ma io non potevo più aspettare. Lei era lì. La mia compagna. Non potevo rischiare, non potevo fare tardi. A causa di impegni di lavoro, dovevamo passare la notte qui. Non che io avessi intenzione di sprecare l’oscurità, non ora che la mia mente aveva trovato la sua. Non vedevo l’ora di ritornare nelle mie stanze. Non vedevo l’ora di sognarla di nuovo.

Bryn annuì e portò gli avanzi del suo pasto nell’unità per il riciclo nel muro. Senza dire una parola, uscì dalla sala mensa e scomparve.

La conversazione era terminata. Il suo strano umore mi fece accigliare.

Non che mi preoccupasse. Io avevo un sonnifero ad aspettarmi nella mia camera da letto, così da poter addormentarmi subito. Stanotte, nei miei sogni, sarei andato a caccia. Di lei. Avrei scoperto come si chiamava. Forse sarei riuscito persino a vederla in faccia.

I Cacciatori e gli altri residenti della fortezza continuarono a fare avanti e indietro, conversando, mangiando, ridendo, vivendo.

Mi ero dimenticato di come si faceva. Di come si viveva. Avevo passato troppo tempo a combattere contro lo Sciame, a vedere il caos e la distruzione. Speravo che la mia compagna potesse tirarmi fuori dall’oscurità che circondava il mio cuore. Quattro anni di battaglie. Non sembravano molti, ma mi ci voleva del tempo per riadattarmi al ritmo rilassato della vita da civile. Sarei mai stato di nuovo in grado di sentire un urlo senza temere il peggio? Di sentire un ramo spezzarsi senza aspettarmi di dover affrontare il nemico? Senza che il ronzio dei ventilatori mi tormentasse facendomi ricordare il sistema di ventilazione della corazzata?

“Cacciatore Von, signore. Ho nuovi rapporti per lei. Dobbiamo dare indicazioni ai Cacciatori prima di partire per la Pietra Miliare.” A parlare era un Cacciatore junior. Era seduto dall’altra parte del tavolo. Annuii per fargli capire che lo avevo sentito. Il mio sonno avrebbe dovuto aspettare. La mia compagna avrebbe dovuto aspettare. Ma era l’ultima volta che anteponevo il lavoro alla mia compagna.

Domani, lei sarebbe diventata mia.

“Dammi un momento.”

Il ragazzo girò i tacchi e si allontanò per dirigersi verso la stanza di comando. Lì avremmo sbrigato gli ultimi impegni, avrei assegnato un compito a ogni uomo. Alcuni si sarebbero occupati di prestare aiuto a chi ne aveva bisogno, altri avrebbero investigato eventuali crimini.

Le guardie della fortezza erano i Cacciatori dell’élite. Era un lavoro importante, affidato solamente a pochi uomini Everian. Eravamo i Cacciatori più forti, più veloci e più abili. La maggior parte di noi erano soldati addestrati che avevano combattuto per la Flotta della Coalizione e, dopo essere stati congedati, erano stati assegnati alle fortezze sparse per tutto il pianeta. Il nostro compito era di vitale importanza per mantenere la pace e la stabilità su Everis. Assumere quest’incarico era stato un privilegio per me, un privilegio che mi ero guadagnato dopo anni passati a combattere contro lo sciame. Non lo prendevo a cuor leggero. Il mio ruolo era di fondamentale importanza.

Lo sapevo. Ma, per la prima volta, che il mio popolo avesse bisogno di me non bastava più.

Che sia dannato il mio debole cuore per desiderare dell'altro. Ma era così. Volevo quello che avevo visto, udito, odorato, sentito nel mio sogno.

Non vedevo l’ora di ritornare nei miei alloggi. Andai al centro di comando e assegnai velocemente un compito a ciascuno dei miei uomini. Un forte gruppo di guerrieri sarebbe rimasto qui a proteggere la fortezza, ma i Cacciatori più forti e fedeli di tutti sarebbero partiti come l’indomani.

Stanotte... Avrei sognato.

Sbrigato il mio dovere, andai nei miei alloggi privati e tirai fuori il sonnifero dal cassetto. Lo assunsi e mi distesi. Volevo vederla di nuovo. Volevo toccarla. Anche se era solo un sogno. Domani - sarebbe stato reale.


