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Istoria civile del Regno di Napoli, v. 7

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Intorno al medesimo tempo vennero al Cardinale cinque Prammatiche stabilite dall'Imperadore, mentre era in Germania, alcune delle quali riguardavano quest'istesso fine di ricavar denari. Il Cardinale non vi fece altro, che pubblicarle; onde possiamo con verità dire, che il medesimo non promulgasse fra noi legge alcuna.

Per la prima stabilita ad Ispruch a' 5 luglio 1530, e pubblicata dal Cardinal in Napoli a' 3 gennajo del seguente anno 1531,372 fu dichiarato, che così nelle alienazioni fatte da' privati, come dalla sua Regia Corte, niente pregiudicasse a' venditori, per esercitar il patto di ricomprare, il trascorso del tempo dal primo di marzo dell'anno 1528 per tutto febbrajo del 1530, come quello che fu pieno di rivoluzioni, guerre ed altre calamità: e che per ciò, quello non ostante, potessero i venditori e la Corte esercitarlo.

Per la seconda data in Gante a 4 giugno del 1531, e pubblicata dal Cardinale a' 27 luglio del medesimo anno, si dà a tutti licenza di poter armare navigli contra gl'Infedeli, e scorrere i mari per difesa delle marine del Regno373.

La terza spedita a Brusselles a' 15 marzo del 1531, e pubblicata dal Cardinale all'ultimo di settembre del medesimo anno, rivoca tutte le concessioni, grazie, mercedi, provvisioni, immunità ed altre esenzioni, che si trovassero concedute da' Vicerè passati, confermando solo quelle fatte dal Principe d'Oranges, ed incarica al Tesoriere, al Gran Camerario e suo Luogotenente l'esazione delle rendite del suo Fisco, prescrivendo loro con premura le leggi, onde l'Erario s'augumenti, e sia bene amministrato374.

Nella quarta stabilita parimente in Brusselles a' 20 decembre del detto anno 1531, e promulgata in Napoli dal Cardinale a' 17 febbrajo del seguente anno 1532, si prescrivono rigorose leggi a' Questori, ed a tutti gli Ufficiali, che riscuotono e distribuiscono il denaro regio, di tener minuto conto della loro qualità, peso e valore, con darne esattissimo conto a' Ministri del suo Tribunale della Regia Camera375.

Finalmente nella quinta, data in Colonia a' 28 gennajo del seguente anno 1532, e pubblicata dal Cardinale a' 17 febbrajo del medesimo anno, si dichiara, che i Vicerè non possono conferir ufficj nel Regno, che oltrepassano la rendita di ducati cento, spettando questi alla collazione del Re: e quelli, che essi possono conferire di ducati cento, in questa somma vada compreso, non pure ciò, che agli Ufficiali è stabilito per lor salario, ma quanto esigono d'emolumenti, e d'ogni altro diritto376.

Pochi mesi da poi ch'egli pubblicò questa Prammatica, finì il Cardinale il suo governo colla vita; poichè solendo nell'està di quest'anno 1532 spesso portarsi a diporto nel suo giardino di Chiaja, andatovi una mattina de' principj di luglio col Conte di Policastro suo grande amico, mangiò ivi de' fichi, e poco dopo il pasto sopraggiuntagli una febbre lenta, in pochi dì gli tolse la vita in età di 53 anni. Fu fama, che ne' fichi gli fosse stato dato il veleno per opera d'un tal Filippetto suo Scalco, il quale sapendo l'uso del suo padrone, che in quel giardino soleva spesso mangiar de' fichi, glie li avesse attossicati. Narra Gregorio Rosso377 Scrittor coetaneo, che fu riputato gran maraviglia, che il Cardinal morisse, e non il Conte di Policastro, il quale quell'istessa mattina avea pure mangiati fichi col Cardinale. Da chi fosse venuto il colpo, varia fu la fama, alcuni pensarono che Filippetto da un gran personaggio di Roma, capitalissimo nemico del Cardinale, fosse stato corrotto a far questo. Altri ne allegavano per autori i parenti di quella gran Dama cotanto da lui celebrata ne' suoi versi, i quali mal volentieri soffrivano, che come avea fatto il Petrarca della sua Laura, avesse voluto far egli, con scegliersi per soggetto delle sue rime una lor parente. Ma Agostino Nifo celebre Medico di quell'età, che fu chiamato alla sua cura, e che fu presente all'apertura del suo cadavere, costantemente affermava, non esservi trovato alcun segno di veleno nelle sue viscere. Paolo Giovio, che scrisse la vita di questo Cardinale, inchinò a credere il medesimo, attribuendo la cagione della sua morte all'uso smoderato della neve, ch'era solito, secondo l'uso dei Romani, bere due ore dopo il cibo mescolata col vino per rinfrescarsi. Il suo cadavere fu seppellito nella Chiesa di Monte Oliveto, ove non ha molti anni si vedeva il suo tumulo; ma poi fur trasferite le sue ossa nella Cappella de' Principi di Sulmona della famiglia Launoja. Morto che fu, insino alla venuta del successore, prese il governo del Regno il Consiglio Collaterale, Capo del quale si trovava allora D. Ferrante D'Aragona Duca di Montalto. E subito che il Papa con estremo suo giubilo ebbe intesa la di lui morte, provvide il Vice-Cancellierato della Sede Appostolica, e la maggior parte de' suoi Beneficj al Cardinal Ippolito de' Medici suo nipote, che si trovava allora partito per Germania378.

Intesa dall'Imperador Carlo la morte del Cardinale, provvide tosto il Viceregnato in persona di D. Pietro di Toledo Marchese di Villafranca, che si trovava seco in Germania, il quale il primo d'agosto, essendo partito da Ratisbona, ove stava l'Imperadore, giunse in Napoli a' 4 di settembre, e nel seguente dì prese il possesso della sua carica.

Ma poichè il governo che tenne costui del Regno, fu il più lungo di tutti gli altri, avendolo amministrato per lo spazio di ventuno anni e mezzo, nel qual tempo avvennero fra noi successi notabili; e da lui cominciò Napoli a prender quella forma, e quella politia, la quale tiene molto rapporto alla presente: per ciò sarà bene, che la narrazione di tanti memorabili avvenimenti si rapporti nel seguente libro di quest'Istoria.

FINE DEL VOLUME SETTIMO
372Pragm. 1. De pacto de retrovend.
373Pragmat 2. Quod Regnicoli possint armare, etc.
374Pragmat. 2. De Revocat. et Suspensione.
375Pragmat. 1. De Offic. Quaest. Caesar.
376Pragm. 1. De Offic. ad Reg. M.
377Giorn. Del Rosso, p. 83.
378Giorn. di Gregor. Rosso, pag. 83.