Von, Mondo dei sogni

I suoi lunghi capelli neri erano sparsi sulle lenzuola bianche che ricoprivano il letto, offrendo un netto contrasto sotto la luce pallida della luna. La brezza faceva ondeggiare le bianchissime tende che ornavano la finestra aperta. La camera da letto era ampia, con un divano e un tavolo e due sedie dove si poteva riposare, leggere o scopare. D’improvviso, mi venne voglia di piegarla a novanta su quel tavolo e di scoparla fino a farla implorare. E allora l’avrei posizionata sul bordo del tavolo in modo tale che la dura superficie di legno colpisse la sua clitoride ogni volta che la penetravo con il mio cazzo. Il tavolo avrebbe oscillato mentre la prendevo, mentre la facevo urlare di piacere. Ma tutto ciò doveva aspettare.

L’avrei presa rispettando il sacro ordine delle tre verginità. Una alla volta. Avrei visto la sorpresa risvegliare il suo corpo, la sua mente. Avrei reclamato ognuno dei suoi buchi come mio. Prima, sarebbe toccata alla sua bocca. L’avrebbe spalancata per prendermi fino in gola, per ingoiare il mio seme. Poi sarebbe toccato al suo culo. Un buchetto stretto, e sarebbe stata una sensazione dolcissima vederla che si sottometteva a me mentre la prendevo in un modo così intimo, e il nostro legame sarebbe riuscito ancora più rafforzato dalle sue grida di piacere. Infine, mi sarei preso la sua fica, l'avrei sentita contrarsi e pulsare attorno al mio cazzo. Avrei visto i suoi occhi appannarsi in preda all’eccitazione, avrei sentito i suoi umori sul mio cazzo. E allora l’avrei riempita, avrei riempito la sua pancia con il mio seme, l'avrei reclamata in modo ufficiale - e permanente - come mia.

Sì.

Il grande letto rivestito di bianco. Le luci soffuse che mi permettevano di studiare il bellissimo volto della mia compagna mentre dormiva. Era distesa su un fianco, le braccia piegate e le mani accoccolate sotto al mento, in una posa tanto innocente quanto stuzzicante - le sue braccia stringevano i suoi ampi seni gonfiandoli e spingendoli all’insù. Conoscevo questa stanza. Era una delle suite assegnate alle nuove spose appena arrivate al centro della Pietra Miliare. Mi sentii sollevato.

Qui sarebbe stata al sicuro, protetta, fino a domani, quando l’avrei trovato. Sempre se non sceglieva un altro.

La sfida mi fece indurire il cazzo. Volevo unirmi a lei nel letto, passare le dita nella massa abbagliante dei suoi capelli neri, bloccarle le mani e baciarla e introdurla al piacere. Era mia. Nessun altro poteva toccarla. Non se volevano vivere. Dovevo solo convincerla che io ero il suo compagno marchiato, che ero il suo destino. Che ero perfetto per lei.

Mi avvicinai al bordo del letto e mi distesi di fianco a lei. La sua pelle emanava il profumo fresco dei fiori di primavera e del miele caldo. Ma questo era solo un sogno. Era la mia mente a riempire le mancanze, a convincermi che l’avevo toccata, stretta, assaporata - ma era tutta una bugia, un trucchetto della mia immaginazione.

Qualunque cosa fisica sarebbe stata un’illusione.

Ma le sue parole sarebbero state vere. E così anche le mie.

Disteso su un fianco, allungai la mano e le passai il pollice sul labbro inferiore. Ah, era così morbido. Non vedevo l’ora di avere quella bocca innocente avvolta attorno al mio cazzo.

Passai le dita sopra le sue curve, dalla spalla al fianco. Le poggiai la mano sul fianco e diedi una leggera strizzata per farle sapere che ero lì. Questa bellissima femmina era mia. La mia unica compagna in tutto l’universo. Le nostre menti si erano toccate così come solo quelle dei compagni marchiati potevano fare. Volevo esplorarla. Cosa la faceva sorridere? Cosa la faceva arrabbiare? Volevo conoscere il sapore del dolce miele che sgorgava dalla sua fica, il sapore della sua pelle. Quali suoni avrebbe emesso mentre la scopavo? Dove le piaceva essere toccata?

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